Etica/Disobbedienza civile, ribellione e ruolo limitato del governo
Disobbedienza civile, ribellione e ruolo limitato del governo
Il ruolo del governo civile è sempre stato oggetto di dibattito. Esistono diversi tipi di governo: monarchia, democrazia, repubblica, ecc. E ciascuno presenta vantaggi e svantaggi. Tuttavia, tutte le forme di governo a volte possono diventare oppressive e lo Stato moderno non fa eccezione. Ciò solleva la domanda: come dovrebbe rapportarsi il cristiano con il governo civile?
Per rispondere a questa domanda, inizieremo esaminando il testo di Romani 13: 1-7, il passaggio fondamentale sul governo civile. Quindi faremo tre domande:
- Il comando di Paolo di “sottomettersi” si applica a tutti i governi civili?
- Romani 13 ammette mai la disobbedienza civile?
- Romani 13 ammette mai la ribellione contro il governo?
Concluderemo quindi affermando che Romani 13 insegna che Dio ha inteso il governo civile avesse un ruolo limitato nella società (e quindi dovrebbe avere una tassazione limitata).
Romani 13 e sottomissione all’autorità governativa
Romani 13: 1-7 è il locus classicus sul governo civile. Per contesto, lo citeremo per intero:
“(1) Ogni persona sia sottoposta alle autorità superiori, poiché non c’è autorità se non da Dio; e le autorità che esistono sono istituite da Dio. (2) Perciò chi resiste all’autorità, resiste all’ordine di Dio; e quelli che vi resistono attireranno su di sé la condanna. (3) I magistrati infatti non sono da temere per le opere buone, ma per le malvagie; ora vuoi non temere l’autorità? Fa’ ciò che è bene, e tu riceverai lode da essa, (4) perché il magistrato è ministro di Dio per te nel bene; ma se tu fai il male, temi, perché egli non porta la spada invano; poiché egli è ministro di Dio, un vendicatore con ira contro colui che fa il male. (5) Perciò è necessario essergli sottomessi, non solo per timore dell’ira ma anche per ragione di coscienza. (6) Infatti per questo motivo pagate anche i tributi, perché essi sono ministri di Dio, dediti continuamente a questo servizio. (7) Rendete dunque a ciascuno ciò che gli è dovuto: il tributo a chi dovete il tributo, l’imposta a chi dovete l’imposta, il timore a chi dovete il timore, l’onore a chi l’onore”.
Paolo ordina ai cristiani di “essere sottoposti” alle “autorità superiori” (ἐξουσίαις, exousiais). Perché? Perché ogni autorità di governo è istituita da Dio (Romani 13: 1). Questo porta Paolo a concludere che “chi resiste all’autorità, resiste all’ordine di Dio” e attirerà su di sé la condanna (Romani 13: 2).
Paolo fornisce un’ulteriore base per obbedire alle autorità: “I magistrati infatti non sono da temere per le opere buone, ma per le malvagie” (Romani 13: 3). L'”autorità” è il “servo / ministro” di Dio (διάκονός, diakonos ) “nel bene” e un “un vendicatore con ira contro colui che fa il male” (ἔκδικος, ekdikos, vendicatore, Romani 13: 4). L’autorità porta la “spada” (μάχαιραν, machairan), che si riferisce al diritto del governo di usare la forza per punire i trasgressori (il che include la pena di morte ).
La conclusione di Paolo da tutto questo (“perciò”) riafferma la sua linea iniziale che una persona deve essere “sottomessa” all’autorità a causa dell ‘”ira” e della “coscienza” (Romani 13:5). Il termine “ira” è tradotto in italiano da altre versioni come “punizione”, per timore di essere puniti, castigati”, e si intende per timore delle “conseguenze penali comminate dalle autorità” contro i trasgressori delle sue leggi.
Paolo aggiunge che questo è anche il motivo per cui paghiamo i tributi, perché “loro” (riferendosi alle autorità) sono “ministri” (λειτουργοὶ, leitourgoi ) di Dio “dediti continuamente a questo servizio” (Romani 13: 6). Paolo comanda ai cristiani di dare a tutti ciò che è loro dovuto, il tributo,1 l’imposta, il timore, l’onore (Romani 13:7).
