Teopedia/Preservazione provvidenziale delle Scritture
La difesa biblica della preservazione verbale e plenaria della Parola di Dio
(La dottrina della preservazione provvidenziale delle Sacre Scritture)
I problemi delle versioni moderne della Bibbia
Coloro che appoggiano le traduzioni moderne della Bibbia sostengono l'idea dell'ispirazione concettuale. Credono, cioè, che Dio avrebbe ispirato i concetti comunicati dalla Bibbia, non le parole, e che poi questi concetti Dio li abbia preservati nel manoscritti attualmente a nostra disposizione. Di conseguenza, attraverso la scienza della critica testuale, gli studiosi sarebbero in grado di raggiungere solo un certo grado di approssimazione al testo originale. Dato che solo i concetti sarebbero ispirati e preservati, le esatte parole che rappresentano questi concetti potrebbero anche non essere più disponibili e persino leggermente variare. E' così che le versioni moderne e i testi ebraici e greci da cui partono, non possono dire di contenere tutte le parole originali del Signore (e neanche lo ritengono importante) se non "il senso" di quelle parole. In ogni caso, gli esperti di critica testuale potrebbero eventualmente giungere a ristabilire gli autographa (la forma ipotetica originale dei testi originali) in dipendenza dal proseguimento dei loro studi e attraverso possibili nuovi ritrovamenti di altre antiche copie del testo biblico.
I traduttori delle versioni moderne sono consapevoli dell'incertezza che spesso caratterizza il loro lavoro. Quali potrebbero essere le parole esatte del testo originale e la loro sequenza? Dicono di non poterlo sapere con certezza. Si avvalgono così di una versione ipotetica del testo originale composta in modo eclettico, cioè prodotta collazionando dai vari manoscritti a disposizione (i manoscritti ritenuti più antichi) quella che, secondo i loro criteri, ritengono la forma "più probabile" del testo. E' così che, sempre in base ai loro criteri, essi giungono a dire che determinate parole o frasi, pur trasmesse dala tradizione, siano state "aggiunte" dai copisti in data posteriore, per qualche loro motivo (in buona fede o per preservare più chiaramente l'ortodossia stabilita), e che possano per questo essere omesse dalle bibbie, salvo spostarle nelle note a piè di pagina spiegando eventualmente (ma non sempre) il motivo di questa loro scelta. Per molti testi diventa, così, "una questione di fiducia". Di chi ci possiamo meglio fidare? Del testo come tradizionalmente ci è giunto, oppure dei risultati degli studi e delle scelte degli esperti moderni? Per molti oggi, l'etichetta "scientifico" che viene apposta al lavoro degli studiosi moderni equivale a "certo", "al di là di ogni dubbio", "indiscutibile", mentre quello che ci è giunto dalla tradizione viene considerato "approssimativo", "indebito", "ingenuo", "sorpassato". Ciò che è "moderno" viene considerato "migliore" di quello antico. E' davvero così oppure ci troviamo anche qui di fronte ad un mito moderno, al pregiudizio della corrente ideologia evoluzionista per il quale tutto ciò che è "vecchio" è svalutato in favore di ciò che è "progredito" e quindi "migliore"?
La dottrina della preservazione provvidenziale
La controversia sulla traduzione della Bibbia, però, non riguarda tanto la scienza della critica testuale o su quali siano i manoscritti migliori da cui partire per le nostre traduzioni, ma sul valore da dare alla promessa stessa del Signore Gesù Cristo che le Sue parole ispirate sarebbero state preservate nel corso della storia. La Bibbia, infatti, ci insegna non solo l'ispirazione verbale e plenaria degli autographa, ma anche la preservazione verbale degli autographa. Coloro che intendono essere fedeli alla Bibbia accettano che testi come 2 Timoteo 3:16 e 2 Pietro 1:21 siano chiare affermazioni dell'ispirazione verbale e plenaria degli autographa. "Tutta la Scrittura è divinamente ispirata e utile a insegnare, a convincere, a correggere e a istruire nella giustizia"; "Nessuna profezia infatti è mai proceduta da volontà d'uomo, ma i santi uomini di Dio hanno parlato, perché spinti dallo Spirito Santo".
Non c'è forse pure nella Scrittura la base di aspettarci la preservazione verbale e plenaria degli autographa ispirati? Certo. In ogni generazione i cristiani si sono aspettati di avere accesso a tutte le parole degli autographa senza metterle in dubbio. Perché? Per esempio, Cristo ribadisce il comando veterotestamentario di Deuteronomio 8:3 quando troviamo scritto: "Ma egli, rispondendo, disse: «Sta scritto: "L'uomo non vive di solo pane, ma di ogni parola che procede dalla bocca di Dio"»" (Matteo 4:4). L'espressione "ogni parola" traduce παντὶ ῥήματι ("panti remati") e si riferisce specificatamente a ciascuna parola. Dove si trovano queste stesse parole mediante le quali l'uomo può vivere?
