Teologia/La dottrina è pratica
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La dottrina è pratica!
La preoccupazione di formulare con chiarezza ed in modo sistematico tutte le dottrine cristiane come sono contenute in modo diffuso attraverso la Bibbia (il compito della teologia sistematica) ed attenersi a questo, è vista con sospetto e persino disapprovazione da alcuni cristiani e chiese che affermano come questo sarebbe contrario allo spirito del ministero di Gesù di Nazareth. Fare di queste dottrine, in quanto tali, oggetto di predicazione e di insegnamento è considerato così non utile, anzi una distrazione ed un ostacolo dal compito unico di diffondere "l'amore di Cristo". Basterebbe, essi dicono, alcune affermazioni generali di principio sul contenuto essenziale della fede cristiana e tutto il resto sarebbe relativo, secondario. Si raccomanda, così, per la predicazione e lo studio, la "semplice" esposizione del testo biblico.
La persuasione che Cristo sarebbe "contro la dottrina", però, è un'affermazione bizzarra e sostanzialmente ridicola che dispone cristiani e chiese alla superficialità ed all'incoerenza. Di fatto, questa concezione corre il rischio concreto di aprirci ad ogni genere di subdole influenze estranee che così possono insinuarsi fra di noi indisturbate. Inoltre rimane vero che tutti possiedono, anche tacitamente, il proprio elenco i dottrine in cui credono, persino coloro che affermano di non averlo o che non sarebbe necessario, tant'è vero che si difendono animatamente quando qualcuno osa metterlo in questione... Quanto di esso, però, dipende non tanto dalla rivelazione biblica ma dai propri discutibili presupposti, consapevoli o non consapevoli?
Un Cristo "contro le dottrine" e la teologia non potrebbe essere maggiormente lontano dalla verità di ciò che afferma il Nuovo Testamento. Il termine "dottrina" significa semplicemente, infatti, "insegnamento". L'imperativo centrale espresso da Gesù nel Suo Grande Mandato è proprio quello di insegnare.
Ciononostante, oggi non mancano gli esperti di crescita delle chiese e di sondaggi d'opinione e persino professori di teologia che raccomandano ai giovani pastori di non "impegolarsi" in questioni dottrinali perché esse solo causerebbero "inutili contese", sarebbero "rischiose", "cerebrali", "teoretiche" e quindi semplicemente non pratiche.
Non pratiche? Certo, ne convengo che le applicazioni pratiche siano d'importanza vitale. Non voglio certo minimizzarlo. Non sta oggi, però, proprio esagerando dall'altra parte? Sia in chiese evangelicali che liberali le predicazioni s'incentrano prevalentemente su "questioni sociali" o relazionali, psicologia spicciola, "vita di tutti i giorni". L'intenzione è quella, certo, di essere "rilevanti" e di volersi staccare dalle "elucubrazioni" spiritualeggianti del passato. Si ritiene che la dottrina sia "noiosa" e quando la si discute brevemente i concetti proposti riflettono, di fatto, più i luoghi comuni dell'umanesimo oggi prevalente che la dottrina del Nuovo Testamento. Si ritiene, inoltre, che esporre "dottrine controverse" non favorisca l'auspicabile pace che vi deve essere fra i cristiani e non scandalizzerebbe il mondo...
Per di più, la distinzione operata oggi fra "dottrinale" e "pratico" è completamente artificiosa. La dottrina è pratica. Di fatto, non c'è niente di più pratico che la sana dottrina, perché alla fin fine non c'è altra base che si possa dare al comportamento morale e cristiano se non la verità della Parola di Dio.
Aneddoti, illustrazioni e artifici retorici vari significano ben poco se sono sconnessi dai principi della rivelazione biblica. Prima che il predicatore chieda a chiunque di adempiere ad un qualche dovere, deve prima trattare di dottrina. Deve sviluppare il suo messaggio attorno a temi teologici e trarre i principi dai testi. Solo dopo si potrà applicare la dottrina.
