Teopedia/Comma Johanneum
Il Comma Johanneum
Il "Comma Johanneum" (in inglese, "Johannine Comma") è una frase presente in alcune antiche edizioni della Bibbia cristiana, che si trova in 1 Giovanni 5:7-8. La frase recita: "Infatti, tre sono quelli che danno testimonianza [nel cielo: il Padre, la Parola e lo Spirito Santo; e questi tre sono uno. E tre sono quelli che danno testimonianza sulla terra]: lo Spirito, l'acqua e il sangue, e questi tre concordano."
Il "Comma Johanneum" è stato utilizzato per sostenere la dottrina della Trinità, cioè che Dio è una sola entità divina in tre persone, ovvero Padre, Figlio e Spirito Santo. Tuttavia, la frase non si trova in alcun manoscritto greco antico antecedente al quattordicesimo secolo, e gli studiosi moderni concordano sul fatto che si tratta di un'aggiunta posteriore, probabilmente creata per sostenere la dottrina della Trinità.
Per questo motivo, molte traduzioni moderne della Bibbia non includono il "Comma Johanneum" o lo riportano con una nota a piè di pagina che indica che la frase non si trova in molti manoscritti antichi e non è considerata autentica dalla maggior parte degli studiosi del testo biblico.
Il cosiddetto Comma Johanneum quindi, (in latino, tradotto "comma giovanneo" è una sequenza di parole che appaiono nella Bibbia in 1 Giovanni 5:7,8 solo in una minoranza di manoscritti e che sono ritenuti dalla maggior parte degli studiosi di critica testuale un'aggiunta posteriore al testo, ma che una minoranza ritiene originali e sottratti al testo per l'influenza di correnti antitrinitarie. Alcune versioni italiane della Bibbia questo testo viene messo tra parentesi, in altre apposto in una nota a pie' di pagina, in altre ancora semplicemente omesso.
Il testo greco è qui presentato con la parte contestata in parentesi quadre.
"ὅτι τρεῖς εἰσιν οἱ μαρτυροῦντες [ἐν τῷ οὐρανῷ, ὁ Πατήρ, ὁ Λόγος, καὶ τὸ Ἅγιον Πνεῦμα· καὶ οὗτοι οἱ τρεῖς ἔν εἰσι. καὶ τρεῖς εἰσιν οἱ μαρτυροῦντες ἐν τῇ γῇ] τὸ πνεῦμα καὶ τὸ ὕδωρ καὶ τὸ αἷμα, καὶ οἱ τρεῖς εἰς τὸ ἕν εἰσιν".
La versione italiana "Nuova Diodati" (che riprende la tradizione dell'originale versione del Diodati), lo riproduce nella sua interezza in questo modo:
"Poiché tre sono quelli che rendono testimonianza nel cielo: il Padre, la Parola e lo Spirito Santo; e questi tre sono uno. Tre ancora sono quelli che rendono testimonianza sulla terra: lo Spirito, l'acqua e il sangue; e questi tre sono d'accordo come uno".
La versione CEI e altre lo riproducono in questo modo:
"Poiché tre sono quelli che rendono testimonianza: lo Spirito, l'acqua e il sangue, e questi tre sono concordi".
Le parole contestate sono generalmente assenti dai manoscritti greci. Di fatto esse appaiono nel testo di quattro manoscritti medioevali tardivi. Sembrano avere avuto origine come note marginali aggiunte a certi manoscritti latini durante il Medioevo e eventualmente furono incorporati nel testo nella maggior parte dei manoscritti tardivi della Vulgata. Nell'edizione clementina della Vulgata, il versetto appare in questo modo:
"Quoniam tres sunt, qui testimonium dant [in caelo: Pater, Verbum, et Spiritus Sanctus: et hi tres unum sunt. Et tres sunt, qui testimonium dant in terra:] spiritus, et aqua, et sanguis: et hi tres unum sunt".
