Letteratura/Sovranitadidio/01

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Indice generale

La sovranità di Dio, di A. W. Pink

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1. Definizione della sovranità di Dio

"A te, SIGNORE, la grandezza, la potenza, la gloria, lo splendore, la maestà, poiché tutto quello che sta in cielo e sulla terra è tuo! A te, SIGNORE, il regno; a te, che t'innalzi come sovrano al di sopra di tutte le cose!" (1 Cr. 29:11).

L’espressione "sovranità di Dio" una volta era generalmente compresa. Era una frase che veniva usata comunemente nella letteratura religiosa. Era un tema che veniva esposto frequentemente dai pulpiti. Era una verità che portava conforto a molti cuori, che dava virilità e stabilità al carattere cristiano. Oggi, però, in molti ambienti, fare menzione della sovranità di Dio, significa parlare una lingua sconosciuta. Se dovessimo annunciare da un pulpito di una chiesa comune che l’argomento del discorso sarà la sovranità di Dio, sarebbe come se avessimo preso in prestito una frase da una lingua morta. Che tristezza che debba essere così! Che tristezza vedere proprio quella dottrina che è la chiave della storia, l’interprete della Provvidenza, il tessuto stesso della Scrittura, il fondamento della teologia cristiana, così trascurata e così poco compresa!

La sovranità di Dio: che cosa intendiamo con quest’espressione? Intendiamo la supremazia di Dio, la regalità di Dio, la deità di Dio. Dire che Dio è sovrano significa dichiarare che Dio è Dio. Dire che Dio è sovrano significa dichiarare che Egli è l’Altissimo, che "egli agisce come vuole con l'esercito del cielo e con gli abitanti della terra; e non c'è nessuno che possa fermare la sua mano o dirgli: «Che fai?»" (Da. 4:35). Dire che Dio è sovrano significa dichiarare che Egli è l’Onnipotente, il detentore unico d’ogni potere in cielo e sulla terra, che nessuno potrebbe mai combatterlo e vincerlo, frustrare i Suoi propositi, o resistere alla Sua volontà ("Il nostro Dio è nei cieli; egli fa tutto ciò che gli piace" Sl. 115:3). Dire che Dio è sovrano significa dichiarare che Egli "domina sulle nazioni" (Sl. 22:28), che è Lui a far sorgere e a abbattere imperi, Lui a determinare il corso di intere dinastie, come Gli pare meglio. Dire che Dio è sovrano significa dichiarare che Egli è il "beato e unico sovrano, il Re dei re e Signore dei signori" (1 Ti. 6:15). Questo è il Dio della Bibbia. Quant’è diverso il Dio della Bibbia dal Dio della cristianità moderna! Il concetto di Deità che prevale oggi ampiamente anche fra coloro che affermano di dare retta alle Sacre Scritture, non è che una miserabile caricatura, un travestimento blasfemo della Verità. Il Dio del XX secolo è un essere impotente ed effeminato che non suscita rispetto alcuno da un uomo che solo pensi. Il Dio che va per la maggiore oggi nei pulpiti è oggetto di commiserazione, più che di timore e rispetto<ref>Alcuni anni or sono, un predicatore evangelico (?) di reputazione nazionale, visitò la città dove noi abitavamo, e durante il suo discorso, continuava a ripetere: </ref>.

Dire che Dio il Padre si sia proposto la salvezza di tutta l’umanità, che Dio il Figlio sia morto con l’espressa intenzione di salvare l’intero genere umano, e che Dio lo Spirito Santo stia oggi cercando di conquistare il mondo a Cristo, proprio quando è evidente persino all’osservatore casuale, che la grande maggioranza dei nostri simili muoia di fatto nei loro peccati e che stia passando in un’eternità priva di speranza, significa dire che Dio il Padre sia deluso, che Dio il Figlio sia insoddisfatto, e che Dio lo Spirito Santo sia stato sconfitto. Abbiamo qui espresso arditamente il concetto, ma non vi potrebbe essere altra conclusione. Sostenere che Dio stia "facendo del Suo meglio" per salvare tutta l’umanità, ma che la vasta maggioranza degli uomini non Gli permette di salvarli, significa insistere che la volontà del Creatore sia impotente, e che la volontà della creatura sia onnipotente. Rendere di questo responsabile il Diavolo, come fanno molti, non risolve affatto il problema, perché se Satana potesse frustrare i propositi di Dio, allora Satana sarebbe onnipotente e Dio non più l’Essere superiore.