Va notato che il comando di Paolo di obbedire alle autorità civili in Romani 13 si ricollega al suo comando in Romani 12: 17-21 affinché i cristiani non praticassero mai la vendetta. I cristiani non devono ripagare “male per male” (κακὸν) (Romani 12:17) perché il governo civile deve prendersi cura del “male” (κακῷ) (Romani 13: 3).
I cristiani devono lasciare la “vendetta” all ‘”ira” (di Dio. “Dio” non so trova nell’originale greco, ma qui è presupposto, Romani 12:19) perché l’autorità di governo è un “un vendicatore con ira contro colui che fa il male” (ἔκδικος εἰς ὀργὴν τῷ τὸ κακὸν πράσσοντι) (Romani 13: 4). In sintesi, i cristiani dovrebbero lasciare la punizione per il male a Dio, che fa uso delle autorità civili per manifestare la sua giustizia in questa vita (pur riservando l’ira finale nel Giorno del Giudizio).
Romani 13 si applica a tutti i governi?
Romani 13 diventa un passaggio impegnativo se si considera che molti governi nella storia hanno compiuto gravi ingiustizie ed abusi, uccidendo persone innocenti e persino perseguitando i cristiani (ad esempio l’antica Roma, la Russia stalinista). Eppure Paolo dice che il governo è istituito da Dio e punisce ciò che è male, e quindi dobbiamo sottometterci ad esse. Come conciliare queste cose?
Ci sono almeno tre modi possibili di interpretare l’insegnamento di Paolo sulla “sottomissione” al governo civile in Romani 13: 1-7:
- La sottomissione all’autorità governativa si applicava solo alla circostanza immediata dei cristiani di Roma in quel tempo.
- La sottomissione all’autorità governativa si applica solo se il governo funziona come dovrebbe (premiando il bene e punendo il male).
- La sottomissione all’autorità di governo si applica a tutti i governi, sebbene ciò non sia indiscriminato perché non si applica se ciò che le autorità civili impongono contraddice la legge stabilita da Dio, che è superiore a qualunque legge umana.
Il punto di vista uno è improbabile perché Paolo parla in modo ampio: “non c’è autorità se non da Dio; e le autorità che esistono sono istituite da Dio” (Romani 13: 1). La sfida per il punto due è che Paolo non pone condizioni alla sottomissione all’autorità di governo civile. Tuttavia, il suo ragionamento per la sottomissione presume che i governanti puniscano la cattiva condotta e non la buona condotta: “I magistrati infatti non sono da temere per le opere buone, ma per le malvagie; ora vuoi non temere l’autorità? Fa’ ciò che è bene, e tu riceverai lode da essa” (Romani 13: 3). Ovviamente Paolo fa questa dichiarazione nel contesto di un governo romano che perseguitava i cristiani. Quindi le affermazioni di Paolo sulla punizione del male possono essere intese solo come un ampio riferimento alla punizione del comportamento criminale (ad esempio del furto e dell’omicidio).
Ciò lascia il punto tre come la migliore comprensione del brano (è anche il più comune). In questo caso, Paolo sta dando i principi cristiani di sottomissione a tutti i governi civili, come Dio li ha istituiti per l’ordine civile. Tuttavia, questo punto di vista deve essere ulteriormente qualificato perché a volte i governi impongono cose direttamente in contrasto con la legge di Dio.
Altri passaggi del Nuovo Testamento sembrano supportare questa visione. In Tito 3:1, Paolo dice: “Ricorda loro di essere sottomessi ai magistrati e alle autorità, di essere ubbidienti, pronti ad ogni opera buona”. Ancora una volta, questa è una dichiarazione ampia sull’obbedienza al governo. Anche l’apostolo Pietro parla sull’argomento e fa eco a Paolo:
” Sottomettetevi dunque per amore del Signore ad ogni autorità costituita: sia al re come al sovrano, sia ai governatori, come mandati da lui per punire i malfattori e per lodare quelli che fanno il bene, perché questa è la volontà di Dio, che, facendo il bene, turiate la bocca all’ignoranza degli uomini stolti. Comportatevi come uomini liberi, non facendo uso della libertà come di un pretesto per coprire la malvagità, ma come servi di Dio. Onorate tutti, amate la fratellanza, temete Dio, rendete onore al re” (1 Pietro 2: 13-17).
