Teopedia/Chiesa invisibile

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Chiesa invisibile

Il concetto teologico cristiano di "chiesa invisibile" è affermato prevalentemente nell'ecclesiologia protestante, laddove per "chiesa" si intende essenzialmente una realtà spirituale conosciuta solo da Dio, realtà che trascende le sue manifestazioni storiche contingenti, imperfette e fallibili, quelle che nascono e si sviluppano in questo mondo.

Il punto di base di questa dottrina è che, dato che la Chiesa è la "sposa di Cristo", il corpo di Cristo, e quella che riceve tutte le benedizioni spirituali di Cristo, solo i veri credenti possono essere considerati membri della Chiesa. Vi è un senso secondario per il quale increduli ed ipocriti possono essere chiamati "membri della chiesa", ma solo in forza della loro comunione esteriore con la Chiesa, e non perché siano veri membri della Chiesa o appartengano propriamente ad essa.

Lineamenti storici

il concetto teologico di chiesa invisibile appare soprattutto nell'ambito dei movimenti cristiani anti-istituzionali che, in vari momenti della storia, contestano la formalizzazione e l'irrigidimento organizzativo delle strutture ecclesiastiche. Esse, infatti, non solo sono viste soffocare la spiritualità e la spontaneità dell'esperienza cristiana, ma, nella logica delle istituzioni, spesso queste ultime privilegiano l'aspetto quantitativo a scapito di quello qualitativo. Le istituzioni, poi, hanno la tendenza di attirare, nel loro ambito, sia personalità servili che ambiziose di potere, estranee ad una genuina esperienza di fede. D'altro canto, però, i movimenti anti-istituzionali hanno la tendenza, nelle loro aspirazioni alla purezza della fede e della chiesa a diventare puritanici e settari, rivelandosi, così, altrettanto oppressivi.

Ecco cosi come il concetto di chiesa invisibile emerga presso i Donatisti, ai quali risponde Agostino d'Ippona che, appunto, contesta la legittimità della loro presa di posizione anti-istituzionale. Secondo i Donatisti, infatti, la chiesa ha una duplice dimensione, la chiesa visibile, inferiore e costituita gerarchicamente e la chiesa invisibile, composta dai fedeli santi e governata dallo Spirito Santo [1]. Lo stesso Agostino, però, distingue fra il vero corpo di Cristo, che consiste nei figli eletti di Dio sin dall'eternità, e il corpo misto di Cristo, che comprende tutti i battezzati [2].

Lo stesso si ritrova nell'Arianesimo, nel movimento cataro, nello spiritualismo francescano di Gioacchino da Fiore, nel riformismo di John Wyclif e Jan Hus [3], in Marsilio da Padova, arrivando al dualismo ecclesiologico tra ecclesia abscondita (spiritualis) ed ecclesia universalis.

Questo concetto è stato poi ripreso dalla Riforma protestante come modo per distinguere fra la Chiesa cattolica "visibile" che, secondo i Riformatori, era in gran parte corrotta e coloro che, nel cui ambito, erano autentici credenti. I Riformatori non intendono che vi siano due chiese separate, ma due classi di cristiani nella stessa comunione esteriore.

La "chiesa invisibile" è nella "chiesa visibile" come l'anima è nel corpo o come l'ostica nella conchiglia, ma solo Dio sa con certezza chi appartenga alla chiesa invisibile e sarà alla fine salvato. In questo senso i suoi veri figli sono invisibili, cioè non riconoscibili in modo certo. Lutero, che apertamente adotta la concezione di Jan Hus alla disputa di Lipsia, applica per la prima volta il termine "invisibile" alla chiesa menzionata nel Credo apostolico [4]. La Confessione di Augusta definisce la Chiesa come: "L'assemblea dei santi (o credenti) in cui l'Evangelo è insegnato con purezza ed i sacramenti sono debitamente amministrati" (escludendone così Battisti e Quaccheri).

