Etica/Divorzio e nuove nozze sono possibili

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Ritorno


La possibilità di divorzio e nuove nozze

Secondo la Bibbia

Antico Testamento

Nella legge ebraica, i divorzi erano regolati da due testi biblici:

Deuteronomio 24:1 - "Quando un uomo sposa una donna che poi non vuole più, perché ha scoperto qualcosa di indecente a suo riguardo, le scriva un atto di ripudio, glielo metta in mano e la mandi via".


La frase "qualcosa di indecente a suo riguardo" era intesa significare "adulterio" e questo testo permetteva alla vittima dell'adulterio il diritto di considerarsi sciolta dal suo matrimonio.

Il secondo testo dell'Antico Testamento permetteva il divorzio quando si era di fronte a negligenza ed abusi. Era di fatto basato su una legge che, data da Dio a Mosè, di fatto governava il trattamento dei servitori.

Esodo 21:7-11 - "Se uno vende la propria figlia come schiava, questa non se ne andrà come se ne vanno gli schiavi. Se lei non piace al suo padrone, che si era proposto di prenderla in moglie, deve permettere che sia riscattata; ma non avrà il diritto di venderla a gente straniera, dopo esserle stato infedele. Se la dà in sposa a suo figlio, dovrà trattarla secondo il diritto delle figlie. Se prende un'altra moglie, non toglierà alla prima né il vitto, né il vestire, né la coabitazione. Se non le fa queste tre cose, lei se ne andrà senza pagare nessun prezzo".


Questo versetto dell'Esodo significava che la prima moglie poteva essere sciolta dal suo matrimonio, e quindi divorziare  da suo marito, se egli gravemente la trascurava in queste tre aree: vitto, vestire, e "coabitazione" (cioè amore, rapporti sessuali). Allora così ragionavano: se Dio è disposto a concedere il diritto al divorzio ad un'umile serva, allora pure questo diritto ce l'ha ogni marito o moglie che sia trascurato, negletto, abbandonato. Le situazioni di abuso erano coperte da queste leggi perché gli abusi fisici ed emotivi sono una forma estrema di negligenza. Ecco così che queste tre basi per un divorzio vengono così elencate sui certificati di matrimonio ebraico e formavano la base delle promesse nuziali.

Sebbene Iddio permettesse nell'Antico Testamento la poligamia, essa scompare quando Cristo stesso dichiara come il matrimonio monogamico soltanto fosse ciò che Iddio aveva previsto nel creare Adamo ed Eva: "Ed egli rispose loro: «Non avete letto che il Creatore, da principio, li creò maschio e femmina e che disse:  'Perciò l'uomo lascerà il padre e la madre, e si unirà con sua moglie, e i due saranno una sola carne?'" (Matteo 19:4,5).

Questi quattro diritti di un marito o una moglie: fedeltà, cibo, vestiario ed amore nel matrimonio, erano e rimangono stabili. Marito e moglie, nei voti nuziali ebraici, promettevano l'un l'altro di garantirsi vitto, vestiario ed amore. Il marito svolgeva per questo lavori agricoli e pastorali per provvedere a sua moglie cibo e vestiario, e la moglie altresì li adempiva cucinando il cibo, producendo vestiario per l'intera famiglia. Essi, poi, promettevano di garantire l'uno all'altra l'amore coniugale.

Nuovo Testamento

Un adattamento della legge ebraica sul matrimonio era stato introdotto  più o meno al tempo in cui nasce Gesù,  chiamato "divorzio per un motivo qualsiasi" e viene aggiunto alle tradizionali quattro cause di divorzio ammesse fino ad allora. In che modo esso viene introdotto?

