Predicazioni/Marco/Lei non sa chi sono io

Da Tempo di Riforma Wiki.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

Ritorno


Lei non sa chi sono io!

Una persona che abbia acquisito una certa posizione di influenza e di potere assumendo una qualche carica pubblica o notorietà, non è raro che si consideri “intoccabile” e al di sopra delle leggi e che, come si dice, “possa fare il bello e il cattivo tempo”. Può così succedere che, di fronte a chi gli contesta un’infrazione, essa dica la fatidica frase: “Lei non sa chi sono io!”. Questa frase implica che la sua posizione di potere legittimi a contravvenire alle leggi e, comunque, a rimanere impunito qualora lo facesse. Vero e proprio malcostume, si usa questa frase per minacciare: “Come si permette di dirmi questo? Io la posso rovinare, sa?”. E’ la frase che un ex-sindaco aveva detto recentemente ad un carabiniere che lo aveva fermato per un’infrazione stradale: “«Tu non sai chi sono io; io sono il sindaco di *** e tu non prendi i documenti da nessuno ...se non la finisci ti arresto!». Il carabiniere insisteva a chiedergli i documenti, invece di temere il potere del politico e delle sue altolocate conoscenze. Finendo la cosa, però, in tribunale, a quel sindaco non gli è andata bene, perché era evidentemente dalla parte del torto.

In effetti spesso persino governi e capi del governo si ritengono al di sopra delle leggi e giustificano in vario modo il loro malfare considerandosi impunibili. Oggi, per esempio, governi sfruttano una vera o presunta emergenza sanitaria per imporre con la forza i loro diktat, servendo così non gli interessi della popolazione ma le ambizioni di potere e l’agenda di potentati sovra-nazionali. Per questo essi non hanno scrupoli a contravvenire ciò che stabilisce la Costituzione dello Stato, distorcendola a loro vantaggio.

“Tu non sai chi sono io!”. Qualcosa di simile lo aveva detto il governatore romano Pilato a Gesù che si rifiutava di rispondere alle sue domande: “Non mi parli? Non sai che ho potestà di liberarti e potestà di crocifiggerti?” ma “Gesù gli rispose: ‘Tu non avresti potestà alcuna contro di me, se ciò non ti fosse stato dato da alto; perciò chi m'ha dato nelle tue mani, ha maggior colpa’. Da quel momento Pilato cercava di liberarlo; ma i Giudei gridavano, dicendo: ‘Se liberi costui, non sei amico di Cesare. Chiunque si fa re, si oppone a Cesare’” (Giovanni 19:10-12). Ecco un vero e proprio gioco e scontro di poteri.

Un’autorità che non si imponeva

Gesù, però, non aveva mai vantato la Sua identità e potere: la dimostrava con l’autorevolezza della Sua Parola e l’efficacia benefica delle Sue opere - e sicuramente mai si imponeva con le minacce. Egli lasciava che la Sua divina identità fossero soprattutto i Suoi discepoli a coglierla per intuizione ed ispirazione divina. Non solo questo, ma, come troviamo nel testo del vangelo di questa domenica, Gesù stesso, durante la Sua vita terrena, aveva proibito ai Suoi discepoli di rivelare indistintamente alla gente la Sua identità, chi Lui fosse. Si trattava, da parte di Gesù. di una preoccupazione pedagogica, che rivelava solo progressivamente il mistero della sua persona. Ascoltiamo questo testo:

“Poi Gesù, co' suoi discepoli, se ne andò verso le borgate di Cesarea di Filippo; e cammin facendo domandò ai suoi discepoli: Chi dice la gente ch'io sia? Ed essi risposero: Gli uni, Giovanni Battista: altri, Elia; ed altri, uno de' profeti. Ed egli domandò loro: E voi, chi dite ch'io sia? E Pietro gli rispose: Tu sei il Cristo. Ed egli vietò loro severamente di dir ciò di lui ad alcuno” (Marco 8:27-30).

La gente

“Chi dice la gente ch'io sia?”. Gesù sembra qui voler fare un sondaggio per stabilire quale sia l’opinione pubblica a suo riguardo. 

L’opinione pubblica, nella definizione che ne dà un’enciclopedia, “rappresenta il complesso delle preferenze, delle inclinazioni, degli atteggiamenti e dei giudizi che risulta predominante in una determinata società e che di conseguenza mantiene un rapporto di reciproco condizionamento con l'attività dei pubblici poteri (...)  L'opinione pubblica appartiene alla doxa, la sfera del giudizio mutevole degli uomini, e non possiede l'evidenza e l'autorità dell'epistheme, la scienza. I suoi sono giudizi di valore, opinabili e cangianti, ma dotati di grande utilità pratica, perché permettono l'espressione di una qualche forma di volontà collettiva”. Sì, si tratta del giudizio mutevole degli uomini, e non possiede l'evidenza e l'autorità del dato di fatto. Stabilire di volta in volta quale sia “il clima” della società permette alla politica di rispondervi di conseguenza e al commercio di provvedere e vendere quel che la gente pare desiderare. D’altro canto sia la politica che il commercio manipolano e guidano l’opinione pubblica attraverso la propaganda per servire ai loro interessi.

