Etica/Matrimonio/Può un uomo divorziato e risposato fare il pastore

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Può un uomo divorziato o risposato
fare il pastore?

Vi sono chiese e denominazioni che non permettono ad una persona che sia divorziata o risposata di svolgere la funzione di pastore o di diacono. Esse basano questa concezione sulla loro interpretazione di 1 Timoteo 3:2.

Bisogna dunque che il vescovo, sia irreprensibile, marito di una sola moglie , sobrio, assennato, prudente, ospitale, atto ad insegnare, non dedito al vino, non violento, non avaro, ma 'sia 'mite, non litigioso, non amante del denaro; uno che governi bene la propria famiglia e tenga i figli in sottomissione con ogni decoro; (ma se uno non sa governare la propria famiglia, come potrà aver cura della chiesa di Dio?). Inoltre egli non sia un neoconvertito, perché non 'gli avvenga di essere 'accecato dall'orgoglio e non cada nella condanna del diavolo. Or bisogna pure che egli abbia una 'buona testimonianza da quelli di fuori, affinché non cada nell'ingiuria e nel laccio del diavolo. Similmente i diaconi 'siano 'dignitosi, non doppi nel 'parlare ', non dediti a molto vino, non avidi di illeciti guadagni, e ritengano il mistero della fede in una coscienza pura. 10 Or anche essi siano prima provati, poi svolgano il loro servizio se sono irreprensibili. 11 Anche le 'loro 'mogli 'siano 'dignitose non calunniatrici, 'ma 'sobrie 'e 'fedeli in ogni cosa. 12 'I diaconi siano mariti di una 'sola 'moglie e governino bene i figli e le proprie famiglie.

Notiamo come tutti i requisiti qui indicati per un pastore siano espressi nel tempo presente e non riguardino ciò che egli sia stato nel passato. Se un uomo fosse squalificato dal ministero pastorale per ciò che è avvenuto nella sua vita passata, se riguardasse l'intera sua vita , ciò che è avvenuto anche prima della sua conversione, chi mai potrebbe fare il pastore? Infatti "marito di una sola moglie" è solo uno dei requisiti richiesti. Quelle stesse chiese, inoltre, affermano che un uomo sarebbe squalificato dal ministero pastorale quand'anche egli fosse la parte innocente, la vittima di un abbandono e di un divorzio e, se il suo matrimonio non è più ricuperabile, che egli debba essere condannato a rimanere da solo per il resto dei suoi giorni, cioè, che egli non possa legittimamente risposarsi. Logicamente sarebbe bandito altresì dal ministero pastorale un uomo che non fosse stato nel passato del tutto irreprensibile, anche se si fosse ravveduto dai suoi peccati. Tutto questo, però, non è ciò che dice il testo . L'ironia di questa concezione è che coloro che rimangono legalmente sposati, ma che sono stati "donnaioli", che avevano una vita promiscua prima del matrimonio o che abbiano avuto amanti, possano continuare senza problemi a fare il pastore o il diacono, non però quei poveretti che sono stati abbandonati dalla propria moglie!

Che significa "marito di una sola moglie"? Questa espressione, in greco, è un colorito modo di dire per indicare un uomo che non sia un "donnaiolo", un uomo che, seppur sposato, nel contempo "non vada con altre donne", intenda rimanere fedele alla donna con la quale è legato. Il contesto del brano prescrive come il pastore debba essere essenzialmente monogamo, un uomo che non senta il bisogno di "andare" con più donne al tempo stesso, un uomo che ami solo una donna come sua moglie. Questo testo non ha a che fare con la proibizione del divorzio che, fra l'altro, Gesù stesso ammette (anche se non raccomanda) nel caso della perdurante ed irreversibile infedeltà di uno dei partner. (Matteo 19:9). Il testo dice che un pastore debba essere sposato con una sola donna. Questo preclude che egli possa essere bigamo, poligamo od omosessuale. Egli deve impegnarsi ad essere fedele a sua moglie, che non conduca una vita sessuale promiscua o che abbia, accanto a sua moglie, delle amanti...

