Predicazioni/Isaia/La fede nel controllo di Dio su ogni cosa
La fede nel controllo di Dio su ogni cosa
Se da una parte accogliamo ciò che Dio ha rivelato di Sé stesso nella Sua Parola, cioè, che Egli è sommamente santo, buono e giusto, la presenza del male nel mondo, nei suoi molteplici e spesso drammatici aspetti, ci sconcerta e non riusciamo a renderne ragione. Allora investighiamo le Sacre Scritture e ne troviamo la risposta. Abbiamo fiducia che ogni cosa rientri negli eterni e sovrani propositi di Dio. Egli disse tramite il profeta Isaia: "Io formo la luce, creo le tenebre, do il benessere, creo l'avversità; io, l'Eterno, sono colui che fa tutte queste cose". Come spiegare questa affermazione? Lo vedremo oggi.
Il problema del male
Il male. Quanti mali affliggono l’umanità e l’accompagnano per tutta la sua storia! Benché vi sia chi intenda il male come un concetto relativo e lo giustifichi inquadrandolo nel “necessario ordine delle cose”, sappiamo in cuor nostro che non dovrebbe essere così, soprattutto quando ci colpisce personalmente. Il male, infatti, non è una creazione di Dio, perché “Dio vide tutto quello che aveva fatto, ed ecco, era molto buono” (Genesi 1:31). Dio ha rivelato Sé stesso essere buono e giusto. Da dove esce, allora, il male, e come può Dio tollerarne la presenza? La rivelazione biblica ci dà ampie spiegazioni per gran parte dei suoi aspetti e ci dice come affrontarlo - tanto che, per chi investiga diligentemente le Sacre Scritture, il male largamente non è più un mistero. Facciamo sempre fatica, però, ad accettarlo e ci chiediamo in che modo il male possa conciliarsi con il carattere rivelato di Dio. Di questo si occupa la teodicea, la disciplina che tratta di giustificare l'esistenza di Dio e della sua bontà nonostante la presenza del male e della sofferenza nel mondo [1].
Il male è spesso definito come ciò che si oppone al bene, inteso come pienezza dell’essere, dell’ordine e della perfezione. Nella prospettiva biblica, il male è essenzialmente ciò che si oppone alla volontà e alla natura di Dio, il quale è la fonte del bene assoluto. Il male sorge, così, da una mancanza di conformità alla natura e al fine proprio di un essere creato e si rivela essere come una valanga di neve e sassi che scende sempre più grande a valle causando distruzione e rovine. Vi è un male naturale come sofferenza, malattia e disastri vari, che non derivano direttamente dalla volontà umana ma colpiscono la creatura, rivelando una a noi apparente mancanza di armonia nelle cose [2]. E vi è il male morale, effetto della non conformità alle leggi supreme di Dio da parte delle creature umane e di quelle angeliche, alle quali, per natura, Dio ha dato responsabilità etica [3].
Il male, è da sottolinearsi, non è perciò considerato un’entità autonoma, ma essenzialmente una privazione di ciò che è buono. Il male, come tutto ciò che si manifesta nella realtà, pur non avendolo creato Dio, rientra in ogni caso negli eterni propositi di Dio, ha una sua funzione, viene utilizzato da Dio per i Suoi fini buoni e giusti.
Il testo biblico
Oggi, a questo riguardo, vogliamo riflettere su un versetto tratto dal libro del profeta Isaia e che dice: "Io formo la luce, creo le tenebre, do il benessere, creo l'avversità; io, l'Eterno, sono colui che fa tutte queste cose". Questo versetto, Isaia 45:7 ha da sempre suscitato un ampio dibattito tra teologi e commentatori, sia ebrei sia cristiani, soprattutto nell’espressione: “io creo l’avversità”, tradotta nelle versioni più vecchie: “io creo il male”. Come tale, ha suscitato perplessità stimolando discussioni sulla natura di Dio, il significato del termine "male" e il Suo rapporto con il bene e il male nel mondo.
Ascoltiamo prima di tutto il testo di Isaia 45:1-10 e poi ci concentreremo sul versetto numero sette!
