Letteratura/Sovranitadidio/13-4

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Indice generale

La sovranità di Dio, di A. W. Pink

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Appendice IV - 1 Giovanni 2:2

Vi è un testo biblico che sembra stare incontrovertibilmente dalla parte di coloro che credono alla salvezza universale, e che, a prima vista, sembra insegnare che Cristo morì per l'intero genere umano. Abbiamo così deciso di presentarne una dettagliato esame ed un'esposizione: "Egli è il sacrificio propiziatorio per i nostri peccati, e non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo" (1 Gv. 2:2).

Questo è il brano che, pare favorire maggiormente la concezione arminiana della redenzione. Se, però, si considera attentamente questo testo, si vedrà come lo faccia solo apparentemente, e non nella realtà. Presentiamo qui sotto un certo numero di prove conclusive che mostrano come questo versetto non insegna che Cristo ha operato una propiziazione in favore di tutti i peccati del mondo.

In primo luogo, questo versetto non va isolato, ma collegato con quanto lo precede. Difatti, in greco, inizia con la congiunzione "e". Una traduzione letterale, parola per parola, di 1 Giovanni 2:1, lo renderebbe in questo modo: "Figlioletti miei, queste cose scrivo a voi, affinché non pecchiate. Se qualcuno, però, dovesse peccare, un Paraclito abbiamo presso il Padre: Gesù Cristo il giusto". Si vede così come qui l'apostolo Giovanni stia scrivendo ai santi di Dio ed a loro riguardo. Suo scopo immediato è duplice: in primo luogo comunicare il messaggio che Dio preserva i figli di Dio dal peccare; in secondo luogo, fornire conforto e certezza a coloro che potrebbero peccare e, di conseguenza, abbattersi e temere che la cosa si provi per loro fatale. Egli, quindi, rende loro noto ciò che per loro Dio ha provveduto in tali circostanze d'emergenza. Troviamo questo alla fine del versetto uno per tutto il versetto due. La base su cui si fonda questo conforto è duplice: il credente depresso e pentito (1 Gv. 1:9) abbia la certezza che, primo, egli ha "un avvocato presso il Padre", e, secondo, che quest'avvocato è "la propiziazione dei nostri peccati". Ora, solo dei credenti potrebbero trarre conforto da tutto questo, perché solo loro hanno "un Avvocato", solo per loro il Cristo è la propiziazione, com'è provato dal fatto che Propiziazione sia collegata con "l'Avvocato"!

In secondo luogo, se altri brani del Nuovo Testamento che parlano di "propiziazione" sono confrontati con 1 Giovanni 2:2, si troverà come essa si applichi in modo limitato. Per esempio, in Romani 3:25 leggiamo: "Dio lo ha prestabilito (Cristo) come sacrificio propiziatorio mediante la fede nel suo sangue, per dimostrare la sua giustizia, avendo usato tolleranza verso i peccati commessi in passato". Cristo è propiziazione "mediante la fede", e quindi Egli non è propiziazione per coloro che non hanno questa fede! Ancora troviamo in Ebrei 2:17 "Perciò, egli doveva diventare simile ai suoi fratelli in ogni cosa, per essere un misericordioso e fedele sommo sacerdote nelle cose che riguardano Dio, per compiere l'espiazione dei peccati del popolo".

In terzo luogo, di chi si parla quando Giovanni dice: "Egli è la propiziazione per i nostri peccati"? Rispondiamo: per i credenti d'origine israelita. Vorremmo che il lettore facesse particolare attenzione su parte della prova sulla quale basiamo la nostra affermazione. In  Galati 2:9 è scritto che Giovanni, insieme a Giacomo ed a Cefa, erano stati destinati ad essere apostoli: "ai circoncisi" (cioè degli israeliti). Coerentemente con questo, l'epistola di Giacomo è indirizzata "alle dodici tribù che sono disperse nel mondo" (Gm. 1:1). Allo stesso modo l'epistola di Pietro è rivolta "agli eletti che vivono come forestieri dispersi nel Ponto" (1 Pi. 1:1), cioè alla diaspora israelita. Pure Giovanni scrive ad Israeliti salvati, ma per Giudei salvati e Gentili salvati.