Dichiarare che i piani originali del Creatore siano stati frustrati dal peccato, significa detronizzare Dio. Suggerire che Dio nell’Eden sia stato colto di sorpresa e che ora Egli stia cercando di rimediare a questa imprevista calamità, significa degradare l’Altissimo al livello di un mortale finito ed errante. Sostenere che l’uomo sia un libero agente morale e l’unico a determinare il proprio destino, e che quindi abbia la possibilità di mettere in scacco il suo Creatore, significa spogliare Dio dell’attributo dell’onnipotenza. Dire che la creatura sia sfuggita di mano al suo Fattore, e che ora Dio non sia altro che uno Spettatore impotente di fronte al peccato ed alla sofferenza implicati nella caduta d’Adamo, significa ripudiare le esplicite dichiarazioni della Scrittura che dicono: "Anche il furore degli uomini ritornerà a tua lode; ti cingerai degli ultimi avanzi dei loro furori" (Sl. 76:10). In breve, negare la sovranità di Dio significa incamminarsi su un sentiero che, se percorso sino alla fine, conduce solo all’ateismo puro e semplice.

La sovranità del Dio delle Scritture, però, è assoluta, irresistibile, infinita. Quando diciamo che Dio è sovrano, noi affermiamo il Suo diritto di governare l’universo, che ha creato per la Sua propria gloria, proprio come Egli ritenga più opportuno di fare. Noi affermiamo che il Suo diritto è il diritto del Vasaio sull’argilla, vale a dire il fatto che Egli possa modellarla in qualunque forma a Lui piaccia. "Il vasaio non è forse padrone dell'argilla per trarre dalla stessa pasta un vaso per uso nobile e un altro per uso ignobile?" (Ro. 9:21). Noi affermiamo che Egli non è soggetto a legge alcuna che stia fuori dalla Sua propria volontà e natura, che Egli sia legge a Sé stesso, e che non abbia obbligo alcuno di rendere conto del suo operato a chicchessia.

La sovranità caratterizza l’intero Essere di Dio. Egli è sovrano in tutti i Suoi attributi. Egli è sovrano nell’esercizio del Suo potere. Il Suo potere lo esercita come vuole, quando vuole, dove vuole. Questo fatto è evidente in ogni pagina della Scrittura. Per un certo tempo il Suo potere potrà apparire dormiente, ma poi Egli lo manifesta con forza irresistibile. Il Faraone aveva osato impedire ad Israele di andare a rendere culto a Dio nel deserto – e che cos’è successo poi? Dio esercita il Suo potere, il Suo popolo viene liberato e i suoi crudeli padroni distrutti. Un po’ più tardi gli Amalechiti osano attaccare questi stessi israeliti nel deserto, e che succede? Dio manifesta il Suo potere in quest’occasione come aveva fatto al Mar Rosso? Forse che questi nemici del Suo popolo sono prontamente abbattuti e distrutti? No, al contrario, il Signore giura: "Una mano s'è alzata contro il trono del SIGNORE, perciò il SIGNORE farà guerra ad Amalec di generazione in generazione" (Es. 17:16). Ancora, quando Israele entra nella terra di Canaan, la potenza di Dio si manifesta in tutta la sua forza. La città di Gerico sbarra la sua avanzata – e che succede? Israele non tira una sola freccia o colpo: il Signore tende il Suo braccio e le mura di Gerico cadono irrimediabilmente a terra. Il miracolo, però, non si ripete più? Nessun altra città cade in questa maniera. Ogni altra città sarebbe stata conquistata con la spada! Potrebbero essere addotti molti altri casi per illustrare il sovrano esercizio della potenza di Dio. Si prenda un altro esempio. Di manifesta il Suo potere e Davide viene liberato da Golia, il gigante; vengono chiuse le bocche dei leoni e Daniele ne sfugge senza nemmeno un graffio; tre ragazzi ebrei sono gettati in una fornace ardente e ne escono senza neanche l’odore del fumo. La potenza di Dio, però non si interpone sempre nella salvezza del Suo popolo, perché leggiamo: "altri furono messi alla prova con scherni, frustate, anche catene e prigionia. Furono lapidati, segati, uccisi di spada; andarono attorno coperti di pelli di pecora e di capra; bisognosi, afflitti, maltrattati" (Eb. 11:36,37).

Perché accade questo? Perché questi uomini non sono stati liberati come gli altri? Oppure, perché ad altri non è stato permesso di essere uccisi come questi? Perché non si interpone il potere di Dio e salva alcuni e non altri? Perché permette a Stefano di essere lapidato a morte, e poi fa liberare Pietro dalla prigione?

