Predicazioni/Giovanni/ll segno più grande dell'identità di Gesù
ll segno più grande dell'identità di Gesù
Sebbene grandi siano stati fin ora i progressi dell'umanità sotto molti aspetti, il mondo che abitiamo non sembra più reggere a questo costante sviluppo e sembra inesorabilmente collassare. Molti si rendono conto come tutto questo progresso sia di fatto pregiudicato da un'umanità che non è affatto progredita dal punto di vista morale e spirituale, nonostante i tentativi di elevarla. "C'è qualcosa che non va" al cuore dell'essere umano stesso. Il dominio delle forze del male della morte sembra invincibile. La "medicina" che può curare il cuore umano, però, esiste ed è la persona e l'opera del Salvatore Gesù Cristo. I più, ciononostante, si rifiutano di assumerla, questa medicina, o ne fanno uso in modo difforme dalla posologia che ne deve accompagnare l'uso. Questo aggiunge frustrazione a frustrazione per chi crede in essa e fa esperienza della sua efficacia. Oggi rifletteremo su un episodio del vangelo dove chiaramente egli mostra chi è quali siano i suoi poteri, quello della risurrezione di Lazzaro in Giovanni 11.
Siamo a tutti gli effetti immersi in un mondo che non è più quello che Dio aveva creato sin dall'inizio e del quale è scritto: "Dio vide che era cosa buona" (Genesi 1). Si tratta di un mondo che certamente assomiglia a quello primigenio, ma che, di fatto, ora si presenta come degenerato, squilibrato e corrotto. Questo vale sia per ciò che chiamiamo natura che per ciò che noi siamo come creature umane. Indubbiamente vi sono cose ammirevoli nell'ambito della natura, come stupefacente è la fattura dell'essere umano. Noi stessi continuiamo a riflettere l'immagine del nostro Creatore e ad assomigliarli in tante cose buone, ma solo come un bel dipinto che è stato imbrattato, non curato, logorato, rovinato in molti modi da un uso sconsiderato. E' un po' come la condizione ambientale di questo mondo, bello, ma rovinata da negligenza ed abusi che diventano sempre più gravi col passare del tempo.
Le Sacre Scritture definiscono questa condizione come dominata dal peccato e dalla morte, "perché non si sottomette alla legge di Dio". Così noi umani l'abbiamo fatta diventare e noi stessi siamo sottoposti al dominio del peccato e della morte in ogni sua accezione. Le conseguenze di tutto questo sono gravi ad ogni livello: il dominio della morte è onnicomprensivo. Tutto, noi stessi compresi, così come ci troviamo, è destinato alla perdizione. Facendo eco ad un testo delle Sacre Scritture, potremmo dire che: "Le nostre ossa sono inaridite, la nostra speranza è svanita, noi siamo perduti". Questo mondo, umanamente senza speranza alcuna, però, è stato intersecato dai progetti di ristabilimento, di ricostruzione e di redenzione che trovano il loro punto culminante nella persona e nell'opera del Salvatore Gesù Cristo. La grazia di Dio in Gesù Cristo ricupera una parte dell'umanità trasformandola nel tempo e per l'eternità e preparandola per una nuova creazione in cui Dio "asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate" (Apocalisse 21:4).
E' per questo che la Scrittura proclama Gesù come "il Signore della vita" ed I vangeli testimoniano come Gesù facesse spesso segni miracolosi per indicare, a chi ha occhi per vedere ed orecchie per udire, che Gesù è "la risurrezione e la vita" e che chi crede in lui, anche se muore, vivrà, anzi, chiunque vive e crede in lui, per grazia di Dio non morirà in eterno - vale a dire non andrà perduto come il resto dell'umanità che giustamente subisce le inevitabili conseguenze del peccato - che comunque non ha intenzione di debitamente trattare.
Ascoltiamo il racconto, tratto dal vangelo di Giovanni, al capitolo 11, della risurrezione di Lazzaro. Mentre leggete il racconto identificate "i segni" che Gesù dà, in quell'episodio, sulla sua identità ed opera.