Nel fare questo “sondaggio” Gesù non cerca di stabilire quello che la gente pensa e vuole per poi adattarvisi e sfruttare la cosa. E’ una tecnica che oggi persino certe chiese adottano stabilendo quali siano i bisogni percepiti della gente per offrire poi quello che vogliono traendone esse stesse profitto in numeri di fedeli e contribuzioni. La verità non ha a che fare con la democrazia e il pragmatismo. Gesù non si presenta alla gente adattando ad essa la Sua identità e ruolo. Gesù è non quello che la gente pensa e crede, ma è quel che è oggettivamente, che piaccia o meno e quali ne siano le conseguenze! Inoltre Gesù offre quello di cui la gente effettivamente ha bisogno e non quello che essa pensa di averne bisogno. La gente il più delle volte sbaglia e, nelle sue opinioni, è condizionata dalla propria concupiscenza e dalla propaganda del potere.

Se lasciamo da parte coloro che hanno negato la stessa esistenza storica di Gesù considerandolo un mito inventato dalla chiesa primitiva, per alcuni Egli era un valente maestro di vita, uno dei profeti di Dio o un saggio, e perfino ...un extra-terrestre. Anche alle ideologie piace “cooptare” Gesù rappresentandolo come un esponente delle loro cause. Lo vedono come un Gesù umanista, socialista, femminista, rivoluzionario, e persino massone! 

A quel tempo la gente la gente chiedeva un re come autorità benefica che provvedesse ai loro bisogni e non autorità oppressive (romana o giudaica che fosse). Gesù certo aveva straordinariamente loro provveduto pane. Gesù, però, fugge quando “a furor di popolo” la gente lo avrebbe voluto far re. “La gente dunque, avendo veduto il miracolo che Gesù avea fatto, disse: Questi è certo il profeta che ha da venire al mondo. Gesù quindi, sapendo che stavano per venire a rapirlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, tutto solo” (Giovanni 6:14-15). Gesù di fatto poneva in questione tutta la politica in quanto gestione del potere per creare una società libera e responsabile, dove lo stato, semmai, doveva essere al servizio di tale libertà. Inoltre Gesù non intendeva essere un profeta alle dipendenze di caste sacerdotali e politiche. Gesù non stabilisce e serve chiese istituzionali, perché il cristianesimo deve essere movimento e non istituzione. Certo, Gesù era anche profeta, voce di Dio, ma libero, indipendente e critico: figura questa sempre sgradita al potere. Gesù, di fatto, sovverte l’establishment non per crearne un altro, ma per promuovere libertà e responsabilità sotto la Legge di Dio. Gesù è Signore e Re, ma non secondo i criteri di questo mondo.

I suoi discepoli

“E voi, chi dite ch'io sia?” chiede Gesù ai suoi discepoli, operando così una chiara distinzione dall’opinione pubblica. Gesù lo chiede a persone che Lo seguono con fiducia apprendendo da Lui verità oggettive sulla Sua Persona, verità oggettive su Dio, verità oggettive sulla natura umana, verità oggettive sulla salvezza dal peccato, verità oggettive da vivere, di cui farne esperienza. E’ come se Gesù avesse chiesto loro: “Dopo aver fatto esperienza diretta della mia persona, insegnamento ed opera, che cosa dite voi sulla mia identità?”. Solo, infatti, nel contesto del discepolato al seguito di Gesù si può conoscere la verità. “Gesù disse allora ai Giudei che avevano creduto in lui: «Se dimorate nella mia parola, siete veramente miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi»” (Giovanni 8:31-32).

E’ così che “Pietro gli rispose: Tu sei il Cristo”. Pietro, e gli altri discepoli di Gesù si erano lasciati alle spalle famiglia, casa, lavoro e, dandogli completa fiducia, lo seguivano come loro Maestro e Signore. Ora erano in una scuola di vita che avrebbe ristrutturato tutto il loro modo di pensare, di parlare e di agire. Questo avrebbe  rivelato loro chi è Gesù in verità e su questa base Pietro può rispondere: “Tu sei il Cristo”. Il termine χριστός (christos) era originariamente un aggettivo ("unto") sviluppandosi poi ulteriormente in un termine tecnico generico ("l'unto"). L’evangelista Marco pone al centro della sua narrazione il riconoscimento che Gesù è il Messia, il Re, Profeta e Sacerdote per eccellenza che Dio ha promesso ad Israele ed al mondo intero, e consacrato, venuto per salvare dal peccato e riconciliare con Dio. L'importanza cruciale di questo momento è indicata dal fatto che già nella prima riga del Vangelo l'evangelista designa Gesù come Messia. Gesù, prefigurato nelle Scritture ebraiche in vario modo, Egli è Colui che Israele ed il mondo intero attende e che la chiesa antica proclamava. Pietro annuncerà nel suo discorso di Pentecoste a Gerusalemme: “Egli è la pietra che è stata da voi edificatori sprezzata, ed è divenuta la pietra angolare. E in nessun altro è la salvezza; poiché non v'è sotto il cielo alcun altro nome che sia stato dato agli uomini, per il quale noi abbiamo ad esser salvati” (Atti 4:11-12).

