Letteratura/Istituzione/4-02

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Indice generale

Istituzioni della religione cristiana (Calvino)

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CAPITOLO 2

CONFRONTO TRA LA FALSA E LA VERA CHIESA

1. È stato illustrato precedentemente quale importanza debba avere fra noi il ministero della parola di Dio e dei sacramenti, e di quanto onore debbano essere circondati in quanto segno e prova della Chiesa, al punto che ovunque esso permanga nella sua integrità, nessun vizio nel campo dei costumi può impedire che quivi sia la Chiesa. In secondo luogo è stato dimostrato che anche qualora si riscontri, nella dottrina o nei sacramenti, qualche piccolo errore questi non perdono la loro efficacia, ma si debbono anzi perdonare e tollerare tali errori nella misura in cui non intaccano il principio fondamentale della nostra religione e non contraddicono gli articoli di fede cui deve sottostare ogni credente. Per quanto concerne i sacramenti si possono tollerare errori che non cancellano o sovvertono l'istituzione del Signore.

Qualora avvenga invece che l'errore si faccia strada sì da distruggere i punti fondamentali della dottrina cristiana e dei sacramenti, talché l'uso ne sia corrotto, la rovina della Chiesa segue così come accadrebbe nella vita di un uomo qualora gli si tagliasse la gola o lo si colpisse al cuore. Lo dimostra san Paolo, affermando che la Chiesa è fondata sulla dottrina dei profeti e degli apostoli, essendo Gesù Cristo la pietra angolare (Ef. 2.20).

Se il fondamento della Chiesa è rappresentato dalla dottrina degli apostoli e dei profeti, che insegna ai credenti a porre la loro salvezza in Gesù Cristo soltanto, come potrà l'edificio stare in piedi quando si elimini questa dottrina? È inevitabile dunque che la Chiesa cada quando sia sovvertita la dottrina che la sostiene. Se la Chiesa è colonna e base della verità (1 Ti. 3.15) non v'è dubbio che essa risulti assente ove regnano falsità e menzogna.

2. Essendosi questo verificato in tutto il papismo, è facile dedurre quale Chiesa vi sussista. Il ministero della Parola, sostituito da un governo perverso e farcito di menzogne, che spegne e soffoca la pura luce della dottrina. La santa Cena di nostro Signore, sostituita da un esecrabile sacrilegio. Il servizio di Dio, interamente deturpato da forme di varia superstizione. Sepolto o respinto quell'insegnamento senza cui la cristianità non può sussistere. Le assemblee pubbliche ridotte a scuole di idolatria e di empietà.

Non dobbiamo dunque temere, rifiutando di partecipare a questi sacrilegi, di rompere i legami con la Chiesa di Dio. La comunione con la Chiesa non è stata istituita per diventare un vincolo che ci leghi all'idolatria, all'empietà, all'ignoranza di Dio e ad altre infedeltà, ma piuttosto per mantenerci nei timor di Dio e nell'obbedienza alla sua verità.

So bene quanto gli adulatori del Papa magnificano la loro Chiesa per far credere che non ve ne sia altra al mondo. E subito concludono, quasi avessero già vinta la loro causa, che tutti coloro che si sottraggono alla sua obbedienza sono scismatici, tutti coloro che osano aprir bocca per contestare la sua dottrina sono eretici. Con quali argomenti provano costoro di essere la vera Chiesa? Si appellano alla storia antica, riferendosi alle situazioni un tempo esistenti in Italia, Spagna, Gallia e rivendicano la loro discendenza da quei santi personaggi che, in queste nazioni, sono stati fondatori delle Chiese ed hanno sopportato lotte e morte per mantenere le loro dottrine. Sostengono che per questo la Chiesa, stabilita fra loro in virtù sia dei doni spirituali di Dio che del sangue dei santi martiri, è stata conservata per successione perpetua dei vescovi in modo da non scadere. Citano l'alta considerazione in cui questa successione è stata tenuta da Ireneo, Tertulliano, Origene, sant'Agostino e gli altri antichi dottori.

