Corsi/Custodisci/10
Custodisci in buon deposito (M. H. Smith) |
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10. SANTIFICAZIONE E BUONE OPERE
Leggere: Efesini 2:8-10; Filippesi 2:12,13;Ebrei 12:14
Abbiamo visto come l'agente che applica il beneficio dell'opera di Cristo ad una persona sia Dio lo Spirito Santo. Egli rigenera il peccatore tramite una vocazione efficace mettendolo in grado di convertirsi (ode l'annunzio dell'Evangelo, vi ripone fede e si ravvede dei suoi peccati). Il credente riceve così da Dio la dichiarazione che è giustificato e pienamente accolto da Dio come Suo figlio adottivo per grazia di Dio in Gesù Cristo.
Dio lo Spirito Santo, però, non termina così la sua opera sulla persona umana. Egli la prosegue in ciò che la Bibbia chiama santificazione.
Una definizione
Potremmo definire così la santificazione come quel processo di rieducazione che subentra in una persona quando essa viene presa in carico da Dio ai fini della salvezza.
Il credente, benché giustificato, cioè accolto da Dio come se fosse giusto per grazia Sua a causa di Gesù Cristo, continua ad avere una natura intima contaminata dal peccato per cui Dio inizia in lui una graduale opera di ripulitura che durerà per tutta la sua vita. Dio lo Spirito Santo ricostruisce l'immagine di Dio in lui prima corrotta dal peccato.
Questo implica che il credente comincerà ad essere attivo nella sua vita nel manifestare un modo di pensare, di parlare e di agire coerente con il modello di Gesù Cristo e in armonia con la volontà di Dio.
Certamente questo sulle prime sarà imperfetto come chi comincia a fare i suoi primi passi; certamente vi saranno sempre "alti e bassi" nella sua vita: il cambiamento però non potrà che essere a tutti sensibile, visibile, tangibile. E' inevitabile che il vero credente manifesti opere buone secondo il criterio di Dio.
Se non vi è evidenza né di buone opere, né di crescita spirituale, la persona che ritiene di essere stata salvata e che non ha visto alcun cambiamento nella sua vita, dovrà necessariamente riesaminare la Scrittura ed il proprio cuore per vedere se di fatto abbia mai veramente riposto la sua fede in Cristo. Una persona che affermi di aver ricevuto Cristo come proprio Signore e Salvatore, e che giorno dopo giorno non veda come la sua vita venga influenzata da ciò che Cristo ha compiuto in suo favore, certamente non ha ancora abbracciato Cristo ai fini della salvezza.
La Bibbia non insegna che la santificazione sia facoltativa per un cristiano: essa è un risultato naturale e necessario della rigenerazione e della giustificazione. La mancanza di crescita spirituale dovrebbe far suonare un campanello d'allarme in tutti coloro che si professano cristiani, o per la durezza del loro cuore o perché ancora sono in uno stato di non-salvezza.
Ed ecco così la definizione di santificazione data dal Catechismo di Westminster, come sempre ottima: "La santificazione è l'opera della grazia di Dio per la quale (1) noi veniamo rinnovati completamente secondo l'immagine di Dio, e (2) veniamo messi sempre più in grado di morire al peccato e di vivere una vita di giustizia" (# 35).
Spiegazione termini
Il termine che si usa per definire la crescita cristiana è dunque santificazione. Come il termine giustificazione, anch'esso deve essere meglio definito. 'Santificazione' deriva da un termine ebraico e poi greco che significa 'mettere da parte per uno scopo particolare'. Qualcosa di santificato, dunque, è qualcosa che si mette a parte. Per esempio, i sacerdoti ebraici (Es. 19:22) e i paramenti del tabernacolo venivano santificati, o riservati per un uso speciale nel culto del tempio (Es. 40:10-13), e così venivano designati come 'santi'. Questi termini non designano necessariamente connotazione alcuna di perfezione morale.
Nella discussione che abbiamo fatto al capitolo 2 sulla santità di Dio, avevamo già notato come l'idea di separazione fosse già presente in Dio nel fatto che Egli è separato, distinto, dal Suo creato. Lo stesso termine biblico descrive ciò che è moralmente giusto e retto, ed è quest'ultimo significato che dobbiamo tenere in particolare considerazione quando studiamo l'insegnamento della Bibbia sulla santificazione.