Giungere ad una chiara confessione di fede personale nel Gesù proclamato dalle Sacre Scritture diventa così essenziale nel movimento cristiano. Suggellata dal battesimo e confermata più volte durante il cammino cristiano, essa segna un nuovo modo di essere della persona che lo Spirito Santo di Dio rigenera spiritualmente per essere in questo mondo testimonianza e promotore vivente del Regno di Dio.

Il segreto messianico

Sulla vera identità messianica di Gesù, però, Gesù impone il silenzio. “...egli vietò loro severamente di dir ciò di lui ad alcuno”. È l’ingiunzione da parte di Gesù di non rivelare parte della sua identità. In questo vangelo questa proibizione è fatta rispetto a tutti i tipi di interlocutori, i demoni, i lebbrosi, all’indemoniato, alla figlia di Giairo, al sordomuto di Sidone (riportato solo in Marco), al cieco di Betsaida. Qualcuno potrebbe pensare trattarsi di un comando controproducente per il movimento cristiano, chiamato ad annunciare l’Evangelo. Perché tutta questa reticenza di Gesù nel segnalare l’identità di Gesù e il beneficio della Sua Persona ed opera? Si trattava di una misura temporanea durante il Suo ministero terreno soprattutto per non dare adito ad equivoci che avrebbero compromesso il movimento cristiano. Non ci lamentiamo, forse, perché ai nostri giorni le azioni buone non fanno notizia nei mezzi di comunicazione, anzi vengono manipolate e distorte per servire ad agende precostituite? La risposta è implicita nella formula adottata dagli studiosi per definire questa riservatezza del Gesù di Marco: “Il segreto messianico”. Vi sono studiosi che hanno persino negato che veramente Gesù avesse fatto questa proibizione e che non si trattasse altro che di un costrutto di Marco. Non è necessario, però, addentrarsi nelle pretese di studiosi che negano l’autorevolezza assoluta di tutti gli scritti che lo Spirito Santo di Dio ha voluto che fossero inclusi in quella che per noi oggi è la Bibbia.

In quel periodo storico dominava una concezione nazionalistica, politica e persino marziale del Messia: egli sarebbe stato il liberatore di Israele dal potere romano, manifestandosi con atti clamorosi, sensazionali e “promozionali” della causa ebraica. Gesù contesta una simile visione che inquinerebbe il senso profondo delle sue opere e del suo messaggio. Di fronte alla sua capacità di attirare folle, di offrire loro salute e speranza, era facile che si consumasse un equivoco. Da salvatore egli sarebbe stato trasformato in politico di successo, cosa che Gesù, come abbiamo già osservato, non ha alcuna intenzione di diventare. Tutto questo rimane valido oggi come avvertimento a non dare spazio a chi vorrebbe “sequestrare” Gesù per farne il supporto di ideologie precostituite.

Conclusione

Gesù, quindi, non ha mai detto a nessuno, con arroganza, l’espressione di italico malcostume di chi vorrebbe asserire il proprio potere: “Lei non sa chi sono io!”. Non aveva bisogno di dirlo, perché le forze demoniache ben si rendevano conto di chi era Gesù di Nazareth e non potevano resistergli. Così delle autorità inique di questo mondo: se ne diventava lui stesso vittima era solo per sua mirata scelta. Una volta aveva detto: “Credi tu forse ch'io non potrei pregare il Padre mio che mi manderebbe in quest'istante più di dodici legioni d'angeli?” (Matteo 26:53).

Obiettivo di Gesù è quello di rigenerare spiritualmente e salvare dal peccato persone che, diventando Suoi discepoli, avrebbero respinto ogni pregiudizio nei Suoi riguardi e, imparando da Lui, avrebbero appreso un nuovo modo di pensare, di parlare e di agire, “lo stile di vita del Regno di Dio”. Solo così avrebbero compreso e poi proclamato, nell’abito del movimento cristiano, l’identità di Gesù. E’ una sfida che Dio fa anche a voi che avete seguito fino a questo punto questa riflessione.

Paolo Castellina, 5 settembre 2021