Liturgie/Note preliminari
Note preliminari sul culto comunitario
Il culto viene inteso dalle chiese evangeliche riformate come l’incontro di Dio - da Lui voluto - con il popolo dei credenti. In tal senso il culto e il luogo particolare della presenza del Signore: mediante esso la chiesa diventa consapevole di essere il “popolo di Dio”, il “corpo di Cristo”, il “tempio dello Spirito santo”.
Con il culto la chiesa manifesta la presenza, la Parola, l’azione del Signore e rende visibile la sua incarnazione: “il SIGNORE è nel suo tempio santo” (Ab. 2:20).
Il culto e detto anche “servizio divino”, perché esso nella sua origine e nella sua essenza e un “atto di Dio”: è infatti il Signore che convoca la sua chiesa, che la raccoglie intorno alla sua Parola e intorno alla mensa della Santa Cena, che la vivifica con la sua grazia e la nutre con il cibo che non perisce. Inoltre il culto e “servizio divino” anche perché in esso la chiesa adora, loda, prega, gioisce nella presenza del suo Signore e a Lui offre la propria consacrazione in risposta alla sua chiamata.
La liturgia. In quanto servizio divino comunitario il culto e “liturgia“, “servizio“ costituito da una successione di momenti che preparano a ricevere l’Evangelo e che fanno rivivere alla comunità il dono della salvezza eterna in Gesù Cristo. Così la “ liturgia “ e la preghiera, la lode, l’adorazione, la supplica pubblica della chiesa; essa e la voce della comunità alla quale i “pastori“ e gli “officianti” prestano in parte la loro voce individuale. E’ con la liturgia che la comunità cristiana si libera dai limiti della personalità e della individualità dei suoi conduttori spirituali, che manifesta l’unità del servizio cultuale del corpo di Cristo. La liturgia e segno e manifestazione della “ comunione dei credenti “.
Il sermone. Mentre con la “liturgia” o “servizio divino” la comunità si rivolge a Dio per lodarlo e onorarlo, la predicazione e la spiegazione della parola di Dio sono destinate alla istruzione e alla esortazione dei partecipanti al culto. Il sermone e quindi parte del culto, ma non ne è elemento indispensabile per quanto esso sia importante.
L’essenza del culto e “liturgia“, offerta a Dio del “servizio comunitario“ nell’adorazione e nella lode, mediante la preghiera parlata o cantata e mediante la comunione.
Gli officianti del culto. L’officiante principale del culto e, normalmente, il “pastore“, il quale guida nella preghiera e celebra la santa cena. Altri officianti particolari sono, nella tradizione della Riforma, i “lettori” - incaricati delle letture bibliche, il “predicatore“ (che nelle piccole comunità e di regola il “pastore“), i “collettori“ delle offerte, i “diaconi” - che aiutano nella celebrazione della santa cena, i “coristi“ che sostengono e completano il canto della comunità.
La pluralità degli “officianti“, dove è possibile, serve a manifestare la pienezza della vita fraterna e comunitaria della chiesa di Gesù Cristo.
Essendo il culto una “ liturgia comunitaria“ sarebbe auspicabile che le comunità partecipassero maggiormente alle preghiere liturgiche, mediante l’amen “ finale, con la recitazione del Padre nostro e del Credo, con il canto spontaneo di inni liturgici e con la recitazione alternata di salmi.
Alcuni elementi del culto
- L’introito, o introduzione del culto, consiste nell’invocazione dell’aiuto e della guida di Dio in risposta alla parola di grazia del saluto apostolico con il quale il Signore si rivolge, mediante il celebrante, alla comunità da Lui convocata.
- La confessione o umiliazione e il momento in cui la comunità, nel cospetto di Dio e di fronte alla sua santa legge, si umilia, riconosce e confessa il proprio peccato invocando il perdono divino.
- Gli inni liturgici sono quelli che si collegano strettamente ai vari momenti del culto: “Signore, abbi pietà“ (Kyrie) e “Agnello di Dio“ (Agnus Dei) dopo la confessione, “Gloria al Padre“ (Gloria Patri) o una dossologia dopo l’annunzio del perdono, “Santo, santo, santo“ (Sanctus) nella celebrazione della santa cena, l’inno di benedizione alla fine del culto.
- Le letture bibliche prima dall’Antico Testamento e poi dal Nuovo Testamento (Epistole e Vangeli), sono di regola fatte seguendo un lezionario che tiene conto dei vari periodi dell’anno ecclesiastico.
- La preghiera centrale, dopo le letture bibliche, si articola normalmente in tre diversi momenti: adorazione e lode, supplica, intercessione. E’ accentuando questi tre momenti che possono essere favorite sia l’elevazione a Dio, sia la presa di coscienza interiore, sia lo spirito di solidarietà nell’attività intercedente. La preghiera centrale può naturalmente essere sostituita da una preghiera spontanea, anche se questa può trovare il suo posto sia dopo il sermone che prima del Padre nostro.
- L’ offerta, quando è raccolta dai collettori dopo l’inno che segue la predica, sottolinea con maggiore chiarezza che si tratta di un atto di culto esprimente la volontà di consacrazione della comunità in risposta alla predicazione dell’Evangelo. Essa deve comunque essere intesa in tal senso anche quando, dove circostanze o tradizioni locali lo esigono, viene fatta all’uscita del tempio.
- Gli annunzi, di solito, precedono la raccolta delle offerte e la preghiera finale seguita dal Padre nostro.
- Il Padre nostro o preghiera domenicale, essendo per sua natura una preghiera comunitaria alla quale il Signore ha dato un ritmo favorevole alla recitazione collettiva, è l’occasione per la comunità di elevare insieme la voce a Dio (At. 4:24).
- L’amen che segue la benedizione finale, come del resto quello pronunziato alla fine delle preghiere, significa in verità: con esso la comunità si associa a ciò che e stato detto, lo riconosce come valido e si impegna a osservarlo. L‘ amen” finale viene cantato dalla comunità.