Filosofia/Il concetto biblico di verità
Il concetto biblico di verità
Caratteri distintivi della concezione biblica della verità
La fede cristiana afferma che Dio abbia rivelato la verità in modo oggettivo. Questa concezione si contrappone radicalmente al relativismo, agnosticismo e nichilismo contemporaneo. Come cristiani siamo chiamati ad affermarlo con coraggio, senza essere minimamente intimiditi dal clima culturale prevalente a noi ostile, come pure a resistere ai tentativi di “accomodare” la fede cristiana alle ideologie prevalenti. In questo breve saggio presentiamo otto tesi che descrivono la concezione biblica e cristiana della verità.
- La verità è rivelata da Dio;
- la verità oggettiva esiste ed è conoscibile;
- la verità è assoluta per sua stessa natura;
- la verità è universale;
- la verità c’impegna per sempre, non dipende dalle mode;
- la verità è esclusiva, specifica ed antitetica;
- la verità è sistematica ed unificata;
- la verità è un fine, non un mezzo per giungere ad un altro fine.
1. La verità è rivelata da Dio.
La verità non è costruita o inventata da individui o da comunità. Le credenze possono essere il risultato d’invenzione umana e di costruzione di gruppi, ma la verità proviene dalla comunicazione di un Dio personale e morale che fa conoscere Sé stesso, il Suo pensiero e volontà.
La lettera di Paolo ai Romani, per esempio, ci dice come Dio abbia resa nota la Sua esistenza sia attraverso il creato che attraverso la testimonianza della coscienza, tanto che nessuno potrebbe scusarsi dicendo di non aver saputo (2:14-15). Quando falsità e perversioni sostituiscono la verità, è perché essa è stata proditoriamente soppressa (1:18,25). Le menzogne diventano idoli ed ogni idolo oscura la verità. Costruzioni sociali sono piuttosto gli idoli e le false religioni che l’uomo mette in piedi per propria convenienza, non la verità rivelata.
Oltre a rivelare Sé stesso nel creato e nella coscienza umana, Iddio rivela particolari verità di salvezza attraverso le Sue opere potenti nella storia, nell’incarnazione di Cristo, e nei 66 libri delle Sacre Scritture. Questa rivelazione è particolarmente efficace nella realtà umana: “Infatti la parola di Dio è vivente ed efficace, più affilata di qualunque spada a doppio taglio, e penetrante fino a dividere l'anima dallo spirito, le giunture dalle midolla; essa giudica i sentimenti e i pensieri del cuore” (Ebrei 4:12). La rivelazione di Dio è una rivelazione da parte di Dio, che è trascendente, santo e comunicativo. Essa ha un dinamismo interiore che si eleva ben oltre ad ogni psicologia, sociologia e politica. “Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia” (2 Timoteo 3:16).
La concezione cristiana del mondo non vede il linguaggio come qualcosa d’auto-referenziale, un sistema semplicemente umano ed arbitrario di segni riducibili a fattori culturali contingenti, ma come un dono di un Dio razionale affidato a creature fatte a Sua immagine e somiglianza. “Nel principio era la Parola, la Parola era con Dio, e la Parola era Dio. Essa era nel principio con Dio” (Giovanni 1:1-2). La comunicazione è esistita da sempre fra le Persone della Santa Trinità e continua allorché Dio ci parla attraverso il creato, la coscienza e le Sacre Scritture, così come quando diciamo la verità l’uno all’altro e a Dio. Il linguaggio umano è stato lesionato dalla Caduta e frammentato dal giudizio di Dio a Babele, ma non è stato pregiudicato. Il linguaggio è il veicolo che Dio usa per comunicare la verità per quanto esso possa essere oscurato dalle nostre esperienze. La rivelazione di Dio non è un’esperienza esistenziale priva di contenuto razionale e conoscibile. Dio rivela verità oggettive su Sé stesso.
2. La verità oggettiva esiste ed è conoscibile.
L’affermazione che Dio ci ha rivelato Sé stesso presuppone, come contenuto cognitivo della rivelazione, una verità oggettiva. Dio è fonte di verità oggettiva su Sé stesso e sulla creazione.