Morte di Lazzaro, amico di Gesù. Un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato». All'udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui». Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, si è addormentato; ma io vado a svegliarlo». Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà». Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!». Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell'ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo». Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro. Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?». Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l'ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare». Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.
Da questo testo possiamo oggi solo rilevare alcune poche, ma importanti cose. Gesù dice: "Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato" (4). Quest'affermazione contiene un'ironia. Per Lazzaro la sua malattia non avrebbe portato alla morte, perché gli sarebbe stata restituita la vita. Per Gesù stesso, però, proprio quel segno miracoloso da lui compiuto lo avrebbe condotto lui alla morte, confermando così il piano delle autorità di eliminare Gesù. Com'è scritto: "Allora i capi dei sacerdoti e i farisei riunirono il sinedrio e dissero: Che cosa facciamo? Quest'uomo compie molti segni. Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui" (...) Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo" (Giovanni 11:47-53). Gesù dà gloria a Dio restituendo la vita a colui che egli amava e l'aveva perduta, ma a prezzo del suo dolore, delle sue lacrime, della sua morte.
Isaia profetizzava: "Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti" (Isaia 53:5). La morte di Gesù in croce diventa il segno ultimo, per chi ha occhi per vedere, dell'amore di Dio per i peccatori eletti a salvezza, segno che glorificherà Dio e la sua giustizia. Perché è avvenuta? Contemplandola, un credente dice: "Signore, io sono la causa di tutti I tuoi dolori; i miei peccati ti hanno esposto a vituperio, e le mie iniquità ad ignominia. Io ho commesso il fallo e tu sei stato castigato; io sono colpevole e tu sei stato chiamato a giudizio; io ho commesso il peccato e tu hai sofferto la morte; io sono il reo e tu sei stato attaccato alla croce! Oh profondità dell'amore di Dio! Oh meravigliosa disposizione della grazia celeste!" (L. Bayly).
Lazzaro era morto, morto veramente, non avrebbe potuto rispondere alla chiamata di Gesù: «Lazzaro, vieni fuori!», per quanto Gesù lo chiamasse a gran voce. La voce di Gesù, però, è la voce della Parola di Dio che aveva suscitato e dato vita ad ogni cosa nel momento della Creazione. "Per fede, noi sappiamo che i mondi furono formati dalla parola di Dio, sicché dall'invisibile ha preso origine il mondo visibile" (Ebrei 13:3). La voce di Gesù è la stessa che Dio aveva emesso quando aveva infuso vita al primo essere umano formato dalla polvere del suolo: "Allora il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente" (Genesi 2:7). Anche Lazzaro era tornato ad essere materia inanimata. Quella era la condanna ultima data da Dio all'uomo peccatore: "...finché non ritornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere ritornerai!" (Genesi 3:19). Gesù, però, con il suo comando, rigenera quel corpo che già mandava cattivo odore, gli restituisce lo spirito e Lazzaro risponde ed esce da quella cava in cui era stato deposto, e che ancora aveva i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù così dice ai presenti: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».
E' lo stesso oggi dal punto di vista spirituale. Nessuno è in grado di rispondere all'annuncio dell'Evangelo, perché tutti siamo morti nelle nostre colpe. I morti da sé non rispondono! Ai cristiani di Colosse, però, l'Apostolo dice: "Con lui Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti a causa delle colpe e della non circoncisione della vostra carne, perdonandoci tutte le colpe" (Colossesi 2:13). Essi si sono risvegliati spiritualmente e sono giunti al ravvedimento ed alla fede a causa dell'opera potente di Dio in loro. Sempre ai credenti, infatti, è detto: "È Dio infatti che suscita in voi il volere e l'operare secondo il suo disegno d'amore" (Filippesi 2:13). Vita spirituale oggi, e vita rinnovata domani, nei nuovi cieli e nella nuova terra
Che meraviglioso segno Gesù aveva dato allora con la risurrezione di Lazzaro! E' quello che parla ancora oggi e che ha per risultato che: "Molti di quelli che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui". Che questo avvenga per chi ha letto questa riflessione e che non ne ha fatto ancora l'esperienza, come pure diventi occasione di ulteriore riconoscenza per chi è stato portato al ravvedimento ed alla fede in Gesù Cristo, Signore della vita.