Catechismi/Catechismo di Heidelberg/heid28-30

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Indice generale

Catechismo di Heidelberg

Domeniche1 (1-2) - 2 (3-5) - 3 (6-8) - 4 (9-11) - 5 (12-15) - 6 (16-19) - 7 (20-23) - 8 (24-25) - 9 (26) - 10 (27-28) - 11 (29-30) - 12 (31-32) - 13 (33-34) - 14 (35-36) - 15 (37-39) - 16 (40-44) - 17 (45) - 18 (46-49) - 19 (50-52) - 20 (53) - 21 (54-56) - 22 (57-58) - 23 (59-61) - 24 (62-64) - 25 (65-68) - 26-27 (69-74) - 28-30 (75-82) - 31 (83-85) - 32 (86-87) - 33 (88-91) - 34 (92-95) - 35 (96-98) - 36-37 (99-102) - 38 (103) - 39 (104) - 40 (105-107) - 41 (108-109) - 42 (110-111) - 43 (112) - 44 (113-115) - 45 (116-119) - 46 (120-121) - 47 (122) - 48 (123) - 49 (124) - 50 (125) - 51 (126) - 52 (127-129) -

Ventottesima, ventinovesima e trentesima domenica

D. 75. Come la santa cena ti ricorda e ti assicura che tu partecipi all'unico sacrificio di Cristo sulla croce e a tutti i suoi benefici?

R. Per il fatto che Cristo mi ha comandato, a me e a tutti i cre­denti, di mangiare di questo pane spezzato e di bere di questo calice in sua memoria. Vi ha anche aggiunto le sue promesse (208): in primo luogo, con la stessa certezza con cui vedo con i miei occhi che si spezza per me il pane del Signore e che mi si porge il ca­lice, sulla croce il suo corpo è stato offerto e spezzato per me e il suo sangue è stato versato per me; in secondo luogo, con la stessa certezza con cui ricevo dalla mano del ministro e corporalmente mangio il pane e bevo il calice del Signore, che mi ven­gono offerti come sicuri segni del corpo e del sangue di Cristo, con il suo corpo crocifisso e il suo sangue versato nutre e dis­seta lui stesso la mia anima per la vita eterna.

D. 76. Che cosa vuoi dire mangiare il corpo crocifisso di Cristo e bere il suo sangue versato?

R. In primo luogo, è accettare con cuore credente tutta la passione e la morte di Cristo e ricevere così la remissione dei peccati e la vita eterna (209). In secondo luogo, è anche essere unito sempre più intimamente al corpo benedetto di Cristo mediante lo Spi­rito Santo che abita in Cristo come in noi (210), cosicché noi siamo carne della sua carne e ossa delle sue ossa (211) benché egli sia in cielo (212) e noi sulla terra. In tal modo, un solo Spirito — come l'anima fa per le membra del corpo (213) — ci governa e ci fa vivere.

D. 77. Dove Cristo ha promesso ai credenti di nutrirli con il suo corpo e dissetarli con il suo sangue con la stessa cer­tezza con cui essi mangiano di questo pane spezzato e bevono a questo calice?

R. Nell'istituzione della cena che dice così: «Poiché ho ricevuto dal Signore quello che vi ho anche trasmesso; cioè, che il Signore Gesù, nella notte in cui fu tradito, prese del pane, e dopo aver reso grazie, lo ruppe e disse: «Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me». Nello stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è il nuovo patto nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne berrete, in memoria di me. Poiché ogni volta che mangiate questo pane e bevete da questo calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga» (1 Co. 11:23-26). Questa promessa viene ripetuta anche da s. Paolo quando dice (1 Co. 10:16,17s): «Il calice della benedizione, che noi benediciamo, non è forse la comunione con il sangue di Cristo? Il pane che noi rompiamo, non è forse la comunione con il corpo di Cristo? Siccome vi è un unico pane, noi, che siamo molti, siamo un corpo unico, perché partecipiamo tutti a quell'unico pane».

D. 78. II pane e il vino diventano dunque essenzialmente il corpo e il sangue di Cristo?

R. No, ma come nel battesimo l'acqua non viene cambiata nel sangue di Cristo o non diventa la purificazione stessa dei peccati, ma n'è soltanto un divino segno e suggello (214), così nella cena il pane benedetto non diventa il corpo stesso di Cristo (215), benché, secondo la natura e l'uso dei sacramenti (216) sia chiamato il corpo di Cristo (217).

D. 79. Perché allora Cristo chiama il pane il suo corpo e il calice il suo sangue o la nuova alleanza nel suo sangue e Paolo parla della comunione al corpo e al sangue di Gesù Cri­sto?

R. Cristo parla in questo modo non senza una profonda ra­gione: con ciò vuole insegnarci non solo che, come il pane e il vino conservano la vita terrena, così il suo corpo crocifisso e il suo sangue versato sono il vero cibo e la vera bevanda delle no­stre anime per la vita eterna (218), ma con questo segno e pegno visibile vuole soprattutto assicurarci che noi parteci­piamo al suo vero corpo e al suo vero sangue mediante l'azione dello Spirito Santo, con la stessa certezza con cui riceviamo con la bocca del corpo questi sacri segni in memoria di lui (219); e, infine, che in tal modo tutta la sua passione e la sua obbedienza ci appartengono con la stessa certezza che se avessimo sofferto e soddisfatto noi stessi per i nostri peccati (220).

D. 80. Che differenza c'è fra la cena del Signore e la messa papista?

R. La cena ci attesta che abbiamo la completa remissione di tutti i nostri peccati mediante l'unico sacrificio di Gesù Cristo, da lui compiuto in modo definitivo sulla croce (221) e che mediante lo Spirito Santo siamo incorporati a Cristo (222), il quale ora si trova, con il suo vero corpo, in cielo alla destra del Padre (223) e vuole esservi adorato (224). La messa, al contrario, insegna che i vivi e i morti non hanno la remissione dei peccati mediante la passione di Cristo, se il Cristo non viene anche sacrificato per loro ogni giorno dai sacerdoti che celebrano le messe; essa insegna, inoltre, che Cri­sto si trova corporalmente sotto le specie del pane e del vino e che deve esservi, di conseguenza, adorato. Così la messa non è, in definitiva, nient'altro che una negazione dell'unico sacrificio e passione di Gesù Cristo e una male­detta idolatria.

