Predicazioni/1Pietro/Siamo come stranieri e pellegrini: in che senso?

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Siamo come stranieri e pellegrini: in che senso?

“Il tempo che dobbiamo passare in questo mondo” è definito dall’apostolo Pietro come “un pellegrinaggio”; di più, come “un vivere da stranieri”. Così pure spesso viene inteso tradizionalmente da quei cristiani che guardano al Cielo come “la nostra vera patria”. È corretto tutto questo? È questo ciò che intendeva l’apostolo Pietro? Assolutamente no: questa non è una prospettiva biblica autentica ma uno spiritualismo alienante d’origine estranea che comporta conseguenze negative. Oggi vedremo come esaminando i testi di 1 Pietro 1:13-17 e 2:11-12.

Il pellegrinaggio

In letteratura la nostra vita è stata spesso paragonata ad un viaggio. La partenza è la nostra nascita. Gli avvenimenti e le esperienze che si susseguono nel corso del tempo le tappe di quel viaggio. La morte è l’arrivo, la nostra destinazione finale. Essa è il termine, il capolinea, della nostra vita oppure, a seconda delle persuasioni, il passaggio a diverse dimensioni dell’esistenza. Nell’ambito della fede cristiana, il tempo che dobbiamo passare in questo mondo è chiamato più tipicamente “pellegrinaggio” [1]. Così lo considera l’apostolo Pietro nella sua prima epistola facendo uso del termine παροικία (paroichìa - da cui pure deriva il termine italiano “parrocchia”[2] da lui usato è tradotto con “pellegrinaggio” o “peregrinazione” (Diodati) nella maggior parte delle nostre versioni della Bibbia. Questo termine greco esprime l’idea di muoversi in una residenza temporanea o il soggiorno all’estero dell’emigrante.

La metafora del pellegrinaggio si riferisce ad un’antica pratica, popolare nel Medioevo, ma sempre di meno oggi nella nostra epoca irreligiosa - che lo ha ridotto al massimo a “turismo religioso”. In un pellegrinaggio, una persona, o un gruppo di persone, partiva soprattutto a piedi, per recarsi ad un luogo, tipicamente un santuario, in cui si credeva si manifestasse in modo particolare la presenza di Dio o “del sacro”, e che quindi lì, in quel luogo, rispondesse “più facilmente”, magari con un miracolo. Ci si recava o come espressione di un voto, o per implorare la guarigione oppure il perdono dei propri peccati. Il viaggio poteva durare molto tempo. Importante, nel pellegrinaggio, non era solo la destinazione finale, ma anche le esperienze che si facevano durante quel viaggio stesso, esperienze che pure si intendevano formative, didattiche. Erano percorsi costellati di cappelle o ospizi fatti apposta per i pellegrini e che attraversavano l’intera Europa. Arrivavano fino a Roma (questi pellegrini venivano chiamati romei [3]), a Gerusalemme oppure fino a Santiago de Compostela verso la costa atlantica - quest’ultimo rivalutato oggi, per motivi diversi, persino da non credenti.

Per quanto antica sia la metafora del “tempo che dobbiamo passare in questo mondo” come di un pellegrinaggio, essa si è spesso dimostrata un concetto fuorviante rispetto al messaggio biblico sul senso della vita e della vocazione cristiana. Non a caso la Riforma protestante ha giustamente criticato sia la pratica che l’immagine stessa del pellegrinaggio considerandolo sostanzialmente deresponsabilizzante. Questo può sembrare sorprendente per molti che sono stati tanto condizionati da quest’idea da non vedervi il problema che sottende - la questione è sottile, controintuitiva [4], ma reale e significativa.

Il testo biblico

Esaminiamo due testi biblici che fanno riferimento, in traduzione, a pellegrinaggio e a pellegrini. Si trovano nella prima lettera dell’apostolo Pietro. Ascoltiamoli.

13Perciò, avendo cinti i fianchi della vostra mente e stando sobri, abbiate piena speranza nella grazia che vi sarà recata nella rivelazione di Gesù Cristo; 14come figli ubbidienti, non conformatevi alle concupiscenze del tempo passato quando eravate nell'ignoranza, 15ma, come colui che vi ha chiamati è santo, anche voi siate santi in tutta la vostra condotta, 16poiché sta scritto: “Siate santi, perché io sono santo”. 17E se invocate come Padre colui che senza riguardi personali giudica secondo l'opera di ciascuno, comportatevi con timore durante il tempo del vostro pellegrinaggio (1 Pietro 1:13-17).
11Carissimi, io vi esorto come stranieri e pellegrini ad astenervi dalle carnali concupiscenze, che guerreggiano contro l'anima, 12avendo una buona condotta fra i Gentili, affinché laddove sparlano di voi come di malfattori, essi, per le vostre buone opere che avranno osservate, glorifichino Dio nel giorno che egli li visiterà” (1 Pietro 2:11-12).