Cristo presuppone la preservazione delle Sue stesse parole come criterio mediante il quale avverrà il futuro giudizio universale: "Chi mi respinge e non accoglie le mie parole, ha chi lo giudica; la parola che ho annunziata sarà quella che lo giudicherà nell'ultimo giorno" (Giovanni 12:48). Egli non dice "concetti", ma"parole". "La parola che ho annunziata" traduce ὁ λόγος (ho logos) e si riferisce alla totalità delle parole di Cristo (cfr. v. 47). Dove si trova la totalità delle parole di Cristo per le quali un giorno ognuno sarà giudicato? Sono forse andate in parte perdute? Come potremmo allora essere giudicati sulla base di queste se non vengono trasmesse fedelmente di generazione in generazione? Cristo si è forse illuso che tale cosa potesse avvenire? Certo no. Questi testi esigono la fede nella preservazione provvidenziale degli autographa ispirati.
Giovanni 17:8
Il testo più chiaro di Cristo sulla preservazione provvidenziale delle Sacre Scritture e sulla responsabilità umana di riceverle è Giovanni 17:8: "...perché ho dato loro le parole che tu hai dato a me; ed essi le hanno accolte e hanno veramente conosciuto che io sono proceduto da te, e hanno creduto che tu mi hai mandato" (Gv. 17:8)
Questo testo insegna che la responsabilità di Cristo di fronte al Padre è di affidare ai Suoi discepoli le parole del Padre. Bisogna così rispondere a diverse questioni. Che cosa sono e dove sono queste parole? Ha adempiuto Cristo al Suo impegno di preservare le Parole del Padre? E' ovvio che la risposta alla prima di queste domande è che le parole di Dio Padre sono tutte nelle Scritture dell'Antico e del Niuovo Testamento. Alla seconda questione bisogna rispondere affermativamente. Cristo ha la capacità, il carattere ed i mezzi per preservare le Scritture. Per fede in Cristo, i cristiani possono attendersi di avere a disposizione, preservata per loro, ogni parola di Dio.
Questo testo ci insegna pure quale sia la responsabilità del Cristiano verso le parole del Padre preservate da Cristo. Cristo afferma che i Suoi discepoli "le hanno accolte". La parola "accolte" traduce ἔλαβοv ("elabon") che, nella terza persona plurale, secondo aoristo, indica un verbo attivo derivato da λαμβάνω ("lambano") che significa "prendere" o "ricevere".
Responsabilità del cristiano oggi non è quella di ristabilire il testo del IV secolo (ciò che fa, per esempio, Wescott e Hort) attraverso la scienza della critica testuale (sostenere le versioni moderne), ma di ricevere le parole di Cristo preservate provvidenzialmente. Quando si respinge o si minimizza la dottrina della preservazione provvidenziale, tutto ciò che ci rimane sono gli sforzi imperfetti e razionalisti dell'uomo. Storicamente i cristiani hanno sempre avuto a disposizione un "testo ricevuto", il nome stesso dato al testo greco del 1633 dai fratelli stampatori olandesi Elsevier (Textus Receptus), confermando la loro fede nella dottrina della preservazione provvidenziale delle Sacre Scritture.
"Le mie pecore ascoltano la mia voce"
Cristo non solo insegna che preserverà le parole del Padre, ma che pure i Suoi discepoli ascolteranno la Sua voce (Giovanni 10:27). Dove si trova la voce del Signore Gesù Cristo? La Sua voce sono le Sue parole. Il Signore ha dato ai Suoi discepoli i mezzi atti a verificare le "parole ricevute". I Suoi discepoli, coloro in cui dimora lo Spirito Santo, "ascoltano" e riconoscono quali sono le"parole ricevute" di Cristo.
Inoltre, secondo Giovanni 10:5, "non seguiranno però alcun estraneo ma fuggiranno lontano da lui, perché non conoscono la voce degli estranei". I veri discepoli di Gesù, di conseguenza, non solo riconosceranno un "testo ricevuto", ma respingeranno la voce degli stranieri, (il "testo respinto"). Applicando l'insegnamento di questi versetti alla questione delle versioni bibliche, dobbiamo concluderne che il Signore abbia preservato la Sua parola in un "testo ricevuto", e che i veri discepoli di Gesù ascolteranno la voce del Signore in quel testo. Ecco perché vi sono cristiani che sostengono come il textus receptus sia la voce del Signore e che le varianti nelle versioni moderne siano "voci di stranieri".
Perché il cosiddetto Comma Johanneum, cioè 1 Giovanni 5:7,8 è stato difeso attraverso i secoli da gran parte dei cristiani nonostante che esso manchi dalla maggior parte dei manoscritti esistenti? Perché essi in esso riconoscono le parole del Padre, la voce del Signore, e lo accettano come "testo ricevuto".
Conclusione
Cristo aveva promesso di preservare, per i Suoi discepoli attraverso i secoli, ogni parola del testo originale. I discepoli autentici di Gesù riconoscono le "parole ricevute" e le verificano "ascoltando" attraverso di esse la voce del Signore. Certo, questa posizione potrebbe essere accusata di soggettivismo, ma tali possono essere definite anche le altre. Il "soggettivismo" dell'approccio favorevole al testo ricevuto conduce a certezze, il soggettivismo del testo critico conduce ad incertezze, ed incertezze dichiarate. La controversia intorno alla questione delle versioni bibliche si focalizza o sulla fede nella preservazione della Parola di Dio promessa da Cristo, o sulla fede nelle tecniche umane di critica del testo.
Su che cosa il lettore fonda la propria fede?