Predicazioni/Matteo/La palingenesi nel Nuovo Testamento

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La palingenesi nel Nuovo Testamento

A volte traduzioni “letterali” del testo biblico possono essere inadeguate e persino generare equivoci e storture del messaggio che si consolidano nel tempo diventando negativamente ideologiche. Il Salvatore Gesù Cristo (e il resto del Nuovo Testamento) parla del sicuro avvento di una palingenesi di questo mondo. Le versioni italiane correnti di questo termine lo traducono prevalentemente con “nuova creazione”, ma si dovrebbe meglio tradurre con “rigenerazione di questo mondo”. Perché questa traduzione è preferibile? Oltre ad essere più accurata, infatti, non pochi immaginano che questo mondo verrà distrutto e sostituito, disinteressandosi così dell’impegno al suo rinnovamento. Il seguente articolo illustra quanto sia alienante la prima interpretazione, dandone le motivazioni e mette in guardia contro una lettura superficiale e pregiudiziale del testo biblico.

Difficoltà della traduzione

Non è sempre possibile trovare termini nelle nostre lingue che siano esattamente corrispondenti a quelli usati nelle Sacre Scritture ebraiche e greche. Spesso, infatti, per rendere sfumature che rispetto a quelli i nostri termini non hanno, sono necessarie parafrasi esplicative. Le traduzioni “letterali”, infatti, non solo possono essere inadeguate, ma non raramente generano equivoci e possono persino sviare il pensiero teologico che così si consolida nel tempo su presupposti errati. Uno di questi termini è παλιγγενεσία, traslitterato in palingenesia, da πάλιν (palin, che significa "di nuovo") e γένεσις (genesi, che significa "nascita" o "origine"). Da esso abbiamo l’italiano palingenesi, che i vocabolari definiscono come rinnovamento, rinascita, rigenerazione.

Il termine palingenesia ricorre due volte soltanto nel Nuovo Testamento: in Tito 3:5 e in Matteo 19:28.

Nel primo caso abbiamo: “Egli ci ha salvati non per opere giuste da noi compiute, ma secondo la sua misericordia, mediante il lavacro della rigenerazione e il rinnovamento dello Spirito Santo” (Tito 3:5). Qui palingenesia viene tradotto con “rigenerazione” e si riferisce all’opera di rinnovamento morale e spirituale che Dio opera nel discepolo di Cristo.

Nel secondo caso lo troviamo in quanto Gesù dice rispondendo a Pietro che Gli chiede: “Ecco, noi abbiamo lasciato ogni cosa e ti abbiamo seguito; che ne avremo dunque?” (Matteo 19:27). La risposta di Gesù è: “Io vi dico in verità che nella nuova creazione, quando il Figlio dell'uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, anche voi che mi avete seguito sarete seduti su dodici troni a giudicare le dodici tribù d'Israele” (Matteo 19:28) [1]. Così secondo la maggior parte delle traduzioni italiane palingenesia viene tradotto “nuova creazione”. Solo la versione CEI 2008 traduce: "In verità io vi dico: voi che mi avete seguito, quando il Figlio dell'uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del mondo, sederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d'Israele”.

Diversità di interpretazioni

Ritengo che la versione CEI sia più coerente, ma il concetto di “nuova creazione” ha dato origine, nel corso della storia, a diverse interpretazioni escatologiche, alcune delle quali sono il presupposto di tale traduzione e, a mio avviso, di deviazioni dottrinali. Le passo qui in rassegna:

Rinnovamento escatologico del mondo: Una delle interpretazioni più diffuse vede palingenesía come un riferimento alla trasformazione finale del cosmo, cioè il "nuovo cielo e nuova terra" promessi nell’Apocalisse (21:1). In quest’ottica, si tratterebbe di un evento futuro, legato alla seconda venuta di Cristo, in cui l’intera creazione viene rigenerata o restaurata a uno stato di perfezione. Questa lettura è supportata dal contesto escatologico del versetto, con il giudizio e il regno glorioso di Cristo.

Restaurazione messianica d’Israele: Alcuni studiosi, soprattutto quelli attenti al contesto giudaico del I secolo, collegano palingenesía all’idea di una rinascita nazionale o spirituale d’Israele. Nel giudaismo dell’epoca, c’era l’aspettativa di un’era messianica in cui il popolo eletto sarebbe stato ristabilito nella sua gloria. I "dodici troni" menzionati nel versetto potrebbero alludere a un ruolo speciale delle dodici tribù d’Israele in questo rinnovamento.