Sono tuttavia in grado di dimostrare, a chiunque voglia prestare ascolto, quanto siano frivoli e privi di fondamento tali riferimenti. Vorrei altresì esortare coloro che ne fanno uso a prestare attenzione ai miei argomenti, se pensassi poter recare loro un qualche aiuto. Ma poiché essi non hanno alcun riguardo per la verità e cercano solo di mantenere il loro utile privato mi rivolgerò essenzialmente agli uomini onesti e desiderosi di conoscere la verità e mostrerò loro come possano districarsi in tutti questi cavilli.

Domando in primo luogo ai nostri avversari perché non fanno riferimento alla situazione dell'Africa, dell'Egitto, dell'Asia. Semplicemente perché è stata quivi interrotta quella successione episcopale, in base alla quale pretendono che la Chiesa sia stata conservata fra loro. Si ribadisce così la tesi che essi hanno la vera Chiesa, in quanto non è mai stata senza vescovi sin dall'inizio, e visto che si sono susseguiti gli uni agli altri ininterrottamente.

Che risponderanno se, per parte mia, mi riferisco alla Grecia? In base a quale considerazione, domando, si può affermare che in Grecia la Chiesa è morta, proprio là dove quella successione, che secondo la loro fantasia è l'unico mezzo per conservare la Chiesa, non è mai stata interrotta? Considerano i Greci scismatici; per quale motivo? In quanto, replicano, hanno perso i loro privilegi ribellandosi alla santa Sede apostolica di Roma. E che? Non meriterebbero forse, a più forte ragione, di perderli coloro che si ribellano a Cristo? Da questo deriva che la garanzia fornita dalla loro successione risulta vana quando la verità di Cristo non venga mantenuta, nella sua interezza, così come si è ricevuta dai padri.

3. Si dà così il caso che i difensori della Chiesa romana si valgano oggi degli stessi argomenti cui ricorrevano gli Ebrei nel rispondere ai profeti di Dio, quando questi li redarguivano per la loro cecità, empietà, idolatria. Come quelli si vantavano di possedere il Tempio, le cerimonie, il sacerdozio, realtà in cui ritenevano dovesse ravvisarsi la Chiesa, questi, al posto della Chiesa, ci presentano una esteriorità che spesso si può riscontrare anche dove non vi sia Chiesa, e senza la quale la Chiesa può esistere benissimo. Non è perciò necessario ricorrere, per abbattere costoro, ad altro argomento che a quello adoperato da Geremia per distruggere la vana fiducia degli Ebrei invitandoli a non gloriarsi con parole menzognere dicendo: È il tempio del Signore, è il tempio del Signore, è il tempio del Signore! (Gr. 7.4). Dio infatti non riconosce quale tempio un luogo dove la sua Parola non sia udita od onorata. Perciò, quantunque anticamente la gloria di Dio risiedesse nel Tempio fra i cherubini (Ez. 10.4) ed egli avesse promesso di stabilire quivi la sua sede in perpetuo, quando i sacerdoti ebbero corrotto il suo culto con superstizioni si allontanò e lasciò il luogo privo di gloria. Se quel tempio che sembrava essere destinato a perpetua dimora di Dio è stato invece da lui abbandonato e reso profano non dobbiamo pensare che Dio sia vincolato a luoghi o a persone o determinato da cerimonie esterne in modo da esser quasi costretto a dimorare con coloro che hanno soltanto il titolo e l'apparenza di Chiesa.

A questo argomento si riferisce la polemica di Paolo nella lettera ai Romani dal capitolo 9 al 12. Le coscienze deboli erano infatti assai turbate dal fatto che gli Ebrei, pur essendo, apparentemente, il popolo di Dio, non solo respingessero l'Evangelo ma anche lo perseguitassero. L'Apostolo perciò, dopo aver trattato i problemi dottrinali, risponde a questo interrogativo contestando che gli Ebrei, nemici della verità, siano la Chiesa, anche se non manca loro nulla di quanto ci è esteriormente richiesto. L'unica motivazione a cui ricorre è questa: essi non accolgono Gesù Cristo.

