Corsi/Essere cristiani/42
Essere cristiani (J. I. Packer) |
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Il Credo, o Simbolo apostolico. Credo in Dio padre onnipotente, creatore del cielo e della terra. E in Gesù Cristo, suo figlio unigenito, Signor nostro, il quale fu concepito di Spirito santo, nacque da Maria vergine, patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto. Discese nel soggiorno dei morti, il terzo giorno risuscitò, salì al cielo, siede alla destra di Dio, padre onnipotente. Di là ha da venire a giudicare i vivi e i morti. Credo nello Spirito santo, la santa chiesa universale, la comunione dei santi, la remissione dei peccati, la risurrezione dei corpi e la vita eterna. Amen.
42. Il nostro pane quotidiano
Il Padre nostro, dopo essersi concentrato sul nome di Dio, sul Suo regno e sulla Sua volontà, rivolge la sua attenzione a ciò che mangiamo. Un’improvvisa caduta di stile? Niente affatto! Si tratta di un’autentica progressione!
Coloro che, con le prime tre richieste, intendono veramente ciò che hanno richiesto, infatti, s’impegnano a vivere completamente per Dio, e la richiesta più naturale e logica che ne consegue, è quella di domandare il cibo che per questo possa dare loro energia. La risposta che aveva dato il dott. Johnson alla critica che egli si occupasse troppo del suo stomaco, un giorno era stata: “Chi ignora le necessità del proprio stomaco sarà ben presto incapace ad occuparsi di qualsiasi altra cosa”. Realismo cristiano? Si, esattamente quello!
In secondo luogo, noi dipendiamo, di fatto, in ogni momento dal nostro Creatore e Padre, il quale conserva in vita noi ed il resto dell’universo, poiché – senza la Sua volontà – nulla potrebbe sussistere. E’ Lui che sostiene il funzionamento ritmico della natura. Ricordate la Sua promessa dopo il diluvio? “Finché la terra durerà, semina e raccolta, freddo e caldo, estate e inverno, giorno e notte, non cesseranno mai” (Ge. 8:22). E’ quindi giusto, per noi, riconoscere regolarmente in preghiera questa dipendenza, particolarmente in un tempo come il nostro dove si presume che la natura sostenga sé stessa e dove molti ritengono “problematica” la realtà stessa di Dio.
Alcuni ritengono che le preghiere finalizzate al soddisfacimento di bisogni materiali siano troppo rozze, come se Dio non fosse interessato all’aspetto fisico della vita e che quindi nemmeno noi lo dovremmo essere. Questa super-spiritualità, però, è una devianza piuttosto egoistica. In Colossesi 2:23 l’apostolo Paolo ammonisce come l’ascetismo volontario non faccia necessariamente cessare l’indulgenza carnale (vale a dire il nostro ego peccatore). Le preghiere che guardano a Dio come l’unica ed onnicomprensiva fonte a cui noi possiamo attingere per ogni necessità umana, persino la più mondana, esprime una verità. Essa ci rende umili perché ridimensiona la nostra auto-sufficienza e promuove la nostra dipendenza da Dio, cosa questa che molto onora Dio. Né la nostra mente, né il nostro cuore possono essere considerati “a posto” fintanto che noi non vedremo come necessario ed importante pregare per il pane quotidiano, almeno altrettanto importante quanto, diciamo, il perdono dei peccati.
In terzo luogo a Dio interessa che i Suoi servitori abbiano il cibo necessario per il loro sostentamento, come mostra il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci per dare da mangiare prima a 4000 persone e poi a 5000 persone. Dio s’interessa dei bisogni fisici non meno dei bisogni spirituali, dato che essere umani significa avere sia gli uni che gli altri.
Il corpo
Questa richiesta del Padre nostro ci mostra come considerare il nostro corpo. La fede cristiana non deifica il corpo come i pagani moderni, rendendo valori ultimi salute e bellezza. Essa, però, neanche lo disprezza, facendo, per esempio, dell’essere trasandati una virtù, come alcuni antichi pagani una volta facevano (e sfortunatamente pure alcuni cristiani). La fede cristiana insegna ad accettare il proprio corpo come parte della buona creazione di Dio. Dobbiamo prenderci cura del nostro corpo per il servizio che ci dà, come pure goderne con gratitudine. E’ così che onoriamo chi ha creato il nostro corpo. Godere del proprio corpo, per il discepolo di Cristo, non è affatto qualcosa di contrario alla spiritualità. Il corpo deve essere considerato come la salvezza, un generoso dono di Dio.