“Così parla l'Eterno al suo unto, a Ciro, che io ho preso per la destra per atterrare davanti a lui le nazioni, per sciogliere le cinture ai fianchi dei re, per aprire davanti a lui le porte, in modo che nessuna gli resti chiusa. “Io camminerò davanti a te, e appianerò i luoghi impervi; frantumerò le porte di bronzo, e spezzerò le sbarre di ferro; ti darò i tesori nascosti nelle tenebre e le ricchezze nascoste in luoghi segreti, affinché tu riconosca che io sono l'Eterno che ti chiama per nome, l'Iddio d'Israele. Per amore di Giacobbe, mio servo, e d'Israele, mio eletto, io ti ho chiamato per nome, ti ho designato, anche se non mi conoscevi. Io sono l'Eterno, e non ce n'è nessun altro; fuori di me non c'è altro Dio! Io ti ho preparato, anche se non mi conoscevi, perché da oriente a occidente si riconosca che non c'è altro Dio fuori di me. Io sono l'Eterno, e non ce n'è alcun altro; io formo la luce, creo le tenebre, do il benessere, creo l'avversità; io, l'Eterno, sono colui che fa tutte queste cose. Cieli, stillate dall'alto; nuvole fate piovere la giustizia! Si apra la terra e sia feconda di salvezza; faccia germogliare la giustizia al tempo stesso. Io, l'Eterno, creo tutto questo”. Guai a chi contende con il suo creatore, egli, rottame fra i rottami di vasi di terra! L'argilla dirà forse a chi la forma: “Che fai?” o l'opera tua dirà forse: “Egli non ha mani?”. Guai a chi dice a suo padre: “Perché generi?” e a sua madre: “Perché partorisci?” (Isaia 40:1-10).
Il capitolo 45 di Isaia si colloca nel contesto dell’esilio babilonese, un periodo di sofferenza per l’antico Israele. In questo capitolo, il profeta annuncia la liberazione del popolo di Dio e il loro ritorno in patria attraverso i decreti di Ciro il Grande, re di Persia, nuova potenza egemone. Ciro è descritto sorprendentemente come “unto” (o messia) di Dio. Sebbene Ciro sia un re pagano, è scelto da Dio per restaurare Gerusalemme e il Tempio. Dio lo utilizza per i Suoi scopi. Questo sottolinea l’idea della sovranità divina: Dio guida la storia, utilizzando anche strumenti inaspettati per realizzare i Suoi propositi. Il capitolo insiste sull’unicità di Dio contro gli idoli delle nazioni: Egli è il Creatore e il Signore della storia. Inoltre, si rivolge non solo a Israele ma a tutte le nazioni, con un invito universale alla salvezza: "Volgetevi a me e siate salvati, voi tutte le estremità della terra". Questo messaggio anticipa il tema della missione universale dell'Evangelo. Dal punto di vista teologico cristiano, Isaia 45 sottolinea la realtà della provvidenza divina, mostrando come Dio operi attraverso la storia, anche attraverso ciò che potrebbe essere considerato un male, per portare redenzione ai Suoi eletti. L’uso del termine "unto" per Ciro prefigura Cristo, il Messia definitivo. Inoltre, il monoteismo esclusivo proclamato nel capitolo rimane centrale nella fede cristiana, che vede in Cristo l’incarnazione dell’unico Dio. Questo testo invita il popolo di Dio a fidarsi della sovranità divina e a rispondere alla chiamata universale alla fede e all’azione. La proclamazione della salvezza per tutte le nazioni sottolinea il mandato missionario del movimento cristiano, mentre l’enfasi sull’unicità di Dio richiama i cristiani a respingere ogni forma di idolatria e a riconoscere Dio come Signore della loro vita.
Luce
Il nostro testo inizia parlando di Dio che forma la luce: "Io formo la luce, creo le tenebre, do il benessere, creo l'avversità; io, l'Eterno, sono colui che fa tutte queste cose". Il termine “luce” può riferirsi a diverse realtà.