Egli si esprime in termini ancora più espliciti nella lettera ai Galati, laddove, paragonando Isacco ed Ismaele, dice che parecchi occupano nella Chiesa un posto senza tuttavia possedere l'eredità in quanto non sono stati generati da una madre libera (Ga 4.22). Di qui passa a parlare di due Gerusalemme contrapposte l'una all'altra; come infatti la Legge è stata promulgata sul monte Sinai mentre l'Evangelo è uscito da Gerusalemme così parecchi, pur essendo nati in condizione servile e nutriti in dottrine servili, si vantano sfacciatamente di essere figli di Dio e della Chiesa; anzi, pur non essendo che figliolanza bastarda disprezzano i veri e legittimi figli di Dio.

Quanto a noi, poiché è stato una volta proclamato dal cielo: "la serva sia scacciata con i suoi figli " (Ge 21.10) , Ci prevaliamo di tale inviolabile decreto per calpestare tutte le loro stolte millanterie. Perché se pensano potersi inorgoglire della loro professione di fede esteriore, Ismaele, per parte sua, era circonciso; se si fondano sull'antichità, egli era primogenito della casa di Abramo: eppure vediamo che è stato cancellato. San Paolo ce ne rivela il motivo affermando che dobbiamo considerare figli di Dio autentici soltanto coloro che sono stati generati dal puro seme della Parola e sono perciò legittimi. Per questa ragione Dio afferma non essere affatto vincolato a sacerdoti indegni anche se ha promesso nel patto, stabilito con il padre loro Levi, che questi sarebbe suo messaggero. Anzi rivolge contro a loro la gloria a cui falsamente si appellavano contro i profeti asserendo che la dignità della carica sacerdotale deve essere onorata e stimata in modo singolare; dignità questa che ammette volentieri, ma per rendere la loro situazione ancor più grave, visto che per parte sua è pronto a mantenere fedelmente le sue promesse ma sono essi che non ne tengono conto e meritano così di essere rinnegati a causa della loro slealtà. Il valore di una successione di padre in figlio si riduce a questo, qualora manchi una impostazione comune ed una conformità di atteggiamento atte a dimostrare che i successori seguono coloro che li hanno preceduti. In mancanza di questo elemento coloro che hanno imbastardito la loro origine dovranno essere esclusi da ogni onore e cacciati, a meno che si intenda dare il titolo e l'autorità di Chiesa ad una sinagoga, così perversa e degenere quale era ai tempi di Gesù Cristo, Cl. Pretesto che Caifa era successore di molti ottimi sacerdoti, che anzi la successione si era mantenuta ininterrotta da Aronne sino a lui.

Questo atteggiamento è così lontano dalla realtà che non sarebbe tollerabile neppure nel caso di un governo civile. È infatti senza senso affermare che la tirannia di Caligola, Nerone, Elagabalo ed i loro simili abbia rappresentato la condizione autentica della città di Roma per il solo fatto che costoro succedettero ai saggi governi stabiliti dal popolo. Nulla è soprattutto più superficiale del voler far riferimento alla successione degli uomini, per valutare lo stato della Chiesa, dimenticando la realtà dottrinale. Gli stessi santi dottori, che a sproposito queste canaglie citano contro di noi, non hanno mai inteso stabilire una sorta di diritto ereditario in campo ecclesiastico ovunque i vescovi si siano succeduti gli uni agli altri. Ma poiché era ris.puto ed evidente che, dall'età apostolica sino al tempo loro, non si era verificato alcun cambiamento di dottrina né a Roma né in altre città essi considerano questo fatto come sufficiente per reprimere ogni errore sorto in tempi recenti: in quanto risultava contrario alla verità che si era mantenuta in modo costante e di comune accordo dal tempo degli apostoli.

