Teologia/Influenza del post-modernismo sulle chiese

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L'influenza postmoderna sulle chiese

Viviamo in un tempo convenzionalmente chiamato post-moderno il cui ethos dobbiamo comprendere, se vogliamo capire il senso delle cose che stanno succedendo e perché certe chiese e movimenti hanno successo ed altri no.

Il post-modernismo al quale qui ci riferiamo è essenzialmente una condizione sociale diversa dalle epoche che l'hanno preceduta. Abbiamo superato la fase della "modernità" dove prevaleva il razionale e lo strutturato. E' il tempo del "minestrone", del "tutto fa brodo", l'importante che abbia buon gusto (anche se prodotto artificialmente). Che poi sia velenoso è cosa che importa poco.

Le forze della modernità che oggi persistono sono essenzialmente:

1) Il capitalismo globalizzato, internazionale.

2) La rivoluzione dell'informazione.

3) I frequenti viaggi internazionali.

4) Il governo democratico come ideale.

5) Il pluralismo attraverso la libertà religiosa.

6) L'immigrazione liberalizzata.

7) La "tolleranza".

Il post-modernismo, però, è uno sviluppo ulteriore (o conseguenza del modernismo) caratterizzato da diversi fattori culturali:

1) Il disfacimento del consenso sociale e religioso, o pluralismo spregiudicato che logora la coesione sociale. Non c'è più l'idea della necessità di aderire ad un'identità religiosa particolare, "di gruppo". La propria identità ereditata non corrisponde più ad una "sostanza" ben definita. Si può essere "cattolici" o "protestanti" per tradizione, ma non più sostanzialmente. In realtà ci si conforma all'ethos prevalente che di fatto tutti omogenizza.

2) Il relativismo religioso, che permette alla gente di scegliersi le proprie persuasioni filosofiche e religiose a piacimento, quelle che meglio rispondono ai propri gusti o "quelle in cui si sentono meglio a loro agio". Non ci si preoccupa più se una cosa sia "vera", ma che "soddisfi", "piaccia", "affascini", "impressioni".

3) Sindrome da supermercato. Con nessun consenso di prospettive religiose ed il declino dell'influenza della famiglia sulla religione, siamo di fronte a ciò che è stato chiamato "l'imperativo eretico". Oggi ciascuno è "un eretico" perché sceglie le sue "preferenze religiose" da una vasta offerta, nessuna delle quali è richiesta o si è tenuti a seguire. Si dice: "Proviamo questo", "Assaggiamo quest'altro", a seconda di quanto bene sia pubblicizzato. Non c'è più impegno costante e ordinato. L'adesione personale dura fintanto che perdurano le sensazioni offerte o ci si stanca di esse. Si desidera così "provare qualcos'altro". Manca il senso della lealtà ad un'idea o ad un gruppo.

4) Religione fai da te. Le proprie scelte religiose, poi, sono poi prese o abbandonate, modificate o alterate, come un gioco. Non sono più "questione di vita o di morte" senza alcuna fondamentale lealtà al gruppo che le sostiene, come quando si cambiano prodotti o si cambia supermercato. Non si cerca la "coerenza logica" delle idee, il "sistema teologico". Non ci si fa problema a vivere nelle contraddizioni. Tutto "va bene", tutto è ammesso, tutto è "perdonato".

5) Indefinizione. Prevalenza dell'emotivo, dell'esperienza, del visivo sulla parola, sulla precisa definizione delle idee. Il postmodernismo tende a sovvertire il senso di coerenza razionale e morale, il valore del linguaggio e di un mondo oggettivo condiviso descrivibile con parole. In questo senso la "confessione di fede" che definisce e struttura, non interessa. Può essere "Gesù", in qualunque modo venga definito, basta che ci dia sensazioni gradevoli.

6) Il modello commerciale. Il postmodernismo tende a destabilizzare il senso individuale dell'identità fissa in favore di negoziazioni sempre mutevoli di persona (chi sono io) in varie situazioni. Non ci sono più "autorità culturali", tutto è senza peso e "lascia e prendi". Le transazioni commerciali sono il modello dell'interazione sociale. La gente "si vende" (sell themselves) e "compra" le idee (buy into ideas) e si "reinventa" (per evitare la noia) in qualche versione "nuova e migliorata". L'immagine che si dà di sé stessi è mutevole.

7) Infotainment. Si acquistano le idee ed i gruppi che le sostengono, non sulla base del loro valore oggettivo, ma dell'intrattenimento/divertimento che sanno dare, secondo le sensazioni che danno.

Secondo questa prospettiva:

- il culto deve intrattenere ed eccitare, non far riflettere.

- la comunità non è autentica, ma superficialmente simulata (i rapporti umani autentici sono "faticosi"). Ci si eccita a vedere la sala (o l'auditorium) pieno, fare gli stessi gesti, rispondere alla stessa maniera, essere parte dell'esperienza (come quando si va ad un concerto rock di massa). Conta "l'esserci".

- l'enfasi è sul presente, e quindi la storia è indifferente e sconosciuta. Non c'è più il lineare, la successione logica, ma la confusione caotica, l'eternamente presente.

8) Parole accessorie ad immagini. Nella condizione postmoderna le parole perdono di autorità e diventyano accessorie all'immagine. Il passato non è più un retaggio, ma strati di rovine da saccheggiare cogliendo qui e l- credenze incoerenti e inconseguenti. La religione non è più trascendente, ma un esercizio ricreativo per l'amante della "spiritualità". Arte, casa, stili di vita, idee, carattere, auto-rinnovamento, e persino fede in Dio, diventano ausiliari alla vendita ed all'incessante consumo di stili.