Si può tuttavia intendere che tutti coloro che vengono salvati siano altresì separati dal mondo per far parte del popolo di Dio. Per questo l'Israele dell'Antico Testamento e la chiesa del Nuovo Testamento vengono chiamati una nazione santa (Es. 19:6; 1 Pi. 2:9).
Quando usiamo la il nostro termine in questo modo allora parleremo di santificazione come di una condizione, in quanto è stato cambiato lo stato in cui si trovano ora i credenti; quelli che un tempo erano non-credenti, ora appartengono all'unico vero e santo Iddio (v, 1 Pi. 2:10). Quest'elevazione ad una nuova condizione è un atto che avviene nel momento stesso in cui ci affidiamo consapevolmente a Cristo (atto questo che è stato definito "santificazione definitiva").
Caratteristiche
Esaminiamo così alcune caratteristiche della santificazione.
1. E' sia opera di Dio che opera dell'uomo.
L'apostolo Paolo fa questa dichiarazione: "Così, miei cari... compiete la vostra salvezza con timore e tremore". Poi ce ne da questa spiegazione: "poiché Dio è quello che opera in voi il volere e l'operare, per la sua benevolenza" (Fl. 2:12,13).
Se analizziamo quest'interessante brano biblico, notiamo che è Dio l'autore del processo di santificazione, dato che è Lui che opera in noi e innesca in noi la dinamica del volere e dell'operare. Se la prendessimo da sola questa frase potrebbe portarci a pensare di non dover far nulla rispetto alla nostra santità, basta lasciare il tutto nelle mani di Dio. E' una falsa impressione, questo è ciò che l'apostolo voleva di fatto dire. Egli comincia con l'affermare il nostro dovere a compiere la nostra salvezza.
Si tratta di un imperativo presente che implica un'azione continuata. Dobbiamo leggere questo brano molto attentamente, perché potrebbe anche darci l'impressione che noi dobbiamo darci da fare per la nostra salvezza. Abbiamo però già notato come nessuno potrebbe essere giustificato sulla base delle sue opere (Ro. 3:20). Allora che cosa mai intende qui l'apostolo Paolo?
Egli ci comanda di dispiegare il potenziale della salvezza che ci è stata donata per grazia. In altre parole, ora che siamo salvati, dobbiamo applicare, sviluppare, estendere la salvezza che abbiamo ricevuto da Dio a causa della Sua misericordia. Questo comando ha a che fare con la nostra santificazione.
Questo comando implica per noi qualcosa da fare. Esso non afferma che non dobbiamo far nulla perché tanto è Dio che opera tramite noi. Esso insegna piuttosto che dobbiamo darci da fare fini della santità con l'incoraggiamento annesso che è Dio che ci può mettere in grado di volere e di fare questo nel modo migliore. Sulla base di questo brano, potremmo dire che Dio è l'autore della santificazione e che l'essere umano è il Suo agente.
E' come la risurrezione di Lazzaro: Gesù gli aveva comandato di uscire dalla tomba, ma era Lazzaro che doveva rispondere, facendo così con l'aiuto di Dio. Lo stesso è con la nostra santificazione e con le buone opere.
Nella santificazione, così, i credenti devono essere attivi e personalmente responsabili, perché il Signore ci comanda di "svestirci" e di "rivestirci" di caratteri nuovi (v. Ef, 4:25-32; Cl. 3:5-17). Siamo chiamati ad obbedire alla Parola di Dio, a presentare il nostro corpo come sacrificio vivente, a non conformarci al mondo, ma ad essere trasformati mediante il rinnovamento della nostra mente (Ro. 12:1).
Il Nuovo Testamento comprende molti imperativi (verbi di comando) che ci esortano ad assumere un preciso stile di vita, non un atto singolo.
Le espressioni "svestirsi" e "mettere a morte", storicamente sono state chiamate "mortificare l'uomo vecchio" (v. Ro. 8:13), mentre il comando "vestirsi" o "rivestirsi" è considerato come parte della "risurrezione dell'uomo nuovo" (v. Ro. 6:4,5; Cl. 2:12; 3:1,3).