Dio è sovrano nel delegare il Suo potere ad altri. Perché Dio dota Matusalemme di una vitalità tale tanto da sopravvivere a tutti i suoi contemporanei? Perché Dio impartisce a Sansone una tale forza fisica da non trovare pari fra alcun essere umano. È scritto: "Ricòrdati del SIGNORE tuo Dio, poiché 'egli ti dà la'forza per procurarti ricchezze, per confermare, come fa oggi, il patto che giurò ai tuoi padri" (De. 8:18). Dio, però, non impartisce questo potere a tutti indistintamente. Perché ha dato un tale potere a Morgan, Carnegie, Rockefeller? La risposta a tutte queste domande è: "Perché Dio è sovrano e, essendo sovrano, Egli fa quello che più gli piace".

Dio è sovrano nell’esercizio della Sua misericordia. È così per necessità, perché la misericordia è diretta dalla volontà di Dio nel manifestare misericordia. La misericordia non è un diritto a cui gli uomini abbiano titolo. La misericordia è quell’adorabile attributo di Dio per la quale Egli ha pietà del miserabile e lo risolleva. Sotto il giusto governo di Dio, però, nessuno è miserabile senza meritare d’esserlo.Oggetto della misericordia, quindi, sono coloro che sono miserabili e che non lo meritano, e tutta la miseria è il risultato del peccato: per questo i miserabili che meritano misericordia è una contraddizione in termini. Dio manifesta la Sua misericordia a chi vuole e la trattiene ogni qual volta Gli sembra.

Una notevole illustrazione di questo fatto la si rileva nel modo in cui Dio risponde alle preghiere di due uomini offerte in circostanze molto simili. A Mosè viene comminata una sentenza di morte per un solo atto di disubbidienza, e Lui invoca Dio per ottenere grazia. Il suo desiderio, però, viene soddisfatto? No, Egli dice ad Israele: "Ma il SIGNORE si adirò contro di me per causa vostra, e non mi esaudì. Il SIGNORE mi disse: «Basta così; non parlarmi più di questo" (De. 3:26). Notate ora il secondo caso: "In quel tempo Ezechia si ammalò di una malattia che doveva condurlo alla morte. Il profeta Isaia, figlio di Amots, andò da lui, e gli disse: «Così parla il SIGNORE: Dà i tuoi ordini alla tua casa; perché tu morirai; non guarirai». Allora Ezechia voltò la faccia verso il muro e pregò il SIGNORE, dicendo: «SIGNORE ricòrdati, ti prego, che ho camminato davanti a te con fedeltà e con cuore integro, e che ho fatto ciò che è bene ai tuoi occhi». Ezechia scoppiò in un gran pianto. Isaia non era ancora giunto al centro della città, quando la parola del SIGNORE gli fu rivolta in questi termini: «Torna indietro, e di' a Ezechia, principe del mio popolo: "Così parla il SIGNORE, Dio di Davide tuo padre: Ho udito la tua preghiera, ho visto le tue lacrime; ecco, io ti guarisco; fra tre giorni salirai alla casa del SIGNORE. Aggiungerò alla tua vita quindici anni, libererò te e questa città dalle mani del re di Assiria, e proteggerò questa città per amor di me stesso, e per amor di Davide mio servo"»" (2 Re 20:1-6). Entrambi questi uomini avevano ricevuto una sentenza di morte, entrambi avevano pregato il Signore con insistenza per ottenere la grazia. Uno dice: "Il Signore non mi ha esaudito" e muore. All’altro dice: "Ho esaudito la tua preghiera" e la sua vita viene risparmiata. Che illustrazione ed esemplificazione della verità espressa in Romani 9:15: "Io avrò misericordia di chi avrò misericordia e avrò compassione di chi avrò compassione".

La sovranità della misericordia di Dio – pietà verso il miserabile – è stata manifestata quando Jahweh divenne carne ed abitò fra di noi. Si prenda una sola illustrazione. Durante una delle feste dei Giudei, il Signore Gesù sale a Gerusalemme. Arriva alla vasca di Betesda, dove giaceva "un gran numero d'infermi, di ciechi, di zoppi, di paralitici". Fra questo gran numero vi era "un uomo che da trentotto anni era infermo". Che avviene poi? "Gesù, vedutolo che giaceva e sapendo che già da lungo tempo stava così, gli disse: «Vuoi guarire?». L'infermo gli rispose: «Signore, io non ho nessuno che, quando l'acqua è mossa, mi metta nella vasca, e mentre ci vengo io, un altro vi scende prima di me». Gesù gli disse: «Àlzati, prendi il tuo lettuccio, e cammina». In quell'istante quell'uomo fu guarito; e, preso il suo lettuccio, si mise a camminare" (Gv. 5:3-9).

