Il sabbatarianismo

Nella sua forma più sviluppata, sabbatarianismo esige un uso religioso molto stretto della domenica, che trasferisce il resto del riposo sabbatico ebraico alla domenica cristiana.

Alcune denominazioni, come gli Avventisti del Settimo Giorno, considera il resto della cristianità in grave errore in quanto ritiene l’istituzione del riposo sabbatico, da osservarsi il settimo giorno della settimana, di fondamentale importanza ed illegittimo il suo spostamento alla domenica.

Sempre di più, però, la stretta osservanza della domenica sta declinando persino fra le chiese d’origine anglo-sassone, dove raggiunse lo sviluppo più considerevole. Fondandosi sul convincimento che il Quarto Comandamento sia parte della legge morale, il sabbatarianismo ha condotto non solo a censure ecclesiastiche, ma pure a strette leggi civili sia contro il lavoro, sia contro la ricreazione di domenica[1]. Sebbene vi fossero, nella chiesa antica e medievale, segni di una stretta osservanza della domenica, i regolamenti civili e canonici erano basati più sulla tradizione e sull’utilità, più che sulla legge naturale.

I giorni dedicati ai vari santi erano osservati in modo molto più stretto delle domeniche, e durante la Riforma del XVI secolo questo legalismo era fortemente attaccato dai Riformatori senza insistere, per altro, sulla stretta osservanza della domenica. Riformatori come Beza e Zanchi, rilevavano come il Quarto Comandamento fosse naturale, universale e di natura morale. Nelle chiese dell’Europa continentale questo non condusse al sabbatarianismo, ma in Inghilterra ed in Scozia, questa dottrina, congiunta ad atteggiamenti fortemente antipapali ed a necessità locali, produsse un’osservanza rigorosa della domenica unica nel suo genere appoggiata dalla legislazione civile. Nel Nordamerica del 19mo secolo ancora vi erano violente polemiche sabbatariane riguardanti la circolazione dei treni, l’apertura di musei, librerie e impianti ricreativi. Gruppi, però, come la Società per l’Osservanza del Giorno del Signore (1831) ha avuto un sempre minore successo dal 1945. La reazione contro un sabbatarianismo legalistico e privo di gioia è stata più pratica che teologica, e le implicazioni teologiche sono state largamente ignorate dal Protestantesimo moderno, con l’unica eccezione di Karl Barth.

[da: “Sabbatarianism”, di Ian Breward, in “Dictionary of the Christian Church”, Zondervan, Grand Rapids, Michigan, USA, 1974, p. 869ss].

 


 

[1] La proibizione, di domenica, delle attività sportive.

 

Tempo di Riforma, a cura del past. Paolo Castellina