D. 81. Chi sono coloro che devono accostarsi alla tavola del Signore?

R. Coloro che sono insoddisfatti di se stessi a causa dei loro peccati, ma che credono che essi sono loro perdonati e che la debolezza che rimane in loro è coperta dalla passione e morte di Cristo e che desiderano anche rafforzare sempre più la loro fede e migliorare la loro vita. Ma gli impenitenti e gli ipocriti mangiano e bevono la loro condanna (225).

D. 82. Bisogna ammettere alla cena anche coloro che per la loro confessione e la loro vita si dimostrano increduli ed empi?

R. No, perché in tal modo si profana l'alleanza di Dio e si ac­cende la sua collera contro tutta la comunità (226). Per cui, secondo il co­mandamento di Cristo e dei Suoi Apostoli, la chiesa deve esclu­dere, attraverso l'ufficio delle chiavi, questi increduli e questi empi finché non abbiano emendato la loro vita.

Riferimenti biblici

  • (208) "Mentre mangiavano, Gesù prese del pane e, dopo aver detto la benedizione, lo ruppe e lo diede ai suoi discepoli dicendo: «Prendete, mangiate, questo è il mio corpo». Poi, preso un calice e rese grazie, lo diede loro, dicendo: «Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue, il sangue del patto, il quale è sparso per molti per il perdono dei peccati" (Mt. 26:26-28); "Mentre mangiavano, Gesù prese del pane; detta la benedizione, lo spezzò, lo diede loro e disse: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi, preso un calice e rese grazie, lo diede loro, e tutti ne bevvero. Poi Gesù disse: «Questo è il mio sangue, il sangue del patto, che è sparso per molti" (Lu. 14:22-24); "Poi prese del pane, rese grazie e lo ruppe, e lo diede loro dicendo: «Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me». Allo stesso modo, dopo aver cenato, diede loro il calice dicendo: «Questo calice è il nuovo patto nel mio sangue, che è versato per voi" (Lu. 22:19,20); "Poiché ho ricevuto dal Signore quello che vi ho anche trasmesso; cioè, che il Signore Gesù, nella notte in cui fu tradito, prese del pane, e dopo aver reso grazie, lo ruppe e disse: «Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me». Nello stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è il nuovo patto nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne berrete, in memoria di me" (1 Co. 11:23-25).
  • (209) "Gesù disse loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà mai più sete. ... Poiché questa è la volontà del Padre mio: che chiunque contempla il Figlio e crede in lui, abbia vita eterna; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno». ...Questo è il pane che discende dal cielo, affinché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivente, che è disceso dal cielo; se uno mangia di questo pane vivrà in eterno; e il pane che io darò è la mia carne, [che darò] per la vita del mondo». I Giudei dunque discutevano tra di loro, dicendo: «Come può costui darci da mangiare la sua carne?». Perciò Gesù disse loro: «In verità, in verità vi dico che se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete vita in voi. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha vita eterna; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno" (Gv. 6:35,40,50-54).
  • (210) "Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue è vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me, e io in lui" (Gv. 6:55,56); "Infatti noi tutti siamo stati battezzati in un unico Spirito per formare un unico corpo, Giudei e Greci, schiavi e liberi; e tutti siamo stati abbeverati di un solo Spirito" (1 Co. 12:13).
  • (211) "Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? Prenderò dunque le membra di Cristo per farne membra di una prostituta? No di certo! Non sapete che chi si unisce alla prostituta è un corpo solo con lei? «Poiché», Dio dice, «i due diventeranno una sola carne». Ma chi si unisce al Signore è uno spirito solo con lui" (1 Co. 6:15-17); "Infatti nessuno odia la propria persona, anzi la nutre e la cura teneramente, come anche Cristo fa per la chiesa, poiché siamo membra del suo corpo" (Ef. 5:29,30); "Da questo conosciamo che rimaniamo in lui ed egli in noi: dal fatto che ci ha dato del suo Spirito" (1 Gv. 4:13).
  • (212) "Dette queste cose, mentre essi guardavano, fu elevato; e una nuvola, accogliendolo, lo sottrasse ai loro sguardi. E come essi avevano gli occhi fissi al cielo, mentre egli se ne andava, due uomini in vesti bianche si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare verso il cielo? Questo Gesù, che vi è stato tolto, ed è stato elevato in cielo, ritornerà nella medesima maniera in cui lo avete visto andare in cielo»" (At. 1:9-11); "che il cielo deve tenere accolto fino ai tempi della restaurazione di tutte le cose; di cui Dio ha parlato fin dall'antichità per bocca dei suoi santi profeti" (At. 3:21); "Poiché ogni volta che mangiate questo pane e bevete da questo calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga»" (1 Co. 11:26); "Se dunque siete stati risuscitati con Cristo, cercate le cose di lassù dove Cristo è seduto alla destra di Dio" (Cl. 3:1).
  • (213) "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me, e io in lui. Come il Padre vivente mi ha mandato e io vivo a motivo del Padre, così chi mi mangia vivrà anch'egli a motivo di me. Questo è il pane che è disceso dal cielo; non come quello che i padri mangiarono e morirono; chi mangia di questo pane vivrà in eterno». Queste cose disse Gesù, insegnando nella sinagoga di Capernaum. Perciò molti dei suoi discepoli, dopo aver udito, dissero: «Questo parlare è duro; chi può ascoltarlo?». Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano di ciò, disse loro: «Questo vi scandalizza? E che sarebbe se vedeste il Figlio dell'uomo ascendere dov'era prima? È lo Spirito che vivifica; la carne non è di alcuna utilità; le parole che vi ho dette sono spirito e vita. Ma tra di voi ci sono alcuni che non credono». Gesù sapeva infatti fin dal principio chi erano quelli che non credevano, e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è dato dal Padre». Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui. Perciò Gesù disse ai dodici: «Non volete andarvene anche voi?» Simon Pietro gli rispose: «Signore, da chi andremmo noi? Tu hai parole di vita eterna" (Gv. 6:56-68); "«Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiuolo. Ogni tralcio che in me non dà frutto, lo toglie via; e ogni tralcio che dà frutto, lo pota affinché ne dia di più. Voi siete già puri a causa della parola che vi ho annunziata. Dimorate in me, e io dimorerò in voi. Come il tralcio non può da sé dar frutto se non rimane nella vite, così neppure voi, se non dimorate in me. Io sono la vite, voi siete i tralci. Colui che dimora in me e nel quale io dimoro, porta molto frutto; perché senza di me non potete far nulla. Se uno non dimora in me, è gettato via come il tralcio, e si secca; questi tralci si raccolgono, si gettano nel fuoco e si bruciano" (Gv. 15:1-6); "...ma, seguendo la verità nell'amore, cresciamo in ogni cosa verso colui che è il capo, cioè Cristo. Da lui tutto il corpo ben collegato e ben connesso mediante l'aiuto fornito da tutte le giunture, trae il proprio sviluppo nella misura del vigore di ogni singola parte, per edificare sé stesso nell'amore" (Ef. 4:15,16); "Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui. Da questo conosciamo che egli rimane in noi: dallo Spirito che ci ha dato" (Gv. 3:24).