La verità non è qualcosa d’astratto e d’indipendente dall’Essere di Dio. La concezione biblica presenta la verità come qualcosa di personale perché sorge da un Dio personale. La verità, però, è anche oggettiva perché Dio ci giudicherà in conformità ad essa. “O uomo, Egli ti ha fatto conoscere ciò che è bene; che altro richiede da te il SIGNORE, se non che tu pratichi la giustizia, che tu ami la misericordia e cammini umilmente con il tuo Dio?” (Michea 6:8);“Rivelazione di Gesù Cristo, che Dio gli diede per mostrare ai suoi servi le cose che devono avvenire tra breve, e che egli ha fatto conoscere mandando il suo angelo al suo servo Giovanni” (Apocalisse 1:1).
Verità oggettiva significa che essa non dipende dai nostri sentimenti, desideri o credenze. L’apostolo Paolo evidenzia questo punto quando discute l’incredulità d’alcuni giudei: “Che vuol dire, infatti, se alcuni sono stati increduli? La loro incredulità annullerà la fedeltà di Dio? No di certo! Anzi, sia Dio riconosciuto veritiero e ogni uomo bugiardo, com'è scritto: «Affinché tu sia riconosciuto giusto nelle tue parole e trionfi quando sei giudicato»” (Romani 3:3-4). La verità di Dio non dipende dalle esperienze ed interpretazioni d’individui o di gruppi, per quanto fortemente possa essere sentita e radicata in una cultura.
C’è oggi, per esempio, chi si rallegra perché “in ogni modo tutti credono in qualcosa” e l’ateismo sia molto raro. Può darsi, ma questo non ci soddisfa, perché non basta “credere a qualcosa” o anche al Dio o al Cristo della nostra fantasia o preferenze. Questa fede, per essere valida, deve corrispondere alle verità definite della rivelazione. La chiesa di Cristo non è dove tutti possano credere “a modo loro” quel che vogliono, ma è là dove uomini e donne confessano la verità rivelata ed oggettiva, “la fede, che è stata trasmessa ai santi una volta per sempre” (Giuda 3). Ci può essere, è vero, una maggiore o minore conoscenza di queste verità, o una maggiore o minore capacità di esprimerle in modo corretto. Il punto di riferimento, però, deve essere sempre l’oggettività della rivelazione biblica nelle sue proposizioni, unito al desiderio ed all’impegno di conoscerla ed esprimerla sempre meglio. La fede cristiana, per essere tale, deve essere coerente alla rivelazione.
Conoscere e confessare in modo oggettivo la fede biblica non significa aderirvi, però, in modo formale e distaccato, perché la fede cristiana congiunge sempre mente e cuore, conoscenza ed esperienza, in un reale e personale coinvolgimento esistenziale. “Ma tu desideri che la verità risieda nell'intimo: insegnami dunque la sapienza nel segreto del cuore” (Salmo 51:6).
L’oggettività della fede cristiana, inoltre, così come non è soggettiva, ma oggettiva e deve essere vissuta in modo esperienziale, non è neppure individualista. Essa include, anzi, prevede, la dimensione comunitaria della chiesa. Per questo l’Apostolo scrive: “…la chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità” (1 Timoteo 3:15). La comunità cristiana, nella sua testimonianza, insegnamento e predicazione, deve essere strumento fedele della verità di Dio oggettivamente rivelata attraverso le Sacre Scritture.
3. La verità è assoluta per sua stessa natura.
La verità di Dio è invariabile, non conosce eccezioni od esenzioni. La verità di Dio non è mutevole, relativa, soggetta a revisione. Gesù afferma in modo molto netto ed inequivocabile: “I o sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me” (Giovanni 14:6). L’Apostolo Paolo sfidava il pluralismo della cultura mediterranea con affermazioni che allora non erano meno scandalose di quanto lo siano oggi: “Quanto dunque al mangiar carni sacrificate agli idoli, sappiamo che l'idolo non è nulla nel mondo, e che non c'è che un Dio solo. Poiché, sebbene vi siano cosiddetti dèi, sia in cielo sia in terra, come infatti ci sono molti dèi e signori, tuttavia per noi c'è un solo Dio, il Padre, dal quale sono tutte le cose, e noi viviamo per lui, e un solo Signore, Gesù Cristo, mediante il quale sono tutte le cose, e mediante il quale anche noi siamo” (1 Corinzi 8:4-6). La verità dell’Evangelo, teologica o morale che sia, non è contrattabile o suscettibile d’approvazione popolare. Non è “democratica”. Non è il risultato di un consenso sociale o di compromessi. Essa è assoluta e sfida la “tolleranza” moderna.
