Corsi/Essere cristiani/41
Essere cristiani (J. I. Packer) |
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Il Credo, o Simbolo apostolico. Credo in Dio padre onnipotente, creatore del cielo e della terra. E in Gesù Cristo, suo figlio unigenito, Signor nostro, il quale fu concepito di Spirito santo, nacque da Maria vergine, patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto. Discese nel soggiorno dei morti, il terzo giorno risuscitò, salì al cielo, siede alla destra di Dio, padre onnipotente. Di là ha da venire a giudicare i vivi e i morti. Credo nello Spirito santo, la santa chiesa universale, la comunione dei santi, la remissione dei peccati, la risurrezione dei corpi e la vita eterna. Amen.
Cuore a cuore
41. Sulla terra com’è fatta nel cielo
Vi sono tre affermazioni dottrinali che legano assieme le frasi del Padre nostro. Le prime due sono nell’invocazione. Iddio è il Padre del popolo cristiano, e Lui è in cielo. La terza sta attorno alla prima terna di richieste: in cielo si fa la volontà di Dio. La prima proclama la bontà di Dio nel redimerci attraverso il sacrificio di Cristo sulla croce e nell’accoglierci nella Sua famiglia. La seconda e la terza dichiarano la Sua grandezza e potere nel conseguire i Suoi propositi. Insieme, queste tre verità rivolgono la nostra attenzione alla speranza cristiana. Come nostro Padre, da ogni eternità, Iddio si è impegnato ad amarci ed a farci del bene.
Il cielo
Come Signore della creazione, governando dal cielo, vale a dire nella libertà dai limiti spazio-temporali della condizione di creature qui sulla terra, Egli è sommamente degno di fiducia: porterà perfettamente a compimento i Suoi propositi. Tu ed io, invece, possiamo ben fallire in ciò che ci proponiamo di fare, per quanto semplice possa essere. La gloria di Dio, però, consiste nell’aver successo in tutto ciò che Egli si propone di fare, per quanto difficile possa essere.
Un canto cristiano dice: “L’opera che la Sua misericordia ha iniziato, il braccio della Sua forza certamente compirà. Le Sue promesse sono sempre “sì” ed “amen”, e nessuna di esse mai è stata ancora frustrata. Né cose future, né cose presenti, né le cose di sopra, né le cose di sotto, potranno in alcun modo i Suoi propositi rendere vani, né separarmi dal Suo amore”.
Quando però Gesù dice che la volontà di Dio in cielo è “fatta”, vale a dire, “si compie immancabilmente”, Egli non pensa tanto alla trascendenza del Padre, ma alla comunità degli esseri creati, intelligenti come noi, che vivono più vicino a Dio (nel senso che godono una maggiore comunione con Lui di quanto noi si possa avere in questo mondo) e che Lo servono in modo così appassionato ed estatico che nulla di simile sarebbe mai possibile quaggiù. Questo è “il cielo”, nel senso più comune della parola, il cielo in cui i cristiani “andranno” quando muoiono, la condizione per la quale l’attuale vita terrena non è che preparazione ed addestramento.
Il cielo, in questo senso, è infinitamente più importante dell’attuale vita, non solo perché ha caratteristiche d’eternità, mentre la vita quaggiù è solo temporanea, ma pure perché nessun rapporto che abbiamo in questo mondo potrà essere goduto allo stesso modo di quanto sarà a noi possibile lassù. Proprio perché la Santa Trinità è la realtà ultima, noi apprendiamo, non meno di quanto ci dicono gli psicologi moderni, che la vita, la vera vita, di fatto, è relazione e non semplice consapevolezza. La vita, la vera ed eterna vita, sarà relazione con Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo: ecco che cosa certamente sarà il cielo. Non è per caso che il Nuovo Testamento presenta il cielo come una città (Apocalisse 21), ed un banchetto (Matteo 8:11; Luca 22:29ss; Apocalisse 19:9), ed anche come una comunità che rende culto a Dio (Ebrei 12:22-24; cfr. Apocalisse 7:9-17). Queste immagini ci dicono che l’esperienza del cielo sarà un’esperienza di comunione, comunanza stretta e più gioiosa ancora di una qualsiasi comunione che noi si sia potuto avere quaggiù, sia quella con Dio che quella con i nostri fratelli e sorelle in fede.
