Preghiera/Porzioni giornaliere/Ottobre

Da Tempo di Riforma Wiki.
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Ottobre

1 Ottobre

"Anche noi, dunque, poiché siamo circondati da una così grande schiera di testimoni, deposto ogni peso e il peccato che così facilmente ci avvolge, corriamo con perseveranza la gara che ci è proposta" (Ebrei 12:1).

Ogni desiderio ardente della tua anima verso il Signore Gesù Cristo; ogni movimento interiore di fede, speranza e amore verso il Suo nome benedetto; ogni consapevolezza della tua miseria e del tuo pericolo come povero peccatore colpevole, smarrito e condannato, per cui fuggi dall’ira a venire; ogni tentativo di uscire dal mondo e dal peccato per la tua stessa vita, con ogni respiro del tuo cuore che si riversa nel seno di Dio, affinché Egli abbia misericordia di te e ti benedica – tutti questi atti interiori del cuore credente, nel suo sforzo per ottenere la salvezza come una realtà sentita e vissuta, come il premio della nostra alta vocazione, sono rappresentati dall’emblema del "correre la gara che ci è proposta".

Il cristiano vede e sente che c’è un premio da ottenere, che è la vita eterna (vita significativa e permanente); una vittoria da conquistare, che è la vittoria sulla morte e sull’inferno; e vede le conseguenze certe se questo premio non viene ottenuto, se questa vittoria non viene vinta: un’eternità di sofferenza - che ci piaccia o meno sentirne parlare. Perciò, indipendentemente da ciò che gli altri pensano o dicono, egli sa che deve correre quand'anche tutti gli altri si fermassero; deve combattere quand'anche tutti gli altri fossero sopraffatti. Ma per fare questo, o qualsiasi parte di questo, il credente deve avere la vita di Dio nella sua anima. Cominciare a correre è opera della grazia e della potenza divina; per continuare, ha bisogno di un rifornimento costante che proviene dalla pienezza del Capo del patto; e per poter perseverare fino alla fine e vincere il premio, deve avere la forza di Cristo che si perfeziona continuamente nella sua debolezza. Ma alla fine vince; è reso più che vincitore per mezzo di Colui che l’ha amato. Gesù ha promesso che non sarà sconfitto, perché la gara non è per i veloci né la battaglia per i forti; ma "gli zoppi" si appropriano della preda, e "non per forza né per potenza, ma per il mio Spirito," dice il Signore, Dio dell'universo.


2 Ottobre

"Poiché tu ci hai messi alla prova, o Dio, ci hai passati al crogiuolo come l'argento" (Salmo 66:10)

Il modo in cui il Signore tratta il Suo popolo nel deserto ha molto a che fare con questo scopo: metterli alla prova e vedere cosa c'è nei loro cuori. Ha il Signore piantato la vita nella tua anima? Ha toccato la tua coscienza con il Suo dito? Ha iniziato un’opera di grazia nel tuo cuore? Se è così, nel tuo viaggio attraverso questo deserto ci saranno, di tanto in tanto, delle situazioni che metteranno alla prova la realtà di quest’opera nella tua anima.

Avrai tentazioni; e quando arriveranno, queste dimostreranno se hai il timore di Dio nella tua anima per resistere alla tentazione, o se invece cadi sotto di essa; oppure, se cadi nella tentazione, se ne uscirai mai. E se sei un’anima vivente, il Signore continuerà a portare circostanza dopo circostanza, evento dopo evento, una cosa dopo l’altra; e tutte queste situazioni, mentre ti si presenteranno, serviranno a dimostrare se il timore di Dio è nel tuo cuore o no. Ora, se il timore di Dio non è nel cuore di una persona, essa dovrà allontanarsi, dovrà cadere. SATANA sarà più forte di chiunque, tranne che della famiglia di Dio; il PECCATO sconfiggerà e distruggerà tutti, tranne coloro i cui peccati sono perdonati attraverso il sangue espiatorio e l'amore morente di Cristo; e il MONDO, prima o poi, vincerà tutti coloro che non hanno la fede degli eletti di Dio, grazie alla quale il mondo viene superato. Così il Signore, nei Suoi misteriosi trattamenti (e quanto sono misteriosi i Suoi modi di agire!), dimostra la realtà dell'opera di grazia in ogni cuore dove quell'opera è iniziata, e smaschera l'ipocrisia di tutti coloro che hanno solo un’apparenza di vita mentre la loro anima è morta davanti a Dio.

Audio della meditazione Philpot del 2 Ottobre

3 Ottobre

"E noi tutti, contemplando a viso scoperto, come in uno specchio, la gloria del Signore, siamo trasformati nella sua stessa immagine, di gloria in gloria, secondo il Signore, che è lo Spirito" (2 Corinzi 3:18).

Quando i nostri desideri e affetti si elevano verso il luogo dove ora si trova il Signore Gesù Cristo, quando siamo sollevati al di sopra di tutto il fumo e la nebbia, il frastuono e i conflitti, il rumore e l'agitazione, le preoccupazioni e le ansie, gli impegni e i piaceri, i peccati e i dolori di questa scena terrena, possiamo, nella fede e nella speranza, nell'amore e nell'affetto, vivere al di sopra e oltre tutte le cose di quaggiù. Guardando con il volto scoperto la gloria del Signore, siamo trasformati nella stessa immagine, "di gloria in gloria, come per lo Spirito del Signore". Questo è ciò che significa essere fatti sedere nei luoghi celesti in Cristo Gesù.

Quando il Signore Gesù salì in alto, entrò nella Sua gloria. E così, quando Lo contempliamo nella Sua gloria con fede e amore, c'è un riflesso della Sua gloria, e i santi che ricevono questo favore entrano nel cielo già mentre sono ancora sulla terra. Essi hanno un anticipo della gloria che sarà rivelata al ritorno del Signore, prima ancora di esserne rivestiti per sempre. È vero che sono pochi coloro che ricevono un favore così grande, e anche loro solo a intervalli rari e per brevi momenti; ma questo non cambia la verità e la certezza del fatto. È una verità profondamente benedetta che, se siamo membri del corpo mistico di Cristo, la mancanza di esperienza, anche se ci priva di gran parte del godimento, non ci priva del nostro interesse e della nostra unione con il nostro grande Capo del patto, né dei frutti che ne derivano.

Anche se non sempre sentiamo intensamente questa unione o viviamo in quella costante comunione con Cristo che desidereremmo, la nostra appartenenza a Lui rimane sicura. Non è la perfezione della nostra esperienza a definire la nostra relazione con Lui, ma è la Sua fedeltà, la Sua grazia e la Sua opera compiuta per noi.


4 Ottobre

"Io cercherò la perduta, ricondurrò la smarrita, fascerò la ferita, fortificherò la malata" (Ezechiele 34:16).

Malattie particolari richiedono rimedi particolari, ma qui abbiamo un rimedio generale, una medicina per la famiglia di Dio. Il Signore non ha solo rimedi forti per le malattie disperate, ma nella Sua farmacia divina ha anche i suoi rIcostituenti e fortificanti. "Fortificatemi con delle schiacciate d'uva, sostentatemi con delle mele, perché io sono malata d'amore" (Cantico 2:5). Mi ero fortemente indebolita, avevo bisogno di un ricostituente per riprendermi. Allo stesso modo, un'anima povera e sfinita può venire ad ascoltare l'Evangelo predicato, o aprire la sua Bibbia e dire: "Cosa c’è qui per me? Quando sento descrivere esperienze profonde, mi sembrano troppo per me; e quando ascolto di grandi rivelazioni, mi sembrano troppo alte. Mi sento quindi come una creatura strana, fuori posto, che non riesce né a tuffarsi né a volare, né a sprofondare né a salire".

Bene, sei malato; sei come uno in ospedale, afflitto da una malattia che confonde tutti i medici. Alla fine, uno più esperto degli altri dice: "Non c'è una malattia particolare. Ma questo paziente ha carenze alimentari, sta morendo per denutrizione. Ha bisogno di una trasfusione di sangue migliore, di cibo e vino buoni, e di una dieta nutriente per recuperare le forze e rimettere vita nel suo corpo. Così agisce il grande Medico. "Io fortificherò la malata". Il sangue e la giustizia di Gesù – quella carne che è vero cibo e quel sangue che è vera bevanda – vengono dati al povero affamato per rianimarlo con un cordiale celeste.

"Non c'è balsamo in Galaad? Non c'è lì nessun medico? Perché dunque la piaga della figlia del mio popolo non è stata medicata?" (Geremia 8:22). Sì, c'è un Medico. A quel balsamo e a quel Medico ricorrono le anime malate di peccato. Se hai un vero problema, puoi essere sicuro che c’è un rimedio nella "farmacia di famiglia". Non lo hai ancora trovato, o almeno non lo hai trovato ancora tu, ma c'è un cassetto, e in quel cassetto c'è una pozione preparata da infinita saggezza e composta da amore eterno. È davvero un rimedio che nessun medico erudito della scuola dei farisei ha mai prescritto, o che un farmacista saggio ai propri occhi ha mai composto; eppure è proprio ciò che serve, esattamente la cosa giusta. E quando quel cassetto viene aperto, e la pozione tirata fuori, e tu la prendi, sarai in grado di dire con Davide, nella gioia del tuo cuore: "Benedici il Signore, anima mia, e tutto quello che è in me benedica il suo santo nome".


