Teopedia/Strutturalismo

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Strutturalismo

Tra i metodi detti sincronici, che si concentrano cioè sullo studio del testo biblico così come si presenta nel suo stato finale, si colloca l’analisi semiotica, che, da una ventina d’anni, ha conosciuto in certi ambienti un enorme sviluppo. Dapprima chiamato col termine generico di “strutturalismo”, questo metodo può vantare come antenato il linguista svizzero Ferdinand de Saussure che, all’inizio di questo secolo, ha elaborato la teoria secondo la quale ogni lingua è un sistema di relazioni che obbedisce a regole determinate. Molti linguisti e studiosi di materie letterarie hanno avuto un’influenza notevole nell’evoluzione del metodo. La maggior parte dei biblisti che utilizzano la semiotica per lo studio della Bibbia fanno riferimento a Algirdas J. Greimas e alla Scuola di Parigi di cui egli è il fondatore. Altri approcci o metodi analoghi, fondati sulla linguistica moderna, si sviluppano altrove. Qui presenteremo e analizzeremo brevemente il metodo di Greimas. La semiotica si basa su tre principi o presupposti principali: Principio di immanenza: ogni testo forma un tutto di significazione; l’analisi considera tutto il testo, ma soltanto il testo; non fa appello a dati “esterni”, quali l’autore, i destinatari, gli eventi raccontati, la storia della redazione. Principio di struttura del senso: non c’è significato che per la relazione e nella relazione, specialmente quella di differenza; l’analisi di un testo consiste quindi nello stabilire la rete di relazioni (di opposizione, di omologazione...) tra gli elementi, a partire dalla quale costruisce il significato del testo. Principio della grammatica del testo: ogni testo rispetta una grammatica, cioè un certo numero di regole o strutture; in un insieme di frasi chiamate discorso ci sono diversi livelli aventi ciascuno la loro grammatica. Il contenuto globale di un testo può essere analizzato a tre livelli differenti: Livello narrativo. Si studiano, nel racconto, le trasformazione che fanno passare dallo stato iniziale allo stato terminale. All’interno di un percorso narrativo, l’analisi cerca di tracciare le diverse fasi, logicamente legate tra loro, che segnano la trasformazione di uno stato in un altro. In ciascuna di queste fasi vengono precisati rapporti tra i “ruoli” che hanno alcuni “attanti” che determinano gli stati e producono le trasformazioni. Livello discorsivo. L’analisi consiste in tre operazioni: (a) individuazione e classificazione delle figure, cioè degli elementi di significazione di un testo (attori, tempi e luoghi); (b) determinazione dei percorsi di ogni figura in un testo per stabilire il modo in cui testo l’utilizza; (c) ricerca dei valori tematici delle figure. Quest’ultima operazione consiste nell’individuare «in nome di che cosa» (= valore) le figure seguono, in un testo determinato, un certo percorso. Livello logico-semantico. È il livello detto profondo. È anche il più astratto. Esso procede dal postulato che alle organizzazioni narrative e discorsive di ogni discorso sono soggiacenti forme logiche e significanti. L’analisi a questo livello consiste nel precisare la logica che regola le articolazioni fondamentali dei percorsi narrativi e figurativi di un testo. Per fare ciò, si usa spesso uno strumento, chiamato il “quadrato semiotico”, figura che utilizza i rapporti tra due termini “contrari” e due termini “contraddittori” (per es. bianco e nero; bianco e non bianco; nero e non nero). I teorici del metodo semiotico non cessano di apportarvi nuovi sviluppi. Le ricerche attuali vertono soprattutto sull’enunciazione e sull’intertestualità. Applicato dapprima ai testi narrativi della Scrittura, che vi si prestano più facilmente, il metodo viene sempre più utilizzato per altri tipi di discorsi biblici. Questa descrizione della semiotica e soprattutto l’enunciato dei suoi presupposti lasciano già percepire i contributi e i limiti di questo metodo. Attirando maggiormente l’attenzione sul fatto che ogni testo biblico è un tutto coerente, che obbedisce a meccanismi linguistici precisi, la semiotica contribuisce alla nostra comprensione della Bibbia, Parola di Dio espressa in linguaggio umano. La semiotica può essere utilizzata per lo studio della Bibbia solo a condizione che si separi questo metodo di analisi da alcuni presupposti sviluppati nella filosofia strutturalista, cioè la negazione dei soggetti e del riferimento extra testuale. La Bibbia è una Parola sul reale, che Dio ha pronunciato in una storia, e che ci rivolge oggi attraverso autori umani. L’approccio semiotico dev’essere aperto alla storia: dapprima a quella degli attori dei testi, e poi a quella dei loro autori e dei loro lettori. Grande è il rischio, in quelli che utilizzano l’analisi semiotica, di fermarsi a uno studio formale del contenuto e di non cogliere il messaggio dei testi. L’analisi semiotica, se non si perde negli arcani di un linguaggio complicato e viene insegnata in termini semplici nei suoi elementi principali, può risvegliare nei cristiani il gusto di studiare il testo biblico e di scoprire alcune delle sue dimensioni di significato senza possedere tutte le conoscenze storiche che si riferiscono alla produzione del testo e al suo mondo socio-culturale. Può così rivelarsi utile nella stessa pastorale, per una certa appropriazione della Scrittura in ambienti non specializzati.