Pensiamo prima alla "luce naturale," ovvero quella luce che fu creata all'inizio della creazione (Genesi 1:3), l’energia cosmica. Poi alla luce di cui il sole è la fonte e l'origine. Il sole è una stella con un fuoco spaventoso, ma la sua luce è fonte di vita e di energia. È luce che riscalda e rischiara, è luce che alternandosi alla notte segna il tempo dell’umanità (Genesi 1:3-5; 8:22).
Per luce si intende poi la "luce morale," o la luce della natura, ovvero la capacità razionale dell'essere umano di intendere, di comprendere, di ragionare, di operare creativamente sul creato. È la luce della sapienza di Dio contenuta nella Sua Parola. Ispirata da Dio, essa è data “per insegnare, per riprendere, per correggere, per educare alla giustizia affinché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona” (2 Timoteo 3:16-17).
Luce è "luce spirituale," o la luce della grazia di Dio, attraverso la quale si possono conoscere le cose spirituali e soprannaturali, vale a dire comprendere l’Evangelo della grazia di Dio in Gesù Cristo e crescere moralmente e spiritualmente a Sua immagine. L’apostolo Paolo afferma: “Ora noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito che viene da Dio, affinché conosciamo le cose che ci sono state donate da Dio, e noi ne parliamo non con parole insegnate dalla sapienza umana, ma insegnate dallo Spirito, adattando parole spirituali a cose spirituali” (1 Corinzi 2:12-13).
La luce di Dio è quella che pure ci dà la gioia e il conforto che proviene da Cristo, il sole di giustizia. Gesù disse: “Io sono la luce del mondo; chi mi segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita (...) io sono la luce del mondo” (Giovanni 8:12; 9:5). Essa è la luce del certo compimento di tutte le promesse della grazia di Dio, luce della gloria e felicità eterna. Vivendo in quella che è stata chiamata valle di lacrime, a volte alziamo gli occhi al Cielo, e la speranza di raggiungere la felicità eterna ci conforta e ci incoraggia. Tutta questa luce proviene da Dio, che la produce.
Tenebre
Il parallelismo, però, della poesia ebraica in questo versetto ci sconcerta: "Io formo la luce, creo le tenebre, do il benessere, creo l'avversità; io, l'Eterno, sono colui che fa tutte queste cose". Come dar senso a tutto questo?
La maggior parte dei commentatori sia ebrei che cristiani [4] sono d’accordo sul fatto che Isaia parla di Ciro il Grande, descritto come un servitore scelto da Dio per liberare il Suo popolo. Il riferimento al "creare le tenebre e l'avversità" riguarda il controllo totale di Dio sugli eventi storici: Egli è il Sovrano assoluto del bene (pace, “shalom” e della prosperità) come pure del male - in questo caso disastri e punizioni. L’umanità ribelle a Dio ed alla Sua legge patisce le meritate tragiche conseguenze del peccato - il che è giustizia di Dio, ma anche l’infedeltà del Suo popolo è sottoposta alla giusta disciplina correttiva di Dio, che è Padre “... perché il Signore corregge colui che egli ama, e flagella ogni figlio che egli gradisce” (Ebrei 12:6).
Il termine che talvolta è tradotto semplicemente con “male” si riferisce quindi principalmente al castigo o all'avversità, non al "male morale” che sarebbe in contraddizione con la natura di Dio, cioè di assoluta santità. Dio non è autore del male morale [5] ma consente l'esistenza del male naturale come parte dell'ordine creato per evidenziare cosa comporti l’assenza del bene che in Lui si trova. Il termine ebraico qui usato non è tanto “il male” ma il “disastro" o "calamità", riaffermando che Dio è responsabile non solo dei momenti di prosperità, ma anche di quelli di sofferenza, che sono di valore didattico. Lo afferma Agostino di Ippona, che insiste sul fatto che Dio è sommamente buono e non può essere il creatore del male morale. Nel suo pensiero, il male è una privazione (privatio boni), non una sostanza creata. Quando Isaia parla di Dio che "crea l'avversità", si riferisce al male naturale o alle punizioni divine, che hanno lo scopo di correggere o redimere.