5 Ottobre

"E la mia preghiera è che il vostro amore sempre più abbondi in conoscenza e in ogni discernimento" (Filippesi 1:9).

L'amore è in modo particolare il frutto della conoscenza, e sappiamo che l'amore è un frutto dello Spirito Santo. Quando lo Spirito del Signore apre la preziosa verità di Dio all'anima, l'amore abbraccia ciò che lo Spirito Santo rivela. In questo modo si ha una conoscenza del solo vero Dio attraverso l'insegnamento dello Spirito. Ma il nostro amore deve crescere non solo nella conoscenza, che è il fondamento, perché se non c'è conoscenza del Signore, non può esserci amore per Lui o per il Suo popolo, ma anche in ogni sentimento, in ogni percezione, in ogni esperienza.

La conoscenza spirituale e l'esperienza vissuta sono quindi i due nutrimenti dell'amore cristiano, come due fiumi che scorrono fianco a fianco dal trono dell'Altissimo e si uniscono in quel fiume sconfinato che è l'amore. Ed è proprio attraverso questa unione tra conoscenza ed esperienza, tra luce divina e vita celeste, tra l'insegnamento dello Spirito e la testimonianza dello Spirito, tra la verità compresa e il sentimento nelle nostre affezioni, che l'amore è mantenuto nell'anima e si riversa verso il Signore e verso il Suo popolo.

Questa conoscenza spirituale è molto diversa dalla semplice conoscenza intellettuale e sterile. La prima è un fiume che scorre, la seconda è una pozzanghera stagnante; la prima fertilizza il cuore, rendendolo fruttuoso in ogni parola e opera buona, mentre la seconda lascia il cuore come una palude deserta, dove si annidano e strisciano creature spaventose, e da cui sorgono miasmi, malattie e morte. Quindi, l'unione tra conoscenza ed esperienza, che sostiene l'amore, distingue l'opera dello Spirito da ogni sua imitazione, e dove c'è la vera opera dello Spirito ci saranno conoscenza e sentimento vissuto.

Questa è la benedizione particolare dell'esperienza viva: essa cammina mano nella mano con la conoscenza di grazia per sostenere l'amore celeste. Cristo è il fine e l'oggetto di entrambi, sia della conoscenza salvifica che dell'esperienza autentica; perché, come in tutto il resto, Egli è l'Alfa e l'Omega, il principio e la fine, il primo e l'ultimo.


6 Ottobre

"Poiché così parla colui che è l'Alto, l'Eccelso, che abita l'eternità, e che ha nome il Santo: “Io abito nel luogo alto e santo, ma sono con colui che è oppresso e umile di spirito, per ravvivare lo spirito degli umili, per ravvivare il cuore degli oppressi" (Isaia 57:15).

Che mistero meraviglioso che Dio abbia due dimore! Il "cielo dei cieli" che "non può contenerlo" e il cuore umile, spezzato e contrito! Ma affinché il Signore del cielo possa avere un luogo dove vivere e dimorare, Dio dona al suo popolo doni e grazie. Infatti, Egli non può venire a dimorare nella mente carnale, nella nostra natura ribelle, in un cuore pieno di inimicizia e malvagità; perciò, crea Lui stesso una dimora, una sorta di padiglione in cui il Re della gloria può abitare, con tende simili a quelle di Salomone. Questa dimora è quella natura santa e divina che ci viene comunicata nella rigenerazione: "l'uomo nuovo, creato a immagine di Dio nella giustizia e nella vera santità". Così Cristo dimora nel cuore per mezzo della fede, ed è "in noi, la speranza della gloria". Ed è per questo che Paolo dice: "Sono stato crocifisso con Cristo; non vivo più io, ma Cristo vive in me; e la vita che vivo ora nella carne, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me".

Questo è il fine dell'opera di Dio: che il Signore Dio possa abitare nel suo popolo; che ci sia un'unione tra la Chiesa e il suo Capo dell'Alleanza - "Io in loro e loro in me, affinché siano perfetti nell'unità". Questo è lo svelarsi del grande enigma, la soluzione del mistero incomprensibile: "Dio manifestato nella carne", affinché il Signore Dio possa dimorare nel suo popolo. "Dimorerò in loro e camminerò in mezzo a loro; sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo". E così Egli si glorifica riempiendo i loro cuori con la sua grazia e la sua gloria, come accadde un tempo nel tempio di Salomone, affinché possano gioire di Lui ed essere con Lui per l'eternità, quando il tempo non ci sarà più. Questo è il grande segreto dietro tutte le opere di Dio nell'anima e dietro tutte le sue misteriose guide nella provvidenza: che il Signore Dio possa abitare nei cuori del suo popolo qui e sia eternamente glorificato in loro in un mondo più luminoso e migliore.


7 Ottobre

"Del resto, fratelli, rallegratevi, ricercate la perfezione, siate consolati, abbiate un medesimo sentimento, vivete in pace e il Dio d'amore e di pace sarà con voi" (2 Corinzi 13:11).

Chi è in comunione con Cristo trova sempre motivo di rallegrarsi, anche nelle circostanze peggiori. La "perfezione" della quale questo versetto ci parla e che costituisce parte dei saluti finali di questa lettera dell'Apostolo, è l'opera di redenzione compiuta per noi dal Cristo, non ciò che noi potremmo conseguire con i nostri sforzi. Essa dobbiamo "ricercare", vale a dire guardare, sempre considerare. Nulla potrà per noi pregiudicarla, perché la grazia di Dio ci accompagnerà fino al sicuro compimento finale della nostra salvezza. Egli opera affinché la Sua chiesa, cioè l'insieme dei Suoi eletti, "per farla comparire davanti a sé gloriosa, senza macchia, senza ruga o altri simili difetti, ma santa e irreprensibile" (Efesini 5:27). Tutto questo è per noi di grande consolazione. Nulla deve turbare questo medesimo sentimento, questa pace, la consapevolezza dell'amore di Dio per noi in Cristo.

Quando guardiamo all’esperienza concreta, spesso scopriamo che i momenti in cui il popolo di Dio pensa di stare male sono proprio quelli in cui, in realtà, sta bene. E, allo stesso modo, ci sono momenti in cui pensa di stare bene, ma sta male. Per esempio, quando le loro anime sono oppresse dalle difficoltà, sembra loro di stare male. Sentono come se la mano di Dio fosse contro di loro, come se Lui avesse nascosto il suo volto; non riescono a trovare accesso alla grazia, non ricevono dolci conferme da parte del Signore che il cammino che stanno percorrendo sia quello da Lui scelto e che tutto finirà bene. In queste situazioni, credono davvero di stare male, eppure forse non stanno mai così bene come in quei momenti di difficoltà, tristezza e afflizione. Queste esperienze li distaccano dal mondo decaduto. Se però il loro cuore e i loro affetti si stavano dirigendo verso degli idoli, tali esperienze li riportano indietro. Se stavano costruendo "cisterne rotte" (ovvero cercando consolazione in cose futili), queste vengono distrutte. Se si stavano inchinando agli idoli nei loro cuori, afflizioni e problemi li abbattono davanti ai loro occhi, portando via i loro falsi dei e lasciandoli senza rifugio, se non nel Signore dell'universo.

Se guardi indietro, vedrai che spesso le benedizioni più grandi sono nate dalle sofferenze più profonde, e le gioie più dolci sono emerse dai dolori più amari. Le più grandi benedizioni sono scaturite dalle peggiori miserie, e ciò che allora pensavi fossero i tuoi dolori più grandi, si è rivelato la fonte di una luce splendida. Mai come in quei momenti, in cui eri caduto così in basso da non avere aiuto umano, saggezza o forza, il Signore si è mostrato così prezioso. Così, quando un figlio di Dio pensa di stare davvero male, oppresso da dolori, tentazioni e afflizioni, in realtà non sta mai così bene. Le nubi più scure prima o poi si dissiperanno, gli enigmi più complicati saranno risolti dallo Spirito Santo, e le provvidenze più oscure verranno chiarite. Vedremo che Dio era presente in tutto, "li condusse per la diritta via perché giungessero a una città da abitare" (Salmo 107:7).


8 Ottobre

"Io vado errando come pecora smarrita; cerca il tuo servitore, perché io non dimentico i tuoi comandamenti" (Salmo 119:176).

Se il Signore non ci cercasse, noi non lo cercheremmo mai. Questo è sicuro. Se sei una persona che cerca il Signore nella preghiera, nelle suppliche, nei desideri nascosti, con tanti sospiri e gemiti, spesso sia di giorno che di notte, puoi essere certo che non avresti mai cercato il Signore, se Lui non ti avesse cercato per primo. Ora è Lui che sta cercando te. Potrebbe volerci un po’ di tempo, come temi, prima che ti trovi, ma alla fine ti troverà.

Il Signore ha spiegato tutto questo in modo molto dolce nella parabola della pecora smarrita. La povera pecora si è allontanata, e una volta uscita dal recinto, è quasi sicuro che finirà in qualche posto strano. Magari è caduta giù da una roccia, o è finita in un fosso, o è nascosta sotto un cespuglio, o si è infilata in una grotta, o sta giacendo in qualche gola profonda e lontana, dove solo un occhio esperto e una mano abile possono trovarla. Lo stesso accade con le pecore smarrite del Signore: finiscono in posti strani. Cadono da rocce, scivolano in buche, si nascondono tra i cespugli, e a volte si allontanano per morire in qualche caverna.