Come Paolo in Romani 13, Pietro dice che il governo è lì per punire coloro che fanno il male e lodare coloro che fanno il bene. I cristiani devono prima di tutto “temere Dio”. Ma così facendo, dobbiamo anche “onorare” coloro che detengono l’autorità civile, siano essi un imperatore, un presidente o un governatore.
Romani 13 ammette la disobbedienza civile?
L’applicazione universale di Romani 13 solleva questioni riguardanti la disobbedienza civile. Anche se Paolo non affronta questo problema in Romani 13, il resto della Scrittura chiarisce che ci sono situazioni in cui i cristiani dovrebbero disobbedire al governo. La Bibbia non insegna che dobbiamo disobbedire a ogni legge ingiusta (e ci sono molte leggi simili nel mondo), ma insegna che dobbiamo disobbedire al governo quando ci richiede di commettere ciò che Dio considera peccato.
Ci sono diversi esempi di disobbedienza civile nella Scrittura. Le ostetriche ebree disobbedirono al malvagio comando del faraone di uccidere i neonati (Esodo 1:17; cfr. Ebrei 11:23). La regina Ester infranse la legge persiana recandosi dal re Assuero per implorare gli ebrei (Ester 4:16).
I tre amici del profeta Daniele (Shadrac, Meshach e Abednego) disubbidirono a Nabucodonosor, re di Babilonia, quando comandò loro di adorare la sua immagine d’oro. Nabucodonosor li gettò nella fornace ardente e Dio li salvò (Daniele 3: 1-30). Lo stesso Daniele disubbidì all’ingiunzione del re Dario sulla preghiera a chiunque tranne il re (Daniele 6: 7-10).
Nel Nuovo Testamento, Pietro e Giovanni disobbedirono alle autorità ebraiche quando dissero loro di smettere di predicare Gesù: “E, chiamatili, comandarono loro di non parlare affatto, né di insegnare nel nome di Gesù. Ma Pietro e Giovanni, rispondendo loro, dissero: «Giudicate voi, se è giusto davanti a Dio ubbidire a voi, piuttosto che a Dio” (Atti 4: 18-19).
Allo stesso modo in Atti 5:29, “Ma Pietro e gli altri apostoli, rispondendo, dissero: «Bisogna ubbidire a Dio piuttosto che agli uomini”. Anche il Libro dell’Apocalisse mostra dappertutto che è necessario osservare i comandi di Dio anche di fronte alle pressioni del governo per disubbidire.
Il punto è che l’autorità di Dio è maggiore dell’autorità del governo. Mentre dobbiamo obbedire al governo, dobbiamo obbedire anche a Dio. E la sua autorità ha la meglio sull’autorità del governo. In effetti, è Dio che dà autorità al governo. Come disse Gesù al governatore romano Ponzio Pilato, “Tu non avresti alcun potere su di me se non ti fosse dato dall’alto; perciò chi mi ha consegnato nelle tue mani ha maggior colpa” (Giovanni 19:11).
Romani 13 consente la ribellione contro il governo?
La disobbedienza civile è cosa diversa dalla ribellione. In generale, sembra ovvio che i cristiani non dovrebbero ribellarsi nel tentativo di rovesciare il governo con la forza. I cristiani possono e devono operare con tutti i mezzi legali disponibili. Ma ci sono situazioni, come nella Russia stalinista, in cui un governo diventa così malvagio che sembrerebbe sbagliato per i singoli cristiani stare lì e non fare nulla. Se i cristiani potessero istituire un governo migliore, perché non dovrebbero?
Consideriamo un vero esempio della cosiddetta “ribellione” del passato, la guerra rivoluzionaria americana (1775–1783). Questa guerra è meglio definita la guerra americana per l’indipendenza. Senza entrare troppo in profondità, un argomento forte a sostegno dei coloni americani era che l’atto di secessione dalla Gran Bretagna era legale. Le colonie americane erano sotto l’autorità britannica e il re aveva il dovere di proteggere le colonie. Poiché il parlamento britannico stava abusando delle colonie legiferando per loro senza fornire rappresentanza, il re avrebbe dovuto intervenire per proteggere le colonie da questa usurpazione incostituzionale.
