Predicazioni/Matteo/Quella parola che fa del bene

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Ritorno


Quella parola che fa del bene perché viene da un amico vero 

Oggi sempre più spesso siamo costretti a spegnere i tanti mezzi di comunicazione dai quali siamo circondati, per non essere più bombardati da parole vuote, inutili, e spesso tossiche che ci vorrebbero condizionare e sfruttare per i loro fini. I moderni mezzi di comunicazione in sé non sono cattivi, ma è necessario filtrare ciò che trasmettono per poter incontrare, a distanza, solo chi chi è davvero amico e ci fa del bene. E' allora che nascono, si producono in noi buoni pensieri, buone parole, belle azioni.

Per Gesù di Nazareth Dio era "una voce amica", perché come tale lui la conosceva e come tale egli voleva trasmetterla al mondo. Per questo, egli, Gesù, era diventato come un seminatore di buon seme che poteva germogliare, crescere, produrre buoni frutti e diventare il pane della vita. In questo mondo, però, questo procedimento, del tutto naturale, incontra moltissimi ostacoli. Sono quelli di cui Gesù parla quando racconta la parabola dei semi e dei diversi tipi di terreno. La troviamo nel capitolo 13 del vangelo secondo Matteo, che ce ne fornisce anche la spiegazione. Ascoltiamola:

"Ora, in quello stesso giorno Gesù, uscito di casa, si pose a sedere presso il mare. E grandi folle si radunarono intorno a lui, così che egli, salito su una barca, si pose a sedere; e tutta la folla stava in piedi sulla riva. Ed egli espose loro molte cose in parabole, dicendo: 'Ecco, un seminatore uscì a seminare. Mentre seminava una parte del seme cadde lungo la strada; e gli uccelli vennero e lo mangiarono. Un'altra cadde in luoghi rocciosi, dove non c'era molta terra, e subito germogliò perché il terreno non era profondo; ma, levatosi il sole, fu riarso e, perché non aveva radice, si seccò. Un'altra cadde tra le spine, e le spine crebbero e la soffocarono. E un'altra cadde in buona terra e portò frutto, dando il cento, il sessanta e il trenta per uno. Chi ha orecchi da udire, oda! ... Voi dunque intendete la parabola del seminatore. Quando qualcuno ode la parola del regno e non la comprende, il maligno viene e porta via ciò che era stato seminato nel suo cuore. Queti è colui che ha ricevuto il seme lungo la strada. E quello che ha ricevuto il seme in luoghi rocciosi, è colui che ode la parola e subito la riceve con gioia; ma non ha radice in sé, ed è di corta durata; e quando sopraggiunge la tribolazione o la persecuzione, a causa della parola, ne è subito scandalizzato. E quello che ha ricevuto il seme tra le spine è colui che ode la parola, ma le sollecitudini di questo mondo e l'inganno delle ricchezze soffocano la parola; ed essa diviene infruttuosa. Quello che invece riceve il seme nella buona terra, è colui che ode la parola, la comprende e porta frutto; e produce uno il cento, un altro il sessanta e un altro il trenta per uno" (Mt. 13:1-8,18-23).

Il seme di cui Gesù ci parla rappresenta la buona Parola di Dio che egli sparge per il mondo affinché produca quel buon frutto che da essa può sorgere nel cuore umano, affamato di cibo buono e nutriente.Si, il termine "seminatore" è davvero una magnifica descrizione di chi annuncia la Parola di Dio!

"Egli uscì a seminare" - non per fare una conferenza o un discorso formale, non per fare spettacolo, per fare del male o sfruttare, ma affinché il suo seme possa crescere a gloria di Dio e portare frutto nel cuore umano! Tutti coloro che portano la sacca di prezioso seme anelano di spargerlo affinché germogli, cresca e produca frutto. Il predicatore dell'evangelo anela a che questa parola sia accolta con gioia e coltivata con grande diligenza, ma quanta tristezza quando deve ammettere con rammarico che, in diversi casi, "la parola della predicazione non giovò loro nulla, non essendo stata congiunta alla fede in coloro che l'avevano udita" (Ebrei 4:2).

I quattro diversi tipi di terreno di cui parla questa parabola rappresentano così quattro diversi modi in cui la Parola della Vita può essere trattata da coloro che la ascoltano.

