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I vani tentativi di sfuggire alle proprie responsabilità
- “(17) L'uomo su cui pesa un omicidio fuggirà fino alla fossa: nessuno lo fermi! (18) Chi cammina integramente sarà salvato, ma il perverso che percorre vie tortuose cadrà all'improvviso” (Proverbi 28:17-18).
Il primo versetto può essere parafrasato con: “La coscienza tormentata di un assassino lo condurrà alla tomba. Non proteggerlo!”. A desensibilizzarci sulla gravità dell’omicidio ci pensa da tempo l’industria cinematografica dell’intrattenimento e quella dei videogiochi, ma sempre di più i mass-media che ci parlano di “guerre lontane” variamente giustificate.
L’omicidio non riguarda però solo la criminalità propriamente detta, ma anche la pratica dell’aborto, che pure oggi si tenta di giustificare negando i diritti della creatura umana generata, la quale ha un’identità separata da quella della madre e che non è a sua disposizione.
Dalla prospettiva biblica, l’omicidio è un crimine atroce che Dio particolarmente detesta perché attenta alla santità di ogni essere umano creato ad immagine di Dio. Il comandamento del “Non uccidere” (Esodo 20:13) è formulato nell’originale da un verbo che implica l’uccisione predatoria o imprudente. Già da prima della Legge data tramite Mosè, l’omicidio è condannato nel noto episodio dell’uccisione di Abele da parte di Caino (Genesi 4:10-12). Caino avrebbe avuto la condanna ad essere un fuggitivo e un vagabondo. La legge dell'Antico Testamento prevedeva la pena di morte per gli assassini, “vita per vita”, e la cui unica via di fuga era quella di fuggire in previste “città di rifugio” in attesa dell’investigazione e del giudizio.
Per quanto l’assassino fugga, però, non può sfuggire dal rimorso della propria coscienza, per quanto tenti di sopprimerlo. Non dovremmo cercare di lenire la coscienza di un assassino o di nascondere il suo peccato. Gli psicologi e gli psichiatri secolari tentano vanamente di liberare i loro clienti dal senso di colpa, ma il consulente cristiano, fedele al mandato biblico, li porta a far riconoscere il peccato quale esso è, a confessarlo, a ravvedersene e applicare al loro cuore il balsamo dell’Evangelo. Chiamare al ravvedimento è, in ogni caso, diverso dall'aiutarli a sfuggire dalla loro responsabilità. La colpa per omicidio, sentita o meno, è, di fatto, una condanna a vita. I termini originali che usa, al riguardo, la Scrittura suggeriscono un "peso" che implica tormento e pesantezza. Questo è confermato dal versetto 18 dove è affermato che chi “percorre vie tortuose”, quelle del tentativo di giustificare i propri peccati, “cadrà all’improvviso”, perché è futile.
Gesù ci dice: “Venite a me, voi tutti che siete travagliati e aggravati e io vi darò riposo” (Matteo 11:28).
Preghiera
Padre celeste, il sacrificio di Gesù che ha versato il Suo sangue sulla croce affinché io potessi essere salvato va oltre la nostra comprensione. È meraviglioso pensare che persino un assassino, che viene a Te e si ravvede sinceramente dei suoi peccati senza giustificarsene, possa trovare il perdono ed essere reso integro. Grazie per avermi perdonato in Cristo e per aver riempito il mio cuore di amore e perdono verso coloro che mi hanno ferito e abusato. Posso così estendere la misericordia verso altri, a che quando avrò bisogno di misericordia, ne avrò pure un po' nel mio “magazzino”. Lo chiedo nel nome del nostro misericordioso Signore, Gesù Cristo. Amen.
Approfondimento del versetto 18
"Camminare", nel contesto biblico, implica un'abitudine o un modello di comportamento. Lottare contro il peccato e cedere alla tentazione non è la stessa cosa di uno stile di vita segnato di routine dal peccato impenitente. La carità casuale in mezzo all'egoismo non è la stessa cosa di una vita costantemente generosa. Il termine ebraico per "integrità" o "irreprensibile" è usato nella Bibbia per qualcuno con una vita costantemente devota (Genesi 6:9; Salmo 15:2; Proverbi 2:21; 28:10). Non significa che uno sia perfettamente senza peccato, ma che non può essere credibilmente accusato di essere "malvagio". La frase ebraica tradotta "storto" qui implica una coppia di idee: perversità e duplicità. Ciò che è pervertito, o "storto", è deformato fuori dalla sua forma corretta (Proverbi 10:9). Coloro che si occupano di inganni o bugie sono considerati "doppi d'animo" (Salmo 119:113) o hanno labbra ingannevoli (Proverbi 26:24). La via giusta è la pietà (Proverbi 1:7), tutto il resto è peccato (Proverbi 2:20). In senso terreno, coloro che seguono la saggezza di Dio hanno meno probabilità di subire tali conseguenze (Proverbi 8:32–36; 21:7). Il punto di questo proverbio biblico non è che ogni persona "buona" sarà giustificata, o che ogni persona "cattiva" subirà una punizione. A volte, la vita terrena è ingiusta (Salmo 73:2–3). Tuttavia, esso diventa letteralmente vero nell'eternità: chiunque rifiuti Dio e la Sua bontà ne soffrirà (Salmo 1:5–6; Apocalisse 20:11–15), mentre coloro che Lo amano saranno salvati (Salmo 62:7; Giovanni 3:36). Il credente può incontrare prove, a volte gravi difficoltà, ma il Signore non permetterà che i Suoi redenti soffrano una sconfitta permanente (Romani 8:28). Dio non ha promesso al Suo popolo la libertà dalle esperienze difficili (Giovanni 16:33), ma che sarebbe stato con noi nelle nostre prove (Salmo 23:4). Ebrei 13:5 ci assicura che il Signore non ci lascerà né ci abbandonerà mai. Al contrario, la persona che conduce una vita perversa non ha nessuno su cui contare nei momenti difficili. Sperimenterà una calamità improvvisa, in questa vita o nella prossima (Ebrei 9:27).