Predicazioni/1Corinzi/Aveva ragione l’apostolo Paolo sulle donne
Aveva ragione l’apostolo Paolo sulle donne?
In 1 Corinzi 14:34 l’apostolo Paolo scrive: “Tacciano le [vostre] donne nelle chiese, perché non è loro permesso di parlare, ma devono essere sottomesse, come dice anche la legge”.
Si tratta di una vexata questio, una questione ampiamente discussa, usata ed abusata. Questo testo contiene di fatto numerosi importanti problemi interpretativi.
In primo luogo, a quale “legge” l’apostolo fa riferimento? Non esiste alcuna legge nella Torah (la legge mosaica) che impedisca alle donne di parlare in riunioni pubbliche! In quanto ebreo estremamente colto nella fede ebraica, egli l’avrebbe dovuto certamente sapere. Di fatto esisteva a quel tempo una legge che proibiva alle donne di parlare, votare ed esercitare autorità sugli uomini che avevano un ufficio pubblico. Non era però una legge ebraica, ma una legge romana! Queste parole, così, suonano molto più credibili se si riferiscono ad una legge non ebraica.
In secondo luogo, in diverse occasioni e per tutti i suoi viaggi e lettere, l’apostolo Paolo sostiene il ministero delle donne (Romani 16:3-4; 1 Corinzi 16:19; cfr. Atti 16:11-40; 18:26). E’ la centralità dello Shemà Israel - l’unicità del Dio d’Israele - che informava Paolo quando scriveva che le assemblee che seguono Cristo non debbano avere alcuna tolleranza per la segregazione e la discriminazione: “Non c'è né Giudeo né Greco, non c'è né schiavo né libero, non c'è né maschio né femmina, perché tutti siete uno in Cristo Gesù” (Galati 3:28). In 1 Corinzi 11:5 egli scrive che la testa di una donna debba essere coperta mentre parla in lingue o profetizzi (predichi la Parola di Dio) in una riunione pubblica. Non mette in questione che una donna possa parlare od insegnare nell’assemblea pubblica, ma che sia fatto in maniera socialmente accettabile, che sia giusto di fronte a Dio, gli angeli ed il popolo di Corinto nel rispetto delle convenzioni sociali di quel tempo, cioè senza dare indebito scandalo. Ogni qualvolta leggiamo le lettere paoline dobbiamo rammentarci che 1 Corinzi non segna l’inizio di questa corrispondenza con Corinto. Di fatto, Paolo aveva scritto almeno un’altra lettera precedente ai cristiani di Corinto che non ci è pervenuta (vedasi 1 Corinzi 5:9), e gli anziani di quella comunità pure gli avevano scritto in precedenza (vedasi 1 Corinzi 7:1). Una possibile lettura del versetto in questione suppone che 1 Corinzi 14:34-35 sia di fatto una citazione che gli anziani (maschi) della comunità di Corinto avevano rivolto a Paolo. Molto probabilmente avevano cercato di riportare l’ordine nella comunità allorché alcune donne che parlavano in lingue e profetizzavano, abusavano di questa facoltà diventando un serio problema di disturbo nel culto comunitario. Paolo, però, non è d’accordo. Se consideriamo questo testo come una citazione, la sfida di 1 Corinzi 14:34 che Paolo rivolge ai conduttori della comunità diventa perfettamente sensata: “È la parola di Dio proceduta da voi o è essa pervenuta a voi soli?” ...maschi? Paolo, così, istruisce i conduttori della comunità (maschi) a non proibire alle donne di esprimersi! Li incoraggia pure a profetizzare, proprio come le donne della comunità già facevano: “Perciò, fratelli miei, cercate ardentemente il profetizzare e non impedite di parlare in lingue. Ma ogni cosa sia fatta con decoro e con ordine” (1 Corinzi 39:40). Paolo, così, non intende qui escludere metà della comunità dall’esercizio dei doni dello Spirito, ma voleva assicurarsi che tutto si svolgesse in modo ordinato, rispettoso e appropriato. Aveva ragione, allora, Paolo sulle donne? Certamente! Erano gli anziani della comunità di Corinto ad esagerare il caso e che non avevano ragione!