  • (214) "per santificarla dopo averla purificata lavandola con l'acqua della parola" (Ef. 5:26); "egli ci ha salvati non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia, mediante il bagno della rigenerazione e del rinnovamento dello Spirito Santo" (Tt. 3:5).
  • (215) "Mentre mangiavano, Gesù prese del pane e, dopo aver detto la benedizione, lo ruppe e lo diede ai suoi discepoli dicendo: «Prendete, mangiate, questo è il mio corpo». Poi, preso un calice e rese grazie, lo diede loro, dicendo: «Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue, il sangue del patto, il quale è sparso per molti per il perdono dei peccati. Vi dico che da ora in poi non berrò più di questo frutto della vigna, fino al giorno che lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio»" (Mt. 26:26-29).
  • (216) "Questo è il mio patto che voi osserverete, patto fra me e voi e la tua discendenza dopo di te: ogni maschio tra di voi sia circonciso. Sarete circoncisi; questo sarà un segno del patto fra me e voi" (Ge. 17:10,11); "Mangiatelo in questa maniera: con i vostri fianchi cinti, con i vostri calzari ai piedi e con il vostro bastone in mano; e mangiatelo in fretta: è la Pasqua del SIGNORE. Quella notte io passerò per il paese d'Egitto, colpirò ogni primogenito nel paese d'Egitto, tanto degli uomini quanto degli animali, e farò giustizia di tutti gli dèi d'Egitto. Io sono il SIGNORE. Il sangue vi servirà di segno sulle case dove sarete; quand'io vedrò il sangue, passerò oltre, e non vi sarà piaga su di voi per distruggervi, quando colpirò il paese d'Egitto" (Es. 12:11-13); "... mangiarono tutti lo stesso cibo spirituale, bevvero tutti la stessa bevanda spirituale, perché bevevano alla roccia spirituale che li seguiva; e questa roccia era Cristo" (1 Co. 10:3,4); "Quest'acqua era figura del battesimo (che non è eliminazione di sporcizia dal corpo, ma la richiesta di una buona coscienza verso Dio). Esso ora salva anche voi, mediante la risurrezione di Gesù Cristo" (1 Pi. 3:21).
  • (217) "Il calice della benedizione, che noi benediciamo, non è forse la comunione con il sangue di Cristo? Il pane che noi rompiamo, non è forse la comunione con il corpo di Cristo? Siccome vi è un unico pane, noi, che siamo molti, siamo un corpo unico, perché partecipiamo tutti a quell'unico pane" (1 Co. 10:16,17); "Poiché ogni volta che mangiate questo pane e bevete da questo calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga». Perciò, chiunque mangerà il pane o berrà dal calice del Signore indegnamente, sarà colpevole verso il corpo e il sangue del Signore. Ora ciascuno esamini sé stesso, e così mangi del pane e beva dal calice" (1 Co. 11:26-28).
  • (218) "Io sono il pane vivente, che è disceso dal cielo; se uno mangia di questo pane vivrà in eterno; e il pane che io darò è la mia carne, [che darò] per la vita del mondo» ... Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue è vera bevanda" (Gv. 6:51,55).
  • (219) "Il calice della benedizione, che noi benediciamo, non è forse la comunione con il sangue di Cristo? Il pane che noi rompiamo, non è forse la comunione con il corpo di Cristo? Siccome vi è un unico pane, noi, che siamo molti, siamo un corpo unico, perché partecipiamo tutti a quell'unico pane" (1 Co. 10:16,17); "Poiché ogni volta che mangiate questo pane e bevete da questo calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga»" (1 Co. 11:26).
  • (220) "Perché se siamo stati totalmente uniti a lui in una morte simile alla sua, lo saremo anche in una risurrezione simile alla sua. Sappiamo infatti che il nostro vecchio uomo è stato crocifisso con lui affinché il corpo del peccato fosse annullato e noi non serviamo più al peccato; infatti colui che è morto, è libero dal peccato. Ora, se siamo morti con Cristo, crediamo pure che vivremo con lui, sapendo che Cristo, risuscitato dai morti, non muore più; la morte non ha più potere su di lui. Poiché il suo morire fu un morire al peccato, una volta per sempre; ma il suo vivere è un vivere a Dio. Così anche voi fate conto di essere morti al peccato, ma viventi a Dio, in Cristo Gesù" (Ro. 6:5-11).
  • (221) "...perché questo è il mio sangue, il sangue del patto, il quale è sparso per molti per il perdono dei peccati" (Mt. 26:28); "il quale non ha ogni giorno bisogno di offrire sacrifici, come gli altri sommi sacerdoti, prima per i propri peccati e poi per quelli del popolo; poiché egli ha fatto questo una volta per sempre quando ha offerto sé stesso" (Eb. 7:27); "è entrato una volta per sempre nel luogo santissimo, non con sangue di capri e di vitelli, ma con il proprio sangue. Così ci ha acquistato una redenzione eterna ...In questo caso, egli avrebbe dovuto soffrire più volte dalla creazione del mondo; ma ora, una volta sola, alla fine dei secoli, è stato manifestato per annullare il peccato con il suo sacrificio" (Eb. 9:12,26); "In virtù di questa «volontà» noi siamo stati santificati, mediante l'offerta del corpo di Gesù Cristo fatta una volta per sempre. Mentre ogni sacerdote sta in piedi ogni giorno a svolgere il suo servizio e offrire ripetutamente gli stessi sacrifici che non possono mai togliere i peccati, Gesù, dopo aver offerto un unico sacrificio per i peccati, e per sempre, si è seduto alla destra di Dio, e aspetta soltanto che i suoi nemici siano posti come sgabello dei suoi piedi. Infatti con un'unica offerta egli ha reso perfetti per sempre quelli che sono santificati. Anche lo Spirito Santo ce ne rende testimonianza. Infatti, dopo aver detto: «Questo è il patto che farò con loro dopo quei giorni, dice il Signore, metterò le mie leggi nei loro cuori e le scriverò nelle loro menti», egli aggiunge: «Non mi ricorderò più dei loro peccati e delle loro iniquità». Ora, dove c'è perdono di queste cose, non c'è più bisogno di offerta per il peccato" (Eb. 10:10-18).