Rigenerazione personale o spirituale. Un’interpretazione meno comune, ma presente in alcuni commentari cristiani, considera palingenesía in senso più intimo, come la rinascita spirituale dell’individuo o della comunità cristiana. Questo significato richiama l’uso del termine in Tito 3:5, dove si parla della "rigenerazione" legata al battesimo. Tuttavia, nel contesto di Matteo 19:28, questa lettura appare meno probabile, dato il tono cosmico e regale della narrazione.

Rinnovamento dell’ordine creato: Un’altra visione, che si intreccia con la prima, interpreta palingenesía come una sorta di ritorno all’armonia originaria della creazione, prima della caduta. Qui non si parla solo di una "nuova creazione" ex novo, ma di un ripristino glorioso di ciò che era stato corrotto dal peccato. Questa idea trova eco in testi come Romani 8:19-21, dove la creazione attende la sua liberazione.

Dal punto di vista storico e linguistico, palingenesía non era un termine esclusivamente biblico: lo troviamo anche in autori pagani dell’antichità (come Filone o gli stoici) per indicare cicli cosmici o rinascite. Tuttavia, in Matteo sembra assumere una connotazione unica, influenzata dalla speranza escatologica ebraica e dalla missione di Cristo.

In sintesi, l’interpretazione più accreditata tra gli studiosi moderni è quella del rinnovamento escatologico del mondo, con sfumature che possono includere la restaurazione d’Israele o dell’ordine creato. La traduzione "nuova creazione" è semplificata e non rende pienamente la profondità del termine, che evoca più un’idea di rigenerazione trasformativa che di creazione da zero.

I rischi del tradurre “nuova creazione”

Tradurre palingenesía semplicemente come "nuova creazione" rischia di appiattire il significato del termine greco, che è più dinamico e stratificato di quanto l’espressione italiana possa suggerire.

Quando diciamo "nuova creazione", in italiano tendiamo a immaginare qualcosa di completamente nuovo, fatto da zero, come se si partisse da una tabula rasa. È un’immagine che potrebbe richiamare, ad esempio, la creazione iniziale descritta in Genesi 1. Ma palingenesía non implica necessariamente questo. La parola greca, con quel palin ("di nuovo") e genesis ("nascita" o "origine"), porta con sé l’idea di un ritorno, di un rinnovamento o di una rinascita di qualcosa che già esiste, trasformandolo in uno stato superiore o restaurato.

Si pensi alla differenza tra costruire una casa nuova di zecca su un terreno vuoto e ristrutturare una casa vecchia, mantenendone le fondamenta ma rendendola più bella e funzionale di prima. Palingenesía si avvicina più a quest’ultima immagine: non è una distruzione totale seguita da una creazione ex novo, ma un processo di rigenerazione che prende ciò che c’è e lo porta a un livello glorioso. Nel contesto di Matteo 19:28, questo suggerisce che il mondo o l’ordine esistente non verrà cancellato, ma trasformato in qualcosa di rinnovato e perfetto, in linea con la visione escatologica cristiana.

Quindi, dire "nuova creazione" non è sbagliato, ma è una semplificazione che perde un po’ di questa sfumatura trasformativa. "Rigenerazione" o "rinnovamento" potrebbero essere alternative più fedeli, anche se meno poetiche. È come se palingenesía tenesse insieme il passato (l’origine) e il futuro (la gloria), mentre "nuova creazione" guarda solo al risultato finale.

Un’influenza deleteria

L’interpretazione di termini come questo può influenzare non solo il modo in cui si legge un versetto, ma anche l’atteggiamento dei cristiani verso il mondo presente.

1. "Nuovo cielo e nuova terra" e la tendenza escatologica

L’espressione "nuovo cielo e nuova terra" (presa da Apocalisse 21:1 o Isaia 65:17) è spesso centrale nella visione cristiana del futuro. In molte tradizioni, specialmente quelle con un’enfasi escatologica forte (come certi filoni evangelicali o apocalittici), questa immagine è interpretata come una sostituzione totale: il mondo attuale viene distrutto e sostituito da qualcosa di completamente nuovo. Tradurre palingenesía in Matteo 19:28 come "nuova creazione" si allinea facilmente a questa visione, rafforzando l’idea che il destino di questo mondo sia irrilevante, perché tanto sarà spazzato via. Questo può portare a una mentalità "escapista", dove l’impegno per migliorare la società, la natura o la giustizia qui e ora viene visto come secondario rispetto all’attesa passiva di un intervento divino.

