Dichiarazione di Philadelphia
La Dichiarazione di Philadelphia
sul discorso civile ed il rafforzamento della democrazia liberale, 12 agosto 2020
L'ideologia che promuove il "politicamente corretto" sta creando un regime tirannico in cui viene bandito dal discorso civile [1] il libero confronto di idee, la libertà di parola e la libertà accademica - quella che sta alla base dei principi su cui si fondano le democrazie liberali. Slogan come "cancella la cultura" e liste di proscrizione [2] nelle università e società di commercio minano alla base il libero discorso e dibattito pubblico ed evocano la prassi comune in regimi nazi-fascisti ed comunisti. Un gruppo di lavoro diversificato di eminenti pensatori, studiosi e professionisti che credono sia importante riconsiderare i principi di libertà che ispirano la coesistenza pacifica piuttosto che la divisione, ha redatto questa "Dichiarazione di Philadelphia" [3] per la difesa e promozione della libertà di parola. Fra i primi firmatari vi è Albert Mohler, presidente di uno dei più grandi college biblici evangelici negli Stati Uniti il Southern Baptist Theological Seminary.
Il testo della dichiarazione
Linciaggio mediatico sui social. Cancella la cultura. Repressione del pensiero non allineato nelle università. Questo fa parte dell'esperienza comune oggi in America. La libertà di espressione è in crisi. Un dibattito veramente aperto - discussioni, scambio di idee, argomentazioni da cui dipende la salute e il fiorire di una democratica repubblica, sono sempre più rare. Gli ideologhi demonizzano gli oppositori per bloccare il dibattito su temi importanti e per mettere a tacere coloro con i quali non sono d'accordo.
Dobbiamo chiederci: è questo il Paese che vogliamo? Certo no. Noi vogliamo - e onestamente abbiamo bisogno - essere una nazione in cui noi e i nostri concittadini di molte diverse fedi, filosofie, e persuasioni, possano esprimersi liberamente ed onorare le loro più profonde convinzioni senza timore di essere puniti e di subire ritorsioni.
Se noi vogliamo un futuro più chiaro dobbiamo tornare ad apprendere una verità fondamentale: la nostra libertà [liberty] e la nostra felicità dipendono dal mantenimento di una cultura pubblica in cui coesistano libertà [freedom] e cortesia [civility] - dove le persone possano dissentire vigorosamente e persino ferocemente [fiercely] e, nel tempo stesso, trattarsi reciprocamente come co-umani - e, indubbiamente, come concittadini - non come mortali nemici. "La libertà è priva di significato laddove il diritto di esprimere il proprio pensiero ed opinioni ha cessato di esistere", dichiarò Frederick Douglass [4] nel 1860. Senza dubbio, la nostra democrazia liberale è radicata e dipendente dalla comprensione condivisa che ogni essere umano ha una dignità ed un valore inerente, e che deve essere trattato di conseguenza.
Una società che manchi di rispetto reciproco [comity] e permetta che alcuni siano costretti a provare vergogna ed essere intimiditi tanto da auto-censurare le loro idee e giudizi considerati, non sopravviverà a lungo. In quanto americani, noi desideriamo un mercato di idee fiorente, consapevoli che si tratta della maniera più giusta ed efficace per separare la menzogna dalla verità. Di conseguenza, a voci dissenzienti ed impopolari - siano esse di sinistra oppure di destra - deve essere accordata l'opportunità di essere udite. Esse hanno spesso guidato la nostra società verso posizioni più giuste - ecco perché Frederick Douglass diceva che la libertà di parola è "il grande rinnovatore morale della società e dei governi".
La tradizione americana di libertà di espressione, insieme alle responsabilità che l'accompagnano, è la nostra scuola di cittadinanza democratica. Ci addestra a pensare criticamente, a difendere le nostre idee e, al tempo stesso, ad essere rispettosi degli altri, il cui credo e persuasioni differiscono dal nostro. Essa ci mette in grado di imparare l'uno dall'altro e coesistere pacificamente nonostante le differenze. Essa instilla in noi, inoltre la comprensione che essere semplicemente esposti ad idee che consideriamo offensive, non è "un atto di violenza". Ci ammonisce, inoltre che se diamo valore alla libertà di espressione, dobbiamo estendere la stessa misura di libertà agli altri, anche coloro dei quali riteniamo che il loro pensiero sia degenerato e sbagliato.
