Confessioni di fede/Elvetica/15

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Indice generale

Confessione di fede elvetica del 1566

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XV. La vera giustificazione dei fedeli

Che cos’è la giustificazione

Giustificare, secondo la discussione che ne fa l’Apostolo, significa rimettere e perdonare i peccati ed assolvere dalla colpa e dalla pena, ricevere in grazia e dichiarare [pronunciare] giusto. L’Apostolo dice infatti ai Romani: “Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio è colui che li giustifica” (Ro. 8:33). Ecco come giustificare e condannare vengano contrapposti l’uno all’altro. Negli Atti degli apostoli, inoltre, l’Apostolo dice: “Vi sia dunque noto, fratelli, che per mezzo di lui vi è annunziato il perdono dei peccati; e, per mezzo di lui, chiunque crede è giustificato di tutte le cose, delle quali voi non avete potuto essere giustificati mediante la legge di Mosè” (At. 13:38,39). Leggiamo anche nella Legge e nei Profeti: “Quando degli uomini avranno una lite, andranno in giudizio e saranno giudicati. Sarà data ragione a [giustifichino] chi è nel giusto e torto a [condannino] chi è colpevole”(De. 25:1). Al riguardo, poi, Isaia dice: “…che assolvono[1] il malvagio per un regalo, e privano il giusto del suo diritto!” (Is. 5:23).

Siamo giustificati grazie a Cristo

Ora è certissimo che noi siamo tutti peccatori malvagi per natura e convinti di empietà davanti al tribunale di Dio e quindi meritevoli [rei] di morte, ma che siamo anche giustificati, cioè assolti dal peccato e dalla morte, da Dio, nostro Giudice, e questo per la grazia che ci proviene da Uno solo, Gesù Cristo, e non per qualche nostro merito o riguardo. Che cosa si potrebbe dire, infatti, di più chiaro di quello che dice l’apostolo Paolo: “tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù” (Ro. 3:23,24).

Giustizia imputata

Gesù Cristo si è caricato, infatti, dei peccati del mondo [li ha cancellati, aboliti] ed ha soddisfatto la giustizia divina. Dio è quindi propizio ai nostri peccati per amore di Gesù Cristo [solo], che ha sofferto ed è risuscitato, e non ce li imputa, ma ci accredita la giustizia di Gesù Cristo come se fosse nostra [affinché sia nostra], in modo tale che noi siamo non solo lavati dai nostri peccati e purificati o santi [e giusti], ma dotati ed adornati della giustizia di Cristo e anche assolti dai peccati di morte o condanna, ed in definitiva giusti ed eredi della vita eterna (2 Co. 5:19ss; Ro. 4:25)[2]. Volendo, quindi, parlare propriamente, noi dichiariamo che solo Dio ci giustifica unicamente per amore di Cristo, non imputandoci i nostri peccati, ma imputandoci la Sua giustizia.

Siamo giustificati per sola fede

Del resto, ricevendo questa giustificazione non per qualche nostra opera, ma per la fede che abbiamo nella misericordia di Dio e in Gesù Cristo, noi insegniamo e crediamo con l’Apostolo che l’uomo peccatore è giustificato per la sola fede in Cristo, e non per la legge o per qualsiasi opera. L’Apostolo dice infatti: “poiché riteniamo che l'uomo è giustificato mediante la fede senza le opere della legge” (Ro. 3:28). Ugualmente:“Poiché se Abraamo fosse stato giustificato per le opere, egli avrebbe di che vantarsi; ma non davanti a Dio; infatti, che dice la Scrittura? «Abraamo credette a Dio e ciò gli fu messo in conto come giustizia»” (Ro. 4:2,3; Ge. 15:6[3]). E inoltre: “Infatti è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi; è il dono di Dio. Non è in virtù di opere affinché nessuno se ne vanti” (Ef. 2:8,9). Così dunque la fede accoglie Cristo nostra giustizia ed attribuisce tutto alla grazia di Dio in Gesù Cristo; ecco perché la giustificazione è attribuita alla fede e soprattutto a motivo di Cristo e non è opera nostra [non che la fede sia opera nostra]; essa è infatti dono di Dio.