  • (222) "Ma chi si unisce al Signore è uno spirito solo con lui" (1 Co. 6:17); "Il calice della benedizione, che noi benediciamo, non è forse la comunione con il sangue di Cristo? Il pane che noi rompiamo, non è forse la comunione con il corpo di Cristo? Siccome vi è un unico pane, noi, che siamo molti, siamo un corpo unico, perché partecipiamo tutti a quell'unico pane" (1 Co. 10:16,17).
  • (223) "Gesù le disse: «Non trattenermi, perché non sono ancora salito al Padre; ma va' dai miei fratelli, e di' loro: "Io salgo al Padre mio e Padre vostro, al Dio mio e Dio vostro"» (Gv. 20:17); "Ma Stefano, pieno di Spirito Santo, fissati gli occhi al cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla sua destra, e disse: «Ecco, io vedo i cieli aperti, e il Figlio dell'uomo in piedi alla destra di Dio»" (At. 7:55,56); "Dio, dopo aver parlato anticamente molte volte e in molte maniere ai padri per mezzo dei profeti"; "Ora, il punto essenziale delle cose che stiamo dicendo è questo: abbiamo un sommo sacerdote tale che si è seduto alla destra del trono della Maestà nei cieli" (Eb. 1:1; 8:1).
  • (224) "Gesù le disse: «Donna, credimi; l'ora viene che né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate quel che non conoscete; noi adoriamo quel che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma l'ora viene, anzi è già venuta, che i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; poiché il Padre cerca tali adoratori. Dio è Spirito; e quelli che l'adorano, bisogna che l'adorino in spirito e verità»" (Gv. 4:21-24); "Se dunque siete stati risuscitati con Cristo, cercate le cose di lassù dove Cristo è seduto alla destra di Dio" (Cl. 3:1); "...e per aspettare dai cieli il Figlio suo che egli ha risuscitato dai morti; cioè, Gesù che ci libera dall'ira imminente" (1 Ts. 1:10).
  • (225) "Che cosa sto dicendo? Che la carne sacrificata agli idoli sia qualcosa? Che un idolo sia qualcosa? Tutt'altro; io dico che le carni che i pagani sacrificano, le sacrificano ai demòni e non a Dio; ora io non voglio che abbiate comunione con i demòni. Voi non potete bere il calice del Signore e il calice dei demòni; voi non potete partecipare alla mensa del Signore e alla mensa dei demòni. O vogliamo forse provocare il Signore a gelosia? Siamo noi più forti di lui?" (1 Co. 10:19-22); "Poiché ogni volta che mangiate questo pane e bevete da questo calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga». Perciò, chiunque mangerà il pane o berrà dal calice del Signore indegnamente, sarà colpevole verso il corpo e il sangue del Signore. Ora ciascuno esamini sé stesso, e così mangi del pane e beva dal calice; poiché chi mangia e beve, mangia e beve un giudizio contro sé stesso, se non discerne il corpo del Signore. Per questo motivo molti fra voi sono infermi e malati, e parecchi muoiono. Ora, se esaminassimo noi stessi, non saremmo giudicati; ma quando siamo giudicati, siamo corretti dal Signore, per non essere condannati con il mondo" (1 Co. 11:26-32).
  • (226) "Ma Dio dice all'empio: Perché vai elencando le mie leggi e hai sempre sulle labbra il mio patto" (Is. 50:16); "Che m'importa dei vostri numerosi sacrifici?» dice il SIGNORE; «io sono sazio degli olocausti di montoni e del grasso di bestie ingrassate; il sangue dei tori, degli agnelli e dei capri, io non lo gradisco. Quando venite a presentarvi davanti a me, chi vi ha chiesto di contaminare i miei cortili? Smettete di portare offerte inutili; l'incenso io lo detesto; e quanto ai noviluni, ai sabati, al convocare riunioni, io non posso sopportare l'iniquità unita all'assemblea solenne. L'anima mia odia i vostri noviluni e le vostre feste stabilite; mi sono un peso che sono stanco di portare. Quando stendete le mani, distolgo gli occhi da voi; anche quando moltiplicate le preghiere, io non ascolto; le vostre mani sono piene di sangue. Lavatevi, purificatevi, togliete davanti ai miei occhi la malvagità delle vostre azioni; smettete di fare il male; imparate a fare il bene; cercate la giustizia, rialzate l'oppresso, fate giustizia all'orfano, difendete la causa della vedova!" (Is. 1:11-17); "Nel darvi queste istruzioni non vi lodo del fatto che vi radunate, non per il meglio, ma per il peggio. Poiché, prima di tutto, sento che quando vi riunite in assemblea ci sono divisioni tra voi, e in parte lo credo; infatti è necessario che ci siano tra voi anche delle divisioni, perché quelli che sono approvati siano riconosciuti tali in mezzo a voi. Quando poi vi riunite insieme, quello che fate, non è mangiare la cena del Signore; poiché, al pasto comune, ciascuno prende prima la propria cena; e mentre uno ha fame, l'altro è ubriaco. Non avete forse le vostre case per mangiare e bere? O disprezzate voi la chiesa di Dio e umiliate quelli che non hanno nulla? Che vi dirò? Devo lodarvi? In questo non vi lodo. Poiché ho ricevuto dal Signore quello che vi ho anche trasmesso; cioè, che il Signore Gesù, nella notte in cui fu tradito, prese del pane, e dopo aver reso grazie, lo ruppe e disse: «Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me». Nello stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è il nuovo patto nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne berrete, in memoria di me. Poiché ogni volta che mangiate questo pane e bevete da questo calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga». Perciò, chiunque mangerà il pane o berrà dal calice del Signore indegnamente, sarà colpevole verso il corpo e il sangue del Signore. Ora ciascuno esamini sé stesso, e così mangi del pane e beva dal calice; poiché chi mangia e beve, mangia e beve un giudizio contro sé stesso, se non discerne il corpo del Signore. Per questo motivo molti fra voi sono infermi e malati, e parecchi muoiono. Ora, se esaminassimo noi stessi, non saremmo giudicati; ma quando siamo giudicati, siamo corretti dal Signore, per non essere condannati con il mondo. Dunque, fratelli miei, quando vi riunite per mangiare, aspettatevi gli uni gli altri. Se qualcuno ha fame, mangi a casa, perché non vi riuniate per attirare su di voi un giudizio. Quanto alle altre cose, le regolerò quando verrò" (1 Co. 11:17-34).