Quando una pecora si smarrisce, il pastore va a cercarla. Qui vede un’impronta, lì un po’ di lana strappata dai rovi. Cerca in ogni angolo, guarda in ogni posto, finché finalmente trova la pecora stanca, ferita e quasi senza vita, con appena la forza di gemere per il dolore. Non la picchia per farla tornare indietro, né le infligge dolore; ma la prende delicatamente, la mette sulle sue spalle e la porta a casa con gioia. Così è la grazia del Signore verso le sue pecore smarrite. Gli uomini agiscono in modo diverso. Se un "fariseo" vedesse una pecora caduta, come si dice in campagna, cioè sdraiata impotente sulla schiena, probabilmente la prenderebbe a calci per farla alzare, o la colpirebbe con il bastone, o le conficcherebbe una punta affilata nel fianco.

Davide ha fatto una preghiera saggia: ‘Lasciami cadere nelle mani di Dio, e non nelle mani degli uomini.’ Oh, cadere nelle mani di Dio; nelle mani di un Sommo Sacerdote misericordioso e compassionevole, che è stato tentato in tutto come noi, e può quindi comprendere il suo popolo povero e tentato! Queste, queste sono le uniche mani sicure in cui possiamo cadere; e chi cade in queste mani non ne uscirà, né cadrà attraverso di esse, perché ‘sotto di noi ci sono braccia eterne’, che non possono essere spezzate o separate.

Per la versione audio, vedasi qui: https://sfero.me/podcast/-buon-pastore-cerca-trova-sue


9 Ottobre

"Anche noi, dunque, poiché siamo circondati da una così grande schiera di testimoni, deposto ogni peso e il peccato che così facilmente ci avvolge, corriamo con perseveranza la gara che ci è proposta, fissando lo sguardo su Gesù, autore e compitore di fede, il quale, per la gioia che gli era posta dinanzi, sopportò la croce disprezzando l'infamia e si è posto a sedere alla destra del trono di Dio" (Ebrei 12:1-2).

Nessuno può correre la corsa che ha davanti a sé senza tenere lo sguardo fisso su Gesù. È Lui che guida la corsa, è Lui che ci aspetta al traguardo con la corona della vittoria in mano, pronto a metterla sul capo di chi completa la gara. E possiamo correre solo guardando a Gesù con gli occhi della fede, vedendolo alla destra del Padre con le braccia aperte, pronto ad accoglierci nel Suo amore alla fine della corsa.

Ma nessuno può davvero guardare a Lui senza il dono speciale della grazia di Dio. Gesù deve essere rivelato all'anima dalla potenza di Dio. Dobbiamo contemplare la Sua divinità gloriosa e la Sua umanità sofferente con gli occhi della fede, vedendoLo come il Dio incarnato, l'unico Mediatore tra Dio e gli uomini. Dobbiamo vedere l'efficacia del Suo sangue espiatorio, che purifica una coscienza colpevole; la benedizione della Sua obbedienza, che giustifica un'anima bisognosa e spoglia; la dolcezza del Suo amore che ha dato la vita, un balsamo e un conforto interiore contro tutti i mali e i dolori della vita. Dobbiamo vedere la Sua gloria come l'unigenito del Padre, pieno di grazia e verità; la Sua capacità di rispondere a ogni bisogno e sofferenza; la Sua infinita compassione per i peccatori peggiori e più indegni; la Sua meravigliosa pazienza verso i nostri peccati e le nostre ricadute; il Suo amore incrollabile, più forte della morte stessa; la Sua prontezza ad ascoltare, la Sua volontà di benedire e la Sua potenza di salvare completamente chiunque si avvicini a Dio per mezzo di Lui.

Così, il corridore celeste non guarda al percorso, per quanto lungo possa essere, né al terreno, per quanto accidentato; non conta sui propri sforzi, per quanto numerosi, né sulla propria forza, che sia molta o poca; non si lascia distrarre dagli amici che lo applaudono né dai nemici che lo criticano, ma guarda solo ed esclusivamente al Figlio di Dio incarnato. È Gesù che lo attira avanti con la Sua grazia irresistibile. Ogni sguardo alla Sua meravigliosa Persona riaccende il fuoco dell'amore santo; ogni visione del Suo sangue e della Sua giustizia accende il desiderio di sperimentarne sempre di più l'efficacia e la benedizione; e ogni tocco del Suo dito sacro scioglie il cuore in conformità alla Sua immagine sofferente. Questa è la vita del cristiano: giorno per giorno, correre una corsa verso l'eternità, e mentre si avvicina al traguardo celeste, dimostrare la propria sincerità e impegno continuando a desiderare profondamente le realtà divine e avanzando sempre di più verso il Signore Gesù Cristo, che lo attende con una corona celeste quando avrà completato la sua corsa con gioia.

Audio della meditazione del 9 ottobre.

10 Ottobre

"Dall'estremità della terra io grido a te, mentre il mio cuore viene meno; conducimi alla rocca che è troppo alta per me" (Salmo 61:2).

C'è qualcosa nell'espressione del nostro testo, 'roccia', che mi sembra gettare una luce dolce e benedetta su ciò che Gesù rappresenta per i poveri e i bisognosi. La roccia deve affondare fino al fondo delle acque profonde, così come emergere al di sopra di esse, per essere un rifugio sicuro per il marinaio naufragato! Se la roccia non arrivasse fino al fondo, non sarebbe stabile; sarebbe solo una sabbia mobile. Non è forse questo ciò che lo Spirito testimonia riguardo all'umanità di Cristo? Quanto profondamente si è immerso nelle nostre sofferenze, nei nostri dolori, nei nostri peccati, nella nostra vergogna! Per quanto profonde siano le acque, la roccia è ancora più profonda; per quanto profondi siano i dolori, i peccati e le sofferenze della Chiesa, le sofferenze e i dolori di 'Emmanuele, Dio con noi', sono stati infinitamente più profondi. Ma le onde e i flutti si infrangono invano contro la roccia; non riescono a spostarla dal suo posto. Così è con la roccia, Gesù. Tutti i peccati, le tentazioni, le sofferenze e i dolori degli eletti, insieme all'ira di Dio e alla furia dell'inferno, si sono abbattuti contro quella roccia, ma non l'hanno mai mossa dal suo posto.

Ma questa roccia è descritta nel nostro testo come 'troppo alta per me.' Qui vediamo la divinità. Perché se Gesù non fosse stato Dio oltre che uomo, il Dio-uomo, che supporto avrebbe potuto dare a un'anima che affonda? Che efficacia avrebbe avuto il Suo sangue espiatorio? Che potenza e gloria nella Sua giustizia che giustifica? Quale adeguatezza avrebbe avuto come Salvatore per coloro che sono completamente perduti? Ma essendo Dio oltre che uomo, sì, il Dio-uomo, il grande e glorioso Emmanuele, ha potuto scendere nella Sua natura umana fino alle profondità della caduta, e risalire nella Sua natura divina fino al trono dell'Altissimo; e così, come la scala di Giacobbe, la base era sulla terra, ma la cima era elevata fino alle nuvole. E allora, non sarà, non deve essere, il grido della nostra anima, mentre il Signore ce lo fa comprendere: 'Portami alla roccia che è più alta di me'? Nessuna salvezza da nessun'altra parte; nessuna pace da nessun'altra parte; nessuna consolazione altrove. Sbattuti dalle onde, quasi sommersi dai flutti, lontani da quella roccia; ma se guidati lì, portati lì, mantenuti lì dallo Spirito benedetto, troviamo un posto sicuro e stabile per l'eternità. E cos'altro, se non una roccia come questa, può salvare le nostre anime, o cos'altro, se non un Salvatore e una salvezza come questa, senza denaro e senza prezzo, può essere adatto per anime rovinate come le nostre?



11 Ottobre

"Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte" (1 Giovanni 3:14).

Prima di giungere al ravvedimento ed alla fede in Cristo, eravamo tutti morti nel peccato, separati da Dio e privi della sua immagine di giustizia e santità. In questo stato di peccato, eravamo schiavi, senza la capacità di riconoscere il male in noi e senza speranza di liberarci da soli. Ma Dio, nella sua misericordia, ci ha risvegliati dalla morte spirituale attraverso la rigenerazione: un atto che non possiamo compiere da soli, ma che ci viene donato da Dio Padre tramite Cristo, che è la risurrezione e la vita, e dallo Spirito che ci vivifica.

Ora, come uomini e donne rinati, viviamo una nuova vita in Cristo, una vita di santificazione e giustificazione, destinata alla sua gloria. Questa trasformazione è evidente nel nostro amore fraterno, poiché chi ha ricevuto la grazia di Dio non può che amare i suoi fratelli e sorelle in Cristo. L'amore fraterno è il segno più chiaro del nostro passaggio dalla morte alla vita, un frutto dello Spirito che si manifesta in ogni cuore rigenerato. Questo non è la causa del passaggio dalla morte alla vita, ma il suo effetto, e quindi un'evidenza di esso, o il segno attraverso cui si riconosce.