1. Il seme lungo la strada, o l'uditore indifferente. Parte del seme cade su una strada. Certo una strada non è il posto ideale per seminare: è battuta in continuazione e dura. Aperta a tutti ma non dimora stabile di alcuno. Eppure ad una strada somigliano tanti che odono il messaggio della Parola di Dio, tanti che potremmo definire 'uditori indifferenti'.

Un uditore indifferente può anche essere un uditore regolare, ma il suo cuore è come un sentiero pubblico, aperto e battuto duramente con i piedi di pensieri egocentrici. Quante parole vuote e banali, infatti, ci raggiungono, quanta mancanza di discernimento per chi le accoglie. Poco alla volta diventano assuefatti a tutti questi messaggi, non li odono più, ne diventano impermeabilizzati, duri. Anche l'unico messaggio di valore che potrebbero ricevere, l'Evangelo, lo considerano con indifferenza uno fra i tanti e non ha effetto alcuno su di loro.

La "dura strada" diventa ineluttabilmente così il terreno adatto su cui il nemico di Dio, bugiardo ed omicida, può portare via quel prezioso seme. Essa è esposta agli "uccelli" ed ai piedi di ogni passante. La strada non si presta a conservare il messaggio. Non importa quanto prezioso possa essere il seme, esso può solo cadervi sopra; non può cadervi dentro. Il seme corre sempre il pericolo di perdersi e di essere portato via se non viene nascosto, cioè meditato nel proprio cuore. Gli uccelli hanno occhi molto acuti. Si aggirano per l'aria e vedono  il prezioso seme,la preziosa Parola che giace su un cuore che non la comprende e la carpisce. La persona non si avvede nemmeno della perdita subita, perché non ha mai apprezzato veramente quella Parola.

Questo terreno è così davvero un posto disperato perché il seme dell'Evangelo vi cresca. Sebbene possa rimanervi per tempo limitato, esso non vi trova accesso, e quindi non può manifestare vita alcuna. Gli uditori indifferenti non ne potranno mai trarre profitto. Siete voi, rispetto al messaggio dell'Evangelo, un terreno simile ad una strada?

2. I luoghi rocciosi, o l'uditore emotivo. C'è poi un tipo di suolo che presenta una certa misura di terreno teoricamente coltivabile, ma è di poco spessore, al di sotto c'è comunque dura roccia.

Qui la parola viene ricevuta con gioia (20). Quando non c'è profondità nella terra, la piantina può essere sradicata molto facilmente. L'uditore superficiale è spesso molto emotivo. E' facile operare sul suo strato sottile di emozioni. Si commuove facilmente, magari considerando le grandi sofferenze del Salvatore Gesù Cristo, o una predica particolarmente vibrante. Gli escono lacrime che ben presto, altrettanto facilmente si asciugheranno. Dopo un po' dimenticherà ciò che ha udito. Ascolta con gioia la Parola, però, il suo cuore sembra solo essere all'altezza dei suoi occhi: è una persona superficiale: non chiedetegli di più.

Infatti, viene fatta morire rapidamente. "Non aveva radice". Germoglia rapidamente,  ma nessuna crescita in profondità. Al di sotto della copertura sottile di sentimenti emotivi o del formalismo religioso c'è la roccia dura di una volontà ostinata che non intende piegarsi all'ubbidienza al Signore. Non c'è spazio nella sua vita perché il seme ne faccia scendere radici. La disciplina della fede non fa per questa persona. Una fede così però, non può vivere a lungo, presto si stancherà anche delle emozioni.

Il risultato è che la piantina dell'Evangelo è completamente riarsa. "fu riarso... e si seccò" (6). Non essendovi alcun nutrimento interiore esso viene ben presto vinto da circostanze esteriori. Fintanto che il cuore non viene riempito con l'amore di Dio la Parola non metterà radici e non crescerà, non sarà mai "radicata nell'amore". Alle prime serie difficoltà, perché la vita cristiana autentica è impegno, resistenza e perseveranza, ne resterà intimidito ed abbandonerà tutto. Le difficoltà e la persecuzione fanno subito seccare il simulatore. Ciò che però fa seccare il simulatore, è ciò che rafforza la persona in cui la Parola effettivamente si radica.

3. Il terreno spinoso, o l'uditore dall'animo doppio. Ecco finalmente un buon terreno: un terreno promettente su cui è possibile coltivare. L'ideale, direte voi. No, qui c'è un problema, su questo terreno vengono pure tollerate e persino coltivate male erbe.