Le affermazioni della Bibbia non possono essere “addolcite” senza comprometterne la sostanza. Il mondo moderno s’indigna per un tale assolutismo ed indirizza ai cristiani che “osano” riproporne i termini ogni sorta di epiteti negativi. La fedeltà all’integrità della fede cristiana, però, non può prescindere dal suo carattere assoluto senza alienarla. Senza essere intimiditi dallo “scandalo” dell’assolutismo della fede biblica, i cristiani sono chiamati a proclamarla sempre con pazienza e pacatezza: “Glorificate il Cristo come Signore nei vostri cuori. Siate sempre pronti a render conto della speranza che è in voi a tutti quelli che vi chiedono spiegazioni. Ma fatelo con mansuetudine e rispetto, e avendo la coscienza pulita; affinché quando sparlano di voi, rimangano svergognati quelli che calunniano la vostra buona condotta in Cristo” (1 Pietro 3:15-16).
4. La verità è universale
Universale significa applicabile dovunque, impegnare tutto e non escludere nulla. L’Evangelo e la legge di Dio non sono circoscritti o ristretti ad un determinato tempo, paese, cultura o circostanza. Quando Pietro annuncia l’Evangelo di fronte alle autorità giudaiche che lo convocano per rendere ragione delle sue attività ritenute sovversive dell’ordinamento religioso stabilito, egli afferma chiaramente un principio universale: “In nessun altro è la salvezza; perché non vi è sotto il cielo nessun altro nome che sia stato dato agli uomini, per mezzo del quale noi dobbiamo essere salvati” (Atti 4:12). L’annuncio cristiano era chiaramente sovversivo perché estendeva ad ogni gente ciò che allora era inteso riguardare esclusivamente il popolo ebraico. Sebbene la fede d’Israele parta come “fede tribale”, è chiaro dal messaggio dei profeti come essa sia chiamata ad estendersi a tutte le genti. Non solo, ma il loro messaggio dichiara apertamente falso ed alienante ogni altro culto e religione e denunciando ogni tentativo di realizzare dei compromessi. La fede proclamata dall’intera Bibbia è chiaramente totalizzante. Ogni tentativo di mettere in questione questo fatto compromette il suo carattere essenziale ed unicità.
La sovranità di Cristo è proclamata come universale: “…al di sopra di ogni principato, autorità, potenza, signoria e di ogni altro nome che si nomina non solo in questo mondo, ma anche in quello futuro. Ogni cosa egli ha posta sotto i suoi piedi e lo ha dato per capo supremo alla chiesa” (Efesini 1:21-22); “…il quale, pur essendo in forma di Dio, non considerò l'essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente, (...) Perciò Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni nome, affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio nei cieli, sulla terra, e sotto terra” (Filippesi 2:6, 9-10). La fede cristiana afferma che la verità rivelata è intelligibile, esprimibile in proposizioni valide e comunicabile universalmente.
L’universalità dell’Evangelo è indelebilmente legata ad un preciso comando di Gesù: “Gesù, avvicinatosi, parlò loro, dicendo: «Ogni potere mi è stato dato in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutte quante le cose che vi ho comandate. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dell'età presente»” (Matteo 28:18-20). Essa culmina nella visione dell’Apocalisse dove all’Apostolo è dato di contemplare la grande varietà di coloro che Dio ha eletto a salvezza: “Dopo queste cose guardai e vidi una folla immensa che nessuno poteva contare, proveniente da tutte le nazioni, tribù, popoli e lingue, che stava in piedi davanti al trono e davanti all'Agnello, vestiti di bianche vesti e con delle palme in mano. E gridavano a gran voce, dicendo: «La salvezza appartiene al nostro Dio che siede sul trono, e all'Agnello»” (Apocalisse 7:9-10).
5. La verità c’impegna per sempre, non dipende dalle mode.
La nostra società ha portato al massimo grado quello che l’Apostolo Paolo aveva scoperto ad Atene: “Or tutti gli Ateniesi e i residenti stranieri non passavano il loro tempo in altro modo che a dire o ad ascoltare novità” (Atti 17:21). Il consumismo oggi non riguarda solo i beni materiali, ma anche le idee, le filosofie e le religioni. Nel mercato della cultura contemporanea ci sono proposte “verità” di tutti i tipi, mode religiose ed intellettuali. Se ne prende una, la si crede e la si usa per un certo tempo poi, quando ci stanchiamo di essa, ne assumiamo un’altra. Per molte persone la religione è un hobby, qualcosa con cui divertirsi, una curiosità di cui interessarsi quando ci si sente in vena di farlo, ma non qualcosa da prendere seriamente e nel quale investire tutta la nostra vita.