Quando il re non intercedeva al loro appello, violava i suoi doveri legali e le colonie americane non avevano altra scelta che dichiarare l’indipendenza. (La Dichiarazione di Indipendenza elenca i fallimenti del re come base per la secessione). Quindi, l’argomento legale è che gli americani avevano il diritto di secedere secondo la legge britannica. In questo caso, questa non era una “rivoluzione” ma semplicemente secessione – e anche secessione legale. Quindi l’atto americano di dichiarare l’indipendenza e la conseguente guerra per respingere il tentativo britannico di impedire la secessione erano legali e quindi moralmente ammissibili.
Un argomento simile è stato fatto dagli Stati Confederati d’America nel separarsi dagli Stati Uniti. Gli stati hanno ratificato una costituzione che ha creato il governo federale, e quindi gli stati avevano il diritto di revocare questa ratifica. La secessione non era mai stata proibita dalla Costituzione e gli stati del Sud stavano semplicemente esercitando il loro diritto legale. Naturalmente, il Nord non voleva consentire la secessione e ne seguì una guerra.
Pertanto, la questione della “ribellione” è più complessa che seguire un semplice comando di “sottomettersi” al governo che è al potere. Ci sono doveri legali ed etici che i funzionari governativi hanno nei confronti delle persone. Inoltre, ci sono diverse strutture di governo. In una repubblica federale come gli Stati Uniti, ci sono sia stati che un governo federale (che è una creazione degli stati). Se il governo federale oltrepassa i suoi limiti e viola la Costituzione, gli stati hanno il dovere di contestare il governo federale. Oltre a votare i rappresentanti fuori sede, l’unica risorsa legale è l’annullamento o la secessione dello Stato.
C’è molto su questo problema nella storia della chiesa. Giovanni Calvino e più tardi i pensatori riformati svilupparono la dottrina dei magistrati minori, secondo cui i magistrati minori hanno il dovere di interporsi a nome del popolo davanti al governo tirannico. Quindi, un principe (autorità locale) dovrebbe resistere a un re tirannico. E negli Stati Uniti moderni, un governatore di uno stato dovrebbe resistere a un tirannico funzionario federale, che sia presidente, Congresso o Corte Suprema. Il precedente storico per questo negli Stati Uniti si chiama annullamento (o interposizione). Thomas Jefferson e James Madison sostenevano questa pratica, ed è stata portata avanti dalla Carolina del Sud durante la crisi dell’annullamento degli anni ’30 dell’Ottocento.
Sebbene questa discussione si concentri sulla ribellione interna contro il governo, esiste un precedente biblico per la ribellione contro gli oppressori stranieri. I giudici liberarono Israele dai loro predoni (Giudici 2:16), e Davide e altri si unirono per mettere in fuga gli eserciti stranieri (Ebrei 11: 32-34).
Il ruolo limitato del governo civile
Anche se Romani 13 si concentra sul rapporto del cristiano al governo civile, noi vi possiamo impararer qualcosa circa il ruolo del governo civile nel ragionamento che Paolo fa in questo stesso brano. Uno dei motivi per cui ci viene detto di sottometterci al governo è che il governo punisce la condotta malvagia e loda la buona condotta. Il governo usa la forza (“porta la spada”) e scatena la sua “ira” sui malfattori. Così il governo trova il suo ruolo nella punizione del crimine. E il governo civile è buono in quanto fa ciò che Dio voleva che facesse, vale a dire punire il male.
Il governo civile ha un ruolo legittimo nella società. Tuttavia, il governo civile ha un ruolo limitato nella società. Paolo non dice nulla sul ruolo del governo come fornitore di welfare o istruzione pubblica o qualsiasi tipo di programma di assistenza sociale. Dio ha istituito un governo civile per porre freno al male, non per usurpare i ruoli di altre istituzioni come la chiesa o la famiglia.
Così, Romani 13 sostiene quella che alcuni chiamano la visione “protezionistica” del governo, in contrasto con la visione “perfezionista” del governo. Il governo civile deve proteggere i diritti fondamentali delle persone (vita, libertà, proprietà), che sono diritti con cui il crimine interferisce. Pertanto, il governo dovrebbe intervenire e punire il crimine. A questo proposito, Romani 13: 1-7 è coerente con Genesi 9: 4-6, dove Dio ha istituito la pena di morte come mezzo per affrontare l’omicidio in una società.