Un sostanziale equivoco

In che senso noi siamo “stranieri e pellegrini” in questo mondo? L’interpretazione tradizionale è che il termine "pellegrinaggio" descriverebbe la vita dei cristiani come un viaggio temporaneo sulla terra, vissuto in attesa della piena comunione con Dio. La metafora del pellegrinaggio sottolineerebbe, così, la natura temporanea e provvisoria della vita terrena, orientando i credenti verso la loro “vera patria” celeste. Questo, però, è un concetto d’origine platonica - non biblico, cristiano. Il platonismo considerava il mondo delle idee “più reale” di quello terreno, che era visto come una manifestazione imperfetta di quelle idee. Secondo Platone, le idee (o forme) rappresentano l'essenza immutabile e perfetta della realtà, mentre il mondo materiale è soggetto a cambiamenti, imperfezioni e decadimento. Una possibile implicazione di questo è la deresponsabilizzazione e la relativizzazione dell’impegno in questo mondo, quella di chi tipicamente dice: “Perché dovrei occuparci più di quel tanto di una residenza temporanea? Penso piuttosto alle ‘cose del cielo’!”. Se a questo aggiungiamo pure la discutibile idea che questo mondo sarà comunque distrutto [5], si vede come si sposti così l’attenzione dal terreno al celeste, dal reale all’ideale, dal materiale allo spirituale. Questo è incoerente con il messaggio biblico.

Estranei ad uno stile di vita

Essere “stranieri e pellegrini” in questo mondo non è di fatto da intendersi in senso fisico, come se il nostro paese d’origine e la nostra destinazione fosse altrove e qui fossimo solo “ospiti temporanei”. Non è da intendersi nel senso che la nostra patria sia “il cielo” (o “un altro pianeta” come persino dicono alcuni) alla quale un giorno ritorneremo...

L’essere umano è stato creato “dalla polvere della terra” per vivere su questa terra come fedele amministratore di Dio. Che cosa dice la Genesi? “Poi Dio disse: “Facciamo l'uomo a nostra immagine e a nostra somiglianza, e abbia dominio sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutta la terra e su tutti i rettili che strisciano sulla terra ... L'Eterno Iddio prese dunque l'uomo e lo pose nel giardino di Eden perché lo lavorasse e lo custodisse” (Genesi 1:25; 2:15). L’Eden è “il paradiso terrestre”, l’ambiente per il quale era stato creato.

Con la Caduta nel peccato, la società umana, volendo essere Dio e legge a sé stessa, attraverso stili di vita distruttivi per sé stessa e l’ambiente in cui vive, ha prodotto fatali scompensi tanto da corrompere la sua vita in un’esistenza che diventa così futile e vana: “La creazione è stata sottoposta alla vanità, non di sua propria volontà, ma a motivo di colui che ve l'ha sottoposta” (Romani 8:20). Questa situazione causa ripetuti interventi purificatori da parte di Dio. Di questi il Diluvio “universale” è rappresentativo. Rammentate? “Ora la terra era corrotta davanti a Dio; la terra era piena di violenza. Dio guardò la terra; ed ecco, era corrotta, poiché ogni carne aveva corrotto la sua via sulla terra. E Dio disse a Noè: ‘Nei miei decreti, la fine di ogni essere vivente è giunta; poiché la terra è piena di violenza a causa degli uomini; ecco, io li distruggerò, insieme con la terra’” (Genesi 6:11-13).