La verità rivelata da Dio nella Bibbia, però, non è qualcosa d’effimero, ma una “roccia eterna”. Non dipende dalle mode o dalle fluttuazioni del mercato. Non è un hobby. “L'erba si secca, il fiore appassisce, ma la parola del nostro Dio dura per sempre” (Isaia 40:8); “Per sempre, SIGNORE, la tua parola è stabile nei cieli” (Salmo 119:89). “Poiché io, il SIGNORE, non cambio” (Malachia 3:6). La verità di Dio non ha “data di scadenza”. “Ogni cosa buona e ogni dono perfetto vengono dall'alto e discendono dal Padre degli astri luminosi presso il quale non c'è variazione né ombra di mutamento” (Giacomo 1:17). La verità di Dio trascende le banalità transitorie del nostro tempo, ci tocca a livello profondo e ci impegna esistenzialmente. La nostra vita dipende dall’ancoraggio che abbiamo alla Parola di Dio. La nostra vita deve essere una casa fondata sulla roccia. “Assomiglia a un uomo il quale, costruendo una casa, ha scavato e scavato profondamente, e ha posto il fondamento sulla roccia; e, venuta un'alluvione, la fiumana ha investito quella casa e non ha potuto smuoverla perché era stata costruita bene. Ma chi ha udito e non ha messo in pratica, assomiglia a un uomo che ha costruito una casa sul terreno, senza fondamenta; la fiumana l'ha investita, e subito è crollata; e la rovina di quella casa è stata grande" (Luca 6:48-49).
6. La verità è esclusiva, specifica ed antitetica.
Ogni affermazione teologica implica negazioni corrispondenti. Ciò che è vero esclude tutto ciò che vi si oppone. L’affermazione dell’unicità di Dio comporta la negazione dell’esistenza reale di qualsiasi altro presunto dio. “Poiché, sebbene vi siano cosiddetti dèi sia in cielo sia in terra, come, infatti, ci sono molti dèi e signori, tuttavia per noi c'è un solo Dio, il Padre, dal quale sono tutte le cose, e noi viviamo per lui, e un solo Signore, Gesù Cristo, mediante il quale sono tutte le cose, e mediante il quale anche noi siamo” (1 Corinzi 8:5-6). Se è vero com’è vero che esiste un solo Dio, tutti quelli che pretendono di esserlo sono degli impostori. Se esiste com’è vero una sola via di salvezza, in Cristo, ogni altra conclamata via di salvezza è fallace. “In nessun altro è la salvezza; perché non vi è sotto il cielo nessun altro nome che sia stato dato agli uomini, per mezzo del quale noi dobbiamo essere salvati” (Atti 4:12). Se la Scrittura fa (e ripete) quest’affermazione, non è
ammissibile alcun “sì, ma e però”. La verità è esatta e precisa e non ammette eccezioni. Affermazioni e concezioni contraddittorie non possono coesistere e pretendere d’essere tutte vere nello stesso tempo. Per quanto ogni verità è una verità di Dio, non ogni pretesa di verità può coesistere logicamente e come dato di fatto. La dottrina biblica, ad esempio, sull’unicità della persona umana e della risurrezione non può logicamente coesistere con la dottrina aliena della reincarnazione. L’una esclude l’altra. Il monoteismo non è conciliabile con il politeismo. Quando il pensiero moderno parla della necessità della “tolleranza” e di “ampiezza di vedute” esso infrange ogni principio elementare di logica ed altera la sostanza delle religioni che pretende di rispettare. O si prende sul serio la Bibbia quando fa precise affermazioni e la si rispetta in quanto tale accettandone le conseguenze logiche o la si respinge in blocco. Non esistono vie di mezzo. La logica della verità è la logica della legge della non-contraddizione. Nulla può essere e non essere al tempo stesso. Se una cosa è vera non può essere vero anche l’opposto. Dio non può negare Sé stesso o asserire ciò che è falso, né può far sì che qualcosa sia vero e falso al tempo stesso. Chi afferma che questo principio di base del pensiero sia falso, per poterlo negare deve asserire questo stesso principio. Se si afferma: “La legge della non contraddizione è falsa” si presume la negazione del suo opposto (cioè che la legge della non contraddizione sia vera). Così facendo, però deve affermare la dualità di verità e falsità – quel che stesso la legge della non contraddizione esige. Quando qualcuno afferma che pensare in termini d’antitesi sia sbagliato, ciò che sta facendo è usare il concetto stesso d’antitesi per negare l’antitesi. Le affermazioni della fede cristiana sono per loro stessa natura antitetiche.“Nessuno può servire due padroni; perché o odierà l'uno e amerà l'altro, o avrà riguardo per l'uno e disprezzo per l'altro. Voi non potete servire Dio e Mammona” (Matteo 6:24). L’Apostolo Paolo afferma:“Mi meraviglio che così presto voi passiate, da colui che vi ha chiamati mediante la grazia di Cristo, a un altro vangelo. Ché poi non c'è un altro vangelo; però ci sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il vangelo di Cristo” (Galati 1:6-7).