Il sistema teologico riformato, però, estende il dominio della chiesa invisibile o vera (e la possibilità stessa della salvezza) oltre i confini della Chiesa visibile, sostenendo che lo Spirito santo non è legato agli ordinari mezzi della grazia, ma può operare e salvare "quando, dove, e come gli piace [5]".

E' Zwingli [6] ad introdurre per primo il termine "chiesa invisibile", significando con "visibile" la comunità di tutti coloro che portano il nome di Cristiano e "invisibile", la totalità dei veri credenti di ogni epoca. Egli include nella chiesa invisibile i pagani pii, tutti i bambini morti in tenera età, sia battezzati che no [7]. In questa idea egli anticipa le concezioni del liberalismo teologico moderno. Calvino definisce la distinzione più chiaramente degli altri riformatore ed essa passa nella Seconda confessione elvetica, quella di Westminster e nelle altre.

Più tardi è il Pietismo che sviluppa ulteriormente questo concetto, distinguendo, nell'ambito sociologico della chiesa, una "ecclesiola in ecclesia", cioè operando una distinzione fra coloro che appartengono alla chiesa solo per motivi sociologici e formali (chiesa visibile) e coloro che rigenerati spiritualmente dallo Spirito Santo, sono passati attraverso un'esperienza di conversione e manifestano viva fede ed impegno sulla via del discepolato cristiano. Questa stessa distinzione è particolarmente sentita oggi nel movimento evangelicale contrapposto alle chiese istituzionali ("storiche") che esse vedono come "contaminate dallo spirito di questo mondo".

Esposizione del concetto

Il teologo J. I. Packer scrive:

"[Chiesa] invisibile significa non che non si possa vedere segni della sua presenza, ma che noi non possiamo conoscerla come Dio la conosce (cfr. 2 Timoteo 2:19), cioè quali dei membri battezzati e professanti della chiesa come istituzione organizzata, siano interiormente rigenerati e così appartengano alla chiesa come comunione spirituale di peccatori che amano il loro Salvatore. Gesù insegna che nella chiesa organizzata vi sarebbero sempre state persone che pensano di essere cristiane e si fanno passare per cristiane, alcune diventando persino ministri di culto, ma che non sono state mai realmente rinnovate nel loro cuore e che quindi saranno smascherate e respinte nel giorno del giudizio (...) Non è che vi siano due chiese, ma che la comunità visibile contiene sempre imitazioni di cristiani che solo Dio sa non essere autentici (e che lo saprebbero da soli se lo volessero)" (J. I. Packer, Concise Theology, Tyndale House Publishers, 1993, p. 201,202).

La Confessione di fede di Westminster dichiara che la chiesa "...è stata a volte più, a volte meno, visibi­le e le chiese particolari, membri di essa, sono più o meno pure a seconda della misura in cui la dottrina dell'Evangelo viene insegnato ed abbracciato, le ordinanze amministrate ed il culto pubblico celebrato con più o meno purez­za. Le chiese più pure sotto il cielo sono soggette a contaminazione e ad errore; alcune sono degenerate al punto da non essere più chiese di Cristo, ma sinagoghe di Satana". Nonostante tutto, però, "vi sarà sempre sulla terra una chiesa per rendere culto a Dio secondo la sua vo­lontà" (XXV, 4,5).

Sempre vi saranno, cioè, nelle ambiguità e contraddizioni delle realtà storiche umane, autentici cristiani che, rigenerati spiritualmente dallo Spirito Santo, hanno fatto esperienza di un'autentica conversione a Cristo, credono in lui, lo amano e volentieri gli ubbidiscono. Sono questi coloro che formano la vera chiesa, gente di ogni tempo e paese, quelli che Dio sin da prima della fondazione del mondo, ha eletto a salvezza. Come afferma sempre la Confessione di Westminster: "La chiesa cattolica o universale, la quale è invisibile, è composta dal numero completo degli eletti che sono stati, che sono, e che saranno raccolti insieme in unità, sotto Cristo, il Suo Capo. Essa è la sposa, il corpo, il compimento di Colui che porta a compimento ogni cosa in tut­ti. La chiesa visibile, la quale sotto l'Evangelo è pure cattolica o universale­ cioè non confinata ad una nazione come sotto la legge, consiste di tutti coloro che, nel mondo intero professano la vera religione, insieme ai loro figlioli. È il regno del Signore Gesù Cristo, la casa e la famiglia di Dio, al di fuori dalla quale non v'è nessuna ordinaria pos­sibi­lità di salvezza" (XXV, 1,2).