Dio aveva permesso il divorzio dopo aver scoperto "qualcosa di indecente" al riguardo del coniuge. Originalmente quest'espressione non significava altro che adulterio. A questo alcuni giuristi avevano trovato una scappatoia dividendo questa frase in due separate cause di divorzio: (1) "perché ha scoperto qualcosa" (una qualsiasi cosa diventa occasione di divorzio) e (2) "indecenza" o adulterio. "Qualcosa" che permette il divorzio poteva così diventare, ad esempio, "Mia moglie è una cuoca incapace", senza che vi fosse stato infedeltà negligenza o abuso. Questa corruzione del significato dell'espressione biblica, poi, aveva reso superfluo menzionare negligenza ed abuso. La clausola "per un motivo qualsiasi" nel Deuteronomio diventa così più facile e meno pubblica. Quando così Gesù inizia il suo ministero in Galilea, questa scappatoia legale era diventata la causa prevalente di divorzi nella società di quel tempo.

Ecco così il motivo per il quale viene fatta a Gesù la domanda circa la legittimità dei divorzi "per un motivo qualsiasi", cosa che aveva cambiato il significato del versetto del Deuteronomio. "Dei farisei gli si avvicinarono per metterlo alla prova, dicendo: «È lecito mandar via la propria moglie per un motivo qualsiasi?»" (Matteo 19:3). Quest'adattamento alla legge era legittimo?

"Ma io vi dico che chiunque manda via sua moglie, quando non sia per motivo di fornicazione, e ne sposa un'altra, commette adulterio" (Matteo 19:9). Gesù qui afferma che la prescrizione del Deuteronomio non può essere suddivisa in due cause di divorzio, ma solo una: il divorzio può essere chiesto solo nel caso di infedeltà coniugale (fornicazione, adulterio). Di fatto, questa causa, con l'aggiunta di negligenza ed abuso, sono le uniche basi di divorzio che Iddio menzioni. Gesù dice loro che la clausola "per qualsiasi ragione" non è legittima, valida e che, se avessero per questo divorziato e si fossero risposati, avrebbero commesso adulterio.

Notate come qui Gesù non restringa le cause di divorzio al solo adulterio. Egli solo corregge, nega, la legittimità della clausola "per un motivo qualsiasi" ("per aver scoperto qualcosa"). Le basi di divorzio menzionate in Esodo (cibo, vestiario ed amore) erano accettate da tutti fra i Giudei del primo secolo e non erano in questione.

Lo stesso apostolo Paolo menziona questi tre obblighi dell'Esodo, quando rammenta ai cristiani di Corinto ciò che essi devono alle loro mogli, cioè sia amore fisico che sostegno materiale.

"Il marito renda alla moglie ciò che le è dovuto; lo stesso faccia la moglie verso il marito. La moglie non ha potere sul proprio corpo, ma il marito; e nello stesso modo il marito non ha potere sul proprio corpo, ma la moglie. Non privatevi l'uno dell'altro, se non di comune accordo, per un tempo, per dedicarvi alla preghiera; e poi ritornate insieme, perché Satana non vi tenti a motivo della vostra incontinenza" (1 Corinzi 7:3-5).

"...ma colui che è sposato si dà pensiero delle cose del mondo, come potrebbe piacere alla moglie e i suoi interessi sono divisi. La donna senza marito o vergine si dà pensiero delle cose del Signore, per essere consacrata a lui nel corpo e nello spirito; mentre la sposata si dà pensiero delle cose del mondo, come potrebbe piacere al marito" (1 Corinzi 7:33-34). "Cose del mondo" qui è il sostegno materiale del coniuge.


Di fatto le promesse nuziali sono basate sulle cause di divorzio menzionate in Esodo (amore, cibo e vestiario), come citato da Paolo: "llo stesso modo anche i mariti devono amare le loro mogli, come la loro propria persona. Chi ama sua moglie ama sé stesso. Infatti nessuno odia la propria persona, anzi la nutre e la cura teneramente, come anche Cristo fa per la chiesa, poiché siamo membra del suo corpo (Efesini 5:28-30), letteralmente: "l'ama, se ne prende cura e le tiene caldo". E' questo ciò che il marito e la moglie si promettono vicendevolmente. Quando questi voti sono ripetutamente infranti, allora la vittima ha l'opzione di divorziare e di risposarsi.