2. Progressività
Il crescere in santità, necessità imprescindibile della vera fede, è un processo (chiamato anche "santificazione progressiva") che inizia con la rigenerazione e continua per tutta la nostra vita sulla terra. Il "nuovo cuore" che è stato innestato in noi ci rende creature nuove (2 Co. 5:17), e ci dà nuovi desideri, nuove speranze, e una nuova direzione per la nostra vita. Nel vivere la nostra vita cristiana con un nuovo cuore, sottoposti alla signoria di Cristo e condotti per grazia dallo Spirito Santo, cercheremo così sempre di più di fare la volontà di Dio.
Non possiamo però conseguire una perfezione ed una santificazione completa in questa vita, perché nella nostra natura permangono resti del peccato. Ben presto sperimenteremo che, seppure desideriamo fare ciò che è bene, il peccato rimane presente in noi (v. Ro. 7:21), e che persino le nostre migliori realizzazioni sono in effetti contaminate dalle imperfezioni risultanti dai peccati residui.
3. Il suo ideale e modello a cui adeguarsi. Riconoscere però che in questa vita non saremo mai perfetti, non significa che dobbiamo abbassare il livello verso il quale dobbiamo tendere, giacché esso è qualcosa che Dio ha stabilito per il suo popolo in tutte le generazioni. Questo livello non è nulla di meno che la perfezione, perché Dio stesso è perfetto (v. Ge. 17:1; Mt. 5:48).
L'unico metro con il quale possiamo determinare quali siano le buone opere è la Parola di Dio, in particolare la Sua legge come esposta nei Dieci Comandamenti (Es. 20:1-17). Ecco il codice di etica che Dio ci ha dato tramite Mosè, e che ci dice come dobbiamo vivere la nostra vita quotidiana secondo la volontà di Dio.
La nostra più grande preoccupazione al riguardo della nostra santificazione dovrebbe essere il divario che intercorre fra il punto in cui siamo arrivati e la perfezione stessa di Dio. Ogni peccato che rimanga nel credente è una contraddizione rispetto alla santità che Dio ha impiantato in noi al momento della rigenerazione. Se da una parte è vero che tutti i nostri peccati sono stati coperti dal sangue di Cristo e che noi non siamo più in condizione di condanna perché Gesù ha pagato per ciascuno di noi, i peccati che il credente commette meritano la riprovazione e l'ira di Dio.
Gli elementi residui del peccato in noi sono una totale contraddizione a quello che ora siamo come uomini e donne rigenerati dalla grazia di Dio.
Più santificato il credente diviene, più avrà coscienza dei suoi fallimenti, dei suoi peccati, delle sue mancanze.
Più santificato un cristiano diventa, più umile egli sarà e più si rattristerà della sua inadeguata conformità all'immagine del figlio di Dio che egli vede in sé stesso.
Si tratta di conformare dunque la nostra vita alla volontà rivelata di Dio. Come però interpretarla? Nel sermone sul monte (Mt. 5:1-7:29) Gesù ci dà l'interpretazione appropriata di un certo numero di comandamenti. Un'interpretazione autorevole della legge di Dio la possiamo anche in molti altri brani della Scrittura scritti sotto l'ispirazione dello Spirito Santo.
Notate in questo come per poter comprendere in modo appropriato la Legge, dobbiamo ancora notare quanto sia importante il principio per cui bisogna lasciare la Scrittura che interpreti sé stessa.
Ad esempio: potremmo prendere il comandamento "non uccidere" (Es. 20:13) e dire "io non ho mai ucciso" e liquidare così il problema. Gesù però allarga il concetto anche all'insulto verso qualcuno: ogni qual volta si insulta una persona si compie qualcosa che per Gesù equivale all'omicidio. Ogni singolo comandamento nel contesto dell'intero messaggio biblico, assume perciò uno "spessore" che non dobbiamo in alcun modo ignorare, anzi, cooperare con la nostra santificazione significa investigare diligentemente le Scritture per conformare ad esse ogni aspetto della nostra vita.
4. La mortificazione
Secondo l'insegnamento biblico, la santificazione comprende due elementi: la mortificazione della nostra vecchia natura e un risuscitare a novità di vita.
Santificazione implica perciò una cosciente repressione dei nostri vecchi istinti che a Dio dispiacciono, ed è indubbiamente una lotta.