Secondo la teologia protestante, dunque, non esiste la "chiesa perfetta": vi saranno sempre nell'ambito della chiesa persone che si professano cristiane o che persino occupano posti di responsabilità nella chiesa che, di fatto lo sono per motivazioni spurie o per motivi sbagliati. Vi saranno sempre persone che affermano d'essere cristiane, di credere e d'amare Cristo, mentre di fatto il loro cuore è lontano da lui. Spesso accade che alcuni facciano parte della chiesa solo per convenienza sociale.

Gesù stesso afferma che nel giorno del giudizio: "...«Non chiunque mi dice: Signore, Signore! entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Molti mi diranno in quel giorno: "Signore, Signore, non abbiamo noi profetizzato in nome tuo e in nome tuo cacciato demòni e fatto in nome tuo molte opere potenti?" Allora dichiarerò loro: "Io non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, malfattori!" (Matteo 7:21-23). La reale condizione del loro cuore, per quanto la chiesa eserciti fra i suoi membri discernimento e la necessaria disciplina, può essere molto sfuggente ed indubbiamente invisibile. Essa, però, non è invisibile a Dio e solo lui può conoscere il cristiano autentico.

Non conoscendo con certezza chi siano gli eletti, la chiesa cristiana, secondo la comprensione protestante, deve essere tollerante e generosa nel suo discernimento, evitando gli estremi del rigorismo disciplinare tipico dei gruppi settari, come pure il liberale inclusivismo generalizzato che tutto ammette e tollera pensando di "non giudicare" e di lasciare a Dio questo giudizio. Entrambi questi estremi non sarebbero conformi allo spirito di Cristo ed agli insegnamenti del Nuovo Testamento.

La seconda confessione elvetica afferma:

"D’altra parte, tutti coloro che sono annoverati nella Chiesa non per questo sono vivi e veri membri della stessa. Vi sono infatti molti ipocriti che ascoltano la Parola di Dio esteriormente e ricevono pubblicamente i sacramenti e sembrano invocare Dio unicamente attraverso Gesù Cristo e confessare che Gesù Cristo è la sola loro giustizia, così come sembrano servire Dio, esercitare le opere di carità e, per un certo tempo sopportare pazientemente le calamità e le afflizioni, e tuttavia, dentro [interiormente], sono privi della vera illuminazione dello Spirito e della fede e sincerità di cuore e non perseverano fino alla fine; e così, alla fine, essi vengono scoperti e conosciuti per quello che sono. E’ dunque di essi che ha parlato l’Apostolo Giovanni dicendo: “Sono usciti di mezzo a noi, ma non erano dei nostri; perché se fossero stati dei nostri, sarebbero rimasti con noi; ma ciò è avvenuto perché fosse manifesto che non tutti sono dei nostri” (1 Gv. 2:19). Ciononostante, per il tempo in cui fingono di temere e di amare Dio, vengono contati nella Chiesa, benché non siano affatto della Chiesa, esattamente come in una repubblica i traditori vengono contati nel numero dei cittadini prima che il loro tradimento sia scoperto e come il loglio e la paglia è mescolato con il grano, e come gli ascessi e le gobbe si trovino in un corpo sano, benché, in verità, si tratti piuttosto di malattie [tumori] e di deformità del corpo che non di vere membra dello stesso. La Chiesa di Dio viene perciò a ragione paragonata ad una rete che contiene ogni sorta di pesci e ad un campo in cui si trovino erbacce in mezzo al buon grano (Mt. 13:47ss; 13:24ss). Ma in tutto questo dobbiamo fare attenzione a non giudicare a non giudicare prima del tempo, per non correre il rischio di escludere e rigettare o togliere coloro che il Signore non vuole che siano tolti o coloro che non possiamo separare dalla Chiesa senza arrecarle un danno. D’altro canto bisogna vegliare per impedire che, se i fedeli si addormentano, i malvagi si facciano avanti e rechino danno alla Chiesa" (17).