Per quale motivo è stato guarito quest’uomo e non altri? Non ci viene detto che Egli abbia gridato: "Signore, abbi misericordia di me". Nel racconto non c’è una sola parola che suggerisca che quest’uomo avesse una qualche qualifica che gli desse titolo a ricevere un favore speciale. Ecco un caso dell’esercizio sovrano della misericordia divina, perché Cristo avrebbe altrettanto facilmente potuto guarire quel "gran numero" d’infermi. Non l’ha fatto, però. Egli manifesta la Sua potenza e solleva la miseria di questo particolare povero infelice, e, per qualche ragione conosciuta solo a Lui, Egli declina di fare lo stesso per altri quel giorno. Ancora, diciamo: che illustrazione ed esempio di Romani 9:15: "Io avrò misericordia di chi avrò misericordia e avrò compassione di chi avrò compassione".

Dio è sovrano nell’esercizio del Suo amore. Questo è davvero duro da recepire: chi potrebbe sostenerlo? Eppure: "L'uomo non può ricever nulla se non gli è dato dal cielo" (Gv. 3:27). Quando diciamo che Dio è sovrano nell’esercizio del Suo amore, noi intendiamo dire che Egli ama chi desidera di amare<ref>Giovanni 3:16 sarà esaminato nell'appendice III.</ref>. Dio non ama chiunque. Se lo facesse, Egli amerebbe il Diavolo. Perché Dio non asma il Diavolo? Perché in lui non c’è nulla d’amabile, nulla che possa attrarre il cuore di Dio. Nemmeno non vi è nulla d’amabile nei figli decaduti di Adamo, perché tutti loro sono "figli d’ira" per natura (Ef. 2:3). Se dunque non v’è alcunché nella razza umana che possa attrarre l’amore di Dio e, ciononostante, Egli ama alcuni di loro, allora ne consegue necessariamente che la causa di quell’amore debba risiedere in Sé stesso, il che è un modo per dire che l’esercizio dell’amore di Dio verso i figli decaduti degli uomini sia secondo il Suo beneplacito<ref>Siamo consapevoli del fatto che siano stati gli uomini ad inventare la distinzione fra l'amore di Dio in quanto compiacimento e l'amore di Dio in quanto compassione. Si tratta, però, di un'invenzione pura e semplice. La Scrittura chiama quest'ultimo pietà (vedi Mt. 18:33), e </ref>.

In ultima analisi, l’esercizio dell’amore di Dio deve essere ricollegato alla Sua sovranità, altrimenti Egli amerebbe secondo una qualche legge. Se fosse così, allora Egli sarebbe sottoposto ad una "legge d’amore". Non sarebbe però supremo, ma Egli stesso sottoposto a delle leggi. "Non vorresti, però," mi si può contestare, "negare che Dio ama l’intera famiglia umana?". Rispondo com’è scritto: "Ho amato Giacobbe e ho odiato Esaù" (Ro. 9:13). Se Dio ha amato Giacobbe ed odiato Esaù, e questo prima ancora che fossero nati ed avessero fatto alcunché di bene o di male, allora la ragione del Suo amore non stava in loro, ma in Sé stesso.

Che l’esercizio del Suo amore sia secondo il Suo beneplacito è pure chiaro da Efesini 1:3-5 in cui leggiamo: "Benedetto sia il Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo, che ci ha benedetti di ogni benedizione spirituale nei luoghi celesti in Cristo. 'In lui ci ha eletti prima della creazione'del mondo perché fossimo santi e irreprensibili dinanzi a lui, 'avendoci predestinati nel suo amore'a essere adottati per mezzo di Gesù Cristo come suoi figli, 'secondo il disegno benevolo della sua volontà'".

È stato "nel Suo amore" che Dio Padre ha predestinato i Suoi eletti in Cristo per Sé stesso, "secondo…" secondo che cosa? Secondo qualche tratto eccellente che Egli ha scoperto in loro? No. Secondo che cosa, allora? Secondo quanto Egli aveva previsto che sarebbero diventati? No. Considerate attentamente la risposta ispirata: "Secondo il disegno benevolo della Sua volontà".