Commento alla D/R 75

Ritorniamo oggi allo studio dei temi biblici delineati nel Catechismo di Heidelberg. Siamo alla D/R 75, dove il Catechismo inizia ad approfondire "La Santa Cena di Gesù Cristo". Se il Battesimo è il sacramento dell'iniziazione, potremmo considerare la Cena del Signore "il sacramento della continuazione". A differenza del Battesimo, che si deve ricevere solo una volta (Efesini 4:5), la Cena del Signore è qualcosa che dobbiamo ricevere regolarmente durante tutta la nostra vita cristiana. In questo sacramento, infatti, "voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga" (1 Corinzi 11:26).

La Cena del Signore è stata istituita nella notte in cui Gesù fu tradito (Luca 22:14-20). Cristo ha distribuito questo sacramento durante la cena pasquale, indicando come esso avrebbe commemorato un nuovo esodo, proprio come nell'antico Patto si mangiava la Pasqua per commemorare l'esodo (l'uscita) dall'Egitto. Questo nuovo esodo è la liberazione dal peccato e dalla morte, quella che Gesù ha compiuto per il Suo popolo nella Sua opera di redenzione e nella risurrezione (Isaia 53; Matteo 1:21; Romani 3:21-26; Ebrei 9:15).

La domanda 75 del Catechismo di Heidelberg ci chiede in che modo la Cena del Signore ci ricorda e ci assicura che, attraverso di essa, noi partecipiamo ai benefici del sacrificio del Salvatore sulla croce. Nel rispondere a questa domanda, il Catechismo mette in rilievo la connessione che dobbiamo fare fra la nostra esperienza sensoriale del sacramento e la verità teologica che esso proclama. Spezzando il pane e bevendo il vino, noi siamo sollecitati a rammentare come Cristo sia stato spezzato sulla croce per noi. Quando vediamo il pane lacerato, ricordiamo come la Sua carne sia stata lacerata dai chiodi piantati nelle Sue mani e nei Suoi piedi, e dalla spada scagliata contro il suo fianco (Giovanni 19:31-37; 20:25). Quando vediamo il vino versato nel calice, noi rammentiamo che il sangue di Gesù è stato versato dalle Sue ferite sulla croce (Marco 14:24). La Cena del Signore, perciò, è una Parola visibile che ci rappresenta che cos'è avvenuto sul Calvario.

Quando gli elementi del pane e del vino sono distribuiti e ci sono porti, noi rammentiamo come Gesù sia stato spezzato ed abbia sanguinato per noi - per coloro che confidano in Lui soltanto. Il nostro Salvatore ha dato l'intera Sua vita per redimere il Suo gregge, eppure tendiamo a distrarci e dimentichiamo la stupefacente realtà dell'opera di redenzione. Nel darci questo sacramento, che deve essere ricevuto su base regolare, Dio ha accondisceso alla nostra debolezza affinché noi non dimenticassimo ciò che Egli ha compiuto nell'inviare Suo Figlio, Colui che ha offerto Sé stesso sulla croce mediante lo Spirito (Ebrei 9:14).

Quando partecipiamo ai sacramenti, può essere facile dimenticarci perché essi ci sono stati dati e che cosa da essi dobbiamo imparare. A meno che per noi non diventino semplicemente osservanze da ripetere per tradizione soltanto, facciamo molta attenzione quando essi sono amministrati e facciamo del nostro meglio per considerare ciò che essi ci mostrano. Riflettiamo attentamente a ciò che in essi è rappresentato affinché il nostro amore per il grande nostro Dio aumenti sempre di più.

Commento alla D/R 76 a

"Gesù disse loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà mai più sete" (Giovanni 6:35).

La Scrittura ci informa chiaramente che coloro che ricevono il sacramento della Cena del Signore con fede sono di fatto nutriti dal corpo e sangue del nostro Salvatore, sono in comunione con il corpo ed il sangue di Cristo (1 Corinzi 10:16). Questo è pure ciò che la tradizione cristiana afferma in modo schiacciante: molto più che un memoriale avviene quando mangiamo di quel pane e beviamo di quel vino. Così come si esprime il Catechismo di Heidelberg, "con il suo corpo crocifisso e il suo sangue versato Egli nutre e dis­seta lui stesso la mia anima per la vita eterna" (D/R 75).