La lettera dell'apostolo Paolo ai cristiani di Roma offre di questo l'esempio più chiaro. L'Apostolo non passa alle esortazioni che dopo aver trattato di teologia per undici capitoli!
Nel trattare di teologia arriva ad altezze incredibili, per culminare in 11:33-36 dove dice:
Poi, al capitolo 12 l'Apostolo inizia immediatamente a trattare delle conseguenze pratiche della dottrina esposta nei primi 11 capitoli. Non c'è migliore brano delle Scritture che colga quale siano le responsabilità dei cristiani di fronte alla verità che Romani 12:1-12. Fondandosi su undici capitoli di profonda dottrina, Paolo chiama ciascun credente ad un atto supremo di culto spirituale: dare sé stessi a Dio come sacrifici viventi.
E' così che la dottrina fa sorgere la devozione verso Cristo. Che cosa potrebbe essere più pratico di questo? Il resto della lettera ai Romani prosegue poi a spiegare ulteriori implicazioni della devozione verso Cristo.
Paolo segue lo stesso criterio in Galati, Efesini, Filippesi, Corinzi e 1 Tessalonicesi. Prima viene sempre il messaggio dottrinale. Su quel fondamento, poi, egli espone quali ne siano le implicazioni pratiche, facendo le connessioni logiche con la parola "dunque" (Romani 12:1; Galati 5:1; Efesini 4:1; Filippesi 2:1 ecc.) e simili.
Oggi si è così imposto al termine "dottrina" un significato artificiale. L'abbiamo resa qualcosa di astratto, minaccioso, sconnesso dalla vita quotidiana. Questo ha avuto per conseguenza l'idea disastrosa che la predicazione e l'insegnamento non riguardino la vita concreta.
Il concetto scritturale di dottrina include l'intero messaggio dell'Evangelo - il suo insegnamento su Dio, la salvezza, il peccato, la giustizia. Questi concetti sono tanto strettamente legati alla vita quotidiana che la mentalità del primo secolo non li vedeva come separati dalla verità pratica.
La chiesa del Nuovo Testamento era fondata su una solida base dottrinale. 1 Timoteo 3:16 contiene ciò che molti studiosi credono essere un antico inno: "Colui che è stato manifestato in carne, è stato giustificato nello Spirito, è apparso agli angeli, è stato predicato fra le nazioni, è stato creduto nel mondo, è stato elevato in gloria". Qui, in modo condensato, c'è la base di ogni insegnamento cristiano. Senza di esso, non c'è applicazione pratica che conti.
I versetti seguenti di 1 Timoteo descrivono ciò che accade quando cii allontana dalla base della verità biblica:
In altre parole: menzogne, ipocrisia, una coscienza obnubilata, false pratiche religiose: tutto questo trova base e motivazione in dottrine falsate.
Non esiste migliore attività nel ministero cristiano che comprendere giustamente e proclamare chiaramente la sana dottrina. In 1 e 2 Timoteo e Tito, Paolo stabilisce due giovani nel ministero cristiano. Il suo tema centrale è l'importanza di aderire alla sana dottrina.
Così Paolo esorta Timoteo: "Esponendo queste cose ai fratelli, tu sarai un buon servitore di Cristo Gesù, nutrito con le parole della fede e della buona dottrina che hai imparata" (1 Timoteo 4:6); come pure: "Bada a te stesso e all'insegnamento; persevera in queste cose perché, facendo così, salverai te stesso e quelli che ti ascoltano" (v. 16).
Tito 2:10 dice: "..a non derubarli, ma a mostrare sempre lealtà perfetta, per onorare in ogni cosa la dottrina di Dio, nostro Salvatore". Quando si tratta di affermare la sana dottrina, ciò che facciamo ha più peso di quanto diciamo. Ecco perché comporta effetti disastrosi quando un pastore, un insegnante di facoltà teologica, o un qualsiasi leader cristiano fallisce da punto di vista morale. Il messaggio che proclama è che la sua dottrina non sia collegata alla sua vita. Per coloro le cui vite egli ha toccato, la dottrina diventa semplicemente un esercizio intellettuale.
