Teopedia/Kenosis
Kenosis
La Kenosis è un termine teologico che si riferisce all'auto-svuotamento o all'auto-limitazione che Gesù Cristo ha compiuto assumendo la natura umana. La dottrina della Kenosis è basata sulla lettera di San Paolo ai Filippesi, in cui l'apostolo scrive che Gesù "svuotò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini" (Filippesi 2,7).
Secondo la dottrina della Kenosis, Gesù ha abbandonato alcune delle sue prerogative divine, come la sua onnipotenza, l'onniscienza e l'onnipresenza, quando ha assunto la natura umana. Ciò significa che Gesù ha vissuto la sua vita terrena come un essere umano normale, con tutte le limitazioni e le sofferenze che ciò comporta. Tuttavia, Gesù manteneva comunque la sua natura divina e la sua relazione con Dio Padre.
La dottrina della Kenosis è importante nella cristologia perché spiega come Gesù, pur essendo Dio, abbia potuto vivere una vita umana e soffrire come gli esseri umani. Inoltre, la Kenosis mostra anche la grande umiltà di Gesù nel rinunciare alle sue prerogative divine per poter condividere la condizione umana e portare la salvezza agli uomini. La Kenosis è stata oggetto di dibattito tra teologi cristiani, in particolare sulla questione di quale sia stata la portata dell'auto-limitazione di Gesù durante la sua vita terrena.
Kenosis è una parola greca, che significa letteralmente "svuotamento" o "svuotarsi", ed è storicamente utilizzata quasi esclusivamente per indicare un concetto legato alle teologie e alle mistiche dellereligioni cristiane. Essa corrisponde all'antica parola greca κένωσις, kénōsis, in italiano "kenosi" o "chenosi", che deriva dal sostantivo κενός, kenós, che significa "vuoto".
Nella sua Lettera ai Filippesi, Paolo di Tarso scrisse: «Cristo svuotò se stesso (ἐκένωσε, ekénōse)» (Flp 2, 7, Bibbia di Gerusalemme), facendo uso del verbo κενόω, kenóō, che, appunto, significa "svuotare".[1]
La kenosis in Cristologia
Nell'incarnazione
Nella teologia cattolica kenosis esprime l'"autosvuotamento" del Logos divino nell'incarnazione, nella realtà della sua ubbidienza verso il divin Padre, nella cosciente accettazione della sua morte[2].
Nella vita cristiana
Nelle teologie cristiane, il concetto di kenosis indica anche il processo interiore che porta il cristiano a svuotarsi della propria volontà incline al peccato e al male, a svuotarsi del proprio egocentrismo, per diventare interamente recettivo alla volontà della Divinità e potersi quindi abbandonare ad essa senza provare sentimenti di ribellione o di paura o di privazione della libertà. Lo spogliarsi (kenosis) è premessa indispensabile e funzionale al rivestimento con Cristo ad opera della Grazia e dello Spirito divino.
(Filippesi 2:5-7) "Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l'essere come Dio, ma svuotò se stesso, assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini." (traduzione CEI 2009)
La kenosis sarebbe un percorso di conversione doloroso in quanto demolirebbe le sicurezze e le certezze che l'uomo, nel corso della vita, si costruisce. Un esempio celebre di kenosis è la Notte Oscura dell'Anima raccontata dal mistico Giovanni della Croce il quale narra il senso di angoscia e di cieca disperazione che precedette la sua piena conversione, a Imitazione di Cristo: Anche l'episodio della conversione di Francesco d'Assisi, quando il poverello di Assisi, sulla piazza, si spoglia delle ricchezze della famiglia per abbracciare una vita religiosa, segnala una fase cruciale della sua kenosis.
Opinioni di minoranza
Alcuni, in particolare le chiese che non accettano la preesistenza di Cristo, ritengono che lo svuotamento ha avuto luogo nella vita di Cristo, e non prima della sua nascita.