Come con il Battesimo, però, questo non vuol dire che il sacramento automaticamente benefichi spiritualmente i suoi partecipanti. Inoltre, la nostra concezione della Cena del Signore non significa che il sacramento sia inevitabilmente uno strumento della grazia quando incontra chi, intenzionalmente e consapevolmente, rifiuta le benedizioni di Cristo alla Sua mensa. Non basta accostarsi alla Mensa del Signore "in modo neutrale", come se questo fosse possibile. Al contrario, quando prendiamo parte al sacramento, abbiamo bisogno di fede vivente in Gesù e nelle Sue promesse per poter essere nutriti e rafforzati da Lui. Come in ogni sacramento, parteciparvi in modo indegno e privi di fede, fa sì che da strumento di benedizione esso diventi per noi di maledizione (1 Corinzi 11:29-30; Numeri 9:13; Geremia 9:25-26; Romani 2:25-29).

Che cosa vuol dire, però, mangiare il corpo di Cristo e bere il Suo sangue? La D/R 76 del Catechismo di Heidelberg affronta la cosa e questo, fra l'altro, stabilisce una notevole differenza fra questa concezione e quella sostenuta dai cattolici romani e dai luterani. Per rispondere a questa domanda, il catechismo si avvale del testo biblico con il quale abbiamo iniziato questa riflessione. Gesù ci dice che Egli stesso è ciò che soddisfa veramente la nostra fame e sete (Giovanni 6:35). Egli lo fa attraverso la nostra fede in Lui, perché Egli dice che noi conseguiamo vita eterna solo quando Lo contempliamo ("Lo vediamo") e crediamo in Lui "Poiché questa è la volontà del Padre mio: che chiunque contempla il Figlio e crede in lui, abbia vita eterna; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno" (Giovanni 6:40). La Cena del Signore veramente ci nutre, ma non lo fa fornendoci un tipo speciale di grazia, diverso da quella disponibile attraverso gli altri mezzi stabiliti. Noi non riceviamo dei benefici dalla Cena perché noi ...si mastichi carne umana e si beva sangue umano, perché quello non è ciò che avviene letteralmente. Al contrario, traiamo beneficio dalla Cena perché confidiamo nel Salvatore. Riceviamo la grazia e la forza per perseverare credendo che Gesù ha patito la rottura del Suo corpo ed il Suo sangue è stato versato per noi. La nostra anima è sostenuta a vita eterna nel ricevere e nel riaffermare che quando andiamo a Lui con ravvedimento e con fede Egli giammai non ci respingerà: "Tutti quelli che il Padre mi dà verranno a me; e colui che viene a me, non lo caccerò fuori" (Giovanni 6:37).

Alla nostra conversione noi rompiamo in modo decisivo con il peccato ed entriamo nella sicurezza dell'ovile di Cristo. C'è però anche un senso in cui dobbiamo continuare a venire a Lui in ogni momento della nostra vita. Quando noi ogni giorno riaffermiamo la nostra fede nell'Evangelo, siamo sostenuti a vita eterna. Uno dei modi per confermare ed esprimere tangibilmente la nostra fede in Gesù è attraverso la Cena del Signore, e possiamo venire a Lui per essere sostenuti nel sacramento per fede soltanto.

Commento alla D/R 76 b

Nella nostra riflessione precedente abbiamo visto come la fede abbia un ruolo indispensabile nel sacramento della Cena del Signore. Partecipare a Cristo esige da parte nostra il credere che Gesù abbia offerto Sé stesso per noi (Giovanni 6:35-40) e questo è vero non solo nella vita cristiana in generale, ma anche quando ci accostiamo alla Mensa del Signore. Per soddisfare la nostra fame e la nostra sete dobbiamo affidarci completamente al nostro Redentore.

La D/R 76 del Catechismo di Heidelberg prosegue a spiegare che il mangiare il corpo di Cristo e bere il Suo sangue implica molto di più che confidare in Gesù. Lo Spirito Santo ci concede la fede, e noi esercitiamo tale fede (Efesini 2:8-9), ma nel sacramento, dice il catechismo, veniamo uniti " sempre più intimamente al corpo benedetto di Cristo". Ricevere la Cena del Signore con fede è il mezzo mediante il quale la nostra comunione con Cristo è rafforzata. La Cena del Signore non è strumento di giustificazione - non è il mezzo mediante il quale facciamo nostra la perfetta giustizia di Cristo e veniamo uniti al Salvatore. Quello strumento è la sola fede (Galati 2:15-16). Una volta però che siamo uniti a Gesù, la Cena del Signore è strumento mediante il quale la nostra unione con Dio il Figlio diventa più forte e vitale.

Il Catechismo di Heidelberg cita il testo di oggi (Giovanni 6:41-59) per provare questa affermazione. Notate bene la forza di quel testo. E' ovvio come Gesù non intenda alcun cannibalismo, ma non dobbiamo andare all'estremo opposto e svuotare di forza le Sue parole. Egli intende comunicare questa verità vitale: abbiamo bisogno dell'intero Cristo in modo simile o persino maggiore di quanto abbiamo bisogno di mangiare. In altre parole, la nostra vita è impossibile senza di Lui. Inoltre, nel richiamare la nostra attenzione alla Sua carne ed al Suo sangue, Gesù evidenzia come noi si abbia bisogno di Lui sia nella Sua umanità come nella Sua divinità. Siamo uniti all'intera persona di Gesù per sola fede. Nella Cena del Signore noi ci nutriamo dell'intero Cristo, e ci viene rammentato come noi dipendiamo dalla Sua perfetta umanità tanto quanto noi confidiamo nella Sua perfetta divinità. Essere in comunione con Lui alla Sua mensa è un modo speciale per dirigere la nostra adorazione ed il nostro amore verso di Lui nella Sua umanità, schiacciata per amor nostro. Alla Sua mensa, mediante il Suo Spirito, Lo incontriamo nella carne. Siamo elevati al Cielo per poter aver comunione con il Salvatore intero, Colui che siede alla destra del Padre ed intercede per noi (Ebrei 7:25-26), Là Lo incontriamo e ci rammentiamo di nuovo che Egli ci ha redento con il Suo proprio sangue.