2. Palingenesía come rigenerazione: un invito all’azione?

Se invece leggiamo palingenesía come "rigenerazione" o "rinnovamento", il quadro cambia. Questa traduzione suggerisce che il mondo futuro non sia una tabula rasa, ma una versione trasformata di quello presente – un processo in cui il "vecchio" non è semplicemente scartato, ma redento e glorificato. In quest’ottica, Matteo 19:28 potrebbe implicare che il regno di Cristo includa una continuità con la creazione attuale, e questo apre la porta a un ruolo attivo per i cristiani. Se la "rigenerazione" è un processo trasformativo, allora partecipare al rinnovamento del mondo – attraverso la giustizia, la cura del creato o l’amore per il prossimo – diventa una sorta di anticipo o collaborazione con ciò che Dio porterà a compimento.

Pensiamo, ad esempio, a Romani 8:19-21, dove Paolo parla della creazione che "geme" in attesa della liberazione. Qui non c’è l’idea di una distruzione totale, ma di una redenzione che coinvolge ciò che già esiste. Palingenesía in Matteo potrebbe essere letta nello stesso spirito: un rinnovamento che parte da questo mondo, non un suo annientamento.

3. L’impatto ideologico della traduzione

La scelta tra "nuova creazione" e "rigenerazione" non è quindi neutrale. "Nuova creazione" può alimentare una teologia che separa nettamente il presente dal futuro, incoraggiando i credenti a guardare oltre questa vita senza investire troppo nel "qui e ora". È una visione che ha radici storiche: pensiamo ai movimenti millenaristi che aspettavano la fine imminente, o a certe interpretazioni moderne che vedono il degrado ambientale o sociale come "segni dei tempi" inevitabili, da accettare passivamente.

Al contrario, "rigenerazione" o "rinnovamento" portano con sé un senso di continuità e responsabilità. Se il mondo futuro è una versione trasformata di questo, allora ciò che facciamo oggi – come custodire il pianeta, costruire comunità giuste o alleviare le sofferenze – potrebbe avere un valore eterno, non solo temporaneo. Il cristianesimo non è una fuga dal mondo, ma una chiamata a parteciparvi attivamente in vista della sua redenzione.

4. Il contesto giudaico e il regno messianico

Nel giudaismo del I secolo, l’attesa messianica non era solo escapista: si sperava in un regno di pace e giustizia sulla terra, con Gerusalemme al centro e le nazioni riunite sotto il dominio di Dio. I "dodici troni" di Matteo 19:28 richiamano questa visione: i discepoli giudicheranno le tribù d’Israele in un mondo rinnovato, non in un’astrazione ultraterrena. Tradurre palingenesía come "rigenerazione" si armonizza con questa aspettativa: non un abbandono della storia, ma il suo compimento glorioso. Questo potrebbe suggerire che Gesù invitasse i suoi seguaci a vivere già ora i valori del regno, contribuendo al suo avvento.

5. Una traduzione che sfida l’escapismo

Scegliere "rigenerazione" invece di "nuova creazione" potrebbe spingere a riconsiderare l’impegno cristiano nel mondo. Non si tratterebbe di aspettare che tutto venga distrutto e rifatto, ma di partecipare a un processo di rinnovamento che è già in atto, anche se troverà pieno compimento solo con Cristo. È una differenza sottile ma potente: da un lato, una visione statica che guarda al cielo ignorando la terra; dall’altro, una dinamica che vede la terra come il seme di ciò che sarà.

Per esempio, una traduzione come "nel rinnovamento del mondo" o "nella rigenerazione di tutte le cose" (parafrasando un po’ come fa Atti 3:21 con "restaurazione di tutte le cose") potrebbe riflettere meglio questa tensione tra presente e futuro, evitando di relegare tutto a un "dopo" scollegato dall’oggi.

Conclusione

“Nuova creazione” o “rinnovamento del mondo”, dunque? La cosa non è neutrale ma ha un aspetto ideologico: la traduzione di palingenesía può rafforzare o sfidare una mentalità escapista. "Nuova creazione" si presta a una teologia del distacco; "rigenerazione" o "rinnovamento" chiamano a un cristianesimo incarnato, dove il futuro glorioso non annulla il presente, ma lo trasforma. Personalmente, propenderei quindi per "rigenerazione del mondo”, alla quale siamo chiamati a partecipare fin da oggi.

Note

[1] “ὁ δὲ Ἰησοῦς εἶπεν αὐτοῖς· ἀμὴν λέγω ὑμῖν ὅτι ὑμεῖς οἱ ἀκολουθήσαντες μοι ἐν τῇ παλιγγενεσίᾳ, ὅταν καθίσῃ ὁ υἱὸς τοῦ ἀνθρώπου ἐπὶ θρόνου δόξης αὐτοῦ, καθήσεσθε καὶ ὑμεῖς ἐπὶ δώδεκα θρόνους κρίνοντες τὰς δώδεκα φυλὰς τοῦ Ἰσραήλ.”

Paolo Castellina, 23 febbraio 2025