I punti chiave, così, sono:

I quattro voti nuziali di fedeltà sessuale, nutrimento, vestiario ed amore, sono basati sulle quattro motivazioni bibliche per la trasgressione delle quali si ammette in divorzio.

Infedeltà, negligenza ed abuso, fornivano le basi, sia nell'Antico che nel Nuovo Testamento per le quali chi ne era vittima poteva scegliere di divorziare e di risposarsi.

Gesù dichiara illegale la clausola "per un motivo qualsiasi" che, di fatto, significa un divorzio che non ne discuta le cause, perché permetteva di divorziare senza infrangere i voti nuziali.

Paolo menziona questi obblighi nuziali e dice agli sposi cristiani di non privarsi l'un l'altro di ciò che reciprocamente è dovuto.


Il divorzio e le leggi romane

Quando l'apostolo Paolo scrive ai cristiani di Corinto, quella città era sottoposta alle leggi romane. Per la legge romana il matrimonio era obbligatorio. L'imperatore Augusto aveva decretato questa legge perché aveva rilevato come non ci fossero abbastanza cittadini romani per nascita ed i giovani evitavano di sposarsi. I divorzi erano regolati dalla legge di Roma ed erano molto facili. Persino i cittadini d'origine ebraica potevano avvalersi della legge di Roma, se volevano. Tutto ciò che si doveva fare per un divorzio era separarsi dal proprio partner e andar via di casa (se era proprietà del proprio partner). Se invece si era proprietari della casa, bastava dire al proprio partner d'andarsene. Nella maggior parte dei casi era l'uomo che possedeva la casa e il marito diceva a sua moglie di andarsene. Era detto: "Divorzio per separazione". Non era necessario redigere un certificato di divorzio come nella cultura ebraica, oppure dichiarare quale ne fosse il motivo. Una volta che il proprio partner aveva abbandonato casa, si era dichiarati legalmente divorziati e ci si poteva risposare.

Gesù stesso aveva condannato il matrimonio senza legittima causa perché aveva respinto la clausola "per una causa qualsiasi" comune a quel tempo nella società israelita. Questo tipo di divorzio israelita lo permetteva per ragioni diverse dall'infedeltà, dalla negligenza o dall'abuso, regole che Dio aveva stabilito nell'Antico Testamento. E' in questo contesto che Paolo scrive alla comunità cristiana di Corinto.

"Ai coniugi poi ordino, non io ma il Signore, che la moglie non si separi dal marito  (e se si fosse separata, rimanga senza sposarsi o si riconcili con il marito); e che il marito non mandi via la moglie. Ma agli altri dico io, non il Signore: se un fratello ha una moglie non credente ed ella acconsente ad abitare con lui, non la mandi via; e la donna che ha un marito non credente, s'egli consente ad abitare con lei, non mandi via il marito; perché il marito non credente è santificato nella moglie, e la moglie non credente è santificata nel marito credente; altrimenti i vostri figli sarebbero impuri, mentre ora sono santi. Però, se il non credente si separa, si separi pure; in tali casi, il fratello o la sorella non sono obbligati a continuare a stare insieme; ma Dio ci ha chiamati a vivere in pace; perché, tu, moglie, che sai se salverai tuo marito? E tu, marito, che sai se salverai tua moglie?" (1 Corinzi 7:10-16).

Il punto qui di Paolo è che i cristiani non divorzino senza motivi legittimi facendo uso della legge romana del "divorzio per separazione". Sotto la legge romana, chiunque poteva divorziare dal proprio partner anche se era innocente. Una certa donna cristiana aveva già divorziato da suo marito senza motivi legittimi facendo uso della legge sul "divorzio per separazione" e Paolo ci teneva a dirle che fare nella sua situazione.