La terra, però, non viene distrutta interamente. Dio, nella Sua grazia, accorda prima con l’altrettanto rappresentativo Noè e la sua famiglia, un nuovo inizio, una rinnovata creazione. La formazione di un popolo che Gli sia fedele mette le basi per l’insorgere di “un nuovo Adamo” il Cristo. Un popolo fedele a Dio, in comunione con il Cristo, ricostituisce, ricrea l’umanità com’era stata intesa fin dall’inizio. La stessa natura creata “ ... aspetta con impazienza la manifestazione dei figli di Dio, perché la creazione è stata sottoposta alla vanità, non di sua propria volontà, ma a motivo di colui che ve l'ha sottoposta, non senza speranza però che la creazione stessa sarà anch'essa liberata dalla servitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio” (Romani 8:19-21). Questa umanità rinnovata in Cristo non viene trasportata altrove, magari “in cielo”, ma resta sulla terra per prendersene cura vivendo secondo la volontà rivelata di Dio.

Estranei all’umanità decaduta

Ecco così che in Cristo, Dio si crea un popolo. Come dice Giacomo: “Egli ci ha di sua volontà generati mediante la parola di verità, affinché siamo in certo modo le primizie delle sue creature” (Giacomo 1:18), perché: “Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate: ecco, sono diventate nuove” (2 Corinzi 5:17).

Il popolo di Dio è indubbiamente “estraneo” e “straniero” a questo mondo decaduto e vaga per questo mondo come dei “pellegrini”, ma è il titolare unico dell’eredità di Dio, non del cielo ma della terra. Essi sono i mansueti di cui parla Gesù: “Beati i mansueti, perché erediteranno la terra” (Matteo 5:5). Come scrive Pietro, questa eredità è “conservata nei cieli”, ma indubbiamente “scenderà sulla terra” come la Nuova Gerusalemme. Essi hanno: “... una speranza viva in vista di una eredità incorruttibile, immacolata e inalterabile, conservata nei cieli per voi, che siete custoditi dalla potenza di Dio, mediante la fede, per la salvezza che sta per essere rivelata negli ultimi tempi” (1 Pietro 1:4-5).

Noi, popolo di Dio in Cristo, siamo “estranei” non tanto alla terra in cui abitiamo, ma estranei all’attuale sistema iniquo che lo gestisce. Non siamo estranei a questo mondo perché esso a Dio appartiene. Il mondo nel quale abitiamo è il mondo di Dio, quello che Egli rivendica come Suo. Esso tornerà ad essere completamente il Suo Regno, il Regno di Dio, quando i dominatori di questo mondo (in seguito ad usurpazione di potere) saranno del tutto eliminati perché questo mondo verrà ripulito, rinnovato, risanato. In quanto figli di Dio noi abbiamo pienamente titolo a questo mondo, ne siamo legittimi cittadini e, con Lui, lo rivendichiamo come nostro. Chi ce ne vuole espellere come estranei è solo l’usurpatore. Ad esso “fa comodo” che ce ne considerassimo “residenti temporanei” e ce ne volessimo andare! “Che se ne vadino pure”, direbbe, “noi li ‘incoraggiamo’ ad andarsene!”.

Essere “stranieri e pellegrini” è così da intendersi in senso spirituale e morale. Lo siamo perché non intendiamo fare parte di questo sistema iniquo, né servirlo, né conformarci ad esso. L’apostolo Paolo così esorta i cristiani: “... non comportatevi più come si comportano i pagani nella vanità dei loro pensieri, con l'intelligenza ottenebrata, estranei alla vita di Dio, a motivo dell'ignoranza che è in loro, a motivo dell'indurimento del loro cuore. Essi, avendo perduto ogni sentimento, si sono abbandonati alla dissolutezza fino a commettere ogni sorta d'impurità con insaziabile avidità” (Efesini 4:17-19). L’apostolo non esorta i cristiani “ad andarsene”, ma ad adottare qui ed ora uno stile di vita diverso, conforme alla volontà di Dio, lottando per la sua certa affermazione.

È vero che il tempo della nostra vita terrena è molto limitato e che dovremo lasciare presto o tardi questo mondo ma lo lasceremo solo in vista della risurrezione, allorché con Cristo ritorneremo rinnovati “con tutti i suoi santi”: “... per confermare i vostri cuori, affinché siano irreprensibili in santità davanti a Dio nostro Padre, quando il nostro Signore Gesù verrà con tutti i suoi santi” (1 Tessalonicesi 3:13). Non “abiteremo in cielo per sempre”, infatti: “... se abbiamo costanza nella prova, con lui altresì regneremo” (2 Timoteo 2:12). Dove? In questo mondo rinnovato.