9) Senza discernimento. Il grande flusso di informazioni non rende più possibile il discernimento fra vero e falso, fra il significativo e l'insignificante, il conseguente ed il banale. La rapida produzione di parole inibisce la riflessione ed il discernimento della realtà. Tutto è veloce, effimero.

Certo carismaticismo/pentecostalismo ha successo perché propone idee molto "post-moderne" in linea con la sensibilità contemporanea. Certo carismaticismo e evangelicalismo è un fenomeno tipicamente postmoderno. Ne rispecchia chiaramente i principi. Il suo successo non deve quindi impressionare, perché è vano come la cultura che riflette. Fa appello alla "carne" benché si vanti di "spiritualità".

Per illustrare tutto questo cito da un articolo su "Evangelicals Now" (settembre 2008) dove si descrive la situazione delle chiese evangeliche in Nuova Zelanda. In realtà descrive la situazione oggi prevalente un po' dovunque.

L'autore afferma: "Molto spesso le chiese evangeliche definiscono sé stesse sulla base di criteri pragmatici piuttosto che dottrinali. La mancanza di chiarezza al riguardo degli elementi essenziali della fede è dovuta all'influenza di atteggiamenti e credenze tipicamente postmoderne al riguardo della verità che pure hanno preso piede nelle chiese. Sebbene molti, se forzati a farlo, articolerebbero il contenuto della loro fede in modo accettabile, le dottrine da considerarsi fondamentali per una chiesa evangelica sono spesso, in pratica, annacquate. L'esempio più illuminante al riguardo è il ruolo dato alle Sacre Scritture. Abbiamo assistito a molti culti evangelici dove a malapena si leggevano qui e là alcuni versetti soltanto delle Scritture. Questo gioca un ruolo determinante anche per l'evangelizzazione, campo dove altresì spesso prevale una vera mancanza di chiarezza al riguardo di che cosa sia l'Evangelo".

Il relativismo dottrinale, un vago riferimento al Cristo ed un atteggiamento decisamente antropocentrico (tutto è incentrato sui bisogni umani, sui sentimenti, sulla promozione di principi sostanzialmente umanistici) è chiaramente visibile nelle chiese "liberali", tanto che chiese liberali ed evangelicali sono più vicine di quanto sarebbero pronte ad ammettere. Sia nelle prime come nelle seconde prevale un allegro antinomismo dove la legge (biblica nel nostro caso) ha un valore relativo e dove prevale "l'amore".

Si osserva questo fenomeno nell'attuale dibattito nella chiesa anglicana per l'ammissione di omosessuali alla funzione di pastore e di vescovo. Commentando l'Assemblea di Lambeth (agosto 2008), la stessa rivista citata osserva:

Assente in maniera vistosa dalle riflessioni sono concetti come "peccato" e "disubbidienza" nella leadership della comunione, la chiara disobbedienza alla verità rivelata nelle Scritture e l'evitare totalmente la questione dei rapporti di foza a livello locale o globale. Si ripete semplicemente che è necessario essere tolleranti [gracious] senza correre ad emettere giudizi, è la manovra che il potere non etico usa per mascherare la sua strategia di egemonia continua (...) Il centro dell'identità anglicana è la fede oppure "l'inclusivismo"? Il liberalismo secolare nega che la verità sia possibile (scoprirla) e sollecita l'uguaglianza di ogni persona e le loro idee. Quindi tutte le idee possono contribuire e devono essere messe in tavola. Il secolarismo pone il valore dell'inclusione in rilievo rispetto a quello della fedeltà e della fede.

Anche in questo settore delle chiese, perciò, prevale la conformità all'ideologia dominante che espressamente esso serve ed al quale è prostituito.

Gli altri, però, che fanno? Sono forse condannati all'irrilevanza o alla "necessità" di conformarsi allo spirito dell'evangelicalismo o del liberalismo?

Tre colpevoli

Un'interessante analisi delle origini dell'attuale prevalente ideologia postmoderna, la propone Ernst Friedrich Schumacher. Secondo questo autore vi sono tre maggiori colpevoli della situazione, che sono stati come agenti corrosivi in un modo che ha perduto di vista la responsabilità individuale e si è legato alle illusioni dei parametri del realismo e della scienza. Questi sono Freud, Marx e Einstein. Freud ha reso soggettive le percezioni attraverso il suo insegnamento che la percezione sarebbe soggetta ad una complessa interazione fra l'ego e l'id, rendendolo letteralmente egocentrico. Questo ha condotto inevitabilmente ad un cambiamento di atteggiamento nei rapporti umani dove la realizzazione di sé stessi ha precedenza sui bisogni degli altri. Marx, cercando un capro espiatorio nella borghesia, sostituisce la responsabilità personale con un odio per gli altri. La sua colpa sta nell'addebitare sempre ad altri i problemi della società. Einstein mina alla base l'esistenza degli assoluti insistendo sulla relatività di ogni cosa. L'applicazione della "relatività" in altri campi, inclusa la morale, conduce a respingere i codici morali e la responsabilità.

A questi "tre colpevoli" io aggiungerei anche Darwin e l'evoluzionismo susseguente che, per così dire, giustifica ed ideologizza la "legge della giungla", quella della prevalenza e sopravvivenza del più forte, con tutte le sue disumane conseguenze.

Paolo Castellina, 30 agosto 2008