Dalla Vulgata, quindi, sembra che poi il Comma sia stato tradotto in greco e reinserito in alcune edizioni a stampa del testo greco e in pochi manoscritti greci tardivi. La maggior parte degli studiosi li considera spuri.
La legittimità negata
Il dott. Bruce M. Metzger, nel suo libro: A Textual Commentary on the Greek New Testament, 2nd ed. (Stuttgart, 1993) commenta 1 Giovanni 5:7,8 in questo modo:
Dopo μαρτυροῦντες il Textus Receptus aggiunge quanto segue: ἐν τῷ οὐρανῷ, ὁ Πατήρ, ὁ Λόγος, καὶ τὸ Ἅγιον Πνεῦμα· καὶ οὗτοι οἱ τρεῖς ἔν εἰσι. καὶ τρεῖς εἰσιν οἱ μαρτυροῦντες ἐν τῇ γῇ. Che queste parole siano spurie e non abbiano diritto di stare nel Nuovo Testamento, è certo alla luce delle seguenti considerazioni:
A) Evidenze esterne
(1) Questo brano è assente da ogni manoscritto greco conosciuto eccetto otto, e questi contengono il brano in quella che appare una traduzione da una recensione posteriore della Vulgata latina: Quattro degli otto manoscritti contengono il brano come una lezione variante scritta in margine come aggiunta posteriore al manoscritto. Gli otto manoscritti sono i seguenti:
- 61: codex Montfortianus, che risale alla prima parte del. XVI secolo.
- 88: una lezione variante da una mano del XVI secolo aggiunta al codice del XIV secolo Regius di Napoli.
- 221: una lezione variante aggiunta ad un manoscritto del X secolo nella Biblioteca Bodleiana di Oxford.
- 429: una lezione variante aggiunta ad un manoscritto del XVI secolo a Wolfenbüttel.
- 629: un manoscritto del XIV o XV secolo in Vaticano.
- 636: una lezione variante aggiunta ad un manoscritto del XVI secolo a Napoli.
- 918: un manoscritto del XVI secolo all'Escorial di Madrid, Spagna.
- 2318: Un manoscritto del XVIII secolo influenzato dalla Vulgata clementina a Bucharest, Romania.
(2) Il brano non è assolutamente mai citato dalla patristica greca che, se l'avesse conosciuto, lo avrebbe certamente utilizzato nelle controversie in favore della Trinità (contro i Sabelliani e gli Ariani). La sua prima apparizione in greco è una versione greca degli Atti (latini) del Concilio Laterano del 1215.
(3) Il brano è assente dai manoscritti di tutte le versioni antiche (Siriaca, Copta, Armena, Etiope, Araba e Slavonica), eccetto che quella latina, e non si trova (a) in quella latina antica nella sua prima forma (Tertulliano, Cipriano, Agostino, o nella Vulgata; (b) com'è stata pubblicata da Girolamo (codex fuldensis - copiato nel 541-46 e nel codice Arniatus (copiato prima del 716) o (c) com'è stato riveduto da Alcuino (prima versione del codice Vallicelliano (IX secolo).
La ricorrenza più antica di una citazione di questo brano come parte del testo attuale dell'Epistola è in un trattato latino del IV secolo intitolato Liber Apologeticus (Cap. 4), attribuito o all'eretico spagnolo Priscilliano (morto nel 385 circa) o al suo seguace il Vescono Instantius. Probabilmente la glossa sorse quando il brano originale era inteso rappresentare la Trinità (quando menziona i tre testimoni: lo Spirito, l'acqua e il sangue), interpretazione questa che può essere stata scritta dapprima come nota marginale che poi è stata inserita nel testo. Nel V secolo la glossa è citata dai Padri latini del Nord Africa e dell'Italia come parte del testo dell'Epistola, e dal VI secolo in poi si trova sempre più frequentemente nei manoscritti della Vetus Latina e della Vulgata. In queste vi sono persino alcune differenze (per esempio altre intrusioni nel testo latino di 1 Giovanni, come in 2:17; 4:3; 5:6,20).