Chi non ama il proprio fratello, invece, rimane ancora nella morte del peccato, sotto la condanna della legge e destinato al peggio. Guardiamoci, allora, dall'odio e abbracciamo con gioia il comandamento di amare, perché è segno di vita e rigenerazione in Cristo.

[Rifacimento]


12 Ottobre

“... ma noi, che siamo del giorno, siamo sobri, avendo rivestito la corazza della fede e dell'amore, e preso per elmo la speranza della salvezza ...” (1 Tessalonicesi 5:8).

La sobrietà nell'espressione della nostra fede è un dono prezioso e una grazia. In essa non deve trovare spazio la superficialità. Le cose che riguardano i nostri rapporti con Dio, i nostri simili e la nostra pace interiore sono questioni profonde e importanti, e se le sentiamo davvero nel cuore, ci aiuteranno a mettere da parte quella leggerezza che appartiene alla mentalità carnale.

Essere sobri, però, non significa solo evitare comportamenti o parole frivole, ma anche tenersi lontani da idee strane o fantasiose riguardo alle cose di Dio. La sobrietà indica quella "mente sana" che, come dice l'Apostolo, è un dono di Dio. È vero che la fede viva ha i suoi misteri, le sue rivelazioni e manifestazioni spirituali, ma tutto ciò avviene attraverso la parola di verità, che è semplice, seria e profonda. La fede, la speranza e l'amore che nascono dalla parola di Dio, per mezzo dello Spirito, saranno altrettanto semplici e solide.

Se qualcuno dubita di questo, basta che legga i discorsi finali di Gesù con i suoi discepoli. Quanto sono semplici, seri e profondi! La fede che accoglie quelle parole, la speranza che si fonda sulle promesse di Gesù, e l'amore che abbraccia la sua persona, devono essere anch'essi semplici e solidi. Non c'è spazio per idee fantasiose, speculazioni assurde o interpretazioni errate della Scrittura, così come non ce n'è nelle parole di Gesù stesso.


13 Ottobre

"... il quale ci ha salvati e ci ha rivolto una santa chiamata, non secondo le nostre opere, ma secondo il suo proposito e la grazia che ci è stata fatta in Cristo Gesù fin dall'eternità" (2 Timoteo 1:9).

Hai qualche prova che Dio ti abbia chiamato con la sua grazia, risvegliato la tua anima alla vita divina, fatto comprendere la condanna della legge, concesso il ravvedimento per i tuoi peccati, suscitato in te un grido per il suo amore perdonante, portato ai piedi del suo trono di misericordia, e donato la fede nel suo amato Figlio, con la dolce speranza che abbia iniziato un'opera di grazia nel tuo cuore? Puoi ricordare il momento indimenticabile della tua vita in cui il Signore, con la sua grazia onnipotente, ha risvegliato la tua anima alla vita divina? Credo che non si possano dimenticare le prime sensazioni dello Spirito di Dio quando ci tocca il cuore per risvegliarlo, come un’aquila che scuote il suo nido, infondendo una nuova vita celeste. Proprio come lo Spirito di Dio si muoveva sulle acque della creazione, dando vita e ordine al caos, così agisce sulle nostre anime morte. Se abbiamo sentito la mano potente del Signore su di noi, non possiamo dimenticare il momento memorabile in cui ha versato su di noi lo spirito di grazia e supplica, separandoci dall'empietà di questo mondo e rivelandoci le realtà eterne con tale forza da penetrare nei nostri pensieri più profondi.

Puoi rammentare un tempo così? Allora Dio è per te. E se Dio è per te, tu puoi, con la sua forza nella tua fede, guardare quella catena benedetta, con tutti i suoi anelli celesti, e vedere come lui ti abbia conosciuto già da prima della fondazione del mondo, scrivendo il tuo nome nel Libro della Vita.


14 Ottobre

"Perciò, ricevendo un regno che non può essere scosso, siamo riconoscenti e offriamo così a Dio un culto accettevole, con riverenza e timore!" (Ebrei 12:28).

Il versetto di Ebrei 12:28 si colloca all'interno di un più ampio discorso sull'importanza della perseveranza nella fede e della supremazia della nuova alleanza inaugurata da Cristo, in contrasto con l'antica alleanza basata sulla legge mosaica. Il "regno" di cui qui si parla si riferisce al regno di Dio, un regno spirituale che, diversamente dai regni terreni, è eterno e indistruttibile. Nella Bibbia, il regno di Dio è spesso descritto come il dominio sovrano di Dio sulla creazione, sulla storia e sui credenti, un regno che si manifesta in parte ora attraverso la Chiesa e si realizzerà pienamente alla fine dei tempi. Il fatto che non possa essere "scosso" significa che questo regno è stabile, sicuro e immutabile, a differenza dei regni terreni che sono soggetti a crolli e trasformazioni. La stabilità del regno di Dio è ancorata alla sovranità e alla fedeltà di Dio. Questo tema di stabilità e sicurezza emerge anche nel contesto immediato del capitolo 12, dove l'autore fa riferimento al giudizio di Dio che scuoterà tutte le cose create, lasciando in piedi solo ciò che è eterno (cfr. Ebrei 12:26-27). Il testo esorta i credenti ad essere "riconoscenti" per aver ricevuto questo regno indistruttibile. La gratitudine è una risposta naturale al dono incommensurabile di Dio. È questa gratitudine che motiva i credenti a offrire un "culto accettevole" a Dio. Il termine "culto" qui (in greco: latreía) può riferirsi non solo al culto liturgico o alle celebrazioni comunitarie, ma anche a una vita vissuta in servizio e obbedienza a Dio. Questo culto deve essere offerto con "riverenza e timore", che indicano un profondo rispetto e un senso della maestà e della santità di Dio. La gratitudine, quindi, non è solo un sentimento, ma si esprime concretamente nel modo in cui i credenti vivono e adorano Dio, riconoscendo la sua santità e la loro dipendenza da Lui. Il fatto che i credenti abbiano ricevuto un regno che non può essere scosso crea una motivazione per offrire un culto che sia accettabile a Dio. Non si tratta solo di eseguire rituali o atti di culto esteriori, ma di vivere una vita di devozione, obbedienza e rispetto per Dio, ispirata dalla consapevolezza di ciò che Dio ha dato e dalla sicurezza che deriva dall'appartenenza a questo regno eterno. In sintesi, il "regno che non può essere scosso" è il regno eterno e indistruttibile di Dio, che non sarà mai rovesciato come i regni terreni. I credenti, riconoscenti per aver ricevuto questo dono, sono chiamati a offrire a Dio un culto accettabile, che consiste in una vita vissuta con riverenza e timore di Dio, riconoscendo la maestà del suo regno e la sua santità.

In che modo la consapevolezza di appartenere a un regno indistruttibile influenza il modo in cui affronti le sfide e le incertezze della vita quotidiana? Riesci a identificare momenti in cui il tuo culto a Dio è stato influenzato più dal dovere che dalla gratitudine? Come puoi coltivare una più profonda riconoscenza per il dono del regno di Dio nella tua vita? Cosa significa per te offrire un "culto accettevole" con riverenza e timore? In che modo puoi esprimere questo tipo di culto nella tua vita quotidiana, al di là dei momenti di adorazione formale?

[Riflessione rifatta]

Audio: 14 ottobre - Ebrei 12 28

15 Ottobre

"Anzi, a dire il vero, io reputo anche ogni cosa essere un danno di fronte all'eccellenza della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale rinunciai a tutte queste cose e le reputo tanta spazzatura al fine di guadagnare Cristo" (Filippesi 3:8).

L'’espressione "guadagnare Cristo" in Filippesi 3:8 ha un significato profondo legato alla centralità della persona di Gesù Cristo nella vita del credente, in particolare nell’ambito della giustificazione per fede e della trasformazione spirituale.

"Guadagnare Cristo" si riferisce, innanzitutto, alla giustificazione del credente davanti a Dio attraverso la fede in Cristo, non attraverso opere o meriti personali. Paolo mette a confronto le sue precedenti credenze e realizzazioni (la sua appartenenza al giudaismo, la sua osservanza della Legge) con la nuova realtà della sua unione con Cristo. Questo versetto riflette l’abbandono di ogni forma di autosufficienza spirituale, e il riconoscimento che solo la grazia di Dio in Cristo può giustificare il peccatore. L’apostolo Paolo descrive tutti i suoi "vantaggi" precedenti, compresi quelli che il mondo religioso poteva considerare di valore (come la sua posizione di fariseo, la sua rettitudine secondo la Legge mosaica), come "spazzatura", perché questi non possono garantirgli la vera giustizia. Guadagnare Cristo significa, per Paolo, ricevere quella giustizia che deriva soltanto dalla fede in Lui. Questo concetto si lega strettamente a testi come Romani 3:21-22, dove Paolo insegna che la giustizia di Dio si ottiene per mezzo della fede in Cristo.

In secondo luogo, "guadagnare Cristo" implica l'unione spirituale e personale con Cristo stesso. Questo non riguarda solo la giustificazione legale, ma anche una relazione vivente e trasformante con Lui. "Guadagnare Cristo" significa entrare in una relazione di comunione profonda con il Signore, ricevendo la sua vita, la sua grazia e la sua potenza. Questa unione produce una trasformazione progressiva nel credente, che viene conformato sempre di più all'immagine di Cristo (Romani 8:29), come riflesso della santificazione. Significa che il credente fa di Cristo la sua più grande ricchezza, il suo tesoro supremo, rifiutando tutto ciò che potrebbe competere con Lui per il primato nella vita. Anche in Filippesi 1:21, Paolo esprime questa stessa idea dicendo: "Per me infatti il vivere è Cristo".