La vera dottrina trasforma il comportamento ed è intessuta nella vita di tutti i giorni. Essa, però, deve essere compresa se si vuole che eserciti il suo impatto sulla vita. La sfida autentica del ministero è di dispnsare, esporre, la verità con accuratezza e chiarezza. L'applicazione pratica deriverà facilmente tramite il confronto.
Nessun credente può applicare la dottrina che non conosce. Coloro che non conoscono i principi della Bibbia su matrimonio, divorzio, famiglia, educazione dei figli, disciplina personale, denaro, debiti, lavoro, servizio di Cristo, responsabilità verso i poveri, cura delle vedove, la risposta da dare al governo in politica, retribuzione eterna, ed altri insegnamenti ancora, non saranno in grado di applicarli.
Coloro che non sanno ciò che la Bibbia insegna sulla salvezza, non saranno salvati. Coloro che non sanno ciò che la Bibbia insegna al riguardo della santità di vita, sono incapaci di venire alle prese con il peccato. E' così che essi non saranno in grado di vivere pienamente alla gloria di Dio e goderne le benedizioni.
[Articolo rielaborato da una riflessione di John McArthur].
La preoccupazione di formulare con chiarezza ed in modo sistematico tutte le dottrine cristiane come sono contenute in modo diffuso attraverso la Bibbia (il compito della teologia sistematica) ed attenersi a questo, è vista con sospetto e persino disapprovazione da alcuni cristiani e chiese che affermano come questo sarebbe contrario allo spirito del ministero di Gesù di Nazareth. Fare di queste dottrine, in quanto tali, oggetto di predicazione e di insegnamento è considerato così non utile, anzi una distrazione ed un ostacolo dal compito unico di diffondere "l'amore di Cristo". Basterebbe, essi dicono, alcune affermazioni generali di principio sul contenuto essenziale della fede cristiana e tutto il resto sarebbe relativo, secondario. Si raccomanda, così, per la predicazione e lo studio, la "semplice" esposizione del testo biblico.
La persuasione che Cristo sarebbe "contro la dottrina", però, è un'affermazione bizzarra e sostanzialmente ridicola che dispone cristiani e chiese alla superficialità ed all'incoerenza. Di fatto, questa concezione corre il rischio concreto di aprirci ad ogni genere di subdole influenze estranee che così possono insinuarsi fra di noi indisturbate. Inoltre rimane vero che tutti possiedono, anche tacitamente, il proprio elenco i dottrine in cui credono, persino coloro che affermano di non averlo o che non sarebbe necessario, tant'è vero che si difendono animatamente quando qualcuno osa metterlo in questione... Quanto di esso, però, dipende non tanto dalla rivelazione biblica ma dai propri discutibili presupposti, consapevoli o non consapevoli?
Un Cristo "contro le dottrine" e la teologia non potrebbe essere maggiormente lontano dalla verità di ciò che afferma il Nuovo Testamento. Il termine "dottrina" significa semplicemente, infatti, "insegnamento". L'imperativo centrale espresso da Gesù nel Suo Grande Mandato è proprio quello di insegnare.
"Gesù, avvicinatosi, parlò loro, dicendo: «Ogni potere mi è stato dato in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutte quante le cose che vi ho comandate. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dell'età presente»" (Matteo 28:18-20).
Ciononostante, oggi non mancano gli esperti di crescita delle chiese e di sondaggi d'opinione e persino professori di teologia che raccomandano ai giovani pastori di non "impegolarsi" in questioni dottrinali perché esse solo causerebbero "inutili contese", sarebbero "rischiose", "cerebrali", "teoretiche" e quindi semplicemente non pratiche.