(B) Probabilità interne
(1) Al riguardo della probabilità di trascrizione, se questo testo fosse originale, non vi sarebbe ragione che fosse poi omesso, o accidentalmente o intenzionalmente, dai copisti di centinaia di manoscritti e dai traduttori di versioni antiche. (2) Al riguardo della probabilità intrinseca, il brano si presenta pure come una goffa interruzione del senso.
La legittimità difesa
Chi difende la legittimità del Comma Johanneum nel testo biblico, fa altre considerazioni e contesta le critiche dei primi adducendo evidenze che possono leggersi da un punto di vista diverso.
(a) Erasmo da Rotterdam reintroduce il Comma Johanneum nelle versioni successive del suo Nuovo Testamento greco dopo aver trovato un manoscritto greco che lo contiene, rivedendo così la scelta che aveva fatto precedentemente di ometterlo.
(b) Non è vero che il Comma Johanneum non sia citato nella Patristica. Lo è in quella latina, citato da Cipriano di Cartagine, circa nel 250 e ricorre nel IV secolo negliscritti dei vescovi spagnoli Priscilliano e Idacio Claro. E' citato da diversiscrittori ortodossi africani per difendere la Trinità contro la propaganda ariana dei Vandali (434-534). E' citato da Cassiodoro in Italia (480-570). Si ritrova, infine, in manoscritti della versione Vetus latina del V-VI secolo, per essere poi reintrodotto nella Vulgata clementina nel IX secolo.
(c) La tesi dell'illegittima interpolazione trinitaria è contestata rilevando come si tratti di una dizione non comune (perché non mettere direttamente "Padre, Figlio e Spirito Santo" mettendo, al posto di "Figlio", "Parola"? Sarebbe una fraseologia piuttosto insolita. Inoltre senza il Comma Johanneum la frase appare stranamente incompleta ed incoerente con lo stile ripetitivo del numero 3 comune in altri luoghi della Bibbia. In terzo luogo l'omissione del Comma Johanneum implica una difficoltà grammaticale. Le parole"spirito", "acqua" e "sangue" in greco sono di genere neutro, ma in 1 Giovanni 5:8 sono trattate come se fossero di genere maschile. La cosa non si spiega se manca quel Comma.
(d) Per la possibile omissione del Comma Johanneum sono addotte diverse ipotesi.
- Omissione accidentale dei copisti [un errore chiamato "homoioteleuton"] passata poi inosservata e il testo plausibile, poi inconsapevolmente diffusa.
- L'eresia che si era diffusa nel II e nel III secolo (il Sabellianismo che rendeva "identici" Padre, Figlio e Spirito Santo, avrebbe potuto trovare in quel comma una giustificazione, e questo lo rende sgradito all'ortodossia orientale tanto che viene ritenuto "sospetto" e non originale. Ess, però, viene conservato nell'ala latina della chiesa dove quel problema teologico non era molto diffuso.
Ecco così che Dio, nella Sua provvidenza, fa sì che questo Comma venga ristabilito, correggendo così un errore diffuso.
Bibliografia
- (DE) Greeven, Heinrich, Art. „Comma Johanneum“, in: RGG, 3. Aufl., Bd. 1, Sp. 1854.
- (DE) Metzger, Bruce M., Der Text des Neuen Testaments. Einführung in die neutestamentliche Textkritik, Stuttgart/Berlin/Köln/Mainz 1966, S. 100-102 [1]
- (DE) Kovar, Johannes, Textus Receptus und moderne Übersetzungen (Word-Dokument, 22. Mai 2005) [2]
- (DE) Klauck, H.-J., Der erste Johannesbrief, Evangelisch-Katholischer Kommentar zum Neuen Testament XXIII, 1, Neukirchen-Vluyn: Neukirchener Verlag 1991, S. 303-311
- (EN) Edward F. Hills, The King James Version Defended, CRP, DEs Moines, Iowa, 1956/1984, p. 209 ss.