Infine, "guadagnare Cristo" ha una prospettiva escatologica. Per il discepolo di Cristo, questo implica ottenere la vita eterna in comunione con Cristo, che è la pienezza della salvezza. Paolo sottolinea in Filippesi 3:9-11 che il suo obiettivo è conoscere Cristo e la potenza della sua risurrezione, condividere le sue sofferenze e, infine, arrivare alla risurrezione dai morti. "Guadagnare Cristo" significa dunque ricevere la pienezza della salvezza che culmina nella vita eterna con Lui.

In sintesi,"guadagnare Cristo" significa: (1) Ricevere la giustificazione per fede, abbandonando ogni pretesa di giustizia personale. (2) Essere uniti a Cristo in una relazione vivente, che porta alla santificazione e alla trasformazione progressiva della vita. (3) Raggiungere la pienezza della salvezza, che include la vita eterna in comunione con Cristo. Per Paolo, Cristo è tutto ciò che conta: ogni altro valore è secondario, e la conoscenza e la comunione con Lui rappresentano il fine ultimo della vita cristiana.

Riflessione del 15 ottobre: "Guadagnare Cristo".


[Riflessione rifatta]


16 Ottobre

"Appena ho trovato le tue parole, io le ho divorate; e le tue parole sono state la mia gioia, il diletto del mio cuore, perché il tuo nome è invocato su di me, o Eterno, Dio degli eserciti" (Geremia 15:16).

C’è una dolcezza nelle promesse di Dio che cattura il cuore; una bellezza in Cristo che conquista l’anima; una potenza salvifica nella Parola di Dio, quando applicata, che attira verso di essa ogni affetto segreto e sacro. Non ti è mai capitato, a volte, di guardare verso il cielo e dire: "Gesù Bbenedetto, io ti amo"? E quando la Parola di Dio viene spiegata, applicata e resa dolce e preziosa, non hai mai provato la sensazione di voler baciare quelle pagine sacre, come se portassero dolcezza nella tua anima? Un'esagerazione? No. Questo è abbracciare una promessa con amore—stringerla al petto, baciarla più volte con affetto, e provare quella dolce gioia che lo sposo prova per la sposa, finalmente sua—un tempo quasi perduta, ma ora conquistata e non più separata. Questa è la gioia nella Parola di Dio, il piacere in un Gesù benedetto e nelle promesse che parlano di Lui e si centrano in Lui.

Non hai mai sentito nel profondo della tua anima questi dolci abbracci della verità come essa è in Gesù, così preziosa, adatta, incoraggiante, e capace di rispondere a ogni tua necessità e dolore? Allora sei un credente; allora sei un figlio di Dio; allora c’è un’opera di grazia nel tuo cuore; allora conosci la verità per esperienza personale, tramite l’insegnamento e la testimonianza divina. Forse non hai ancora ricevuto quella piena liberazione, quella rivelazione benedetta, quella manifestazione travolgente che spazza via ogni dubbio e paura, e porta la tua anima a godere stabilmente della libertà del'Evangelo. Potresti averla ricevuta o forse no. Ma se hai questo segno, cioè se hai visto le promesse da lontano, ne sei stato persuaso e le hai abbracciate con fede, speranza e amore, allora hai il marchio di chi partecipa alla fede degli eletti di Dio.

Audio di questa riflessione: https://sfero.me/podcast/scoprire-amore-dio-cristo-pagine-bibbia


17 Ottobre

“Poiché avete bisogno di costanza, affinché, avendo fatta la volontà di Dio, otteniate ciò che vi è stato promesso” (Ebrei 10:36).

Perché è necessaria la costanza (anche tradotto con "pazienza")? Perché se siamo il popolo del Signore, sicuramente avremo molte prove. Il Signore ci manda le afflizioni affinché possa darci la grazia della costanza per sopportarle. Ma che cuore ribelle ci portiamo dentro! Quanta perversità, quanta stizza e ostinazione abitano in noi! Quanto presto il nostro umore si agita e le nostre menti irritabili si risvegliano in un attimo per la più piccola sciocchezza! Quanta poca pazienza abbiamo davanti alle prove che Dio ritiene opportuno sottoporci! Impariamo così il nostro bisogno di costanza e che questa non è un frutto del suolo naturale. La sua mancanza fa sì che l'anima lo insegua; e quando il Signore sottomette alla sua volontà e permette ai suoi figli di vedere quanto siano utili queste prove per le loro anime, e come, senza questa pesante zavorra, sarebbero stati certamente portati via nel mondo, possono vedere la sua mano misericordiosa pur nelle loro gravi afflizioni.

Così talvolta sentendoci stizziti e ribelli, e conoscendo così il nostro bisogno di costanza e pazienza; e talvolta sentendosi sottomessi e godendone la dolcezza, vediamo quale grazia beata lessa sia. Di nessuna grazia abbiamo più bisogno quotidianamente. Ne abbiamo bisogno nei confronti di Dio, quando ci ostacola nei nostri progetti, ci ostacola nei nostri desideri e, invece di mostrare perché ci affligge, si nasconde dietro una fitta nuvola che né la fede né la preghiera possono penetrare.

Abbiamo bisogno di pazienza gli uni con gli altri, con il mondo, con le nostre relazioni nella vita e con la Chiesa di Dio. Abbiamo bisogno di pazienza quando viene detto o fatto qualcosa che ferisce la nostra mente, ferisce i nostri sentimenti, irrita il nostro umore e ci spinge alla vendetta. E quale misericordia vi è, in queste dure prove, avere pazienza e costanza, seguire così l'esempio del Signore benedetto, "che, oltraggiato, non rendeva gli oltraggi; che, soffrendo, non minacciava, ma si rimetteva nelle mani di colui che giudica giustamente" (1 Pietro 2:23).


18 Ottobre

"Due uomini camminano forse insieme se prima non si sono accordati?" (Amos 3:3)

Audio meditazione del 18 ottobre


C’è stato un tempo, figlio di Dio, in cui il mondo occupava il primo posto nel tuo cuore. Dio non era il sovrano del tuo cuore e tu e Lui eravate in disaccordo. Ma ora, per grazia, sei stato portato a fare dell’eternità la tua principale preoccupazione. Su questo, tu e Dio siete d’accordo; poiché nella mente di Dio, l’eternità pesa infinitamente più del tempo, come le stelle nel cielo notturno superano di gran lunga un granello di polvere. C’è stato un tempo in cui amavi il mondo e le cose temporali e materiali; la terra e le cose terrene erano il tuo ambiente naturale e la tua casa. Su questo punto tu e Dio eravate in disaccordo, perché il Signore vedeva il mondo pieno di male, mentre tu lo vedevi pieno di bene. Il Signore vedeva il mondo sotto la Sua maledizione, e tu amavi i suoi favori e le sue benedizioni, cercando follemente e malvagiamente di godere ciò che Dio aveva condannato; perciò non potevate essere d’accordo.

Così comprendi che, per essere in accordo con Dio, dobbiamo avere i Suoi pensieri nel nostro cuore, le Sue vie nella nostra anima, e il Suo amore nei nostri affetti. «Poiché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, né le vostre vie sono le mie vie», dice il Signore. Ma devono diventare tali; e quando i pensieri di Dio diventano i nostri pensieri e le vie di Dio diventano le nostre vie; quando abbiamo la mente di Cristo e vediamo con gli occhi di Dio, allora Dio e noi siamo d’accordo, e, essendo d’accordo, possiamo camminare insieme.

Cosa significa camminare insieme? Vuol dire godere di unione, comunione, amicizia e fratellanza. Ora, mentre siamo portati a concordare con Dio, camminiamo con Dio. Egli ha stabilito un trono di misericordia nei cieli, e quando c’è questo accordo, Dio e l’uomo possono incontrarsi al trono di misericordia del Redentore. Quando gli occhi sono illuminati per vedere la verità di Dio, il cuore è toccato per sentire la potenza di Dio, e gli affetti sono attratti ad amare le cose di Dio, ci incontriamo al trono di misericordia. È spruzzato di sangue; contiene e nasconde alla vista le tavole spezzate della legge. Lì Dio incontra l’uomo in un’amicizia misericordiosa, permettendogli di aprire il suo cuore a Lui, di raccontargli i suoi problemi, prove e tentazioni. E di tanto in tanto lo solleva dolcemente, facendogli pervenire una promessa misericordiosa, applicando una parte della Sua verità sacra, incoraggiandolo a credere nel Suo Figlio amato e a continuare a sperare nella Sua misericordia.


19 Ottobre

"Prendete anche l'elmo della salvezza e la spada dello Spirito, che è la Parola di Dio" (Efesini 6:17).