Alcune delle prove che Giovanni stia scrivendo ad Israeliti salvati, sono le seguenti:

a. Nel versetto di apertura Egli dice di Cristo: "…quel che abbiamo udito, quel che abbiamo visto con i nostri occhi, quel che abbiamo contemplato e che le nostre mani hanno toccato della parola della vita" (1 Gv. 1:1). Sarebbe stato impossibile per l'apostolo Paolo iniziare una qualsiasi delle sue epistole ai Gentili con simili espressioni!

b.  "Carissimi, non vi scrivo un comandamento nuovo, ma un comandamento vecchio che avevate fin da principio: il comandamento vecchio è la parola che avete udita" (1 Gv. 2:7). Il "principio" a cui qui si riferisce, è la manifestazione pubblica di Cristo. A comprova di questo, si confronti con 1:1; 2:13 ecc. Ora, questi credenti - ci dice l'Apostolo - avevano "il comandamento vecchio" fin da principio. Questo poteva essere vero per credenti israeliti, non per credenti gentili.

c. "Padri, vi scrivo perché avete conosciuto colui che è fin dal principio" (1 Gv. 2:13). Qui, ancora,  è evidente come ci si riferisca a credenti israeliti.

d. "Ragazzi, è l'ultima ora. Come avete udito, l'anticristo deve venire, e di fatto già ora sono sorti molti anticristi. Da ciò conosciamo che è l'ultima ora. Sono usciti di mezzo a noi, ma non erano dei nostri; perché se fossero stati dei nostri, sarebbero rimasti con noi; ma ciò è avvenuto perché fosse manifesto che non tutti sono dei nostri" (1 Gv. 2:18,19). Questi credenti a cui scrive Giovanni avevano "udito" da Cristo stesso che l'Anticristo sarebbe venuto (vedi Matteo 24). Quei "molti anticristi", dei quali Giovanni dichiara essere usciti di mezzo a noi, erano tutti giudei, perché durante il primo secolo nessun altri che un Israelita si era presentato come Messia. Quando allora Giovanni dice: "Egli è la propiziazione poer i nostri peccati", egli può solo intendere per i peccati dei credenti israeliti<ref>E' vero che molte cose nell'epistola di Giovanni, si applicano ugualmente a Giudei credenti e a Gentili credenti. Cristo è l'Avvocato tanto degli uni quanto degli altri. Lo stesso si può dire di molte cose nell'epistola di Giacomo, che pure è cattolica, o generale, sebbene rivolta espressamente alle dodici tribù della diaspora.</ref>.

In quarto luogo, quando Giovanni aggiunge: "e non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo", egli intende dire che Cristo è la propiziazione pure per i peccati dei credenti gentili, quelli, cioè, provenienti dal mondo pagano, perché, come rilevato in precedenza, il termine "il mondo" è messo in contrasto con Israele.

Quest'interpretazione è stabilita in modo inequivocabile confrontando attentamente 1 Giovanni 2:2 con Giovanni 11:51, 52, brano strettamente parallelo: "Or egli non disse questo di suo; ma, siccome era sommo sacerdote in quell'anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione; e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire in uno i figli di Dio dispersi". Qui, Caiafa, ispirato da Dio, rende noto per chi sarebbe "morto" Gesù. Notate ora quanto corrispondente sia la sua profezia con queste dichiarazioni:

"Egli è il sacrificio propiziatorio per i nostri peccati, e non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo" (1 Gv. 2:2) "Or egli non disse questo di suo; ma, siccome era sommo sacerdote in quell'anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione; e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire in uno i figli di Dio dispersi”.

In quinto luogo, l'interpretazione di cui sopra, è confermata dal fatto che nessun'altra è coerente o intelligibile. Se "tutto il mondo" significa l'intera razza umana, allora, la prima affermazione e il "non soltanto" nella seconda, è assolutamente priva di significato. Se Cristo fosse la propiziazione per tutti, sarebbe un'oziosa tautologia dire, prima "Egli è la propiziazione per i nostri peccati ed anche per tutti". Non vi potrebbe essere alcun "ma anche" se Egli è la propiziazione per l'intera famiglia umana. Se l'apostolo avesse voluto affermare che Cristo è una propiziazione universale, avrebbe semplicemente omesso la prima affermazione del versetto 2 e lasciato semplicemente "Egli è la propiziazione per i peccati del mondo intero. A conferma di "Egli è il sacrificio propiziatorio per i nostri peccati, e non soltanto per i nostri (credenti d'origine israelita), ma anche per quelli di tutto il mondo (credenti d'origine pagana)" (1 Gv. 2:2), si confronti Giovanni 10:16; 17:20.