Nel Nuovo Testamento veniamo esortati a "crocifiggere il vecchio uomo che è in noi". Il "vecchio uomo" non è altro che la nostra vecchia natura controllata dal peccato (cf. Ro. 6:6; Ga. 5:24). Nell'ultimo brano citato Paolo contrasta "le opere della carne" alle "opere dello Spirito": "E quelli che sono di Cristo hanno crocifisso la carne con le sue passioni e le sue concupiscenze". Questo significa che nel loro caso, lo Spirito è stato prevalente sulla vecchia natura "carnale".
Tutto questo innesca evidentemente in noi una "lotta interiore". Quando noi consideriamo noi stessi e la nostra vita vediamo -pure come credenti- quanto noi siamo al di sotto del modello ed obiettivo finale della santificazione, cioè essere perfetti come è perfetto il Padre nostro celeste (Mt. 5:48). L'apostolo Paolo stesso pare aver lottato molto con questo problema in sé stesso (v. Ro. 7).
Egli dice che da una parte, nel suo intimo, egli si trova d'accordo con la legge di Dio (Ro. 7:22). D'altro canto egli vede in lui un'altra legge: quella che contrasta fortemente con la legge che la sua mente approva, e che lo rende schiavo della legge del peccato che abita in lui (Ro. 7:23). Così egli esclama con angoscia: "La mia condizione di uomo peccatore mi trascina verso la morte: chi mi libererà?" (Ro. 7:24).
Nel contemplare l'assoluta perfezione di Dio come canone rispetto al quale misurarsi, Paolo stesso si vede un essere debole, schiavo del peccato (Ro. 7:14). Si tratta però di una lotta che viene combattuta nella certa speranza della vittoria, perché subito dopo Paolo afferma: "Grazie siano rese a Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore" (Ro. 7:25).
5. La risurrezione oggi
Se l'aspetto della santificazione del quale abbiamo parlato prima è negativo in carattere, questo è positivo. La santificazione qui diviene l'atto di Dio per cui viene rafforzata una santa disposizione del nostro cuore, viene incrementato l'esercizio della santità, e quindi promosso un nuovo stile di vita. La vecchia struttura di peccato viene gradualmente smantellata, e una nuova struttura divina viene edificata. Queste due parti della santificazione non sono successive, ma contemporanee. Grazie a Dio non dobbiamo attendere la totale demolizione dell'edificio vecchio per vederne uno nuovo! Con la graduale dissoluzione del vecchio appare il nuovo. E' come dare aria fresca ad una camera appestata di fumo e di aria viziata: si fa uscire l'aria vecchia ed entrare quella nuova.
E' veramente un risorgere con Cristo a novità di vita (Cf. Ro. 6:4,5; Cl. 2:12; 3:1,2). Questa nuova vita ci conduce ad essere "viventi a Dio" (Ro. 6:11; Ga. 2:19).
Cristo ha riportato piena vittoria sul peccato (1 Co. 15:57). Ecco perché Paolo era in grado di assicurarci che il peccato non avrà più potere su di noi, perché non siamo più sotto la legge, ma sotto la grazia (Ro. 6:14). Per questo dobbiamo considerarci morti al peccato, ma viventi per Dio, con Cristo Gesù (Ro. 6:11).
Ogni credente è stato unito a Cristo nella Sua morte e risurrezione: egli dovrà riconoscere questo fatto e considerarsi di fatto così unito a Lui. Ogni credente, in Cristo, ha riportato vittoria sul peccato. Se uno non fa esperienza di una tale vittoria, potrebbe essere che egli non sia quel credente che dice di essere. Se il potere del peccato non è spezzato in quella persona, potrebbe non essere un vero credente, perché quando si riceve Cristo come Signore e Salvatore, noi veniamo liberati dal potere del peccato.
Una parola di ammonimento è però necessaria: Il concetto di base che è stato espresso in questo capitolo è quello di uno sviluppo progressivo che implica un costante morire al peccato e un vivere sempre di più secondo giustizia. Non dobbiamo però mai supporre che, avendo raggiunto un certo livello nella nostra santificazione, non possiamo più cadere in alcun peccato veramente grave. Paolo così ci ammonisce: "Chi pensa di stare ritto, guardi di non cadere" (1 Co. 10:12).
Davide è l'esempio classico di un uomo che aveva molto progredito nella santificazione, ma che era caduto profondamente nel peccato. Anche Pietro, nonostante fosse stato con Gesù per diversi anni, era caduto in peccato, e pensava di non aver mai ceduto, invece... La meraviglia della grazia di Dio è che uomini e donne possono essere ristabiliti nella comunione con Dio nonostante la gravità dei peccati che hanno commesso e dei quali si sono pentiti. Questo misericordioso perdono dovrebbe essere per noi di grande conforto quando cadiamo in peccato. Impariamo dai Salmi di Davide come dobbiamo pentirci (v. Sl. 32, 38, 51).