Audio della meditazione del 19 ottobre


C’è solo un’arma con cui possiamo combattere Satana in modo efficace, ed è la parola di Dio. Ma attenzione: non si tratta solo di conoscere le parole della Bibbia. Deve essere la "spada dello Spirito", quindi una spada spirituale, che si può brandire solo quando la parola di Dio è applicata con potenza divina al tuo cuore e tu ci credi con una fede viva, perché è diventata "vita e spirito" per la tua anima. Non serve a nulla citare un versetto per resistere a una tentazione di Satana, a meno che quel versetto non diventi davvero tuo; in altre parole, a meno che tu non sappia come usarlo davvero. Prendere un versetto senza conoscere la sua dolcezza e potenza sarebbe come un bambino che prova a maneggiare la spada di un guerriero, ma senza la forza del guerriero. Potrebbe giocare con la spada, ma cosa può fare una spada da gigante nelle mani di un bambino?

La spada di Scanderbeg, un famoso guerriero albanese che combatteva contro i turchi, veniva mostrata a Vienna. Un uomo, dopo averla vista e presa in mano, disse: "È questa la spada che ha vinto tante battaglie? Non ci vedo nulla di speciale, è solo una spada comune". La risposta fu: "Avresti dovuto vedere il braccio che la brandiva". Allo stesso modo, non basta prendere un versetto, usare il linguaggio delle Scritture e citarne i passi per respingere gli attacchi infuocati di Satana. Sarebbe come avere la spada di Scanderbeg senza avere il suo braccio. Ma quando la parola della verità entra nel nostro cuore per la potenza di Dio, e la nostra fede ci porta a credere che è Dio stesso a parlarci, allora possiamo usarla con la forza dello Spirito e con una fede viva per resistere a ogni colpo infernale.

In questa battaglia non dobbiamo arrenderci. Fuggire significa essere sconfitti, perché, come dice bene Bunyan, non c’è armatura per la schiena. Anche se in questo scontro dovessi scivolare e cadere, non restare a terra come un prigioniero sconfitto, ma rialzati e continua a combattere. "Resisti a Satana, ed egli fuggirà da te". È un nemico sconfitto; non può distruggerti se appartieni al Signore. La parola della verità è piena di promesse di grazia e di dolci incoraggiamenti a "sopportare con fermezza come buoni soldati di Gesù Cristo" e a non lasciarsi mai sopraffare dal peccato o da Satana, né nel cuore né nelle azioni.


20 Ottobre

"Perciò, ecco, io la attrarrò, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore" (Osea 2:14).

Dio parla al cuore: questa è la caratteristica speciale della Sua voce. Noi possiamo parlarci l'un l'altro solo all'orecchio e non possiamo fare altro. Dio, però, parla al cuore, perché è lì che si ode solo la Sua voce. Ogni vera religione risiede innanzitutto e essenzialmente nel cuore di una persona. Potremmo avere la testa ben fornita di nozioni, ma il cuore essere privo di grazia. Non è così per "i vasi di misericordia", coloro ai quali Dio ha deciso di fare oggetto della Sua grazia. "Infatti," prima "con il cuore si crede per ottenere la giustizia" e poi "con la bocca si fa confessione per essere salvati" (Romani 10:10). E' al nostro cuore che Dio prima ci parla, ed è lì, al centro stesso della nostra persona, che si manifesta vera religione. E' nel cuore che si ha un'esperienza sana o salvifica, una conoscenza della verità in modo da essere in tal modo benedetti e salvati.

E' poi "nel deserto" che impariamo la profonda necessità che Dio parli al nostro cuore. Abbiamo bisogno che sia il Signore stesso a parlare e solo il Signore; e pronunciare parole che raggiungano il nostro cuore ed entrino con potere divino nella nostra coscienza. Quando sei nel deserto, non hai amici, né aiuto umano, né conforto mondano: tutto questo ti ha abbandonato. Dio ti ha condotto "nel deserto" proprio per privarti di questi legami terreni, di questi rifugi creature e di vane speranze, affinché possa parlare Lui stesso alla tua anima. Se dunque vieni separato dal mondo essendo condotto "nel deserto"; se stai attraversando prove e afflizioni e sei provato da una varietà di tentazioni e sei portato al punto in cui la creatura non ti può dare né aiuto né speranza, allora ti viene fatto vedere e sentire che nient'altro che la voce di Dio che parla con potenza alla tua anima può darti basi solide, riposo o pace. Potrebbe essere doloroso, ma produce buoni risultati, perché attraverso di esso impariamo a guardare al Signore e solo al Signore, e questa deve essere sempre una lezione benedetta da imparare per ogni figlio di Dio.


21 Ottobre

"Nessuno dunque si vanti degli uomini, perché ogni cosa è vostra: Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, le cose presenti e le cose future, tutto è vostro; voi siete di Cristo e Cristo è di Dio" (1 Corinzi 3:21-23).

In questo passo, Paolo esorta i credenti a non vantarsi degli uomini, riferendosi ai leader cristiani come Paolo, Apollo e Cefa (Pietro). Egli invita la comunità di Corinto a non dividersi attorno a figure umane, sottolineando che la loro identità e il loro valore non dipendono dai singoli ministri o insegnanti, ma dal loro legame con Cristo. La frase "ogni cosa è vostra" indica che i credenti, in Cristo, hanno accesso a tutte le benedizioni spirituali e a tutte le risorse del mondo, incluse le esperienze di vita e morte, e il loro destino futuro. In Cristo, i limiti umani e le circostanze presenti vengono trascesi, poiché tutto è sottomesso al suo dominio e alla sua sovranità.

Qualunque cosa vi sia in cielo, qualunque cosa vi sia sulla terra, che possa essere per il tuo bene spirituale, tutto è tuo finché sei un erede di Dio e un coerede di Cristo. L'argento, l'oro e il bestiame su mille colli sono tutti di Cristo perché a Lui è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Qualunque siano le vostre necessità temporali, Egli può soddisfarle, perché è re sulla terra così come in cielo. Qualunque siano i nemici che potresti avere, è in grado di sconfiggerli; qualunque male possa gravare su di te, egli è in grado di domarli; qualunque dolore ti circondi, è capace di consolarti sotto di essi. Tutto nel tempo, tutto nell'eternità, in questo mondo e nel mondo futuro, sono tutti dalla vostra parte, voi che siete eredi di Dio e coeredi di Cristo.

Paolo prosegue poi affermando che i credenti appartengono a Cristo, e Cristo appartiene a Dio. Questo ribadisce l'ordine gerarchico della sottomissione e della dipendenza: i cristiani sono uniti a Cristo, il quale è pienamente unito a Dio. Tale verità sottolinea l'unità e l'armonia che dovrebbe caratterizzare la Chiesa. In questo contesto, nessun uomo dovrebbe diventare oggetto di vanto o divisione, poiché la loro identità e il loro valore risiedono interamente in Cristo, il quale possiede tutto e li rende partecipi di quella stessa ricchezza spirituale.


22 Ottobre

"Voi mi cercherete e mi troverete, perché mi cercherete con tutto il vostro cuore" (Geremia 29:13).

Audio della meditazione Philpot del 22 Ottobre


Dopo che il Signore ha vivificato la nostra anima, spesso andiamo avanti, per così dire, un po' alla cieca, senza sapere che esiste Gesù. Pensiamo che il modo giusto di vivere sia obbedire ai comandamenti di Dio, rispettare la legge, purificarci dai peccati, migliorare la nostra vita e coltivare la santità in ogni pensiero, parola e azione. E così procediamo, inciampando nel buio, senza fare un solo passo avanti. Ma quando il Signore ci permette di stancarci nella ricerca della porta giusta e ci lascia affondare sempre di più nel senso di colpa e nella rovina, capendo che tutti i nostri sforzi per salvarci da soli ci hanno solo spinto più a fondo, allora lo Spirito di Dio ci apre la mente e ci fa scoprire spiritualmente Gesù. Così impariamo che esiste un Salvatore, un Mediatore, e una via di scampo. Questo è il grande punto di svolta nelle nostre vite, la prima apertura nella valle oscura verso una porta di speranza.

Quando l'anima ha visto per la prima volta che c’è un Gesù, e ha sentito almeno un po’ della potenza della sua risurrezione, non cerca più perdono, giustificazione e salvezza da nessun'altra parte. Quando lo Spirito di Dio comincia a farci capire che esiste Gesù, che è l'unico Mediatore, che il Figlio di Dio è venuto sulla terra, ha assunto una natura umana santa ed è ora alla destra del Padre, è come l’alba di un nuovo giorno, il primo bagliore di speranza. E su quel punto luminoso l’anima naufragata fissa i suoi occhi pieni di desiderio, finché il Sole di giustizia non sorge su di lei, portando guarigione. È un grande passo nell’esperienza di una persona quando decide di rivolgersi completamente e unicamente al Signore, rinunciando a ogni giustizia umana e a ogni forma e cerimonia come vie di salvezza. È una grande grazia distaccarsi da queste cose, proprio come un marinaio naufragato si allontana dalla sua nave che sta affondando, e guarda il sole che sorge sperando che gli mostri una via di scampo, dandogli così un barlume di speranza.


23 Ottobre

"Misero me uomo!" (Romani 7:24).