La preghiera del cuore o preghiera semplice
Una delle invocazioni tradizionali associate alla kenosis è la celebre preghiera del cuore, detta anche preghiera semplice: «Signore Gesù Cristo, figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore». Il riconoscimento della propria condizione di creatura bisognosa di ristabilire un legame con il suo Creatore, sarebbe infatti, per il cristiano, il primo passo verso la conversione.
Pseudo paradossi
Il cristianesimo pone la Divinità al di sopra del Tempo (in quanto Eterno, Antico di giorni) e dello Spazio (in quanto Infinito e Onnipresente). Dio "entra", per così dire, nello spazio e nel tempo (come il Tutto nel particolare) per "farsi" uomo, spogliandosi dei propri attributi divini per assumere forma umana in Gesù di Nazareth. Nelle teologie cristiane, Gesù è onorato come vero Dio e vero uomo, senza nessun dilemma logico. Egli, in quanto Dio, liberamente dispone di "svuotarsi" degli attributi divini di onnipotenza, onniscienza, onnipresenza, eternità, infinità, immutabilità che sono considerati generalmente non compatibili con gli attributi limitati dell'essere umano, finito e mortale, per essere nel Cristo anche veramente uomo, quell'uomo che pure è stato creato appunto a partire dagli attributi divini del suo Creatore e del quale porta l'impronta dello Spirito Santo che "riempie" ogni spazio che lo "svuotamento" per Amore genera.
La non comprensione di tale pseudo dilemma ebbe un ruolo centrale nei dibattiti interni al Protestantesimo del XVI secolo.
Lo svuotamento non è una perdita definitiva di attributi divini, ma una realtà "temporanea" perché Gesù promette di lasciare agli uomini dopo la morte e resurrezione lo Spirito-Consolatore e di tornare "nella gloria" divina il giorno del Giudizio Finale (cui sono da aggiungere le Apparizioni di Gesù a singoli). In quel momento, secondo le Scritture, giudicherà tutti gli uomini (onniscienza), resterà con loro (onnipresenza) per un regno che non avrà fine (eternità), senza morte/malattie/dolore e senza il male (onnipotenza). In definitiva, dopo la morte e resurrezione, Gesù "ritrova" dal Padre tutti gli attributi oggetto di kenosis nella Sua vita terrena. Secondo la teologia cattolica, condivise in tutto la vita umana, fuorché nel peccato: rispetto al peccato, restò l'attributo divino dell'immutabilità, con l'esempio della vita corporea, del pensiero e della volontà. La Scrittura mostra in vari passi che Gesù nella vita terrena non perde gli attributi divini dell'onniscienza (miracoli a persone che Gesù dice essere salvate dalla loro fede, il bacio di Giuda e la predizione a Pietro che lo rinnegherà tre volte prima del canto del gallo), e così pure l'onnipotenza (l'arresto dei romani e le dieci legioni di angeli che Gesù rinuncia a chiedere al Padre, la guarigione di ciechi e malati, le persone esorcizzate dai demoni nel Suo nome, la resurrezione dai morti di Lazzaro). Nella vita terrena, gli attributi divini restano ma non al servizio proprio, ma del bene e amore del prossimo.
Note
- Nella traduzione in italiano della CEI del 1978, ma non in quella in uso oggi, il verbo veniva reso con "spogliare", considerato sinonimo più efficace dal punto di vista poetico-letterario).
- Herbert Vorgrimler, Nuovo dizionario teologico,EDB, Bologna 2004, p. 370
- Schopenhauer diceva di Meister Eckhart, mistico medievale: «Se ci allontaniamo dalle forme prodotte, dalle circostanze contingenti, ed andiamo verso il nucleo delle cose, troveremo che Sakyamuni e Meister Eckhart insegnano la stessa cosa; soltanto che il primo osa esprimere le sue idee in modo semplice e affermativo, mentre Eckhart è obbligato a racchiuderle nei vestiti del mito cristiano, e deve adattare le sue espressioni di conseguenza». (da Il mondo come volontà e rappresentazione)
- Per un'analisi dettagliata delle analogie tra le mistiche delle principali religioni del mondo, dal punto di vista cattolico, cfr. il testo di Marco Vannini citato in Bibliografia