Confessioni di fede/Augustana/12
Confessione augustana (1530) |
XII. La penitenza o conversione
Quanto alla penitenza, insegnano che a chi cade in peccato (lapsis) dopo il battesimo può essere accordata la remissione dei peccati, in qualsiasi circostanza, purché si converta, e che la chiesa deve impartire l’assoluzione a coloro che tornano a pentirsi. Infatti il pentimento consta propriamente di queste due parti: una è la contrizione dell’animo, cioè il terrore suscitato nella coscienza dal riconoscimento del peccato commesso, l’altra è la fede che è generata dal Vangelo ossia dall’assoluzione,” e crede che i peccati sono rimessi per l’opera di Cristo, consola la coscienza e la libera dalla paura. A ciò devono poi seguire le buone opere che sono il frutto del pentimento.
Condannano gli anabattisti, i quali sostengono che coloro che sono stati una volta giustificati non possono più perdere lo Spirito Santo; e così pure coloro i quali affermano che ad alcuni è dato di raggiungere una tale perfezione in questa vita da non poter più cadere in peccato.
Condannano anche i novaziani<ref>Movimento rigorista presente a Roma (metà del III sec.) e diretto dal presbitero romano Novaziano.</ref> che rifiutano l’assoluzione a coloro che, caduti in peccato dopo il battesimo, tornano a pentirsi.
Respingono anche coloro<ref>Sono i rappresentanti della teologia scolastica allora dominante.</ref> i quali insegnano che la remissione dei peccati sì può ottenere per fede, ma ci impongono di meritarci la grazia dando soddisfazione a Dio mediante le nostre opere.
Note