Noi riceviamo Cristo per fede

Ora il Signore ci mostra ampiamente in Giovanni, cap. 6, che è per fede che noi riceviamo Gesù Cristo; in quel passo egli adopera “mangiare” nel senso di credere e il termine “credere” nel senso di mangiare. Infatti, come mangiando noi riceviamo il cibo, così credendo partecipiamo a Cristo. La giustificazione non è attribuibile in parte a Cristo, in parte a noi. Ecco la ragione per cui non dividiamo il beneficio della giustificazione, attribuendone una parte alla grazia di Dio e a Gesù Cristo e riservando l’altra al nostro amore, alle nostre opere o ai nostri meriti, ma diamo e riconduciamo il tutto, senza alcuna riserva alla grazia di Dio in Cristo per la fede. Tanto più che il nostro amore o le nostre opere non potrebbero piacere a Dio, essendo fatte da noi nella nostra condizione di ingiusti [o empi], per cui si richiede che siano giusti prima di amare o di fare opere giuste[4]. Ora noi siamo resi veramente giusti, come abbiamo detto, per la fede in Cristo, e questo per la pura grazia di Dio, che non ci imputa i nostri peccati ma la giustizia di Cristo e anzi ci accredita la fede in Cristo come giustizia. Inoltre l’Apostolo fa chiaramente dipendere l’amore dalla fede, dicendo che lo scopo del comandamento è l’amore, un cuore puro, una buona coscienza e una fede non finta (1 Ti. 1:5)[5].

Giacomo a confronto con Paolo

Noi parliamo perciò in questa materia non di una fede finta, vana, oziosa o morta, ma di una fede viva e vivificante, la quale, a causa del Cristo che essa accoglie [abbraccia], che vita e che vivifica, è pure vita e si dimostra tale attraverso opere vive. L’Apostolo Giacomo, quindi, non combatte contro questa dottrina quando parla della fede vana e morta, di cui alcuni si vantavano senza sentire Gesù Cristo vivo in loro mediante la fede (Gm. 2:14ss)[6]. Lui stesso dice che le opere giustificano, e tuttavia senza contraddire l’Apostolo (perché altrimenti lo si dovrebbe rigettare), ma mostrando come Abraamo, attraverso le opere ha manifestato una fede viva e giustificante. E’ quanto fanno tutti i fedeli e tutti coloro che temono Iddio, i qauali, diffidando del tutto di tutte le loro opere, si fidano unicamente di [fondano le loro speranze unicamente in] Gesù Cristo. L’Apostolo dice infatti: “Sono stato crocifisso con Cristo: non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me! La vita che vivo ora nella carne, la vivo nella fede nel Figlio di Dio il quale mi ha amato e ha dato sé stesso per me. Io non annullo la grazia di Dio; perché se la giustizia si ottenesse per mezzo della legge, Cristo sarebbe dunque morto inutilmente” (Ga. 2:20,21).

Note

[1] O « giustificano ».

[2] “Infatti Dio era in Cristo nel riconciliare con sé il mondo, non imputando agli uomini le loro colpe, e ha messo in noi la parola della riconciliazione. Noi dunque facciamo da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro; vi supplichiamo nel nome di Cristo: siate riconciliati con Dio" (2 Co. 5:19,20); "il quale è stato dato a causa delle nostre offese ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione" (Ro. 4:25).

[3] “Egli credette al SIGNORE, che gli contò questo come giustizia” (Ge. 15:6).

[4] « O fate l'albero buono e buono pure il suo frutto, o fate l'albero cattivo e cattivo pure il suo frutto; perché dal frutto si conosce l'albero » (Mt. 12:33).

[5] “Lo scopo di questo incarico è l'amore che viene da un cuore puro, da una buona coscienza e da una fede sincera” (1 Ti. 1:5).

[6] « A che serve, fratelli miei, se uno dice di aver fede ma non ha opere? Può la fede salvarlo? Se un fratello o una sorella non hanno vestiti e mancano del cibo quotidiano, e uno di voi dice loro: «Andate in pace, scaldatevi e saziatevi», ma non date loro le cose necessarie al corpo, a che cosa serve? Così è della fede; se non ha opere, è per sé stessa morta. Anzi uno piuttosto dirà: «Tu hai la fede, e io ho le opere; mostrami la tua fede senza le tue opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede» (Gm. 5:14-18).