Qui l'Apostolo non parla tanto dello stato civile di un pastore, ma del suo comportamento morale , sessuale. Vi sono uomini sposati che non sono "uomini di una donna soltanto", perché sono infedeli alla propria moglie. Che rimangano sposati è lodevole, ma conservare formalmente la condizione di "sposato" non è indicazione né garanzia, di per sé, di purezza morale. Paolo mette questa qualifica pastorale al primo posto perché è in quest'area più che in altre che molti uomini tendono a cadere. Il fatto di non essere stati fedeli alla propria moglie sembra essere più di qualsiasi altra cosa, ciò che ha fatto molti uomini abbandonare il loro ministero.

Non è nemmeno qui intenzione dell'Apostolo proibire delle nuove nozze dopo la morte della moglie o un divorzio. Il criterio qui, ripetiamo, è la condotta morale, non lo stato civile. Le Scritture, inoltre, permettono ed onorano seconde nozze nelle circostanze appropriate. La Bibbia non proibisce nuove nozze dopo un divorzio legittimo. In Matteo 5:31-32 e 19:9 il Signore permette nuove nozze quando il divorzio è stato causato da adulterio. Paolo accorda una nuova occasione di matrimonio "nel Signore" quando è il partner incredulo a chiede di divorziare (1 Corinzi 7:15). Sebbene Dio odi il divorzio (Malachia 2:16), Egli è compassionevole verso la parte innocente. Dato che le nuove nozze in sé non sono un peccato, esse non sono necessariamente una macchia sul carattere di un uomo.

Alcuni credono che pure un testo dell'Antico Testamento proibisca ad uomini divorziati di servire nella chiesa. Il brano è quello di Levitico 21:7, che stabilisce dei criteri peri sacerdoti sottoposti alla legge mosaica, fra i quali che essi non dovessero sposare una donna divorziata.

" 'Non prenderanno 'in moglie 'una prostituta, né una moglie disonorata; non prenderanno una donna ripudiata da suo marito, perché sono santi al loro DIO" (Levitico 21:7) .

Vi sono alcuni che presumono automaticamente da questo brano che un pastore del Nuovo Testamento non possa essere divorziato o risposato. se però si assume questa posizione, si incorre in considerevoli problemi, perché nei versetti 18-20 di questo stesso capitolo si elencano anche altre motivazioni che impedivano ad un uomo di essere sacerdote: " 'Nessun uomo che abbia qualche deformità potrà accostarsi: né il cieco né lo zoppo né chi sia sfigurato in viso, o abbia un arto deforme, una frattura al piede, o alla mano. n é un gobbo né un nano né colui che ha una macchia nell'occhio, o ha un eczema o la scabbia o i testicoli schiacciati " . Gli oppositori di un pastore divorziato dovrebbero altresì sostenere che ugualmente non lo possa fare chi presenti le caratteristiche citate. Il fatto è che queste disposizioni riguardavano l'Antico Testamento, anche se rimane valido lo spirito di fondo che ha ispirato quelle parole.

Pensate ad un annuncio di ricerca pastore che dica: "Preghiamo di astenersi dall'inoltrare la domanda chi sia divorziato, oppure nano, invalido, deforme, che abbia un piede fratturato o una macchia nell'occhio...". Il ragionamento che dice che un divorziato non possa mai essere pastore o diacono permetterebbe ad ex-criminali di diventarlo, ma non a quei poveretti che sono stati abbandonati dalla moglie... L'apostolo Paolo stesso afferma di sé: " '...prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento; ma misericordia mi è stata usata" (1 Timoteo 1:10). Vi sono chiese oggi, però, che non assumerebbero mai come pastore l'Apostolo Paolo, visti i suoi "precedenti"... Essi non hanno alcuna misericordia per chi è divorziato o risposato .

Non sta scritto da nessuna parte nella Bibbia che un uomo che sia un alcolista pentito, un violento pentito, un divorziato che abbia riconosciuto di aver sposato la donna sbagliata... gli debba essere precluso servire nel ministero cristiano. Il perdono e la riabilitazione di chi si è sinceramente ravveduto dei propri peccati sono completi davanti a Dio. Dio "si dimentica" completamente dei suoi peccati, la macchia è lavata. Non così per molte chiese oggi che "non dimenticano". Il titolo di un vecchio film western diceva: "Dio perdona, io no!". Non perdonerebbero nemmeno alla vittima innocente di un divorzio e "sospetterebbero" sempre di lui in forza dei loro "principi inviolabili". Per alcuni il "peccato imperdonabile" è ...il divorzio! Qualcuno ha osservato: "Ti perdonano se sei stato un assassino, ma non se sei divorziato!".