E' tragico osservarlo, ma stiamo perdendo queste caratteristiche identitarie della nostra democrazia. Stanno smantellando un decente buon senso e la libertà di parola attraverso la pratica stigmatizzante delle liste nere [blacklisting] degli oppositori ideologici, che ha assunto la cospicua forma dell'etichetta "odio". Organizzazioni responsabili vengono criticate duramente come "gruppi di odio" [hate groups]. Persone oneste in buona fede vengono marchiate come "agenti di odio" [hate agents]. Persino diffuse idee tradizionali [mainstream ideas] vengono marginalizzate come "discorsi di odio" [hate speech]. Tutto questo minaccia la nostra capacità di ascoltare, discutere, dibattere e crescere.
Le liste nere [blacklisting] si stanno diffondendo. Società di commercio [corporations] stabiliscono politiche di "discorsi di odio" per proteggere le persone da contenuti ritenuti "sbagliati" e "dannosi". Allo stesso modo università e facoltà universitarie impongono regole del discorso [speech regulations] per "proteggere" gli studenti, non da lesioni fisiche ma da ogni potenziale sfida all'ortodossia stabilita dall'università. Queste politiche e regolamenti presumono che noi, come cittadini, non saremmo in grado di pensare da noi stessi per giungere a giudizi indipendenti. Invece di insegnare a rapportarsi a idee diverse, esse promuovono il conformismo ("groupthink") e ci addestrano a rispondere alle sfide intellettuali con una forma o un'altra di censura.
L'umanità ha ripetutamente cercato di cancellare idee e credenze indesiderabili. Ciò che non colgono questi auto-nominati censori e arbitri del discorso, sia nella maggioranza che nella minoranza, è che presto o tardi anch'essi diventeranno un bersaglio per altri. Il vento inevitabilmente cambierà direzione, spesso molto rapidamente. La questione è se le norme che salvaguardano la civiltà, cortesia [civility] e libertà di parola rimangono in vigore per proteggerli, oppure essi diventeranno a loro volta le vittime stesse di pericolosi precedenti che essi stessi hanno stabilito e promosso.
Certamente la nostra tradizione di libertà di parola non è assolutista. Essa non abbraccia certe categorie limitate di discorso come diffamazione, oscenità, intimidazione e minacce, e nemmeno incitamento alla violenza. Eppure l'idea di eccezione ai liberi principi di "linguaggio di odio" è estranea ai nostri ideali di libertà di parola, impossibili da definire, e spesso usati da coloro che brandiscono potere politico, economico o culturale per far tacere voci dissenzienti. Ecco perché dobbiamo favorire l'apertura, il permettere a idee e credenze l'opportunità di essere valutate secondo i loro meriti; e dobbiamo essere disposti ad aver fiducia che le cattive idee saranno corrette, non attraverso la censura ma da argomentazioni migliori.
Se cerchiamo di cambiare la traiettoria del nostro Paese; se desideriamo l'unità piuttosto che la divisione; se vogliamo una vita politica che sia produttiva e ispirante; se aspiriamo ad una società pluralista e libera, una in cui si possa forgiare il nostro proprio cammino e vivere secondo la nostra coscienza, allora dobbiamo rinunciare alle liste nere ideologiche e riconsacrarci a difendere strenuamente la libertà di parola e promuovere appassionatamente un robusto discorso civile.
Note
[1] Una delle questioni educative, politiche e sociali più importanti di oggi è il modo migliore per avere una conversazione civile in una società democratica. Il nostro passato, presente e futuro dipendono da questo processo essenziale: i cittadini si riuniscono, si ascoltano a vicenda, discutono, prendono una decisione e determinano una linea di condotta. La polarizzazione delle opinioni, unita alla velocità e all'accesso dell'era digitale, hanno reso più difficile mantenere le nostre conversazioni civili oggi. Dai "dibattiti urlanti", ai post di blog supponenti, ai dibattiti politici pieni di retorica, siamo confrontati ogni giorno con una conversazione incivile. Il discorso civile lo è: veritiero, produttivo, basatto sul sulla responsabilità di ogni oratore. Il discorso civile non lo è mera cortesia, un esercizio di martirio, etichettare ed insultare le persone, puramente di intrattenimento.
[2] Lista di proscrizione: nei regimi autoritari, elenco delle persone condannate all’esilio, alla confisca dei beni o ad altre pene, specialmente perché appartenenti alla fazione politica avversaria.
[3] https://thephillystatement.org/ [4] Frederick Douglass, vero nome Frederick Augustus Washington Bailey (Contea di Talbot, 14 febbraio 1818 – Washington, 20 febbraio 1895), è stato un politico, scrittore, editore, oratore, riformatore, abolizionista e sostenitore del diritto di voto per le donne statunitense (cfr. https://it.wikipedia.org/wiki/Frederick_Douglass).