E le tasse?
Paolo conclude il suo insegnamento sul governo in Romani 13 con l’ordine di pagare le tasse. Vogliamo evitare l’ira del governo e anche mantenere una coscienza pulita. Quindi paghiamo le tasse al governo civile perché “sono ministri di Dio” (Romani 13: 6). Dobbiamo pagare “i tributi” a chi sono dovute e i “tributi” a chi sono dovuti i tributi (Romani 13: 7). La “tassa” (φόρος, phoros ) era un’imposta sul tributo diretto (Luca 20:22), mentre “il reddito” (τέλος, telos) era un’imposta indiretta come in Matteo 17:25.
Naturalmente, Paolo lega le tasse qui a un governo civile che punisca il crimine. Ciò significa che le tasse dovrebbero andare a finanziare il sistema di giustizia penale – in particolare polizia, giudici, governatori e simili (e implicitamente militari, che protegge i cittadini dai malvagi invasori stranieri). Tuttavia, Paolo non dice nulla sulle tasse per buoni pasto, welfare, assistenza medica, sicurezza sociale e qualsiasi altro programma governativo. Anche se i cristiani dovrebbero pagare le tasse in modo da non essere trascinati in prigione, dovrebbero esprimere opposizione all’attuale regime fiscale. Il concetto di uno schema ridistributivo della ricchezza è cosa del tutto estranea alla Scrittura.
Alcuni cristiani citano le parole di Gesù di “rendere a Cesare le cose che sono di Cesare” come una totale approvazione del governo e della tassazione (Matteo 22:21; Marco 12:17; Luca 20:25). Tuttavia, Gesù non dice nulla del genere. I capi ebrei stavano cercando di intrappolare Gesù tra i romani (che richiedevano la tassa) e gli ebrei (che si opponevano alla tassazione romana). Gesù superò in astuzia i suoi avversari facendo riferimento all’immagine di Cesare sulle monete: “Di chi è questa immagine e iscrizione?” (Matteo 22:20). La risposta è stata “di Cesare”. Così Gesù rispose: “Rendete dunque a Cesare le cose che sono di Cesare, e a Dio le cose che sono di Dio” (Matteo 22:21).
Non si trattava di un’approvazione totale del governo romano, né di un discorso sulla moralità della tassazione. (Altrove la Bibbia indica che una tassazione superiore al 10% è oppressiva; cfr. 1 Samuele 8:14, 17). Gesù stava semplicemente istruendo i Suoi seguaci a pagare le imposte. Questo è pienamente in accordo con le parole di Paolo in Romani 13: 1-7. Il governo potrebbe sbagliare e noi possiamo e dobbiamo operare per cambiare la situazione. Ma i cristiani devono stare fuori dai guai e quindi dobbiamo pagare le tasse al governo e obbedire a ciò che Dio comanda.
Conclusione
Paolo in Romani 13 comanda ai cristiani di sottomettersi alle autorità governative. Dio è sovrano sul governo e ha istituito quello sotto cui viviamo. Dobbiamo pagare le tasse e fare del bene in modo da evitare di essere puniti e mantenere la coscienza pulita. Tuttavia, ci possono essere momenti in cui dobbiamo disobbedire al governo perché richiede qualcosa in contrasto con la legge di Dio o perseguita i credenti. Nel ragionamento di Paolo sul governo civile, apprendiamo che lo scopo del governo è punire la condotta malvagia. Quindi il governo civile è legittimo, ma dovrebbe avere un ruolo limitato secondo il disegno di Dio.
Naturalmente, Romani 13 non proibisce ai cristiani di influenzare il governo civile. Piuttosto, ci si aspetta che quando la chiesa cresce in una società, il governo di quella società rifletta sempre di più il disegno di Dio per il governo delineato da Paolo, vale a dire che i governanti civili debbano punire il comportamento malvagio. La chiesa che non cerca di influenzare tutti gli aspetti di una società, compreso il governo civile, di fatto ignora un suo compito importante. A Cristo è stata data tutta l’autorità sulla terra e ha comandato alla chiesa di “discepolare” le nazioni (Matteo 28: 18-19). Una nazione sotto l’autorità di Cristo manifesterà un governo civile secondo gli insegnamenti di Cristo.
Zachary Garris