Non stiamo qui affermando la concezione cattolico-romana della transustanziazione o la concezione luterana della consustanziazione quando mettiamo in rilievo la vera presenza di Cristo nella Cena del Signore. Come vedremo, noi diamo semplicemente che alla Sua mensa noi incontriamo l'intero Cristo. Noi affermiamo che quando Lo incontriamo alla Sua mensa, noi ci nutriamo per fede sia della Sua umanità che della Sua divinità e che, così facendo, la nostra unione con Lui cresce e diventa più vitale.

Commento alla D/R 77

Chiedete ad un credente di definire semplicemente che cosa voglia dire essere cristiani, e riceverete risposte di vario tipo. Cristiani sono coloro che confidano per la loro salvezza in Cristo soltanto (Galati 2:15-16). I cristiani sono coloro che percorrono il mondo intero per chiamare gente di ogni tipo a diventare discepoli di Gesù Cristo (Matteo 28:18-20). I cristiani sono coloro che amano il Dio trino e gli uni gli altri (1 Giovanni 4:7-12).

Potremmo pure dire che i cristiani siano coloro che comprendono il bisogno che hanno di Gesù. Per la maggior parte, noi facilmente rammentiamo il bisogno che abbiamo della Sua divinità. Sappiamo di aver bisogno che Egli dimori in noi mediante il Suo Santo Spirito per poter fare ciò che è gradito al nostro Creatore (Giovanni 14:15-18). Ciò che però spesso dimentichiamo è che abbiamo bisogno dell'umanità del nostro Salvatore tanto quanto la Sua divinità. Per poter stare alla presenza di Dio senza alcun timore, abbiamo bisogno della perfetta giustizia che Egli ha conseguito in quanto Ultimo Adamo quando Egli aveva osservato perfettamente la Legge che il nostro Creatore ha stabilito per l'umanità affinché la osservasse (Romani 5:12-21). Abbiamo bisogno delle Sue mani perforate per provare come Egli sia morto in quanto uomo per redimere dei peccatori (Romani 3:25). Mediante lo Spirito di Dio, il nostro Salvatore, secondo la Sua umanità, ci rafforza nel nostro processo di personale santificazione. "Infatti, poiché egli stesso ha sofferto la tentazione, può venire in aiuto di quelli che sono tentati" (Ebrei 2:18).

La Cena del Signore è la maniera speciale attraverso la quale noi entriamo in comunione con l'intero Cristo e siamo nutriti sia dalla Sua umanità che dalla Sua divinità per poter vivere per Lui in santità e fedeltà. Come ci rammenta la D/R 77 del Catechismo di Heidelberg, il nostro Salvatore ha promesso di nutrirci proprio in quella maniera. 1 Corinzi 10:16-17 ci dice che noi riceviamo tale nutrimento nella Cena del Signore. Quando noi mangiamo quel pane spezzato e beviamo dal calice di quel vino, davvero noi partecipiamo al corpo ed al sangue di Cristo. Non si tratta di una semplice osservanza rituale in commemorazione di quanto Cristo ha compiuto per noi, ma di una maniera attraverso la quale in modo sovrannaturale entriamo in comunione con "l'intero Salvatore". Noi Lo "condividiamo" nel Suo vero corpo e così noi veniamo benedetti da tutto ciò che Egli ha da offrire al Suo popolo.

La Cena del Signore non ci rende dei cannibali che masticano la carne di Cristo. Noi ci nutriamo spiritualmente di Lui (CFW 29:7). Siamo per così dire elevati fino al Cielo per essere in speciale comunione con la natura umana del Signore proprio come noi siamo in comunione con la Sua onnipresente natura divina. Noi ci incontriamo con l'intero Cristo e siamo nutriti e sostenuti per fede dalla Sua grazia.

la D/R 168 del Catechismo Maggiore di Westminster approfondisce i benefici che noi riceviamo mediante lo Spirito nella Cena del Signore. Siamo messi in grado di rinnovare la nostra riconoscenza verso Dio per tutto ciò che Egli ha fatto per noi. Siamo legati strettamente l'uno all'altro nell'amore e nella comunione. La nostra comunione con il Salvatore risorto ne viene rafforzata e per questo diventiamo maggiormente consapevoli della Sua grazia riconoscendo sempre meglio che dipendiamo da Lui sia in vita che in morte.

Commento alla D/R 78

Sono molti coloro che, provenendo da altre tradizioni cristiane, riscoprono e valorizzano oggi la teologia riformata classica giungendo alla persuasione che essa sia quella che meglio descrive il messaggio del Nuovo Testamento. La teologia riformata, però, non riguarda soltanto quelli che vanno sotto il nome di "i cinque punti del Calvinismo", vale a dire la sua soteriologia (dottrina della salvezza) , dette anche "le dottrine della grazia". La teologia riformata è un insieme che riguarda molti altri aspetti della fede cristiana. Essa sottolinea, per esempio, la necessità che il cristiano sia impegnato nel mondo della politica testimoniando come l'Evangelo e la Legge di Dio riguardino ogni aspetto della vita, personale e sociale. La teologia riformata comprende poi una caratteristica dottrina dei sacramenti, vale a dire essa comporta un sacramentalismo riformato. Non si può quindi prendere solo uno degli aspetti della teologia riformata ignorandone gli altri perché, appunto, si tratta di una teologia completa, onnicomprensiva. Se si fa questo, si cade inevitabilmente in incoerenze e contraddizioni, offrendo così al mondo un'immagine distorta della prospettiva riformata

Nelle nostre riflessioni di questo periodo, dunque, seguendo le tracce del Catechismo di Heidelberg, stiamo esponendo gli aspetti sacramentali della teologia riformata. Essi la distinguono dal sacerdotalismo, ma pure affermano apertamente come coloro che partecipano ai sacramenti ricevono, da parte della grazia di Dio, specifici benefici che riguardano essi soltanto, benefici di cui di fatto si privano coloro che sottovalutano la funzione dei sacramenti. Dio è all'opera anche attraverso i sacramenti e benedice coloro che con fede vi partecipano. "Il Signore ci offre misericordia ed il suggello della Sua grazia sia nella Sua santa Parola che nei sacramenti con fede sicura" (Giovanni Calvino 4.14.7).