Questi pasticcioni non ricavano alcun vantaggio dall'imbellettare la loro sinagoga col Nome di Chiesa. Per quanto ci concerne questo termine è certo degno di grande onore, si tratta però di distinguere e sapere che cosa sia la Chiesa. Riguardo a questo non si trovano solo imbarazzati ma immersi nel loro pantano perché scambiano la santa sposa di Gesù Cristo con una prostituta infetta e corrotta. Per non lasciarci ingannare da siffatto travestimento ricordiamo, fra gli altri, quell'avvertimento di sant'Agostino quando dice che la Chiesa è a volte ottenebrata o avvolta da fitte e dense nubi di scandali; a volte appare libera e tranquilla, a volte turbata e sommersa dai flutti dell'afflizione e della tentazione. E ricorda a mo' di esempio che spesso coloro che rappresentano le più solide colonne della Chiesa sono proscritti per la fede o si tengono nascosti qua e là in regioni appartate.

4. Così oggi i difensori della Sede romana, rozzi ed ignoranti quali sono, ci aggrediscono e stordiscono prevalendosi del termine "Chiesa"mentre risulta evidente che Gesù Cristo non ha nemici peggiori del Papa e della sua cricca.

La menzione del Tempio, del sacerdozio e di altre simili esteriorità non ci deve impressionare al punto di farci ammettere l'esistenza della Chiesa laddove non sia presente la Parola di Dio. Perché questo è il segno perpetuo con cui il Signore ha segnato i suoi: "chiunque è per la verità, dice, ascolta la mia voce " (Gv. 18.37). E ancora: "io sono il buon Pastore, e conosco le mie pecore, e le mie mi conoscono. Le mie pecore ascoltano la mia voce, e io le conosco, ed esse mi seguono " (Gv. 10.14-27). Poco prima aveva detto che le pecore seguono il loro pastore in quanto conoscono la sua voce e non seguono un estraneo, anzi lo sfuggono perché non riconoscono la voce di estranei (Gv. 10.4). Perché dunque voler volontariamente correre il rischio di errare andando in cerca della Chiesa, mentre Gesù Cristo ce ne ha dato un segno infallibile? Ovunque infatti riscontriamo questo segno possiamo essere certi che quivi è la Chiesa e dovunque esso risulta assente nessun altro elemento ci può fornire indizi sicuri della sua esistenza. San Paolo infatti dice che la Chiesa è fondata non su opinioni umane, né sul sacerdozio ma sulla dottrina dei profeti e degli apostoli (Ef. 2.20).

Dobbiamo inoltre discernere Gerusalemme da Babilonia, la Chiesa di Dio dalla congregazione degli infedeli e dei perversi, in base a quell'unico criterio stabilito da Gesù Cristo dicendo: chi è da Dio ascolta la parola di Dio; al contrario chi non la vuole ascoltare non è da Dio (Gv. 8.47).

Insomma poiché la Chiesa è il Regno di Dio e Gesù Cristo regna solo mediante la sua Parola chi non comprende che si usano parole menzognere quando si vuol far credere che il Regno di Gesù Cristo sia presente, laddove il suo scettro risulta assente, dove manca cioè quella santa Parola mediante la quale egli governa?

5. Riguardo all'accusa di eresia e di scisma che ci muovono, per il fatto che predichiamo una dottrina diversa dalla loro, non obbediamo alle loro leggi e ai loro regolamenti e teniamo assemblee per conto nostro, sia per quanto concerne le preghiere pubbliche che per l'amministrazione dei sacramenti, si tratta indubbiamente di una accusa grave non tale però da richiedere lunga confutazione.