6. L'intero essere umano
Va da se che la santificazione coinvolga il tutto dell'essere umano, anima e corpo. Se l'interiore dell'essere umano è stato veramente mutato, questo non potrà che influire sul complesso della vita di quella persona (Cf. 1 Te. 5:23; 2 Co. 5:17; Ro. 6:12; 1 Co. 6:15,20). Il corpo ne è evidentemente coinvolto in quanto prima esso era strumento di un'anima peccatrice, attraverso il quale si esprimevano inclinazioni, abitudini e passioni peccaminose. Dalla stessa Scrittura risulta infine chiaro che la santificazione influisce su tutte le facoltà dell'anima: l'intelligenza (Gr. 31:34; Gv. 6:45), la volontà (Ez. 36:25-27), le passioni (Ga. 5:24), e la coscienza (Ti. 1:5; Eb. 9:14).
Errori dottrinali
Tutto attraverso la storia della chiesa vi sono stati diversi movimenti e teologie che ritenevano possibile la perfezione. L'unico modo però in cui è possibile raggiungere questa perfezione è abbassando il livello della perfezione divina. Una delle concezioni più comuni a questo riguardo afferma che noi si possa progredire fino al punto di non commettere più peccati. Una tale concezione più bassa della perfezione fa sembrare certo possibile raggiungere questa perfezione, essa però non è il livello che Dio richiede.
Sarebbe troppo bello se potessimo cessare di peccare l'istante stesso in cui diventiamo cristiani, ma proprio non è il caso. Alcuni cristiani e certi sistemi di teologia credono che in realtà si possa raggiungere in questa vita un certo tipo di perfezione; quando però ci confrontiamo con la santità di Dio, dobbiamo riconoscere che in questa vita non saremo mai santi come Lui, e tantomeno la Scrittura insegna che una perfezione priva di peccato sia possibile su questa terra. Lo sarà poi.
Pietro ci dice che dobbiamo crescere nella grazia (2 Pi. 3:18), un'esortazione questa che già di per sé esclude che sia per noi possibile saltare a pie' pari in uno stato di totale santificazione. Si tratta di qualcosa in cui dobbiamo crescere giorno per giorno, e farlo, con l'aiuto della grazia di Dio, è un'eccitante avventura.
Quando noi consideriamo quanto lontano a quel tempo Paolo fosse andato sulla strada della santificazione, è sorprendente come ancora egli si consideri lontano dal suo obiettivo. Anche molto più tardi nella sua vita Paolo affermava di essere il primo dei peccatori (1 Ti. 1:15). Quando guardiamo a noi stessi in confronto con Dio, non possiamo che arrivare anche noi alla stessa conclusione di questo grande ma umile apostolo. Certo possiamo ben vedere un progresso nella nostra vita cristiana nel corso degli anni, quando però guardiano all'assoluta perfezione di Dio, noi dobbiamo inchinarci difronte a Lui ed implorare il perdono per i nostri peccati e le nostre mancanze.
Un altro errore che si è insinuato nella chiesa al riguardo della santificazione è che essa possa essere conseguita da un singolo atto di fede, proprio come è un singolo atto di fede ricevere Cristo come Salvatore. Si pensa che si possa conseguire vittoria su ogni peccato accettando Cristo come Signore della nostra vita. Questo punto di vista ha riscontrato un certo seguito perché si rivela come un rinnovato atto di consacrazione personale verso Cristo che darebbe adito ad un senso di vittoria. Riconsacrarsi a Cristo, rinnovare la propria fede e il proprio impegno, un risveglio spirituale è sempre certo buono, ma questo non è una comprensione corretta di ciò che la Bibbia insegna sulla santificazione.
La Bibbia non insegna che vi siano due momenti in cui si riceve Cristo. Quando accogliamo Gesù come nostro Salvatore, lo riceviamo al tempo stesso come nostro Signore, perché egli è il Signore Gesù Cristo. Pietro, nella sua prima predicazione dopo l'ascensione di Gesù aveva dichiarato: "Sappia dunque sicuramente tutta la casa di Israele che Iddio ha fatto e Signore e Cristo, quel Gesù che voi avete crocefisso" (At. 2:36). Non sta scritto da nessuna parte che noi si debba ricevere Cristo in un primo momento come Salvatore e poi come Signore.