Non pratiche? Certo, ne convengo che le applicazioni pratiche siano d'importanza vitale. Non voglio certo minimizzarlo. Non sta oggi, però, proprio esagerando dall'altra parte? Sia in chiese evangelicali che liberali le predicazioni s'incentrano prevalentemente su "questioni sociali" o relazionali, psicologia spicciola, "vita di tutti i giorni". L'intenzione è quella, certo, di essere "rilevanti" e di volersi staccare dalle "elucubrazioni" spiritualeggianti del passato. Si ritiene che la dottrina sia "noiosa" e quando la si discute brevemente i concetti proposti riflettono, di fatto, più i luoghi comuni dell'umanesimo oggi prevalente che la dottrina del Nuovo Testamento. Si ritiene, inoltre, che esporre "dottrine controverse" non favorisca l'auspicabile pace che vi deve essere fra i cristiani e non scandalizzerebbe il mondo...
Per di più, la distinzione operata oggi fra "dottrinale" e "pratico" è completamente artificiosa. La dottrina è pratica. Di fatto, non c'è niente di più pratico che la sana dottrina, perché alla fin fine non c'è altra base che si possa dare al comportamento morale e cristiano se non la verità della Parola di Dio.
Aneddoti, illustrazioni e artifici retorici vari significano ben poco se sono sconnessi dai principi della rivelazione biblica. Prima che il predicatore chieda a chiunque di adempiere ad un qualche dovere, deve prima trattare di dottrina. Deve sviluppare il suo messaggio attorno a temi teologici e trarre i principi dai testi. Solo dopo si potrà applicare la dottrina.
La lettera dell'apostolo Paolo ai cristiani di Roma offre di questo l'esempio più chiaro. L'Apostolo non passa alle esortazioni che dopo aver trattato di teologia per undici capitoli!
Nel trattare di teologia arriva ad altezze incredibili, per culminare in 11:33-36 dove dice:
"Oh, profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio! Quanto inscrutabili sono i suoi giudizi e ininvestigabili le sue vie! Infatti «'chi ha conosciuto il pensiero del Signore? O chi è stato suo consigliere? 'O chi gli ha dato qualcosa per primo, da riceverne il contraccambio?» Perché da lui, per mezzo di lui e per lui sono tutte le cose. A lui sia la gloria in eterno. Amen".
Poi, al capitolo 12 l'Apostolo inizia immediatamente a trattare delle conseguenze pratiche della dottrina esposta nei primi 11 capitoli. Non c'è migliore brano delle Scritture che colga quale siano le responsabilità dei cristiani di fronte alla verità che Romani 12:1-12. Fondandosi su undici capitoli di profonda dottrina, Paolo chiama ciascun credente ad un atto supremo di culto spirituale: dare sé stessi a Dio come sacrifici viventi.
E' così che la dottrina fa sorgere la devozione verso Cristo. Che cosa potrebbe essere più pratico di questo? Il resto della lettera ai Romani prosegue poi a spiegare ulteriori implicazioni della devozione verso Cristo.
Paolo segue lo stesso criterio in Galati, Efesini, Filippesi, Corinzi e 1 Tessalonicesi. Prima viene sempre il messaggio dottrinale. Su quel fondamento, poi, egli espone quali ne siano le implicazioni pratiche, facendo le connessioni logiche con la parola "dunque" (Romani 12:1; Galati 5:1; Efesini 4:1; Filippesi 2:1 ecc.) e simili.
Oggi si è così imposto al termine "dottrina" un significato artificiale. L'abbiamo resa qualcosa di astratto, minaccioso, sconnesso dalla vita quotidiana. Questo ha avuto per conseguenza l'idea disastrosa che la predicazione e l'insegnamento non riguardino la vita concreta.
Il concetto scritturale di dottrina include l'intero messaggio dell'Evangelo - il suo insegnamento su Dio, la salvezza, il peccato, la giustizia. Questi concetti sono tanto strettamente legati alla vita quotidiana che la mentalità del primo secolo non li vedeva come separati dalla verità pratica.
