Storia/Storia dei Valdesi/Le origini del movimento valdese
1. Le origini del movimento valdese
Il secolo XII — I Càtari o Albigesi — I Petrobrusiani e gli Enriciani — I Patarini — Gli Arnaldisti — Gli Umiliati — Fusione di tutti questi elementi con i Poveri di Lione.
E' un'opinione assai diffusa che il Medio Evo non sia stato che un lungo e monotono periodo di letargo, in cui regnarono fittissime le tenebre dell’ignoranza e della barbarie. E' un errore. Vi furono certamente nel corso di quei secoli alcune epoche (per esempio, il secolo X, il « saeculum plumbeum») in cui la cultura e la civiltà discesero ad un livello bassissimo ed ogni luce di vita cristiana sembrava prossima a spengersi; ma altre epoche nel Medio Evo offrono invece alle indagini dello storico un campo dei più attraenti! Magnifiche aspirazioni spirituali, vigorosi tentativi di rivendicazioni economiche e di riforme sociali, risvegli mistici dell'anima popolare, reazioni di coscienze bramose di verità, di giustizia, di libertà, correnti impetuose di protesta contro deformazioni della dottrina cristiana e gli abusi e le corruzioni dei costumi tollerati e troppo spesso favoriti dalla Chiesa, movimenti di separazione allo scopo di attuare una vita religiosa più conforme al-l'Evangelo di Gesù. Cristo.
Ma fu particolarmente nel secolo XII che la cristianità apparve agitata e inquieta, come percorsa da nuovi fremiti di vita. Un po' dovunque, e in Italia più che altrove, era all'opera un misterioso fermento spirituale che diede origine ad una quantità di dissidenze e di movimenti riformisti.
Già da parecchio tempo s'era diffusa in tutto l'Occidente la setta dei Càtari — parola che in greco significa «puri» — che precedette il movimento valdese (col quale tuttavia non deve assolutamente confondersi, perché se ne differenzia per dottrine essenzialissime) tanto nel nord d'Italia quanto nella Provenza, dove i suoi aderenti presero il nome di Albigesi dalla città di Albi, una delle loro sedi primitive. Dottrina caratteristica di codesta sètta era l'antica concezione dualistica del mondo, la teoria manichea e gnostica del doppio principio eterno: lo spirito e la materia, il bene e il male.
Il catarismo, dunque, riuscì nei secoli X e XI ad insinuarsi in ogni paese d'Europa, preparandovi un terreno favorevole per la diffusione di verità più cristiane. Ed infatti, ecco manifestarsi nel secolo XII, a breve distanza di tempo gli uni dagli altri, diversi movimenti religiosi, particolarmente nella Francia meridionale ed in Lombardia.
In Francia troviamo i Petrobrusini e gli Bericiani, assai affini tra loro. I primi presero nome da Pietro di Bruys, impetuoso predicatore che durante oltre un ventennio percorse le campagne, flagellando le superstizioni e particolarmente il culto idolatrico delle immagini, che egli incitava le popolazioni a distruggere col fuoco, finchè nell'anno 1140 a Saint-Gilles, vicino a Nìmes, non perì egli stesso sul rogo. Dieci anni più tardi moriva in carcere Enrico di Cluny, chiamato anche Enrico di Iblosa; questo monaco della celebre abbazia di Cluny s'era dato anch'egli a denunziare, con singolare eloquenza e fra l'entusiasmo delle moltitudini, la simonia, l'ipocrisia e la lussuria del clero.
Qual era la sostanza della protesta e dell'insegnamento di questi due ardenti innovatori? Essi ripudiavano il culto dei santi, i suffragi per i morti, tutta quanta la gerarchia ecclesiastica, non volevano immagini, ne la croce, né cerimonie, ne templi: abolizione totale, insomma, d'ogni forma di culto esteriore, con ritorno al più semplice tipo apostolico primitivo. I loro seguaci, assai numerosi specialmente dalle parti di Tolosa, furono tosto bersagliati dalla persecuzione. Onde, coloro che non si lasciarono assorbire dai Càtari si unirono più tardi ai Poveri di Lione, confondendosi così col movimento valdese.
In Italia le dissidenze religiose non mancarono; anzi, furono qui in maggior numero e tutt'altro che moderate. Come dice lo storico G. Volpe: «Le eresie medioevali sono tanto più ferocemente antiromane quanto son più vicine a Roma». Milano è il grande centro di tali eresie. Quivi fin dal secolo X s'è formato, nel quartiere dei rigattieri, il partito dei Patarini in difesa del basso clero povero e sfruttato: una setta dagli intenti più economici che religiosi.
Quivi troviamo gli Arnaldisti, detti anche «i Lombardi» ; sono i seguaci del fiero Arnaldo da Brescia, suppliziato nel 1155 da papa Adriano IV, i quali propugnano una riforma politica e religiosa insieme: insistono sulla separazione delle cose spirituali dalle temporali e sulla necessità d'un ritorno alla purezza ed alla semplicità apostolica. Di tutti i dissidenti sono forse i più radicali ed i più fermi nel negare al clero degenere il diritto di pascere le anime e di amministrare i sacramenti.
Nella metropoli lombarda troviamo infine gli Umiliati, confraternita di laici nobili che avevano fatto voto di vivere in umiltà ed in povertà.
Con questi vari elementi verranno in contatto i Poveri di Lione, di cui stiamo per discorrere, e dalla loro fusione si rafforzerà prima che termini il secolo XII quel movimento valdese che sarà così forte da superare la prova delle più crudeli e tenaci persecuzioni.