Questi sentimenti, sotto cui l'Apostolo gemeva, sono vissuti da tutta la famiglia di coloro che sono stati spiritualmente risvegliati. Benedetto sia dunque il nome del Dio altissimo, che lo ha ispirato a raccontare la sua esperienza e a lasciarla scritta, affinché noi potessimo trarne conforto e sollievo. Altrimenti, cosa avremmo pensato? Avremmo ragionato così: "Ecco un apostolo perfettamente santo, sempre con la mente rivolta al cielo, con nient'altro che l'immagine di Cristo in lui, che vive continuamente per la gloria del Signore e gode ininterrottamente della comunione con Lui!" Lo avremmo visto come un santo perfetto, se non ci avesse detto cosa era realmente; e poi, vedendolo come un santo perfetto, avremmo rivolto i nostri occhi pieni di scoraggiamento verso il nostro cuore, e avremmo visto un contrasto così terribile che saremmo disperati, senza speranza di essere mai salvati! Ma vedendo il conflitto interiore che l'Apostolo ha attraversato, e sentendo qualcosa di simile anche nel nostro cuore, ci incoraggia, ci sostiene e ci guida a credere che questo è il cammino che i santi sono chiamati a percorrere, per quanto possa essere difficile, accidentato e confuso per loro.

Sii dunque certo di questo: se non hai mai gridato dal profondo della tua anima "O misero me!", sei morto nel peccato o in una professione di fede vuota. Se la colpa, la miseria e la condanna interiori non hanno mai forzato quel grido dal tuo cuore, sappi che la vita e la potenza di Dio non sono nella tua anima. Ma se c'è stato, e continua a esserci di tanto in tanto, questo grido nel tuo petto, spinto fuori dalla pressione del peccato e della colpa, hai la testimonianza che lo stesso Signore che ha insegnato a Paolo sta insegnando anche a te."


24 Ottobre

"Misero me uomo! Chi mi libererà da questo corpo di morte?" (Romani 7:24).

Se il Signore, lo Spirito, ha impiantato nella nostra anima quel grido doloroso, "O misero me!", questo ne sarà la conseguenza inevitabile: "Chi mi libererà da questo corpo di morte?" Dove posso cercare liberazione? Da dove può venire? Devo forse guardare alla legge? Oh no! Quella mi maledice e mi condanna, perché la infrango continuamente. Posso forse rivolgermi agli amici? Possono compatirmi e consolarmi, ma non possono rimuovere il corpo del peccato e della morte; è troppo legato a me perché possano farlo. Devo forse andare dai ministri della verità? Posso ascoltare con approvazione ciò che dicono, ma serve qualcosa di più per rimuovere quest’abbraccio soffocante del corpo del peccato e della morte. Posso forse guardare alle Scritture? Esse contengono il rimedio, ma ho bisogno che quel rimedio sia applicato dolcemente.

"Chi dunque mi libererà?" A quale rifugio posso rivolgermi? Dove posso andare o dove posso volgere lo sguardo? Da dove può venire l’aiuto o la liberazione? Guarda la confusione! Osserva la perplessità di un'anima afflitta! Guarda di qua, guarda di là; si volta a destra e si volta a sinistra. Eppure, la liberazione può venire solo da una direzione. E così, quando l'Apostolo fu condotto in questo stato – quando si trovò abbattuto, in un luogo di profonda angoscia, e ansiosamente volgeva gli occhi ovunque per vedere da dove potesse venire la liberazione – Dio benedisse la sua anima con la visione del Suo prezioso Figlio. Dio, lo Spirito, operò nel suo cuore quella fede vivente per cui vide Gesù, e attraverso la quale il sangue e l'amore dell'Agnello furono comunicati alla sua coscienza."


25 Ottobre

"Perché Iddio tiene gli occhi aperti sulle vie dei mortali, e vede tutti i loro passi" (Giobbe 34:21).

Il cristiano deve dimostrare che nulla sfugge all’occhio di un Dio giusto e santo; che Egli svela ogni pensiero segreto, scruta ogni intenzione nascosta e osserva attentamente ogni desiderio e ogni movimento della mente. In questo modo, scopre e porta alla luce tutti i peccati segreti del cuore. In generale, le persone non fanno caso ai peccati del cuore; se riescono a evitare peccati evidenti nella loro vita, atti palesi di immoralità, si sentono a posto. Quello che avviene nei segreti pensieri della mente non lo vedono né lo sentono. Non è così per il figlio della grazia; egli conosce l’esperienza descritta nel Salmo 139. Porta sempre con sé la consapevolezza segreta che l’occhio di Dio legge ogni pensiero. Ogni movimento interiore di orgoglio, autocompiacimento, ribellione, scontentezza, irritazione, impazienza, lussuria e spreco, egli sente dentro di sé che l’occhio di Dio lo legge tutto, lo segna tutto, lo condanna con la sua giusta legge, e poiché Egli è intrinsecamente puro, odia e disprezza tutto questo.

Così, il cristiano dimostra, tra "tutte le cose" che sono pesate e misurate nel tribunale interiore della coscienza con l’infallibile metro della parola di verità, la luce dell’insegnamento dello Spirito e i movimenti del timore di Dio, di essere un peccatore davanti a Dio, e che lo è in modo più profondo e intenso di qualsiasi altro trasgressore, poiché vede e conosce il proprio cuore, che nessun altro può vedere o conoscere. È consapevole che molti potrebbero aver peccato in modo più grave e evidente in termini di atti esteriori; ma sente che nessuno può aver peccato interiormente in modo più vile e continuo di lui; e questo lo fa dire con Giobbe: "Il mio orecchio aveva sentito parlare di te ma ora il mio occhio ti ha visto. Perciò mi ravvedo, mi pento sulla polvere e sulla cenere” (Giobbe 42:5-6).


26 Ottobre

"Riteniamo fermamente la confessione della nostra speranza, senza vacillare, perché fedele è colui che ha fatto le promesse" (Ebrei 10:23)

La fede non può basarsi sulla fantasia; può poggiare solo sulla solida verità di Dio, come rivelata nelle Scritture. E quando entra nella verità di Dio, come la colomba di Noè entrò nell'arca come suo nido e casa, allora trova riposo e pace. Molte persone pensano che basiamo la nostra fede e speranza non sulle Scritture, ma su alcuni sentimenti della nostra mente, o le nostre fantasie, distinte dalla parola di Dio. Non costruisco e non posso fondare la mia fede su nient'altro che ciò che è rivelato nella Bibbia; e devo farlo perché non ho altro punto d'appoggio su cui appoggiarsi. Non provi la stessa cosa, tu che sai qualcosa della prova della fede? Hai avuto molti alti e bassi e spesso hai avuto bisogno di un punto d'appoggio su cui poggiare la tua fede. Hai cercato di credere a questa o quella dottrina, o di entrare in questa o quella esperienza; ma continuavi a venir meno, perché scoprivi che la tua fede aveva bisogno di qualcosa di più forte della testimonianza degli uomini; avevi bisogno di un fondamento solido su cui costruire per l'eternità; perché le cose in cui credere erano così invisibili e così misteriose, che nient'altro che la parola di Dio poteva bastare perché la tua fede si reggesse e riposasse.

Quando, quindi, in questa prova di fede, la verità di Dio così come è rivelata nelle Scritture è stata applicata al tuo cuore per un potere divino, allora hai scoperto che c’era un punto d’appoggio per credere, e che la tua fede poteva allora poggiare su la parola ispirata di Dio, come roccia su cui costruire, per la vita e la morte, il tempo e l'eternità.

Fu così con Abramo. Quando Abraamo aspettava con ansia la nascita del seme promesso, nella sua mente potevano sorgere molti dubbi o paure riguardo alla possibilità di avere un figlio da Sara. Ma si basò sulla parola della promessa e così ottenne un punto d'appoggio per la sua fede. Come parla l'Apostolo: "Egli, sperando contro speranza, credette per diventare padre di molte nazioni, secondo quel che gli era stato detto: “Così sarà la tua discendenza”." (Romani 4:18). Allo stesso modo la nostra fede deve poggiare sulla parola della promessa, «affinché, mediante due cose immutabili, nelle quali è impossibile che Dio abbia mentito, troviamo una potente consolazione noi, che abbiamo cercato il nostro rifugio nell'afferrare saldamente la speranza che ci era posta dinanzi» (Ebrei 6:18). prima di noi."

27 Ottobre

"Io creo la lode che esce dalle labbra. Pace, pace a colui che è lontano e a colui che è vicino!” dice l'Eterno, “io lo guarirò” (Isaia 57:19).

Lontano? Che cosa significa questo "lontano"? Significa che l'anima che attraversa quell'esperienza è separata, nei suoi sentimenti e ad una distanza infinita da Dio. Ora, questo senso interiore di essere "lontano" è uno dei sentimenti più dolorosi che un'anima possa sperimentare. Gli empi, che sono veramente lontani, non sanno nulla, nella loro esperienza, della distanza da Dio, perché non sono mai stati avvicinati spiritualmente. Non hanno sentito Dio che dice loro:“Io li attiravo con corde umane, con legami d'amore" (Osea 11:4) che li attirassero con dolce attrazione al trono dell'Altissimo; non hanno mai sospirato dietro alle dolci manifestazioni della misericordia e dell'amore di Dio; ma vivono volentieri e si crogiolano volontariamente in quelle cose che separano l'anima dal suo Creatore.