In senso luogo, la nostra definizione di "tutto il mondo" è in perfetto accordo con altri brani del Nuovo Testamento. Per esempio: "…a causa della speranza che vi è riservata nei cieli, della quale avete già sentito parlare mediante la predicazione della verità del vangelo. Esso è in mezzo a voi, e nel mondo intero, porta frutto e cresce, come avviene anche tra di voi, dal giorno che ascoltaste e conosceste la grazia di Dio in verità" (Cl. 1:5,6). Forse che quel "mondo intero" significa, in modo assoluto e non qualificato, tutta l'umanità? No. Il significato ovvio, inteso dall'apostolo è che l'Evangelo, invece che essere confinato alla terra di Giudea, è uscito dai suoi confini e, senza alcuna restrizione, ha raggiunto le terre dei Gentili. Allo stesso modo, in Romani 1:8 "Prima di tutto rendo grazie al mio Dio per mezzo di Gesù Cristo riguardo a tutti voi, perché la vostra fede è divulgata in tutto il mondo". L'Apostolo, qui, si riferisce alla fede di questi santi romani di cui si parla come lodevole esempio da imitare. Certamente di essa non ne parlava l'intero mondo! Era l'intero mondo dei cristiani a cui egli si riferiva! In Apocalisse 12:9 leggiamo: "Il gran dragone, il serpente antico, che è chiamato diavolo e Satana, il seduttore di tutto il mondo, fu gettato giù; fu gettato sulla terra, e con lui furono gettati anche i suoi angeli". Quest'espressione, ancora, non può essere intesa in modo universale, perché Matteo 24:24 ci dice che Satana non può "ingannare" gli eletti di Dio, e di fatto, non lo fa. Qui "l'intero mondo" è il mondo degli increduli.

In settimo luogo, insistere che "per quelli di tutto il mondo" in 1 Gv. 2:2, significa l'intera razza umana, significa minare le basi stesse della nostra fede. Se Cristo fosse la propiziazione sia per quelli che sono perduti, tanto per quelli che sono salvati, allora come potremmo essere certi che anche i credenti non siano perduti? Se Cristo è la propiziazione per coloro che ora si trovano all'inferno, che garanzia avremmo che voi e io non finiremmo all'inferno? Lo spargimento di sangue del Figlio incarnato di Dio è la sola cosa che può tener fuori chiunque dall'inferno, e se molti per i quali quel prezioso sangue ha fatto propiziazione, si trovano ora nella temibile dimora dei dannati, allora quel sangue si potrebbe comprovare inefficace anche per me! Lungi da noi un tale pensiero disonorevole per Dio! Per quanto si possa addurre sofismi e torcere le Scritture, una cosa è certa: la redenzione non è stata un fallimento! Dio non permetterà che quel prezioso e costoso sacrificio fallisca nel realizzare, completamente, ciò per il quale era stato finalizzato. Neanche una goccia di quel sangue santo è stata versata invano. Nell'ultimo gran Giorno, ci troveremo di fronte non ad un Salvatore disilluso e sconfitto, ma Uno che "…dopo il tormento dell'anima sua vedrà la luce, e sarà soddisfatto" (Is. 53:11). Queste non sono parole nostre, ma l'affermazione infallibile di Colui che dichiara: "Il mio piano sussisterà, e metterò a effetto tutta la mia volontà" (Is. 46:10).

I nostri piedi poggiano saldamente su questa roccia che niente e nessuno potrà mai scuotere. Che gli altri si appoggino pure sulle sabbie delle speculazioni umane e sulle teorizzazioni del ventesimo secolo. E' affare loro. A Dio, però, renderanno pure conto, un giorno. Da parte nostra preferiamo di gran lunga essere accusati d'avere la mente ristretta, di essere antiquati, oppure iper-calvinisti, che essere trovati a ripudiare la verità di Dio riducendo la redenzione, divinamente efficace, ad una semplice fantasia.

Note

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