E se sei vittima di un divorzio romano senza causa ed il tuo partner non è cristiano? Paolo dà ai credenti dei consigli: "Però, se il non credente si separa, si separi pure; in tali casi, il fratello o la sorella non sono obbligati a continuare a stare insieme; ma Dio ci ha chiamati a vivere in pace". Perché Paolo permette questa eccezione? Paolo rileva che se la vittima è stata abbandonata, allora aveva diritto di divorziare perché soffriva di negligenza com'è definito da esodo 21:10. Questo versetto proteggeva persino i più umili membri della società israelita dalla negligenza matrimoniale e da abusi di qualsiasi genere. Ecco perché Paolo usa il termine "non sono obbligati" (lett. "resi schiavi") in quanto questo versetto, nel contesto originale, proteggeva le mogli dall'essere trattate come schiave. Inoltre, praticamente, non c'era nulla che un marito o una moglie potesse fare se già erano legalmente divorziati.

E un nuovo matrimonio? Il cittadino romano che non si risposava entro 18 mesi (o due anni se il partner era morto), secondo la legge dell'imperatore Augusto poteva essere perseguito legalmente. Così un nuovo matrimonio, nella società secolare era qualcosa da attendersi. Gli israeliti si aspettavano che un divorziato si risposasse. Tutti sapevano che avrebbero potuto risposarsi perché questo diritto era scritto nei certificati ebraici di divorzio. Questo certificato di divorzio era cosa che Iddio stesso si attendeva.

Paolo dimostra di comprendere il diritto di una persona legalmente divorziata a risposarsi, perché di fatto egli cita un certificato di divorzio: "La moglie è vincolata per tutto il tempo che vive suo marito; ma, se il marito muore, ella è libera di sposarsi con chi vuole, purché lo faccia nel Signore" (1 Corinzi 7:39). Dice questo per rassicurare le vedone che lo vogliano, che hanno diritto di risposarsi, basta che sia un uomo cristiano.Queste vedove non infrangono gli impegni che hanno contratto, se si risposano.

Che cosa intende Paolo quando dice: "La moglie è vincolata per tutto il tempo che vive suo marito" (1 Corinzi 7:39)? Forse che Paolo dice che solo la morte possa porre fine ad un matrimonio? No, in realtà Paolo non dice nulla che contraddica la legge sul divorzio in Deuteronomio 24:1, o in Esodo 21:10-11, oppure nelle parole di Matteo 19:9. Perché? Perché Paolo si rivolge particolarmente alle vedove, cioè a quelle donne il cui marito è  morto. La morte del marito mette fine agli obblighi che esse avevano nei suoi riguardi.  Le vedove, come gli altri credenti single o legalmente divorziati, possono sposarsi con chiunque vogliano, ma tutti i credenti devono sposare cristiani professanti, altrimenti rimangano single.

I punti chiave, allora, sono:

I divorzi romani erano molto comuni e facili da ottenere.

Paolo dice ai cristiani di Corinto che coloro che hanno fatto uso della legge romana sul divorzio, da considerarsi invalida, non devono risposarsi, ma riconciliarsi con il proprio coniuge.

Se sono vittime di un "divorzio per separazione" romano, essendo stati abbandonati, possono considerarlo base sufficiente per un divorzio fondato a causa di negligenza.

Paolo permette ai cristiani divorziati legittimamente ed alle vedove di risposarsi, ma come i credenti single, essi devono cercarsi un partner che appartenga a Cristo.

 


Degli articoli molto interessanti e soprattutto biblici sulla questione del divorzio e del nuovo matrimonio, li potrete trovare (in inglese) all'indirizzo: http://www.instonebrewer.com/divorceremarriage/ dal quale, a Dio piacendo, prenderò ancora, occasionalmente dei contributi, traducendoli in italiano. Sulla problematica, vedi anche (in inglese): http://divorceremarriage.blogspot.com/

Il messaggio della Bibbia per quelli che soffrono nell'ambito del loro matrimonio è sia realistico che amorevole.