Altri testi biblici di supporto

Altri testi biblici in supporto a questa concezione sono:

  • La parabola del grano e delle zizzanie: Matteo 13:24-30.
  • "Sono usciti di mezzo a noi, ma non erano dei nostri; perché se fossero stati dei nostri, sarebbero rimasti con noi; ma ciò è avvenuto perché fosse manifesto che non tutti sono dei nostri. Quanto a voi, avete ricevuto l'unzione dal Santo e tutti avete conoscenza" (1 Giovanni 2:19,20).
  • "Tuttavia il solido fondamento di Dio rimane fermo, portando questo sigillo: «Il Signore conosce quelli che sono suoi», e «Si ritragga dall'iniquità chiunque pronunzia il nome del Signore»" (2 Timoteo 2:19).
  • "Però non è che la parola di Dio sia caduta a terra; infatti non tutti i discendenti d'Israele sono Israele" (Romani 9:6).
  • "Esaminatevi per vedere se siete nella fede; mettetevi alla prova. Non riconoscete che Gesù Cristo è in voi? A meno che l'esito della prova sia negativo" (2 Corinzi 13:5).
  • "Se infatti, dopo aver fuggito le corruzioni del mondo mediante la conoscenza del Signore e Salvatore Gesù Cristo, si lasciano di nuovo avviluppare in quelle e vincere, la loro condizione ultima diventa peggiore della prima. Perché sarebbe stato meglio per loro non aver conosciuto la via della giustizia, che, dopo averla conosciuta, voltar le spalle al santo comandamento che era stato dato loro. È avvenuto di loro quel che dice con verità il proverbio: «Il cane è tornato al suo vomito», e: «La scrofa lavata è tornata a rotolarsi nel fango" (2 Pietro 2:20-22).

Obiezioni e riproposizioni

Le obiezioni a questa dottrina provengono essenzialmente dal Cattolicesimo romano e dall'Ortodossia orientale. Entrambe queste tradizioni, infatti, sostengono con forza la realtà visibile, concreta e storica della chiesa com'è stata fondata e validata da Cristo e prosegue nella successione apostolica. A questa chiesa viene attribuito congiuntamente un lato umano ed un lato divino. Essa godrebbe dell'assistenza dello Spirito Santo e come tale non verrà mai meno (può cioè vantare indefettibilità e infallibilità). La chiesa inoltre, secondo la dottrina cattolica ed ortodossa, è portatrice del potere santificante dei sacramenti, i quali sono garanzia della sua visibilità ed efficacia salvifica, indipendentemente dalla maggiore o minore dignità di chi li amministra o li riceve. Il Protestantesimo, d'altro canto, non considera tutto questo come "automatico".

La dottrina della chiesa invisibile è stata ripetutamente negata nel XX secolo anche da teologi protestanti come Karl Barth, Klaas Schilder, e John Murray, ma rimane un'accurata rappresentazione, sebbene impopolare, della dottrina protestante classica, ribadita, per esempio, nel XVII secolo da Antonius Walaeus (1573-1639), presente con Giovanni Diodati al Sinodo di Dordrecht, dell'università di Leida, in Synopsis Purioris Theologiae, un manuale di teologia scritto originalmente nel 1625, stampato in 5 edizioni. Nel XIX secolo, Herman Bavinck (attorno al 1880) pubblica una nuova edizione del testo latino con una traduzione in olandese. Questa traduzione in olandese è stata recentemente ripubblicata.

In che modo l'ecclesiologia riformata, che vede comunque la necessità di chiese organizzate, si concilia con l'idea di chiesa invisibile?

