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Per quale motivo gli evangelici non celebrano la Santa Cena durante ogni culto, ma solo ogni tanto?
Fra le denominazioni evangeliche non esiste uniformità per quanto riguarda la celebrazione della Cena del Signore. Le “Assemblee dei Fratelli” la celebrano tutte le domeniche, così pure la maggior parte delle chiese luterane. Fra la maggior parte delle chiese prevale, però, l’uso di celebrarla una volta al mese. Le chiese riformate “storiche”, come quella in cui io servo, la celebrano quattro o cinque volte l’anno. I nostri regolamenti interni dicono che la S. Cena debba essere celebrata “almeno” quattro volte l’anno (Natale, Pasqua, Pentecoste, Festa del Raccolto). Oltre a questo, la cosa viene lasciata alla decisione di ogni comunità locale, non esistono regole ferree.
Se si prende come punto di riferimento l’eucaristica cattolica-romana, però, bisogna notare come la S. Cena, come pure il Battesimo (i nostri due unici sacramenti) per le chiese evangeliche non sia affatto la stessa cosa. Per la maggior parte delle chiese evangeliche, essa rimane un simbolo, un simbolo molto significativo, ma privo delle implicazioni mistiche e quasi magiche che caratterizzano ciò che crede il Cattolicesimo. Essa proclama visivamente il sacrificio espiatorio di Cristo sulla croce, rafforza e conferma la fede, ma non ha “un potere” ad essa inerente, indipendentemente dalla Parola predicata e dalla fede di chi vi partecipa.
L’uso delle chiese riformate di celebrare la Cena del Signore quattro o cinque volte l’anno è invalso soprattutto per l’influenza del riformatore zurighese Ulderico Zwingli.
Zwingli non era favorevole ad una celebrazione frequente della Cena del Signore. Preparandone la liturgia in lingua tedesca, nel 1525, egli raccomandava che questo sacramento fosse celebrato quattro volte l’anno (a Pasqua, Pentecoste, in autunno ed a Natale). Sebbene quattro volte l’anno era più frequente di quanto avveniva nella chiesa medievale, in cui i fedeli ricevevano il pane solo una volta l’anno, Zwingli, limitandolo a solo quattro volte l’anno, rimaneva l’unico fra i riformatori ad assumere questa posizione. La ragione per cui Zwingli prende questa posizione non è facile da comprendere. Forse sentiva che tale uso fosse già un grande progresso, rispetto all’uso medievale, ma, più significativamente, la cosa risponde esattamente ai principi di fondo della sua riforma. A Zurigo tutte le cerimonie ed i rituali erano stati ridotti al minimo e nella forma più austera ed essenziale. Era stato abolito persino il canto e la musica per dare priorità assoluta alla predicazione! E’ noto come Zwingli ritenesse, ad un certo punto della sua riflessione, che la Cena del Signore neppure fosse un mezzo della grazia. Forse questo spiega perché non la ritenesse essenziale al culto settimanale. Bisogna però notare come, più tardi, Zwingli modificasse la sua posizione radicale concordandola meglio con Calvino e Bucero, cioè che si trattasse di un mezzo della grazia in cui Cristo si offre al credente.
Alcuni studiosi rilevano come la differenza fra Zwingli da una parte e Calvino e Lutero dall’altra, sia dovuta al fatto che questi ultimi ragionavano secondo i canoni della Scolastica, mentre Zwingli era un umanista e, di conseguenza, più razionalista nella sua prospettiva, meno mistico e più soggettivo ed analitico. Un’altra possibile ragione per cui Zwingli assume la sua posizione sulla frequenza della Cena del Signore, potrebbe pure essere il suo disaccordo con Lutero al riguardo della presenza di Cristo negli elementi. Ad un certo punto Lutero sembra favorire una celebrazione quotidiana. Questo pareva ai riformati troppo sacramentalista e ritualista, tipicamente cattolico-romano, e quindi Zwingli dice: “No, non ogni giorno, ma quattro volte l’anno” .
Zwingli, così, sebbene sia solo ad assumere questa posizione radicale, si ritrova però a riscuotere l’approvazione della maggior parte del Protestantesimo. Esso ritiene, infatti, che, dato che la Cena del Signore è un mezzo per approfondire e rafforzare la fede, la sua eccessiva frequenza porta psicologicamente all’abitudine, alla troppa familiarità, alla banalizzazione, e quindi ad indebolire la fede. Personalmente, la celebrazione della Santa Cena a cui ho assistito nelle Assemblee dei Fratelli mi sembra sia percepito più come un rito, un “si deve fare”, che qualcosa di pregnante e spirituale, e persino un gesto “casuale” e meccanico. Di fatto la troppa familiarità diminuisce il significato del sacramento, rafforza il ritualismo e fa si che la predicazione della Parola diventi subordinata all’azione sacramentale. La celebrazione non frequente di fatto protegge la santità e la valenza del sacramento. La minore frequenza della celebrazione della S. Cena si è così radicata nelle chiese evangeliche che introdurla ogni domenica diventa quasi inconcepibile.
Il dibattito, però, rimane aperto e le ragioni bibliche della frequenza settimanale sembrano molto forti.