Predicazioni/Galati/Su certe cose non possiamo transigere

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Su certe cose non possiamo transigere

La tolleranza è una buona cosa, ma essa non può essere indiscriminata perché, in quanto cristiani, ci sottoponiamo alla signoria di Cristo, che egli esercita attraverso la sua Parola scritta. Non possiamo collaborare con chi contesta e contraddice i principi di base della nostra professione di fede, quale ne sia la giustificazione o il pretesto. Per quanto essi dicessero di essere cristiani, l'apostolo Paolo respingeva coloro che di fatto negavano i princìpi di base dell'Evangelo. Lo vediamo oggi.

"Poi, dopo quattordici anni, salii di nuovo a Gerusalemme con Barnaba, prendendo con me anche Tito. Or vi salii per rivelazione ed esposi loro l'evangelo che io predico fra i gentili, ma lo esposi privatamente a coloro che godevano maggior credito, perché non corressi, o non avessi corso invano. Ma neppure Tito che era con me, benché fosse Greco, fu costretto a farsi circoncidere; e ciò a causa dei falsi fratelli introdottisi abusivamente, i quali si erano insinuati per spiare la nostra libertà che abbiamo in Cristo Gesù, allo scopo di metterci in servitù. A costoro non cedemmo in sottomissione neppure per un momento, affinché la verità dell'evangelo dimorasse salda fra di voi” (Galati 2:1-5).

I contatti fra l'apostolo Paolo e la chiesa di Gerusalemme erano ben rari. Questo, però, non per malanimo o perché i due gruppi cristiani con la missione che svolgevano (quello di Paolo e quello di Pietro) fossero in competizione fra di loro. Vi era un reciproco riconoscimento e rispetto, confermato dalla visita che Paolo rende loro 14 anni dopo l'inizio del suo ministero evangelistico fra i pagani. Questa visita, che il Signore stesso, in rivelazione, lo spinge a fare, si era forse resa necessaria perché nessuno potesse avere anche solo il sospetto che l'Evangelo di Paolo fosse diverso da quello degli altri apostoli.

Il problema non era la dirigenza della chiesa di Gerusalemme, ma i falsi fratelli che si erano infiltrati nelle comunità cristiane costituite da Paolo fra i pagani, i quali, contestando il suo approccio (che essi consideravano “liberale”), insistevano che esse si conformassero alle leggi cerimoniali mosaiche. A Gerusalemme nessuno aveva costretto i cristiani d'origine pagana che avano accompagnato Paolo a farsi circoncidere, anzi, i cristiani della Giudea si erano compiaciuti della sua opera esortandolo solo a rammentarsi dei loro poveri con un loro fraterno e benevolo sostegno.

Ecco, allora, il punto sul quale Paolo non ha intenzione alcuna di fare compromessi o di cedere alle imposizioni legalistiche dei giudaizzanti. L'Evangelo di Cristo ci ha liberato definitivamente dalle leggi cerimoniali ebraiche. Esse non sono negative in sé stesse, ma erano una prefigurazione di ciò che sarebbe avvenuto in Cristo, e, come tali, non andavano più ripetute. Non è tollerabile alcun asservimento a pratiche religiose che avevano un senso solo prima dell'avvento di Cristo: liturgie e cerimoniali, sacrifici, “feste comandate”, circoncisione ecc. Allora esse preannunciavano in modo tangibile ciò che Gesù Cristo avrebbe realizzato alla Sua venuta. Egli è venuto ed ha compiuto ciò di cui quelle pratiche erano prefigurazione. Oggi non sono più necessarie, ne siamo liberi.

Si tratta dunque una questione di principio giustificata da un sano ragionamento teologico che i giudaizzanti sembravano non capire. Le leggi cerimoniali dell'Antico Testamento per i cristiani sono superate. Rimangono in vigore e sono inalterabili solo le leggi morali che riguardano l'etica, il retto comportamento dei cristiani., ma tutto il resto non può essere imposto. In un'altra lettera Paolo dice: “Quelle cose hanno, è vero, una parvenza di sapienza per quel tanto che è in esse di culto volontario, di umiltà e di austerità nel trattare il corpo, ma non hanno alcun valore; servono solo a soddisfare la carne” (Colossesi 2:23).

Ancora oggi vi sono correnti cristiane che vorrebbero assoggettare i credenti a diverse pratiche cerimoniali dell'Antico Testamento oppure persino ad altre pratiche tradizionali o persino inventate di sana pianta. Le uniche cerimonie che devono praticare i cristiani sono le ordinanze del Battesimo e della Cena del Signore. Nient'altro può essere imposto. Siamo liberi dal dover sottometterci a pratiche religiose di qualunque natura esse siano e tenuti a rispettare in modo responsabile solo la legge morale rivelata. Non cediamo alle imposizioni di alcuno. Non lasciamoci rendere schiavi da leggi e regolamenti senza ragionarci sopra per vedere se sottomettercene sia veramente giustificato.

Se pure tutto questo possa avere a che fare oggi con la giusta critica che può e deve essere rivolta alle pratiche di denominazioni come gli Avventisti o denominazioni e comunità che impongano di sottomettersi alle pratiche legalistiche sviluppate dalla loro tradizione, questo non ha a che fare con l'attuale rapporto fra "liberali" e "conservatori". Quei raggruppamenti cristiani che presumono di essere liberi dall'ortodossia biblica e che contestano le dottrine di base della fede cristiana, non possono essere tollerati come sue espressioni legittime. Non tutto quello che viene definito "cristiano", infatti, deve essere accettato acriticamente, né si può collaborare con coloro ciò che criticano o negano ciò che riteniamo fondamentale ed indiscutibile per la nostra fede. Chi allora imponeva la circoncisione anche ai cristiani doveva essere respinto senza riserve, così come deve essere respinto oggi chi nega che la Bibbia sia in quanto tale Parola di Dio e che vada rispettata ed ubbidita come unica regola della nostra fede e della nostra condotta.

Preghiera. Signore, Ti ringrazio della libertà che mi hai concesso in Cristo nell'ambito della tua Parola che la definisce e protegge. Che io la viva responsabilmente e con fierezza. Amen.