La dottrina della "chiesa invisibile" si inserisce nella teologia protestante, in particolare nella tradizione riformata, ma non va intesa come una negazione della necessità delle chiese organizzate. Infatti, le chiese organizzate sono considerate da molte denominazioni protestanti, tra cui quelle riformate, come importanti strumenti attraverso cui l'Ecclesia visibile può essere manifestata.

In altre parole, la dottrina della "chiesa invisibile" non nega l'esistenza della Chiesa visibile, ma la comprende come un'istanza di manifestazione dell'Ecclesia invisibile. La Chiesa visibile, costituita da comunità ecclesiali organizzate, è considerata come una testimonianza tangibile della presenza della Chiesa invisibile nel mondo.

La dottrina della "chiesa invisibile" sottolinea che l'essenza della Chiesa non si esaurisce nella sua manifestazione visibile, ma va al di là di essa. La Chiesa invisibile è composta da tutti i credenti che, indipendentemente dalla loro appartenenza a una specifica denominazione o comunità ecclesiale, hanno una fede autentica e una vera comunione con Cristo.

In sintesi, la dottrina della "chiesa invisibile" non si oppone alla necessità di chiese organizzate, ma sottolinea che la Chiesa va al di là della sua manifestazione esterna e che tutti i credenti, indipendentemente dalla loro appartenenza a una specifica comunità ecclesiale, fanno parte dell'Ecclesia invisibile. Le chiese organizzate, quindi, sono considerate come uno strumento attraverso cui l'Ecclesia visibile può essere manifestata nel mondo.

Il concetto di "ecclesia abscondita"

il concetto di "Ecclesia abscondita" è strettamente correlato al concetto di "chiesa invisibile". Entrambi si riferiscono alla convinzione che esista un aspetto della Chiesa che va al di là della sua manifestazione esterna, visibile e organizzata.

La "chiesa invisibile" è un concetto che ha le sue origini nella teologia protestante, in particolare nella dottrina del calvinismo. Secondo questa dottrina, la Chiesa di Dio è costituita non solo dai credenti che fanno parte della Chiesa visibile (cioè quelli che partecipano attivamente alla vita della comunità ecclesiale), ma anche da quelli che non fanno parte della Chiesa visibile ma che sono comunque veri credenti.

La "Ecclesia abscondita" di Heidegger [8], d'altra parte, non è necessariamente un concetto teologico. Piuttosto, rappresenta un'idea filosofica che mira a esplorare l'essenza della Chiesa come una realtà metafisica che va al di là della sua manifestazione esterna.

In entrambi i casi, tuttavia, si tratta di concetti che mettono in discussione la visione tradizionale della Chiesa come un'istituzione organizzata, visibile e gerarchica, e che sottolineano l'importanza dell'esperienza interiore e spirituale nella comprensione della natura della Chiesa.

Altri significati

Il concetto di "chiesa invisibile" è stato ripreso dalla teologia liberale moderna per sostenere come esistano valide spiritualità anche al di là delle chiese cristiane propriamente dette ed al di là della definizione cristiana di chiesa o di credente, vedi: "The Invisible Church Finding Spirituality Where You Are", di J. Pittman McGehee, Damon J. Thomas, Praeger Publishers (2008).

Bibliografia

Note

[1]  Agostino risponde: "Cum Donatistis questio nobis est, non de capite, sed de corpore, id est, non de ipso salvatore Jesu Christo, sed de eius ecclesia" (Agostino, Epistola ad Catholicos contra Donatistas, vulgo de Unitate Ecclesiae, cap. 4, n. 7, in PL 43, 396)

[2] Corpus Christi merum, and corpus Christi mixtum. De Doctr. Christ. III. 32; De Baptismo contra Donatistas, IV. 5. Il donatista Ticonio usa l'espressione "il duplice corpo di Cristo" (corpus Christi bipartitum)

[3] Vedasi il trattato di Wiclif De Ecclesia.