La Bibbia si oppone all’ascetismo “delle facce lunghe” dicendo che se tu hai buona salute, un buon appetito, agilità fisica e sei sposato, tutti doni di Dio, possiamo legittimamente goderne e rallegrarcene. Rallegrarci e godere con riconoscenza la nostra fisicità, benché non sia il tutto della vita, fa parte del nostro dovere e servizio verso Dio. Se non lo facessimo, ci dimostreremmo ingrati di questi buoni doni. Come disse giustamente, ma con disgusto, il personaggio di Berlicche nell’opera di C. S. Lewis: “L’uomo è fondamentalmente un edonista”, valorizza il piacere per dare piacere. Bene fecero alcuni rabbini ad insegnare che nel giorno del giudizio Dio ci chiederà pure conto dei piaceri che Egli ci aveva offerto e che noi avevamo trascurato. Sappiamo veramente come godere di ciò che abbiamo ricevuto –si, anche fisicamente- per la gloria di Dio?
Bisogni materiali?
Notate che nel Padre nostro c’è chiesto di pregare per il nostro pane quotidiano. L’uso del plurale qui indica come pure noi si debba intercedere per altri, e non solo pregare per noi stessi. Il fatto poi che sia usato il termine “pane” per indicare la dieta umana di base in ogni cultura, antica e moderna, indichi tutte le necessità vitali ed i mezzi per provvedere ad esse. La parola “pane”, così, include ogni cibo: la preghiera è per gli agricoltori e contro la carestia. Questa preghiera, inoltre, include gli indumenti, la casa e la salute fisica: ecco così come essa sia un’intercessione per servizi sociali e medici. Non solo questo, ma questa preghiera copre il denaro e la capacità di guadagnarne, e diventa un grido contro la povertà, la disoccupazione, e ogni politica che non tenga debito conto di tutto questo. Martin Lutero diceva che i governanti avrebbero dovuto porre nei loro emblemi pagnotte più che leoni, rammentando così che il benessere della popolazione doveva venire per primo, ed egli rilevava come questa frase del Padre nostro includa anche la preghiera per le autorità, il cui compito è quello di fornire pane per tutti.
Quotidiano
Il traduttore in lingua inglese della Bibbia, H. B. Phillips, rende questa frase così: “Dacci ogni giorno il pane di cui abbiamo bisogno”. C’è chiesto di chiedere pane allo stesso modo in cui gli antichi ebrei dovevano raccogliere la manna, vale a dire giorno per giorno, senza accumularne. Il cristiano deve vivere in costante dipendenza da Dio, un giorno per volta. Inoltre dobbiamo chiedere il pane di cui abbiamo bisogno; vale a dire che ci sia fornito il necessario, non i lussi di cui potremmo bene fare a meno. Questa richiesta non santifica l’avidità! Inoltre, quando preghiamo, dobbiamo essere pronti a che Dio ci mostri, quando non ci dà ciò che abbiamo chiesto, che era dopo tutto bene così, perché, di fatto, non n’avevamo bisogno.
E’ a questo punto che giunge il vero test della fede. Presumo che tu, cristiano, abbia chiesto il pane che ti è oggi necessario. Credi tu effettivamente che ciò che ti giungerà – poco o tanto che sia – sia la risposta che Dio dà alla tua preghiera, secondo la promessa di Matteo 6:33 che dice: “Cercate prima il regno e la giustizia di Dio, e tutte queste cose vi saranno date in più”? Su quella base, poi, saprai accontentartene essendone davvero riconoscente? A te la risposta.
Per lo studio biblico ulteriore
Dio provvede: Salmo 104; Matteo 6:19-34.
Domande di riflessione e di approfondimento
- Sei d’accordo che Dio s’interessi sia dei bisogni materiali come di quelli spirituali?
- Perché o perché no? Come buoni amministratori, quale atteggiamento noi dovremmo avere verso il nostro corpo?
- Perché, e in che senso, la fede cristiana deve essere impostata al principio del “un giorno per volta”?