La chiesa del Nuovo Testamento era fondata su una solida base dottrinale. 1 Timoteo 3:16 contiene ciò che molti studiosi credono essere un antico inno: "Colui che è stato manifestato in carne, è stato giustificato nello Spirito, è apparso agli angeli, è stato predicato fra le nazioni, è stato creduto nel mondo, è stato elevato in gloria". Qui, in modo condensato, c'è la base di ogni insegnamento cristiano. Senza di esso, non c'è applicazione pratica che conti.
I versetti seguenti di 1 Timoteo descrivono ciò che accade quando cii allontana dalla base della verità biblica:
"Ma lo Spirito dice esplicitamente che nei tempi futuri alcuni apostateranno dalla fede, dando retta a spiriti seduttori e a dottrine di demòni, sviati dall'ipocrisia di uomini bugiardi, segnati da un marchio nella propria coscienza. Essi vieteranno il matrimonio e ordineranno di astenersi da cibi che Dio ha creati perché quelli che credono e hanno ben conosciuto la verità ne usino con rendimento di grazie" (4:1-3)..
In altre parole: menzogne, ipocrisia, una coscienza obnubilata, false pratiche religiose: tutto questo trova base e motivazione in dottrine falsate.
Non esiste migliore attività nel ministero cristiano che comprendere giustamente e proclamare chiaramente la sana dottrina. In 1 e 2 Timoteo e Tito, Paolo stabilisce due giovani nel ministero cristiano. Il suo tema centrale è l'importanza di aderire alla sana dottrina.
Così Paolo esorta Timoteo: "Esponendo queste cose ai fratelli, tu sarai un buon servitore di Cristo Gesù, nutrito con le parole della fede e della buona dottrina che hai imparata" (1 Timoteo 4:6); come pure: "Bada a te stesso e all'insegnamento; persevera in queste cose perché, facendo così, salverai te stesso e quelli che ti ascoltano" (v. 16).
Tito 2:10 dice: "..a non derubarli, ma a mostrare sempre lealtà perfetta, per onorare in ogni cosa la dottrina di Dio, nostro Salvatore". Quando si tratta di affermare la sana dottrina, ciò che facciamo ha più peso di quanto diciamo. Ecco perché comporta effetti disastrosi quando un pastore, un insegnante di facoltà teologica, o un qualsiasi leader cristiano fallisce da punto di vista morale. Il messaggio che proclama è che la sua dottrina non sia collegata alla sua vita. Per coloro le cui vite egli ha toccato, la dottrina diventa semplicemente un esercizio intellettuale.
La vera dottrina trasforma il comportamento ed è intessuta nella vita di tutti i giorni. Essa, però, deve essere compresa se si vuole che eserciti il suo impatto sulla vita. La sfida autentica del ministero è di dispnsare, esporre, la verità con accuratezza e chiarezza. L'applicazione pratica deriverà facilmente tramite il confronto.
Nessun credente può applicare la dottrina che non conosce. Coloro che non conoscono i principi della Bibbia su matrimonio, divorzio, famiglia, educazione dei figli, disciplina personale, denaro, debiti, lavoro, servizio di Cristo, responsabilità verso i poveri, cura delle vedove, la risposta da dare al governo in politica, retribuzione eterna, ed altri insegnamenti ancora, non saranno in grado di applicarli.
Coloro che non sanno ciò che la Bibbia insegna sulla salvezza, non saranno salvati. Coloro che non sanno ciò che la Bibbia insegna al riguardo della santità di vita, sono incapaci di venire alle prese con il peccato. E' così che essi non saranno in grado di vivere pienamente alla gloria di Dio e goderne le benedizioni.
[Articolo rielaborato da una riflessione di John McArthur].
P. E. Castellina, 21 dicembre 2009