Un matrimonio dovrebbe durare tutta la vita, ma quando le promesse nuziali sono infrante, questo può essere base legittima per un divorzio.

Basi bibliche per un divorzio includono l'adulterio, violenze fisiche e mentali, l'abbandono.

Gesù esortava al perdono, ma permetteva il divorzio sulla base dell'infrazione irrimediabile dei voti matrimoniali (irriducibilità al pentimento).

L'intera concezione che il divorzio sia un peccato, è basato su una comprensione inadeguata delle Scritture. Peccato è pregiudicare il matrimonio infrangendo i voti nuziali, e questo conduce al divorzio. Equivale ad "assassinare un matrimonio". L'assassinio è il peccato, la morte ne è il risultato, e il certificato di morte semplicemente attesta il fatto. Il profeta Malachia dice che Dio odia l'infrazione del patto matrimoniale con il/la proprio/a partner per infedeltà. Dio non odia il divorziato o la divorziata, ma odia la causa del divorzio.

Solo la vittima, non colui o colei che perpetra questi peccati, dovrebbe decidere se e quando divorziare.

Chiunque divorzi su basi bibliche o che subisca un divorzio può risposarsi.

 


Alcune questioni

Può una comunità cristiana assumere come proprio pastore un divorziato? Non esiste alcuna proibizione biblica di divorzio o di nuovo matrimonio per un responsabile di chiesa. La descrizione che viene fatta di un responsabile di chiesa come "marito di una sola moglie" o "moglie di un solo marito" (1 Timoteo 3:2; 5:9) è talvolta considerata come proibizione di un nuovo matrimonio. In realtà vuol dire soltanto che questi debba avere allo stato attuale un solo partner ed essergli fedele. Nel mondo antico questo era indicazione di un alto senso morale perché avveniva normalmente il contrario. I peccati che riguardano la sfera sessuale spesso ricevono, nell'ambito delle chiese, un'indebita attenzione come se fossero la cosa più grave ed imperdonabile esistente. E' l'eredità di una certa cultura cattolico-romana che sacralizza ed esagera il significato del matrimonio facendolo indebitamente assurgere a "sacramento", come pure del coltivare un atteggiamento sessuofobico estraneo alla concezione biblica del mondo. E' così che alcuni si vantano magari di avere come pastore un criminale pentito che abbia lasciato definitivamente alle spalle la sua vita passata, ma ci si sente imbarazzati ad avere come pastore una persona divorziata come se fosse la più grave delle colpe, persino quando di un divorzio ne è la vittima. Si giunge persino a negare che tale persona possa rifarsi una famiglia ed impostare la sua vita su basi diverse da prima. L'infrazione dei voti nuziali scaturita in un divorzio, però, dovrebbe essere trattato come qualunque altro peccato del passato, confessato e perdonato. Di un peccato confessato e perdonato, la Scrittura dice: "Egli tornerà ad avere pietà di noi, metterà sotto i suoi piedi le nostre colpe e getterà in fondo al mare tutti i nostri peccati" (Michea 7:9). Una volta che vi è stato un sincero ravvedimento e ricevutone il perdono da Dio, può e deve essere dimenticato. Bisogna inoltre pure rammentarsi che il divorzio in sé stesso non è peccato, ma lo è l'infrangere i voti matrimoniali. La pretesa, inoltre, che un ministro di culto debba "dare l'esempio" di una vita integerrima a tutti i livelli, anche per quanto riguarda il suo passato, come tale è insostenibile. Se questo fosse vero, chi mai avrebbe assunto come pastore l'apostolo Paolo, che disse: "Prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento; ma misericordia mi è stata usata" (1 Timoteo 1:13)