[4] Egli parla di ecclesia invisibilis nel suo secondo commentario ai Galati, vol. III, p. 38. Erlangen.

[5] vedasi la Confessione di fede di Westminster, X,3

[6] Expos. Christ. Fidei (written in 1531, and published by Bullinger, 1536): "Credimus et unam sanctam esse, h.e. universalem ecclesiam. Eam autem esse aut visibilem aut invisibilem. Invisibilis est, juxta Pauli verbum, quae coelo descendit, hoc est, qua Spiritu Sancto illustrante Deum cognoscit et amplectitur. De ista ecclesia sunt quotquot per universum orbem credunt. Vocatur autem invisibilis non quasi qui credunt sint invisibiles, sed quod humanis oculis non patet quinam credant; sunt enim fideles soli Deo et sibi perspecti. Visibilis autem ecclesia non estPontifex Romanus cum reliquis cidarim gestantibus, sed quotquot per universum orbem Christo nomen dederunt." Opera, IV. 58. Niemeyer, Coll. Confess., p. 53

[7] Ulrico Zwingli, il riformatore svizzero che ha avuto un ruolo fondamentale nella nascita del protestantesimo, ha sviluppato il concetto di "chiesa invisibile" in modo simile a Giovanni Calvino, il quale ne ha fornito una definizione più completa e precisa. Zwingli, infatti, ha parlato della "chiesa invisibile" in diversi scritti e discorsi, ma non ha fornito una definizione esplicita del termine. Tuttavia, dalle sue opere emerge chiaramente che egli considerava la Chiesa come una realtà spirituale e invisibile, composta da tutti i credenti che hanno una fede autentica in Cristo. Secondo Zwingli, la Chiesa non può essere identificata con una specifica istituzione ecclesiale o con una gerarchia di ministri, ma è piuttosto un'istanza spirituale che trascende la sua manifestazione esterna. Egli credeva che la Chiesa invisibile fosse composta da tutti i veri credenti, indipendentemente dalla loro appartenenza a una specifica denominazione o comunità ecclesiale. Inoltre, Zwingli sosteneva che la Chiesa invisibile fosse il corpo di Cristo, ovvero l'insieme di tutti i credenti che hanno una vera comunione con lui. Questa visione della Chiesa come un'istanza spirituale e universale si riflette anche nella sua posizione riguardo al culto e ai sacramenti: Zwingli rifiutava l'idea che il culto o i sacramenti potessero essere mezzi attraverso cui si raggiunge la salvezza, poiché la salvezza è data solo dalla fede in Cristo. In sintesi, Zwingli considerava la Chiesa invisibile come una realtà spirituale e universale, composta da tutti i veri credenti che hanno una fede autentica in Cristo, e che la Chiesa visibile fosse solo una manifestazione tangibile di questa realtà spirituale.

[8] Heidegger parla di "Ecclesia abscondita" in diversi scritti e conferenze, tra cui "Was ist das - die Philosophie?" (1929-1930), "Die Selbstbehauptung der deutschen Universität" (1933), "Martin Heidegger und die sogenannten Judenfrage" (1946) e "Der Satz vom Grund" (1956). In particolare, Heidegger sviluppa il concetto di "Ecclesia abscondita" nel corso della sua lettura del pensiero di San Paolo e nella sua interpretazione della tradizione teologica cristiana. Ad esempio, nella conferenza del 1933 "Die Selbstbehauptung der deutschen Universität", Heidegger afferma che la Chiesa è "una cosa nascosta, la cui natura vera e intima non può essere conosciuta con i sensi, ma solo attraverso l'apertura del nostro spirito all'essenza dell'essere". In questa conferenza, Heidegger si riferisce alla "Ecclesia abscondita" come a una realtà metafisica che va al di là dell'aspetto esteriore e istituzionale della Chiesa. In generale, Heidegger ha parlato della "Ecclesia abscondita" in diversi contesti, ma il concetto è presente soprattutto nei suoi scritti degli anni '30 e '40, quando si interessava di teologia e di religione.