Sono detti eretici e scismatici coloro che creando una rottura nella Chiesa ne spezzano l'unità. Questa unità è costituita da un duplice legame: accordo dottrinale e carità fraterna. È per questa ragione che sant'Agostino opera una distinzione fra eretici e scismatici, affermando che i primi sono coloro che corrompono la purezza della verità con false dottrine, i secondi coloro che rompono i legami con la comunità dei credenti pur mantenendo con essi un accordo riguardo la fede. Occorre anche sottolineare un altro fatto: il legame che dobbiamo mantenere nella carità è condizionato dalla unità di fede in modo tale che questa rappresenta il fondamento, la norma ed il fine di quella. Ci si ricordi pertanto che quando Dio ci raccomanda l'unità della Chiesa questo significa semplicemente che come siamo uniti in Gesù Cristo riguardo alla dottrina così siano congiunti in lui i nostri sentimenti nella carità. Pertanto san Paolo, nell'esortarci all'unità, pone a suo fondamento il fatto che vi sia un solo Dio, una fede ed un battesimo (Ef. 4.5). Ed anche laddove ci esorta ad essere uniti, sia nella dottrina che nella volontà, egli aggiunge subito che questo deve avvenire in Gesù Cristo (Fl. 2.2-5); affermando così che ogni accordo stabilito all'infuori della Parola di Dio è un'associazione di infedeli e non un consenso di credenti.

6. Analogamente san Cipriano, seguendo san Paolo, dichiara che la fonte dell'unità della Chiesa consiste nel fatto che Gesù Cristo è solo vescovo: e aggiunge, come conseguenza, che vi è una sola Chiesa sparsa ovunque così come il sole ha molti raggi ma la luce è una sola, in un albero vi sono molti rami ma vi e un tronco solo che poggia sulle radici, da una sorgente fluiscono parecchi ruscelli che non sottraggono tuttavia alla sorgente la sua unità. I raggi si separino dal nucleo del sole, l'unità che è in esso non verrà spezzata. Si tagli il ramo di un albero, seccherà. Così la Chiesa, essendo illuminata dalla luce di Dio è sparsa in tutto il mondo; nondimeno vi è una sola luce che si estende ovunque e l'unità del corpo non è rotta. Dopo queste considerazioni egli conclude che tutte le eresie e gli scismi provengono dal fatto che non si torna alla fonte della verità, non si cerca il Capo, non si custodisce la dottrina del maestro celeste.

Gli avvocati del Papa ci accusino ora di eresia per il fatto che abbiamo abbandonato la loro Chiesa; questo abbandono è semplicemente determinato dal fatto che non vi si tollera, in alcun modo, che la verità sia predicata. Non sottolineo il fatto che sono stati loro a espellerci con i fulmini delle loro scomuniche, la motivazione è però sufficiente ad assolverci, a meno che non si intenda condannare come scismatici gli stessi apostoli visto che la situazione è identica. Ricordo che Gesù Cristo ha preannunciato ai suoi apostoli l'espulsione dalle sinagoghe a causa del suo nome (Gv. 16. 2) , e quelle sinagoghe erano considerate, al loro tempo, vere e legittime Chiese. Poiché dunque è evidente che siamo stati buttati fuori dalla Chiesa del Papa e siamo pronti a dimostrare che questo è accaduto per il nome di Cristo, è necessario ricercarne la causa, prima di poter affermare a nostro riguardo qualcosa sia in un senso che nell'altro. Concedo loro questo punto, se lo vogliono, poiché ritengo sufficiente questa considerazione: era necessario che ci allontanassimo da costoro per avvicinarci a Cristo.

7. Come si debbano valutare le Chiese soggette alla tirannia papale risulterà ancor più evidente quando le si paragoni con l'antica Chiesa di Israele quale la conosciamo dalle descrizioni dei profeti.

Nel tempo in cui i Giudei e gli Israeliti osservavano fedelmente il patto con Dio esisteva fra loro una vera Chiesa in quanto, per grazia di Dio, possedevano le realtà costitutive della Chiesa: la dottrina della verità contenuta nella Legge era predicata dai sacerdoti e dai profeti; venivano accolti nella Chiesa mediante il segno della circoncisione; gli altri sacramenti avevano la funzione di esercizi per confermarli nella fede. Non v'è dubbio che possano essere loro riferite per quanto concerne quel tempo tutte le lodi con cui nostro Signore ha onorato la sua Chiesa.