Dio è sovrano nell’esercizio della Sua grazia. Questo è inevitabile, perché per grazia si concede il favore a chi non se lo merita, anzi, per chi merita solo l’inferno. Grazia è l’antitesi di giustizia. La giustizia esige che la legge sia fatta rispettare in modo imparziale, niente di meno, niente di più. La giustizia non accorda favore alcuno e non fa distinzione fra le persone. La giustizia, come tale, non mostra alcuna pietà e non conosce misericordia. Dopo che però la giustizia è stata pienamente soddisfatta, la grazia può fluire indisturbata. La grazia di Dio non può essere esercitata indipendentemente dalla giustizia, ma "la grazia regni mediante la giustizia" (Ro. 5:21). La grazia è stata definita il favore immeritato di Dio, e se la grazia "regna", allora la grazia è sovrana<ref>Un amico che ha riletto questo libro nella sua forma manoscritta, e verso il quale sono in debito per avermi dato numerosi eccellenti suggerimenti, ha rilevato come per </ref>.

La grazia è stata definita come il favore immeritato di Dio, e se non è meritato, allora nessuno può pretenderla come proprio diritto inalienabile. Se la grazia non la si merita né la si guadagna, nessuno ha titolo ha riceverla. Se la grazia è un dono, allora nessuno può richiederla. Quindi, dato che la salvezza è per grazia, il dono gratuito di Dio, allora Egli la conferisce a chi vuole. Proprio perché la salvezza è per grazia, persino il maggiore fra i peccatori non è fuori della sua portata. Proprio perché la salvezza è per grazia, vantarsene è escluso, e Dio ne riceve tutto il merito e tutta la gloria.

Il sovrano esercizio della grazia viene illustrato in quasi ogni pagina della Scrittura. Le genti vengono lasciate camminare per la propria strada, mentre Israele diventa il popolo del patto di Jahweh. Ismaele, il primogenito, viene respinto quasi privo di benedizioni, mentre Isacco, il figlio dell’anzianità dei suoi genitori, è reso erede della promessa. Esaù, il figlio generoso, dal cuore tenero e pronto al perdono si vede negare le benedizioni, nonostante le persegua attentamente e con lacrime, mentre quel "verme" di Giacobbe riceve l’eredità e viene reso un vaso onorevole. Lo stesso avviene nel Nuovo Testamento. La verità divina viene nascosta ai saggi ed agli intelligenti, ma rivelata ai piccoli. I Farisei ed i Sadducei sono lasciati andare per la propria strada, mentre i pubblicani e le prostitute vengono attratti con corde d’amore. È notevole come la grazia di Dio si eserciti al tempo della nascita del Salvatore. L’incarnazione del Figlio di Dio era uno degli avvenimenti più grandi della storia dell’universo, eppure la data del suo avvento non è stata fatta conoscere all’umanità. Al contrario, era stata rivelata in modo particolare ai pastori di Betlemme ed ai Mafgi d’Oriente. Questo, inoltre, era profetico ed indicativo per l’intero corso di questa dispensazione, perché anche oggi Cristo non è fatto conoscere a tutti. Sarebbe stato facile se Dio avesse inviato una compagnia di angeli ad ogni nazione per annunciarvi la nascita di suo Figlio. Egli, però, non l’ha fatto. Dio avrebbe potuto facilmente attrarre l’attenzione di tutta l’umanità alla "stella", ma non l’ha fatto. Perché? Perché Dio è sovrano, e dispensa i Suoi favori come Gli aggrada. Notate in particolare due classi di persone alle quali annuncia la nascita del Salvatore, cioè quelle più improbabili - pastori illetterati e pagani di un paese straniero. Nessun angelo aveva preso posto di fronte al Sinedrio per annunciarvi la nascita del Messia di Israele! Nessuna "stella" è apparsa agli scribi ed ai Farisei del tempo, con tutta la loro arroganza e presunzione, mentre investigano le Scritture! Essi fanno diligenti ricerche per vedere dove il Messia sarebbe nato, eppure questo non viene loro rivelato quando accade. Che grande manifestazione della sovranità divina – pastori illetterati scelti per un singolare onore, e i colti e gli eruditi snobbati! Perché poi la nascita del Salvatore è stata annunziata a questi stranieri, e non a coloro nel mezzo della cui nazione sarebbe nato? Vedete in questo la meravigliosa prefigurazione di come Iddio avrebbe trattato con la razza umana attraverso l’intera dispensazione cristiana – in modo sovrano nell’esercizio della Sua grazia concedendo i Suoi favori a coloro che si era compiaciuto di farlo, e spesso nel modo più improbabile ed indegno<ref>C'è stato fatto notare, che la sovranità di Dio sia stata segnatamente manifestata nella Sua scelta del posto dove Suo Figlio era nato. Non in Grecia o in Italia, venne il Re della gloria, ma nell'insignificante terra di Palestina! Non a Gerusalemme - la città reale - era nato l'Emmanuele, ma a Betlemme, che era </ref>.

Note