A proposito della parte innocente di un divorzio, sono pure molti che dicono: "Beh, non esiste l'innocenza quando si tratta di un divorzio, le colpe sono condivise, anche la parte innocente ha fatto sicuramente qualcosa per causare la sua situazione, e poi, avrebbe potuto fare qualcosa di più per salvare il suo matrimonio". Sono affermazioni profondamente ingiuste. Vi sono pastori che "nonostante" la loro difficile situazione familiare e il loro divorzio svolgono in modo eccellente e produttivo il loro ministero. No, per alcuni questo pregiudica tutto! Grazie a Dio vi sono chiese che, seguendo l'esempio del Signore Gesù, sono compassionevoli e realiste. Si potrebbe dire di altre che, più che Gesù, seguano ...gli scribi ed i farisei con il loro stesso spirito. Non importa quali siano state le circostanze, alcuni non ne vogliono proprio sapere di un pastore divorziato, considerandolo scandalo ed cattivo esempio. Vi sono pastori e diaconi, per altro eccellenti, che sono stati per questo forzati a dare le dimissioni. Proprio quando avrebbero bisogni di maggiore aiuto e sostegno, essi vengono respinti senza pietà. Qualcuno ha affermato che la chiesa è il solo esercito che spari sui propri soldati!

È del tutto possibile che un uomo abbia un carattere ed un comportamento buono ed irreprensibile, eppure soffrire di una situazione familiare disperata che lo ha portato suo malgrado al divorzio, come dimostra, per esempio, l'esempio biblico del profeta Osea, addirittura chiamato da Dio a sposare una donna indubbiamente "problematica" e per un preciso motivo. Il testo di 1 Timoteo 3:2 non parla dello stato civile di una persona, ma delle sue caratteristiche morali, e le due cose necessariamente non coincidono.

Fino a che punto dovrebbe spingere una chiesa ad ostracizzare un divorziato ed a precludergli il servizio cristiano? Non può fare il pastore, il diacono, il predicatore, insegnare alla scuola domenicale, servire la Santa Cena, cantare nel coro... Il suo contributo finanziatrio alla chiesa, però, non viene didisprezzato...

Se, infine, il matrimonio, "la firma" è l'unica cosa che veramente conti e che non possa essere annullata, allora, per assurdo, sarebbe meglio non sposarsi e solo convivere per evitare i problemi di divorzio, oppure solo "benedire" una coppia invece che celebrare le seconde nozze di un divorziato. Il tutto per "onorare un principio". Non è forse "farisaico" tutto questo? Gesù disse: "Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato" (Marco 2:27). Che dire poi delle fidanzate, prese e poi lasciate? Non sono anch'essi legami sciolti con una donna? Giuseppe avrebbe voluto lasciare Maria, con la quale era fidanzato, e questo sarebbe stato del tutto legittimo. Non lo fa non per salvaguardare un principio involabile, ma perché un angelo gli spiega il vero motivo per cui Maria è incinta...

Può dunque un uomo che sia divorziato e risposato essere ammesso al ministero cristiano come diacono oppure come pastore? Sì, se un diacono o un pastore ha basi scritturali per le quali ha avutio un divorzio, e le sue circostanze sono generalmente ben note, non c'èv ragione perché sia precluso dal ministero cristiano.

È ammissibile che un uomo che sia stato sposato due volte, avendo divorziato dalla prima moglie per causa di immoralità, conservare l'ufficio di pastore? Se dalla prima moglie è stato divorziato legalmente e scritturalmente,egli è qualificato per il ministero cristiano, salvi restando gli altri requisiti.

È vero che alcuni fra gli uomini che si sono dimostrati più fedeli erano divorziati, ed anche migliori di altri che, benché legalmente sposati da decenni, mostravano caratteri ben più "squalificanti" di un divorzio.

La Chiesa di Gesù Cristo dovrebbe essere il luogo in cui, più di qualunque altro, si vive il perdono e la riabilitazione, e molti divorziati (innocenti oppure no) non trovano alcuna chance di essere accolti dalla loro chiesa e valorizzati. A quante persone eccellenti è stato precluso un produttivo servizio cristiano sulla base di un principio insindacabile, fra l'altro affermato sulla base di interpretazioni errate di alcuni brani biblici!