Da questa idea di santificazione "istantanea" si è sviluppata la dottrina errata che noi non dovremmo tanto sforzarci verso una maggiore santità e pietà, ma che basterebbe "lasciarci andare e lasciare che Dio adempia questa trasformazione nella nostra vita". Anche questo approccio è in una certa misura attraente, perché suggerisce che, dato che lo Spirito dimora in noi, tutto ciò che dovremmo fare per vivere una vita santa è ...cessare di voler vivere una vita santa con le nostre forze. Di fatto però questa concezione insegna che noi nemmeno dovremmo più cercare di obbedire alla legge di Dio. Sebbene questo punto di vista abbia certi elementi di verità, non si tratta di ciò che Dio ha provveduto per il Suo popolo.
Un'eresia che si era diffusa già molto presto nella Chiesa cristiana era quella dell'antinomismo che era ed è ancora un errore piuttosto comune. Sostiene che una persona possa ricevere Cristo come proprio Salvatore senza che questa salvezza, dono di Dio, influisca sulla sua vita di tutti i giorni. Ora è perfettamente vero che la salvezza ci giunge per la sola fede nell'opera di Cristo, e che non vi è quantità alcuna di buone opere che possiamo fare che vi possa aggiungere qualcosa. La fede salvifica, però, è una fede vivente, perché la fede senza le buone opere è morta. Veniamo giustificati per sola fede, la fede, però, non sta mai da sola: nella vita del credente essa deve risultare in opere buone.
Un ultimo errore che possiamo citare ancora è quello del cattolicesimo romano che confonde giustificazione con santificazione. La giustificazione è un atto legale oggettivo per cui Dio accetta un peccatore a causa dei meriti di Cristo come se fosse giusto; la santificazione è un'opera soggettiva che è risultato della salvezza, possibile proprio perché la vita del peccatore sia stata "presa in carico" direttamente da Dio a causa della giustificazione.
Chiaramente, poi, le nostre buone opere non solo finalizzate a meritare la nostra salvezza, ma ne sono la conseguenza.
Infine da respingere è "tutta la faccenda" dei "santi mediatori", persone che secondo la chiesa cattolica, avrebbero accumulato nella loro vita sovrabbondanza di meriti a causa delle opere buone che hanno fatto, meriti che possono, secondo loro, essere applicati ai credenti.
Il discorso sarebbe lungo, ma se facciamo opere buone il merito non è nostro, ma solo di Dio che opera in noi, inoltre significa contravvenire al 1. comandamento invocare in preghiera altri che non sia Dio.
Nel Nuovo Testamento "santi" vengono considerati tutti i veri credenti, in quanto appunto "presi in carico" da Dio, e per questo separati -tramite la Sua elezione di grazia- dal resto dell'umanità.
Domande di revisione
- 1. Definisci che cos'è la santificazione.
- 2. Qual è il rapporto fra santificazione e giustificazione?
- 3. Che cosa significa il termine "santo" nella Bibbia?
- 4. Chi è opera la santificazione?
- 5. La gradualità della santificazione significa che non possiamo mai cadere in peccato?
- 6. Che cosa significa essere "crocefissi con Cristo" e "risorgere con Lui" già in questa vita?
- 7. Qual è la parte della nostra persona interessata alla santificazione?
- 8. Illustra quali sono i più comuni errori dottrinali che si possono fare al riguardo della santificazione.
Domande per la discussione
- 1. Quando Paolo parla dei Corinzi come di "carnali" (1 Co. 3:3) insegna forse che vi sono due classi di credenti- gli uni carnali, gli altri spirituali? Perché? (cf. 1 Co. 2:10-3:4).
- 2. L'idea di vivere una vita cristiana vittoriosa è biblica? Perché o perché no?
- 3. Forse che noi dovremmo lasciarci solo andare e lasciar fare tutto a Dio nella nostra vita cristiana? Perché o perché no?
- 4. Quale potrebbe essere un processo di santificazione ideale?
- 5. Come può un cristiano che abbia fatto grandi progressi nella santificazione cadere profondamente nel peccato?