C. S. Lewis, nella sua opera Il grande divorzio, immagina l’inferno come un paese in cui i suoi abitatori cercano costantemente di allontanarsi il più possibile l’uno dall’altro! Lo stesso Sartre, in Senza via d’uscita rappresenta l’inferno come un insieme di gente dalla quale non ci si può mai allontanare, per quanto essa si comporti in modo infernale! In cielo, però, i santi saranno in comunione l’uno con l’altro, come in comunione sono Dio Padre e Dio Figlio – e saranno ben contenti di esserlo: la loro comunione sarà fonte di immensa gioia.
La Scrittura rileva fortemente d’essere “di un altro mondo”, ed insiste sul fatto che la vita in cielo sarà migliore e più gloriosa della vita sulla terra da ogni punto di vista. Quando però chiediamo in che modo essa lo sarà, essa sempre ci risponde: “Aspettate e vedrete!” (Cfr. Ro. 8:24), “rendetevi solo conto che essa sarà così superiore alla nostra attuale esperienza che è ben difficile oggi spiegarla adeguatamente”. Il cielo, essendo un ordine della realtà non legato dallo spazio e dal tempo come noi oggi li conosciamo, non è assimilabile a questo mondo, né spiegabile con le categorie alle quali siamo oggi abituati, perché la nostra natura fisica ci ancora troppo a questa realtà. Tutto ciò di cui noi possiamo essere sicuri, come abbiamo detto, è che per gli abitatori del cielo (gli “spiriti al servizio di Dio”, in pratica gli angeli, insieme “agli spiriti dei giusti resi perfetti”) sarà una condizione di perfetta comunione con Dio, una perpetua soddisfazione alla Sua presenza. Ecco che cosa vuole comunicare la Bibbia quando rappresenta il cielo come una città d’oro o come una festa senza fine.
Ai fini, però, di una comunione perfetta con Dio, non sarà solo Lui a donare senza riserve o limiti. I Suoi servitori, angelici ed umani dovranno altresì rispondergli senza riserve – il che significa che in ed attraverso di loro, la Sua volontà sarà adempiuta del tutto. Il fare la volontà di Dio è quindi una parte essenziale della definizione del cielo stesso. Fa parte della stessa gloria di Dio il fatto che Egli darà, a coloro che vi risiederanno, piena capacità di farlo.
Lode
Perché Gesù fa seguire: “Sia fatta la Tua volontà sulla terra” con “com’è fatta nei cieli”? Certamente per due ragioni.
In primo luogo, a questo punto Egli vuole suscitare speranza. Il caos della terra rende quasi risibile questa richiesta. Rammentandoci, però, che Dio ha già stabilito perfettamente la Sua volontà in cielo, Gesù rafforza la nostra speranza che sulla terra noi vedremo cose grandi ed impensabili. “Vi è forse qualcosa che sia troppo difficile per il SIGNORE?” (Ge. 18:14).
Questo non è tutto. Il secondo scopo che Gesù si prefigge è quello di suscitare lode. Se da una parte le richieste ci sfibrano, la lode ci dà vigore e forza. Per Gesù, quindi, aggiungere fra le tante richieste un momento di pausa e di lode – “In cielo, o Padre, la Tua volontà si compie, Alleluia!”, è l’equivalente spirituale di una pausa per rinfrescarci a metà della corsa o del lavoro, dopodiché la ripresa dell’intercessione troverà maggiore forza. Qui Gesù c’insegna una preziosa lezione: la lode impartisce energia e rinnova la preghiera! Ascoltatelo!
Per lo studio biblico ulteriore
Cielo e terra: Ebrei 12.
Domande per la riflessione e la discussione
- Che significa che Dio non è limitato dallo spazio e dal tempo?
- Quali sono gli elementi necessari della perfetta comunione con Dio?
- Che cosa intende l’autore quando dice che: “Se da una parte le richieste ci sfibrano, la lode ci dà vigore e forza”?