Si tratta infatti di un terreno ricco. Dove c'è abbondanza di terra per farvi crescere i rovi, ci sarebbe terra abbastanza anche per il buon seme. Nel cuore di chi ha animo doppio può essere anche ben passato l'aratro dello Spirito che lo convince di peccato, perché c'è disponibilità a ricevere la Parola del regno, ma ben presto darà pure spazio alle spine delle cose di questo mondo.

Ha sentimenti duplici: vorrebbe sia Cristo che ciò che offre questo mondo. E' un terreno "pieno di spine". Le spine ed i rovi spesso conquistano il primo posto nel cuore umano: apparentemente sono molto più dinamici del buon seme. Crescono in fretta e fanno subito bella impressione. Però non tutti ciò che ha un bell'aspetto è pure buono e salutare. In realtà ciò che però trova precedenza deve essere la prima cosa da estirparsi se la seconda e la spirituale mai deve prosperare. E' "l'inganno delle ricchezze", ciò che le male erbe promettono ma non danno. Il terreno è dunque buono, ma alla fine sarà comunque.

Le erbacce non producono nulla di utile, ed hanno pure la capacità di soffocare e di annullare l'effetto delle buone piante. Il seme non soffoca le spine, ma le spine soffocano il seme. Se il cuore coltiva il peccato, questo ben presto si manifesterà, sebbene possa non essere per qualche tempo visibile, come i rovi coperti dall'aratro che passa. Le "sollecitudini di questo mondo" che soffocano la Parola promettente, ciò che questo mondo tanto valorizza, sono nemici mortali, sebbene spesso li si giustifichi. Bisogna estirparli dalla nostra vita se vogliamo essere fruttiferi di buone opere.

4. Il buon terreno, o l'uditore onesto. L'unico buon terreno è quello citato qui per ultimo. Esso è un terreno predisposto, terra che è stata oggetto di speciale cura. E' un terreno su cui è passato l'aratro che ne ha spezzato la durezza, ed un terreno curato dal contadino che lo ripulisce dalle erbacce. Allo stesso modo un cuore che è stato "arato e spezzato" dallo Spirito di Dio. Chi di voi è disposto a far si che Dio lo renda terreno fruttifero dall'opera radicale di Dio? Quello solo produrrà. Qui le erbacce e i rovi sono stati recisi alla radice e portati via a fasci. Il cuore che davvero sia desideroso di cose spirituali non ha infatti spazio per "sollecitudini" e "ricchezze" che sono di ostacolo per l'unica cosa necessaria. Un buon terreno è pure:

Esso è cuore che comprende (23). Il terreno "comprende" il seme, lo prende cioè in sé stesso, nascondendolo nel suo intimo in totale libertà di crescere. Per quello deve trovare un terreno adatto. Senza la meditazione della Parola esso troverà ben poco spazio, come una pianta nel vaso. A far germinare il seme è la comprensione della Parola.

Ed ecco così che diventa un cuore fruttifero. "Uno il cento, un altro il sessanta, un altro il trenta per uno". Obiettivo principale del Seminatore è il frutto. Tutto ciò che non è fruttifero è solo sprecato. Il frutto è una gioiosa confessione di fede, buone opere, nuova ubbidienza e perseveranza. Vi sono gradi di fruttificazione persino nel buon terreno. I semi individuali della verità speciale saranno meglio condizionati in alcuni cuori meglio che in altri. La stessa verità nella vita di una persona produrrà cento per uno, mentre in un altro solo trenta. La misura di comprensione ha molto a che fare con la misura di fruttificazione.

Tanti messaggi dunque ci bombardano continuamente. Fra di questi molti di disturbo, messaggi negativi e parole vane, vuote ed inutili. In questa ridda di voci ecco però anche quella che sola vale: l'Evangelo di Cristo, la buona Parola di Dio, che è "pane". Quando esso ci viene annunziato, qual è la nostra reazione? Quale tipo di terreno siamo? Dio voglia che noi siamo un buon terreno, predisposto perché il Signore l'ha lavorato, e quindi un terreno che comprende e che si rivela fruttifero. Il Signore Gesù ha detto ai Suoi discepoli: "io vi ho scelto e costituiti perché andiate e portiate frutto, e il vostro frutto sia duraturo" (Gv. 15:16).

[Paolo Castellina, riduzione da una predicazione del 7 aprile 1994].