Giovanni Calvino, nel suo commentario su Isaia [5] scrive: “Con le parole “luce” e “tenebre” egli descrive metaforicamente non solo la pace e la guerra; ma anche eventi avversi e prosperi di qualsiasi tipo; ed estende la parola pace, secondo l’usanza degli scrittori ebraici, a ogni successo e prosperità. Ciò è reso abbondantemente chiaro dal contrasto; poiché egli contrappone “pace” non solo alla guerra, ma anche a eventi avversi di ogni tipo. I fanatici torturano questa parola male, come se Dio fosse l’autore del male, cioè del peccato; ma è molto ovvio quanto abusino in modo ridicolo di questo passaggio del Profeta. Ciò è sufficientemente spiegato dal contrasto, le cui parti devono concordare tra loro; poiché egli contrappone “pace” a “male”, cioè ad afflizioni, guerre e altri eventi avversi. Se contrapponesse “rettitudine” a “male”, ci sarebbe una certa plausibilità nei loro ragionamenti, ma questo è un contrasto manifesto di cose che sono opposte l’una all’altra. Di conseguenza, non dovremmo rifiutare la distinzione ordinaria, secondo cui Dio è l’autore del “male” della punizione, ma non del “male” della colpa (...) Dio solo è l'autore di tutti gli eventi; cioè che gli eventi avversi e prosperi sono inviati da lui, anche se si avvale dell'intervento degli uomini, affinché nessuno possa attribuirlo alla fortuna o a qualsiasi altra causa”.
Anche il commentatore John Gill dice: “Anche il "male" viene da Lui, ma non il male del peccato: il peccato non è stato creato da Dio, ma è opera degli uomini, pur essendo permesso dal Signore e governato da Lui per il bene. Il male qui si riferisce al male della punizione per il peccato, ai severi giudizi di Dio, come carestie, pestilenze, animali feroci, la spada (la guerra) – che qui può essere particolarmente intesa come opposta alla pace. (...) Inoltre, tutte le afflizioni, le avversità e le calamità rientrano in questo termine e provengono da Dio (Giobbe 2:10; Amos 3:6)”.
Questo versetto è dunque come un richiamo alla sovranità divina in un mondo pieno di tensioni e polarità. Dio non è semplicemente un "orchestratore del bene", ma governa anche le forze opposte, garantendo che queste rientrino nel Suo piano di redenzione. L’Apostolo scrive: “Or sappiamo che tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio, i quali sono chiamati secondo il suo proposito” (Romani 8:28).
Conclusione
Per quanto, quindi, non riusciamo sempre a comprendere ciò che accade e soprattutto la sofferenza degli innocenti, abbiamo nelle Sacre Scritture ampia luce sul significato della presenza del male in questo mondo. Su quella base dobbiamo agire e reagire investigando con diligenza ciò che ci è rivelato. L’antico Mosè disse: “Le cose occulte appartengono all'Eterno, al nostro Dio, ma le cose rivelate sono per noi e per i nostri figli per sempre, perché mettiamo in pratica tutte le parole di questa legge” (Deuteronomio 29:28). Si, le “cose occulte” le lasciamo fiduciosamente alla maggior sapienza di Dio. Per esse diciamo: “Perciò non giudicate nulla prima del tempo, finché sia venuto il Signore, il quale metterà in luce le cose occulte nelle tenebre e manifesterà i propositi dei cuori; allora ciascuno avrà la sua lode da Dio” (1 Corinzi 4:5). Siamo quindi grati per la luce che ci è stata data, consapevoli che ogni cosa è sottoposta alla sovranità di Dio, che ha rivelato Sé stesso come buono, giusto e sommamente sapiente: "Io, il Signore, faccio tutte queste cose". Abbiamone fiducia!
Paolo Castellina, 30 Novembre 2024
Note
[1] Teodicea, https://www.tempodiriforma.it/mw/index.php?title=Teopedia/Teodicea
[2] Male naturale: https://www.tempodiriforma.it/mw/index.php?title=Teopedia/Male_naturale
[3] Male morale: https://www.tempodiriforma.it/mw/index.php?title=Teopedia/Male_morale
[4] https://www.tempodiriforma.it/mw/index.php?title=Predicazioni/Isaia/Interpretazioni_di_Isaia_45_7
[5] Male morale: https://www.tempodiriforma.it/mw/index.php?title=Teopedia/Male_morale