Ma coloro che sono “lontani” nei loro sentimenti, sono coloro che hanno visto qualcosa della bellezza del Signore e hanno sentito il male del peccato, che conoscono spiritualmente la purezza di Jahvè e l’impurità della creatura e hanno fatto esperienza della maledizione interiore, la schiavitù e la condanna di una Legge santa. Una scoperta spirituale della sua purezza e santità, rendendo manifesta la loro stessa bassezza, li ha allontanati dalla loro posizione ipocrita o presuntuosa e li ha allontanati da lui; non osa avvicinarsi, né può avvicinarsi; non sentendo alcun accesso spirituale, ma sospirando e piangendo per i loro cuori malvagi nel deserto, in luoghi desolati; e incapaci di fare un solo passo avanti, perché il Signore non li attira con il suo sorriso.

Una persona deve sapere qualcosa sperimentalmente prima di essere avvicinata. Come possiamo conoscere un sentimento di vicinanza se non abbiamo conosciuto un sentimento di distanza? Come possiamo sapere cosa significhi essere portati "dall'estremità della terra" (Salmo 61:2) dalla manifestazione della misericordia e dell'amore di Dio, a meno che non siamo stati sospinti lì, nei nostri sentimenti, da qualche manifestazione dell'ira di Dio contro il peccato? Ma vedere il Signore benedetto e non potersi avvicinare a lui; vedere il suo sangue espiatorio a una distanza infinita da noi, la sua gloriosa giustizia ben lontano dalla vista, e la sua amabile Persona fuori dalla portata della nostra visione spirituale, in modo da non avere alcun accesso a queste gloriose realtà; questo, sperimentalmente e sentimentalmente, significa essere "lontano" da Dio. E credo che il popolo di Dio conosca molto bene questo sentimento. Non c'è molta vicinanza ai nostri giorni; non molto "dondolarsi sulle ginocchia", non molto sorridere all'anima, non molte visite d'amore, né pegni d'amore comunicati. Si parla davvero molto di loro; e vi è un'abbondanza di persone che affermano di averli; ma temo che si tratti, per la maggior parte, di imbrogli e contraffazioni. Il vero popolo di Dio, la famiglia dal cuore sincero, è, per la maggior parte, “lontano, sul mare”, perché è sono giorni bui e nuvolosi quelli in cui viviamo.


28 Ottobre

"Poiché, come si farà ora a conoscere che io e il tuo popolo abbiamo trovato grazia agli occhi tuoi? Non sarà dal fatto che tu vieni con noi? Questo distinguerà me e il tuo popolo da tutti i popoli che sono sulla faccia della terra” (Esodo 33:16).

La grazia è sempre "trovata". Non è guadagnata, né meritata né elaborata; ma si trova; e se un uomo non l'ha mai "trovata", non l'ha mai avuta. Si inciampa, per così dire, come il Signore espone nella parabola dell'uomo che trovò il tesoro nascosto in un campo (Matteo 13:44). L'uomo non stava pensando al tesoro. Possiamo supporre che stesse arando il campo. Non aveva idea che sotto le zolle ci fosse dell'oro. Ma trova tutto all'improvviso, nel modo più inatteso e inaspettato, e per la gioia di ciò «va, vende tutto quello che ha e compra quel campo». Lo stesso vale per il modo in cui si trova la grazia. Arriva così all'improvviso, così inaspettatamente e così dolcemente nell'anima di una persona, che quando arriva è come un uomo che ha trovato qualcosa di cui non aveva concepito finché non l'ha trovata. Non aveva idea di cosa fosse, né di come ottenerla, né da dove ottenerla; ma quando gli venne in cuore scope che lì aveva un tesoro. Il tesoro che l'uomo trova nel campo gli fu molto più dolce, perché trovato inaspettatamente, che se lo avesse guadagnato soldo per soldo. Il suo arrivo in un modo così peculiare, dalla sorpresa e dalla gioia prodotte, ha raddoppiato e triplicato il valore del denaro. Così, quando la grazia visita la terra in un momento inaspettato, e scende come la rugiada del cielo nell'anima, essa viene apprezzata molto di più che se guadagnata faticosamente denaro per denaro. La dolcezza del dono è raddoppiata dal fatto che è inaspettato e che arriva in modo così meraviglioso e miracoloso.


29 Ottobre

"Vale meglio il poco del giusto che l'abbondanza di molti empi" (Salmo 37:16).

Dura può essere la vostra sorte quaggiù, voi sofferenti santi dell'Altissimo, per quanto riguarda le cose esterne; dolorosi possono essere gli esercizi attraverso i quali passi quasi quotidianamente, attraverso la ribellione e la disperata malvagità della tua mente carnale; le tentazioni dolorose possono essere la tua porzione continua; molte spine pungenti e rovi acuti potrebbero trovarsi sul tuo cammino; e la strada può essere così accidentata ed aspra, che a volte potresti sentirti il ​​più miserabile tra tutti gli uomini; e così saresti davvero se non fosse per la grazia di Dio nel tuo cuore ora, e per la gloria preparata per te oltre la tomba.

Eppure, nonostante tutto ciò, se le tue afflizioni e i tuoi dolori fossero mille volte più pesanti, ben si potrebbe dire di te: “Felice, tre volte felice, sei tu, o Israele!” Chi sulla terra hai bisogno di invidiare se hai la grazia di Dio nel tuo cuore? Con chi cambieresti, se mai l'amore di Dio visitasse la tua anima? Guardati intorno; fissa i tuoi occhi sull'uomo o sulla donna che sembrano circondati dalla massima felicità terrena, e poi chiedi alla tua coscienza: "Cambierei con te, farfalla della moda, o con te, libellula dorata, che vivi semplicemente la tua piccola giornata; prendendo il sole per qualche ora sotto il sole estivo, e poi sprofondando nella pozza oscura e lugubre che ti aspetta con la marea serale?".

Allora, con tutte le tue preoccupazioni in patria e all'estero, con tutte le tue sventure e le tue prove, sotto le quali ti senti a volte uno degli esseri più miserabili che possano trascinarsi in questa valle di lacrime, cambieresti con qualcuno, comunque? sano, o ricco, o favorito dalla massima prosperità personale, se allo stesso tempo privo della grazia di Dio?


30 Ottobre

«Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e fedele nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo» (Ebrei 2:17).

Ciò che il cuore può concepire o la lingua esprimere, le infinite profondità della condiscendenza del Redentore nel farsi così simile ai suoi fratelli – che il Figlio di Dio debba assumere una natura finita, soggetto alle infermità senza peccato necessariamente connesse con uno stato temporale e una dimorare sulla terra; che avrebbe lasciato il seno di suo Padre nel quale giaceva prima di tutti i mondi, e avrebbe acconsentito a diventare un abitante di questo mondo di lacrime; respirare l'aria terrena; essere testimone oculare e condividere lui stesso i dolori umani; avere davanti agli occhi lo spettacolo quotidiano dei peccati umani; essere bandito per così tanto tempo dalla sua casa natale; sopportare la fame, la stanchezza e la sete; essere soggetto alle persecuzioni degli uomini, alla fuga di tutti i suoi discepoli e al tradimento di uno di loro la cui mano era stata con lui sulla tavola; non nascondere il volto dalla vergogna e dagli sputi, ma essere schernito, colpito, schiaffeggiato e flagellato, e infine morire di una morte atroce tra due malfattori, tra disprezzo e infamia, e coperto, come si pensava, di confusione eterna e vergogna! Oh, quale infinita condiscendenza e misericordia si manifestano in queste sofferenze e dolori di un Dio incarnato! Il Signore ci dà la fede per guardare a Lui mentre li soffre per il nostro bene!


31 Ottobre

"Cercate il Signore voi tutti, umili della terra, che eseguite i suoi ordini; cercate la giustizia, cercate l'umiltà, per trovarvi al riparo nel giorno dell'ira del Signore" (Sofonia 2:3).

L'umiltà. Come perseguire questa grazia di mitezza? Imparando il contrario. Quante volte abbiamo confuso il falso fuoco con la luce e il fuoco dello Spirito di Dio! e abbiamo combattuto più per le nostre opinioni, nel nostro spirito, con molte parole avventate e sconvenienti, piuttosto che per la gloria di Dio. Ma dopo un po’ siamo portati a vedere che la lotta e la contesa, nel nostro spirito, sono contrarie allo spirito e al temperamento dell'Evangelo, e siamo portati a vedere quale grazia benedetta sia lo spirito della mitezza. No, proprio la mancanza di essa, l'innalzamento di un temperamento arrogante, la rabbia, il conflitto, l'invidia e la gelosia che spesso operano nei nostri cuori ci convincono di quanto poco sappiamo della "mitezza e gentilezza di Cristo". Sentiamo così quale benedizione sia l'essere resi umili e sottomessi; e quanto sia impossibile entrare in comunione con un Gesù dal cuore spezzato, finché l'anima non è in qualche misura domata dal suo Spirito.

Ma è avendo una serie di cose che cercano di provocarci, che impariamo se siamo miti o meno. Il marito può essere molto mite, mentre la moglie e i figli fanno di tutto per compiacerlo; ma dov'è la sua mitezza quando lo contrastano e lo provocano? Il padrone può essere molto mite, mentre il servo è obbediente, servizievole e attento, ma come si comporta quando le cose sono diverse? Così la conoscenza della malattia ci fa desiderare il rimedio; e dalle sensazioni infelici provocate dall'ira e dal cattivo umore, siamo portati a desiderare l'esperienza di quei dolci sentimenti che la mitezza evangelica produce nella nostra coscienza.