Quando ci nutriamo di Cristo per fede nella Cena del Signore, il pane ed il vino non diventano di per sé stessi il corpo del Salvatore e sangue umano. Ciononostante, dato che esiste un collegamento fra il segno sacramentale e ciò che rappresenta, possiamo giustamente riferirci al pane ed al vino come al corpo ed al sangue del nostro Signore. Così facendo, noi usiamo un linguaggio sacramentale, proprio come fa la Scrittura in diverse altre circostanze. Nel testo di oggi, l'apostolo Paolo fa riferimento alla roccia spirituale che soddisfa la sete degli israeliti erranti come a "Cristo" (1 Corinzi 10:1-4). Paolo comprendeva l'Antico Testamento e certamente non concepiva Gesù come una roccia fisica e letterale, quella che Mosè aveva colpito per farne uscire dell'acqua (Esodo 17:1-7; Numeri 20:2-13). Il suo modo di esprimersi è del tutto appropriato. Dopo tutto, il Figlio di Dio, come seconda persona della Trinità, era la fonte prinmaria di ogni buon dono che era stato dato all’Israele dei tempi di Mosè. L’acqua era proceduta dalla roccia, ma la benedizione, in ultima analisi, non era dalla roccia, ma da Dio stesso. Nel chiamare "Cristo" il mezzo mediante il qusle era venuta l’acqua, Paolo rammentava ai Corinzi come l’acqua ricevuta attraverso la roccia provenisse dal Signore Iddio onnipotente.

Lo stesso vale per la Cena del Signore. Riferirsi al pane come al Suo corpo ed al vino come al Suo sangue non vuol dire fare un’affermazione ontologica (che riguarda, cioè, l’essenza delle cose): nella Cena del Signore non mangiamo carne e sangue, né li digeriamo... Parlare del pane e del vino comd Suo corpo e Suo sangue rivela la nostra persuasione che il Salvatore stesso - l’intero Cristo - è la vera fonte della grazia che riceviamo alla Sua mensa.

Sacramentalmente parlando, ci riferiamo al pane come al corpo di Cristo al fine di proclamare che Egli è davvero presente quando sediamo alla Sua mensa. La nostra è una fede sovrannaturale e ci attendiamo di incontrare il Signore sovrannaturalmente quando incontriamo il Signore nel sacramento. Alla Sua mensa non mastichiamo carne né beviamo sangue, ma nel sacramento mostriamo la realtà della nostra fede e ci attendiamo che attraverso di esso la nostra fede risulti rafforzata.

Commento alla D/R 79

Dio ci ha dato una rivelazione inerrante pienamente sufficiente a guidarci in tutto ciò che a Lui piace (2 Timoteo 3:16-17). Egli si attende che noi applichiamo diligentemente la nostra mente alla Sua parola e ne risultiamo trasformati (Romani 12:2). Eppure, sebbene noi si possa fare grandi progressi nello scoprire le profondità delle Scritture, noi raggiungiamo il punto in cui dobbiamo stare in silenzio e semplicemente adorare il Signore per ciò che Egli è ed ha fatto. Noi abbiamo capacità limitate, le Sue sono illimitate. Per questo incontreremo sempre verità bibliche che non non riusciamo del tutto a spiegare, cose che solo ci spingono ad adorare il nostro grande Iddio (Romani 11:33-36).

Continuando la nostra discussione sulla Cena del Signore, dobbiamo confessare che questo sacramento, almeno al presente è tanto misterioso da esigere da parte nostra più adorazione che spiegazioni.

Certamente noi non promuoviamo l’adorazione del pane della S. Cena (come fa il Cattolicesimo nella "adorazione sacramentale") né tanto meno qualsiasi altra pratica idolatrica che si è insinuata attorino alla Cena del Signore in altre tradizioni. Diciamo semplicemente che noi non comprendiamo interamente ciò che avviene nella Cena del Signore. Sappiamo chw il pane ed il vino non diventano letteralmente carne e sangue (Catechismo do Heidelberg D/R 78). Sappiamo altresi che, come ci dice Giovannii 6:55 ed altri brani, nel sacramento l’anima ne è realmente nutrita (D/R 79). Giovanni Calvino scrive: "La nostra anima è realmente nutrita dalla carne e dal sangue di Cristo nello stesso modo in cui il pane ed il vino ci mantengono e ci sistengono fisicamente. L’analogia del segno, infatti, su applica solo se la nostra anima trova nutrimento in Cristo" (Istituzione, 4.17.10). Ciononostante, almeno al tempo presente, non possiamo comprendere pienamente in che modo avvenga questa nutrizione, anche se sappuamo che essa è di tipo spiritual. Calvino pure scrive che: "Non rimane altro che rimanere stupefatti di fronte a questo mistero che, ciaramente, né la mente è in grado di concepire né la lIingua di esprimere" (4.17.7).

Pur disapprovando noi il misticismo, la presenza di Cristo nel sacramento è qualche modo mistica, misteriosa, eppure reale. Davvero entriamo in comunione con Cristo e con i nostri fratelli e sorelle in fede quando mangiamo quel pane e beviamo quel vino. Veniamo alla Cena del Signore per avere comunione con Cristo e l’uno con l’altro. Questo è l’elemento mistico. Quando Lui è qui e noi entriamo in questo rapporto con Lui, c’è vera comunione con il vero Gesù. Mentre sono in comunione con Cristo, io sono pure in comunione con tutti coloro che appartengono a Lui. Questo è ciò che ci lega.

Sebbene la Parola di Dio non giustifichi in alcun modo la transustanziazione, Cristo esprime una verità quando Egli si riferisce al Suo corpo ed al Suo sangue come a vero cibo e vera bevanda. Come afferma Calvino nelle citazioni precedenti, vi è autentica corrispondenza spirituale nella Cena del Signore tanto che si può parlare di essa come di vero nutrimento e vera bevanda per la nostra anima. Se trascuriamo o sottovalutiamo questo sacramento noi ci condanniamo alla fame" perché così rifiuteremmo il nutrimento che il Salvatore offre alla Sua mensa.