Da quando però, allontanandosi dalla legge di Dio, si volsero all'idolatria ed alla superstizione furono parzialmente privati di tale dignità. Chi oserebbe infatti negare il titolo di Chiesa a coloro ai quali Dio ha affidato la sua parola e l'uso dei suoi sacramenti? D'altra parte però chi oserebbe riconoscere, senza riserve, questo titolo ad un'assemblea in cui la parola di Dio fosse apertamente calpestata e fosse annullata la predicazione della verità, che della Chiesa è la forza basilare e l'anima?

8. Come, dirà qualcuno, non è più esistito alcun elemento di Chiesa fra i Giudei da quando si sono volti all'idolatria? La risposta è facile.

In primo luogo osserveremo che non sono caduti di colpo nell'eccesso, ma sono andati progressivamente decadendo. Per questo fatto non possiamo affermare che le responsabilità di Israele e di Giuda siano state identiche in questo processo iniziale di allontanamento dal puro culto di Dio. Quando Geroboamo fuse i vitelli, contro l'esplicito divieto di Dio, e scelse per i sacrifici un luogo che non era lecito scegliere, egli condusse la religione di Israele alla corruzione totale. Fu invece per cattiva condotta e superstizioni che i Giudei si contaminarono prima di giungere ad una qualche forma palese di idolatria. Infatti, quantunque avessero già dal tempo di Roboamo introdotte parecchie cerimonie perverse, tuttavia, dato che a Gerusalemme si manteneva ancora la dottrina della Legge, l'ordine del sacerdozio e le cerimonie, quali Dio le aveva istituite, i credenti si trovavano in una condizione ecclesiastica tollerabile.

In Israele da Geroboamo sino al regno di Achab non vi fu alcun miglioramento. Anzi, da quel momento, le cose presero ad andare di male in peggio. I suoi successori, sino alla distruzione del regno, furono in parte simili a lui e i migliori seguirono l'esempio di Geroboamo. Comunque si giudichi furono, nel complesso, pessimi idolatri. In Giuda si ebbero molti cambiamenti. Poiché alcuni dei re corrompevano il culto di Dio con false superstizioni, gli altri si sforzavano di riformare gli abusi che si erano verificati. I sacerdoti stessi infine, contaminarono il tempio di Dio con idolatrie evidenti.

9. Neghino ora, se lo possono, i papisti, nello sforzo di trovar giustificazioni ai loro errori, che la Chiesa sia men corrotta e depravata fra loro di quanto fosse il regno di Israele sotto Geroboamo.

La loro idolatria e assai più grave, e non sono più puri, riguardo alla dottrina, neppure di un'oncia, anzi sono forse ancor più corrotti. Dio mi è testimone, e lo saranno tutti coloro che sono dotati di retto giudizio, che non esagero su questo punto, e la realtà stessa lo dimostra.

Volendo costringerci alla comunione con la loro Chiesa richiedono da noi due cose. In primo luogo che prendiamo parte a tutte le loro preghiere, sacramenti, cerimonie. In secondo che attribuiamo alla loro Chiesa tutto l'onore, il potere, i diritti che Gesù Cristo attribuisce alla sua Chiesa.

Riguardo al primo punto riconosco che i profeti, che hanno vissuto a Gerusalemme nei tempi in cui la situazione generale era già fortemente corrotta, non hanno offerto sacrifici a parte, e per pregare non hanno costituito assemblee autonome separandosi dagli altri. Infatti avevano il comandamento di Dio che ordinava di recarsi al tempio di Salomone. Sapevano che i sacerdoti leviti, quand'anche indegni di tale ufficio, dovevano tuttavia essere riconosciuti quali ministri legittimi nell'ordine sacerdotale essendo stati ordinati da Dio (Es. 29.9) e non essendo ancora deposti. Inoltre, ed è questo il punto centrale del nostro problema, non erano obbligati ad assumere nessun atteggiamento superstizioso. Anzi non facevano nulla che non fosse istituito da Dio.