7. La verità è sistematica ed unificata.
La verità è una e Dio è uno. Ogni affermazione vera deve essere coerente, non in contraddizione, con le altre. Ogni affermazione vera è espressione della realtà oggettiva ed armoniosa di Dio, del Suo Essere, conoscenza e creazione. Non può essere che qualcosa sia vero nella religione e non nella scienza o viceversa, oppure vero in filosofia ma falso in teologia. C’è solo un mondo, il mondo di Dio. È un universo, non un multi-verso. Oggi viviamo in un modo di conoscenze frammentarie e conflittuali. Le contraddizioni, quando sono rilevate, devono essere risolte. I cristiani devono aspirare ad ottenere della realtà una prospettiva integrata, che sia coerente dovunque sia articolata. Oggi si tende ad avversare quel che, in modo negativo, si considera “integrismo”. Una visione omogenea e complessiva della realtà è esigenza stessa del concetto di verità. Non esistono “verità settoriali”. Vi sono cristiani, poi, che avversano l’idea stessa di una teologia sistematica, quella teologia, vale a dire, che organizza i dati della rivelazione e dell’esperienza in un sistema omogeneo e coerente, come per esempio, quello che è stato definito come Calvinismo. Preferiscono, piuttosto spigolare qui e là come capita senza preoccuparsi se una cosa è coerente con l’altra e il tutto sia omogeneo ad un disegno unitario. È vero che la nostra conoscenza sarà sempre parziale, ma tutti i dati che ci sono stati rivelati devono per forza di cose coesistere in un sistema omogeneo, così come il nostro comportamento deve aspirare ad esserne coerente con i principi che affermiamo. Se Gesù, ad esempio, è veramente il nostro Signore, Egli deve esserlo in ogni aspetto della nostra vita, per così dire: sia la domenica che nei giorni feriali, sia nel culto come nel lavoro, sia nell’impegno che nello svago.
8. La verità è un fine, non un mezzo per giungere ad un altro fine.
La verità dovrebbe essere desiderata ed ottenuta per il valore che ha in sé stessa. Non è qualcosa di cui farne uso solo se ci conviene al momento, oppure un dato accreditato in una particolare società e non in altre, o una questione di preferenze personali. Oggi c’è chi dice, per esempio, “Vivo in un determinato ambiente e quindi accetto le verità che qui sono riconosciute come tali e mi ci conformo”. Può essere sconveniente sostenere verità anticonformiste ed impopolari, ma lo esige il carattere stesso della verità e l’integrità personale. Altri dicono: “Quella religione, o un aspetto di quella religione, mi piace, mi soddisfa, eccita la mia immaginazione e mi diverte. Quindi non mi pongo il problema se è vero, compatibile o coerente con la fede cristiana. Va bene per me”. Si sente anche dire: “Questi modi di fare, queste usanze sono più compatibili con il mio carattere o cultura e quindi le faccio mie”. Sono però giusti rispetto a criteri oggettivi? La verità non è qualcosa di malleabile e adattabile ai bisogni che percepiamo o uno stile di vita relativo. Si dice oggi pure: “Funziona, produce dei risultati desiderabili e quindi va bene”, senza porsi il problema se sia vero, coerente con la volontà rivelata di Dio, il Suo carattere, oppure compatibile con ciò che la Scrittura afferma sulla dignità umana. La verità potrebbe anche non dare risultati immediati e appariscenti, essere impopolare o difficile, essere accolta solo da una minoranza di persone. Il carattere stesso della verità e l’integrità personale esige che essa sia accolta, che piaccia o no, anche quando è “sconveniente”.
(Paolo Castellina, 11 settembre 2008)