Non più estranei e pellegrini

Non siamo destinati ad essere per sempre estranei e pellegrini! Noi non siamo "estranei" a Dio, a Cristo e allo Spirito Santo con il quale per grazia siamo stati riconciliati. Non siamo più come tutti gli altri, prima che Dio ci chiamasse ad appartenergli. Allora eravamo “estranei” all’Israele spirituale, al popolo degli eletti di Dio, dei Suoi santi, il popolo legato a Dio con un patto : “... in quel tempo eravate senza Cristo, esclusi dalla cittadinanza d'Israele ed estranei ai patti della promessa, non avendo speranza ed essendo senza Dio nel mondo” (Efesini 2:12). Noi oggi siamo in questo mondo: “... come pietre viventi, siamo edificati qual casa spirituale, per essere un sacerdozio santo per offrire sacrifici spirituali, graditi a Dio per mezzo di Gesù Cristo” (1 Pietro 2:5).

Ben si addice, perciò, che moralmente e spiritualmente ci separiamo dall’andazzo di questo mondo e non ci conformiamo ad esso. La Parola di Dio ci esorta: “Non partecipate alle opere infruttuose delle tenebre, anzi piuttosto denunciatele” (Efesini 5:11). Dio “... ci insegna a rinunciare all'empietà e alle mondane concupiscenze, per vivere in questo mondo temperatamente, giustamente e piamente” (Tito 2:12).

Pellegrini di un mondo rinnovato

I pellegrini nel Medioevo avevano alcuni segni che li contraddistinguevano: il bastone (detto bordone), la schiavina (soprabito lungo e ruvido) la bisaccia in pelle per il denaro e il cibo (detta escarsela con termine provenzale), la pazienza (ossia un cordone in vita simile a quello dei frati), e i segni del santuario verso il quale si era diretti o dal quale si tornava, ben in vista sul copricapo o sul Sanrocchino (un mantello di tela cerata ispirato come forma a quello nell'iconografia di san Rocco). Oggi il nostro “abito” è Cristo e la sua giustizia; il nostro cibo è Cristo e la Sua pienezza; il nostro bastone è quello di Cristo e delle Sue promesse; la guida di cui godiamo è il Suo Spirito benedetto; il luogo verso il quale siamo diretti non è “altrove” o “lassù” chissà dove in cielo... “Ma, secondo la sua promessa, noi aspettiamo nuovi cieli e nuova terra, nei quali abiti la giustizia” (2 Pietro 3:13). Questa giustizia la cominciamo a vivere e diffondere! “Perciò, carissimi, aspettando queste cose, fate di tutto per essere trovati, agli occhi suoi, immacolati e irreprensibili nella pace” (2 Pietro 3:14).

Essere pellegrini, lo metto a poscritto vuol dire “muoverci”, cercare prima il Regno di Dio. Com’é stato detto: “Il pellegrinaggio è un simbolo della vita, ci fa pensare che la vita è camminare, è un cammino. Se una persona non cammina e rimane ferma, non serve, non fa nulla.[...] Un’anima che non cammina nella vita facendo il bene, facendo tante cose che si debbono fare per la società, per l’aiuto agli altri e anche che non cammina per la vita cercando Dio e che lo Spirito Santo ti muove da dentro, è un’anima che finisce nella mediocrità e nella miseria spirituale. Per favore: non fermatevi nella vita!" [6].

Paolo Castellina, 18 Maggio 2024

Note

[1] https://it.wikipedia.org/wiki/Pellegrinaggio

[2] https://www.tempodiriforma.it/mw/index.php?title=Teopedia/Parrocchia

[3] https://it.wikipedia.org/wiki/Romei_(pellegrini)

[4] Controintuitivo - detto di fatto, concetto e simile contrario o comunque diverso da come ci si aspetterebbe che sia a intuito, e che perciò risulta (almeno inizialmente) difficile da accettare o comunque da comprendere.

[5] Vedasi “Fuoco purificatore, non fuoco distruttore” di Martin G. Selbrede, che discute fra l’altro 2 Pietro 3:6-13 sull’errata traduzione “La terra e le opere che sono in essa saranno arse”, in https://www.tempodiriforma.it/mw/index.php?title=Speciale:UrlRedirector/9 come pure: L'influenza platonica sull'escatologia, di Michael J. Vlach in: https://www.tempodiriforma.it/mw/index.php?title=Speciale:UrlRedirector/A

[6] Audio-messaggio di Papa Bergoglio ai partecipanti al 37.mo Pellegrinaggio a piedi Macerata – Loreto, 08/06/2015.