Si riscontra forse fra i papisti una situazione simile? Difficilmente potremmo adunarci con essi senza essere costretti a contaminarci con atti di palese idolatria. Il vincolo essenziale della comunione che si può avere con essi è rappresentato dalla messa che rifiutiamo come sommo sacrilegio. Se a torto o a ragione è quanto vedremo in altra sede. È sufficiente dimostrare ora che ci troviamo in una situazione diversa da quella in cui si trovavano i profeti, che non erano costretti ad assistere o compiere alcuna cerimonia se non istituita da Dio, anche quando offrivano sacrifici con i malvagi.

Se vogliamo trovare un caso analogo al nostro dobbiamo ricavarlo dalla storia del regno di Israele. Secondo l'ordine di Geroboamo la circoncisione era mantenuta, si offrivano sacrifici, la legge continuava ad essere considerata valida, si invocava il Dio adorato dai padri (3Re 13.31). Tuttavia, a causa delle cerimonie inventate e messe in atto contro il divieto di Dio, tutto ciò che vi si faceva doveva essere riprovato come condannabile. Mi si citi infatti il caso di un solo profeta o un credente fedele che abbia adorato o sacrificato in Bethel. Evitavano di farlo, sapendo che non lo avrebbero potuto fare senza contaminarsi con qualche azione sacrilega. Constatiamo dunque che la comunione con la Chiesa non deve essere estesa al punto di richiedere una adesione che implichi forme di culto profane o errate.

10. Un motivo ancor più valido per resistere loro ci è però fornito dal secondo punto. In quanto si afferma che si deve riverenza alla Chiesa e se ne deve riconoscere l'autorità, riceverne le ammonizioni, sottoporsi al suo giudizio, essere in accordo con essa, ne consegue che non possiamo concedere il nome di Chiesa ai papisti senza necessariamente sottoporci ed ubbidire loro.

Sono disposto tuttavia a concedere loro volentieri quanto i profeti hanno concesso ai Giudei ed Israeliti del loro tempo, quando la situazione era simile all'odierna o forse migliore. Vediamo che i profeti denunciarono in ogni occasione le assemblee di costoro come conventicole profane (Is. 1.14) che non sarebbe lecito approvare più di quanto sarebbe lecito rinunciare a Dio. Ed in realtà, se tali assemblee fossero state Chiese, Elia, Michea e gli altri profeti di Israele sarebbero stati estranei alla Chiesa; similmente in Giudea, Isaia, Geremia, Osea e gli altri che, agli occhi sia dei profeti e dei preti del loro tempo sia del popolo, apparivano più esecrabili dei pagani.

Analogamente, qualora si dovessero considerare Chiese quelle assemblee, risulterebbe che la Chiesa di Dio non è affatto colonna di verità (1 Ti. 3.15) ma sostegno di menzogna, non santuario di Dio ma covo di idoli. Si richiedeva dunque che i profeti non avessero alcuna comunione con tali assemblee poiché questo avrebbe significato un cospirare contro Dio.

Per questa stessa ragione sbaglia grandemente chi consideri Chiesa le assemblee che sono sotto la tirannia del Papa, contaminate dall'idolatria, da molte superstizioni, da pessime dottrine, pensando che si debba mantenere questa comunione con esse sino al punto da accettarne le dottrine. Se sono Chiese hanno la potestà delle chiavi; le chiavi sono però legate da un vincolo perenne con la Parola che risulta invece annullata.

Anzi se sono Chiese, deve essere riferita loro quella promessa di Gesù Cristo secondo cui tutto quello che avranno legato in terra sarà legato nei cieli (Mt. 16.19; 18.18; Gv. 20.23). Mentre tutti coloro che senza infingimenti fanno professione di essere servi di Gesù Cristo ne sono espulsi. Da questo risulta, ovvero che la promessa di Gesù Cristo è inconsistente, ovvero che queste non sono Chiese, almeno sotto questo aspetto.

Il ministero della Parola infine è sostituito da scuole di empietà e da un oceano di errori di ogni genere. Per cui neppure sotto questo profilo sono da considerarsi Chiese, oppure non avremo nessun elemento in base al quale le assemblee sante dei credenti risultino diverse dalle conventicole dei Turchi.

