Predicazioni/Galati/Dire tutta la verità non conviene?
Dire tutta la verità non conviene?
Il pragmatismo oggi viene considerato saggezza. Si dice che l'importante sia il risultato che porti maggiori vantaggi sia a noi stessi che agli altri, che la verità vi sia "modo e modo per dirla" o che la verità stessa sia "relativa". Dirla può essere "non conveniente". Ecco allora che ci si adatta a dire "mezza verità" o a dire soltanto quello che al nostro uditorio piace sentire e conquistarcene così l'approvazione. Questo fanno spesso i politici, ma quando lo fanno i ministri di Cristo, la cosa è veramente riprovevole. "Piacere agli uomini" non era cosa si proponeva l'apostolo Paolo. Che cosa dice e perché lo dice? Vediamo.
“Infatti, cerco io ora di accattivarmi l'approvazione degli uomini o quella di Dio? Oppure cerco di piacere agli uomini? Infatti, se cercassi ancora di piacere agli uomini, non sarei servo di Cristo” (Galati 1:10).
Il predicatore della Parola di Dio, soprattutto quando è considerato “un dipendente” dell'organizzazione ecclesiastica che lo sostiene finanziariamente, può essere facilmente ricattabile. Egli, in qualche modo, deve compiacere le autorità da cui dipende o le persone che lo sostengono. Tende quindi ad evitare di dire ciò che potrebbe loro essere sgradito, ciò che, pur vero, potrebbero essere “cose scomode”. Spesso non può permettersi, dice, di “perdere il posto di lavoro” e quindi adatta e compromette il suo messaggio. Un esempio di questo potrebbe essere la contrapposizione fra i profeti di corte e il profeta Geremia. I primi dicevano solo cose gradite al sovrano da cui dipendevano e la Parola di Dio li considera falsi profeti. Geremia diceva verità scomode e sgradite e per questo era stato duramente perseguitato (Cfr. Geremia 26:8 "E avvenne che, come Geremia ebbe finito di pronunciare tutto ciò che l'Eterno gli aveva comandato di dire a tutto il popolo, i sacerdoti, i profeti e tutto il popolo lo presero, dicendo: «Tu devi morire!").
Può anche accadere che pur di conquistarsi l'approvazione della gente e l'accoglienza dell'Evangelo (e quindi comprovarsi un evangelista “di successo”), il predicatore semplifichi eccessivamente il messaggio ed eviti di dire tutta la verità, soprattutto eviti di dire ciò che potrebbe non essere gradito, oppure non evidenzi l'impegno, le difficoltà ed i sacrifici che implica l'essere cristiano. Gesù non teme di allontanare la gente da Sé dicendo “cose scandalose” o “pretendendo troppo” dai Suoi seguaci. Egli non cerca di tenere il giovane ricco fra i suoi seguaci cercando un compromesso. I suoi beni avrebbero pure fatto loro comodo (Cfr. Matteo 19:22). Gesù non alletta la gente con le benedizioni dell'essere cristiano senza prospettare, nel contempo, “la croce” dei sacrifici che implica il seguirlo. “Chi non porta la sua croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo” (Luca 14:27).
Lo stesso fa l'Apostolo Paolo, nel frammento della sua lettera che consideriamo oggi. Le parole dure che poco prima egli ha usato per condannare il falso vangelo proposto dai suoi avversari in Galazia, testimoniano come egli non predichi per compiacere la gente e per “tenersela buona”, ma come egli dica la verità così come sta, che piaccia loro oppure no, anche quella che potrebbe inimicarli ed allontanarli. Non cerca di conciliarli perché rimangano membri di chiesa e così “facciano numero”, numero di cui vantarsi quando si tratta di contare “i successi” dell'Evangelo. Perché? Perché egli serve solo ed esclusivamente la causa della verità, la causa di Cristo, qualunque ne siano le conseguenze, sicuro che la verità trionferà, ma nei suoi termini.
L'annuncio dell'Evangelo non è solo messaggio che promette grazia, salvezza e benedizioni. Esso implica anche la denuncia del peccato (cosa oggi impopolare), e l'appello al serio ravvedimento. Esso non parla solo di paradiso e di salvezza, ma anche di inferno e di perdizione per chi non si affida a Cristo, che la cosa piaccia oppure non piaccia, che sia popolare o meno, “compatibile” che sia con “la mentalità moderna” oppure no. Egli annuncia cose vere, immutabili ed oggettivamente rivelate per la sola gloria di Dio.
L'annuncio dell'Evangelo può implicare, così, che la maggior parte dei suoi uditori lo respinga. “Ah, ma poi abbiamo le chiese semivuote... poi non abbiamo abbastanza contributi per pagarci le spese... poi rimaniamo solo in pochi!”. Che sia! Certamente accetteranno il messaggio coloro che sono destinati ad accoglierlo, pochi o tanti che siano! “Ah, ma la predestinazione non è un concetto conveniente oggi per il successo della chiesa... questo offenderebbe la gente!”. No, non c'è giustificazione che tenga: dobbiamo annunciare la verità, tutta la verità e nient'altro che la verità! “Ah, ma c'è modo e modo per farlo”. No, c'è solo il modo che ci è stato prescritto nel Nuovo Testamento e che vi vediamo esemplificato.
Noi non cerchiamo il favore degli uomini, ma il favore di Dio. Noi non cerchiamo di piacere agli uomini, ma di piacere a Cristo, il quale solo noi serviamo. Sono forse questi “metodi poco producenti”? Certo, non rispondono alle moderne tecniche per “guadagnarsi il mercato”. Certo, magari altri ci supereranno in successo con “un messaggio più gradito”. Il mondo, magari, riderà di noi, “perché non siamo abbastanza furbi”. Che importa? Lasciamo che rida. Ride bene chi ride ultimo!
Preghiera. Signore Iddio, voglio compiacere Te ed avere in Tuo favore in tutto ciò che faccio. Voglio proclamare la verità che Tu hai rivelato con fedeltà, senza compromessi, sicuro che trionferà. Aiutami, te ne prego. Nel nome di Cristo. Amen.