Predicazioni/Proverbi/Prestiti ed ipocrisia

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Prestiti ed ipocrisia

“(8)Chi accresce i suoi beni con gli interessi e l'usura, li raccoglie per chi ha pietà dei poveri. (9) Se uno volge gli orecchi altrove per non udire la legge, la sua stessa preghiera è un abominio” (Proverbi 28:8-9).

Questi due versetti dai Proverbi mettono in evidenza il giudizio di Dio contro la ricchezza ottenuta con mezzi ingiusti e la condanna dell'ipocrisia religiosa. Il primo versetto (8) insegna che coloro che accumulano ricchezze imponendo interessi esorbitanti o pratiche di usura finiranno per vedersele destinate da Dio a coloro che piuttosto mostrano compassione per i poveri. Si riflette così il principio che la giustizia di Dio ripristina l'equità sociale. Il secondo versetto (9) avverte che chi rifiuta di ascoltare e obbedire alla legge di Dio non può aspettarsi che le proprie preghiere vengano accolte.

I. L’imposizione di interessi esorbitanti sui prestiti, la pratica dell'usura, è proibita dalla Legge di Dio. Agli Israeliti era proibito addebitare ai loro connazionali l'usura su denaro, cibo o qualsiasi altra cosa (Levitico 25:36–37). I prestiti erano intesi ad assistere i poveri, non a sfruttarli affinché il prestatore potesse arricchirsi. L'avvertimento riecheggia il sentimento della Bibbia secondo cui la ricchezza terrena è temporanea (Proverbi 23:4–5; Giacomo 4:13–14; Luca 12:16–21). Il guadagno illecito ottenuto tramite l'usura alla fine passerà nelle mani della persona che è generosa con i poveri. La giustizia supererà l'ingiustizia. Ai tempi di Gesù, i pubblicani, erano noti trasgressori della lezione di questo proverbio. Raccoglievano tasse per gli occupanti romani. I Romani consentivano agli esattori di aggiungervi una propria percentuale di profitto. Molti di loro abusavano di questo privilegio per riempirsi le tasche. La loro reputazione era così bassa che essere un esattore delle tasse era tanto offensivo quanto essere una prostituta. Zaccheo, un esattore delle tasse, era diventato discepolo di Gesù. Per compensare le vittime dei suoi peccati precedenti offre di dare metà della sua ricchezza ai poveri e a restituire quattro volte quanto aveva preso ingiustamente (Luca 19:8).  Questo stesso principio dovrebbe applicarsi ai prestiti tra cristiani. Gesù dice che è meglio dare senza ricevere nulla in cambio che semplicemente prestare: “E se prestate a quelli dai quali sperate ricevere, quale grazia ne avete? Anche i peccatori prestano ai peccatori per riceverne altrettanto. Ma amate i vostri nemici, fate del bene, prestate senza sperarne alcunché e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell'Altissimo, poiché egli è benigno verso gli ingrati e i malvagi” (Luca 6:34-35). Così, chi oggi guadagna sfruttando economicamente persone vulnerabili con prestiti ad alto interesse o pratiche finanziarie predatorie potrebbe vedere le sue ricchezze dissipate e devolute a scopi benefici. Una persona ricca che abbia accumulato beni ottenuti in modo non etico potrebbe finire per perdere la propria fortuna, che andrà a beneficio di cause sociali o di coloro che servono i poveri con giustizia.

II. Una delle versioni più comuni di falsa fede è il tentativo di usare Dio come un distributore automatico o un genio della lampada. Le sue leggi e i suoi comandi vengono ignorati, ma ci si aspetta comunque “che collabori” con le richieste di preghiera. Dio disprezza questo atteggiamento, sia quando è legato alla preghiera che al sacrificio (Proverbi 15:8). In particolare, la Bibbia dice che Dio prova repulsione verso tutto quel modo di essere, non solo verso certi momenti (Proverbi 15:9). Il termine usato per la sua reazione implica profondo disgusto e ripugnanza. Quando non ci si preoccupa della volontà di Dio, o dell'obbedienza, o del ravvedimento, le sue espressioni di religiosità vengono accolte con “divina nausea”. Anche una "buona azione" è un peccato quando è fatta per motivi insinceri. Naturalmente, Dio ha il diritto di rispondere alla preghiera di chiunque nel modo che preferisce. Può rispondere a un appello di un non credente come mezzo per chiamarlo alla fede. Tuttavia coloro che rifiutano Dio non hanno una valida ragione per aspettarsi risposte positive alle loro preghiere. La Scrittura chiarisce che il peccato e l'incredulità sono barriere all’esaudimento. Il salmista ne è cosciente: “Se nel mio cuore avessi ordito il male, il Signore non mi avrebbe ascoltato” (Salmo 66:18), come pure l’uomo non vedente guarito da Gesù: “Si sa che Dio non ascolta i peccatori, ma, se uno è pio verso Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta” (Giovanni 9:31). Gesù spesso denunciava l’ipocrisia religiosa. Nella parabola del Fariseo e del pubblicano, l’esattore che ammette umilmente di essere un peccatore e chiede a Dio di essere misericordioso con lui torna a casa giustificato. Non però il fariseo ipocrita che vedeva gli altri come peccatori ma lui come giusto (Luca 18:9–14).  Chi si dichiara religioso ma, di fatto, ignora gli insegnamenti etici per perseguire i propri interessi, rischia di vedere il proprio culto ritenuto vuoto e ipocrita.

Accumuliamo noi le nostre risorse in modo onesto e giusto, oppure a spese di altri? La nostra pratica religiosa riflette sincerità e obbedienza, o cerchiamo di “compensare” un cuore lontano da Dio con atti di culto? Come possiamo essere persone che mostrano pietà e compassione per i poveri con le risorse che abbiamo?