11. Tuttavia come sussistevano fra i Giudei alcune prerogative appartenenti alla Chiesa, così non neghiamo che permangano anche oggi fra i papisti tracce della Chiesa, che sussistono, per grazia di Dio, anche in seguito alla scomparsa della Chiesa.

Dio aveva stabilito anticamente il suo patto con i Giudei e questo si manteneva fra loro garantito dalla parola di lui più che dalla loro osservanza. La loro empietà risultava essere un impedimento che il Patto doveva sormontare e, quantunque meritassero, per la loro slealtà, che Dio lo annullasse, nondimeno egli manteneva in mezzo a loro la sua promessa in quanto è costante e fermo nel manifestare la sua bontà. Così la circoncisione non poteva essere corrotta dalle loro mani al punto di non essere più segno e sacramento del patto di Dio. Per questa ragione Dio chiama suoi i figli che nascevano in quel popolò (Ez. 16.20) , che non gli appartenevano affatto se non in virtù d'una speciale benedizione.

Nello stesso modo avendo anticamente posto il suo patto in Francia, in Italia, in Germania e in altri paesi, quantunque tutti siano stati in seguito oppressi dalla tirannia dell'anticristo, ha voluto che il battesimo permanesse a testimonianza di quel patto inviolabile il cui valore sussiste malgrado l'empietà degli uomini in quanto è stabilito e deciso dalla sua bocca.

Similmente ha fatto sì, nella sua provvidenza, che permanessero altri segni affinché la Chiesa non scomparisse del tutto.

Come a volte permangono visibili le fondamenta di edifici demoliti, così nostro Signore non ha permesso che la Chiesa fosse dall'anticristo rasa al suolo al punto che non rimanesse nulla dell'edificio. Perciò pur lasciando che, a motivo dell'ingratitudine degli uomini che avevano disprezzato la sua parola, si producesse una così grande distruzione, ha voluto però che permanesse ancora un qualche residuo a prova e testimonianza che tutto non era abolito.

12. Quando rifiutiamo pertanto ai papisti il titolo di Chiesa, non intendiamo affatto negare che abbiano fra loro qualche elemento di Chiesa; contestiamo soltanto che abbiano la condizione autentica della Chiesa che richiede comunione sia nella dottrina che in tutto quanto appartiene alla professione della nostra fede cristiana.

Daniele e san Paolo hanno preannunziato che l'Anticristo si sarebbe seduto nel tempio di Dio (Da 9.27; 2 Ts. 2.4). Noi affermiamo che il Papa è il capo di quel maledetto ed esecrabile dominio, almeno nella Chiesa occidentale.

Quando è detto che la sede dell'anticristo sarà il tempio di Dio viene con ciò dimostrato che il suo regno non sarà tale da cancellare il nome di Cristo e della sua Chiesa. Ne consegue che non neghiamo che le Chiese su cui egli esercita la sua tirannia permangano Chiese; ma diciamo che le ha profanate con la sua empietà, le ha tormentate con il suo dominio disumano, avvelenate con false e perniciose dottrine, quasi assassinate cosicché Cristo vi è mezzo sepolto, l'Evangelo soffocato, la fede cristiana bandita, il servizio di Dio abolito. In breve ogni cosa vi si trova sotto sopra al punto che l'aspetto è piuttosto quello di Babilonia che della santa città di Dio.

Concludendo, affermo che si tratta di Chiese, in primo luogo perché Dio vi mantiene miracolosamente le tracce del suo popolo anche se miseramente disperse. In secondo luogo in quanto vi permangono alcuni elementi della Chiesa, principalmente quelli la cui efficacia non può essere abolita né dall'astuzia del Diavolo né dalla malizia degli uomini. D'altra parte però, essendo cancellati quegli elementi che, in questo dibattito si debbono prendere in considerazione, affermo che non c'è autentica forma di Chiesa né nelle singole membra né nell'insieme del corno.