Corsi/Essere cristiani/07
Prefazione
Quando udite che qualcuno vi presenta un giovane come "il mio unico figlio", voi subito vi rendete conto come quegli sia come la pupilla stessa dell’occhio di suo padre. Queste parole rivelano un grande affetto. Quando il Credo chiama Gesù "il Figlio unico di Dio" (che fa eco all’unigenito Figlio di Dio in Gv. 1:18; 3:16,18), l’implicazione è la stessa. Gesù, come unico Figlio di Dio, gode dell’affetto più grande del Padre. Dio stesso lo dice quando parla dal cielo per identificare Gesù al Suo battesimo ed alla trasfigurazione: "ecco una voce dal cielo. che disse: "Questi è il mio amato Figlio, nel quale mi sono compiaciuto" (Mt. 3:17: 17:5).
Pienamente Dio
Questa frase del Credo, inoltre, è un baluardo contro chiunque voglia sminuire o negare la divinità di Gesù, tanto quanto lo si può trovare nell'Unitarismo e nelle sétte. Gesù non fu solo "un uomo buono ispirato da Dio", né un "super angelo", il primo e il più eccellente, molto al di sopra degli uomini (il che è ciò che dicevano gli Ariani nel quarto secolo, e ciò che i Testimoni di Geova dicono oggi). Gesù era e rimane il Figlio unigenito di Dio, veramente e pienamente Dio come Suo Padre. Volontà di Dio, disse Gesù, è che "tutti onorino il Figlio come onorano il Padre, chi non onora il Figlio, non onora il Padre che lo ha mandato" (Gv. 5:23). Quest'affermazione è tale da far cadere a terra qualunque forma di Unitarismo.
Non si tratta forse di semplice mitologia parlare di un rapporto Padre - Figlio all'interno della stessa Entità divina? No, perché Gesù stesso parlò in questo modo. Egli chiamava Iddio "Padre mio", e di Sé stesso come de "il Figlio", non "un figlio". Egli stesso parlava di un rapporto unico ed eterno fra Padre e Figlio, entro il quale Egli era venuto a portare altri. "Ogni cosa mi è stata data in mano dal Padre mio, e nessuno conosce il Figlio, se non il Padre; e nessuno conosce il Padre, se non il Figlio e colui al quale il Figlio avrà voluto rivelarlo" (Mt.11:27).
Generato
"…generato dal Padre prima di tutti i secoli, luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato ma non creato", dice il Credo niceno. Questo è il linguaggio usato dai dibattiti del quarto secolo. Il punto che vi si afferma è che sebbene il Figlio viva la Sua vita in dipendenza dal Padre, perché questa è la Sua natura ("io vivo a motivo del Padre" (Gv. 6:57), in Sé stesso Egli è divino ed eterno, e non un essere creato. Quest'espressione non intende dire che il Figlio sia stato originato dopo il Padre, o che Egli stesso sia meno del Padre.
"Generato", o nell'espressione di Giovanni, "unigenito", non può significare un avvenimento del passato di Dio che non sia parte del presente, dato che è solo per noi creature che viviamo nel tempo, che esistono avvenimenti legati al tempo. Il tempo come noi lo conosciamo, è una componente della creazione, e Colui che l'ha creato non è soggetto alle sue limitazioni più di quanto Egli non sia soggetto alle limitazioni dello spazio creato. Per noi la vita è una sequenza di momenti, e gli avvenimenti passati e futuri (il generare, o qualsiasi altro) non sono per noi raggiungibili. Per Dio, però (così dobbiamo supporre, pur senza poterlo immaginare), tutti gli avvenimenti sono costantemente presenti in un eterno Adesso.
Così nella "generazione" atemporale del Figlio (distinta da quella temporale come pure da quella metaforica del re in Sl. 2:7, che è applicata a Cristo in Atti 13:33, e Ebrei 1:5; 5:5, e che significa semplicemente portarlo al trono) deve essere intesa non come un avvenimento legato al tempo per cui Dio, dopo essere stato del tutto singolare, diventa plurale, ma come un rapporto eterno laddove la prima Persona verso il Figlio è sempre Padre, e la seconda Persona verso il Padre sempre Figlio. Nel terzo secolo Origene espresse bene questo pensiero parlando della "generazione eterna" del Figlio. E' una componente dell'eterna gloria del Dio trino.
Mistero
Formule per descrivere l'incarnazione, come "una Persona in due Nature, pienamente Dio e pienamente uomo" (del Concilio di Calcedonia) o "Dio per l'uomo e uomo per Dio" (Karl Barth), suonano semplici, ma la cosa in sé è al di là di qualsiasi adeguata descrizione. E' facile sparare sulle antiche eresie che il Figlio prese un corpo umano senza un'anima umana, o che Egli fosse sempre due persone sotto un'unica pelle, e con esse l'eresia moderna che "l'incarnazione" del Figlio fosse semplicemente un caso speciale dello Spirito dimorante nell'uomo, tanto che Gesù non era Dio, ma semplicemente un uomo colmo dello Spirito di Dio: cogliere tutta la valenza dell'incarnazione è al di là delle capacità umane. Non vi preoccupate, però, non avete bisogno di sapere come Dio divenne uomo per poter conoscere Cristo! Che lo comprendiate oppure meno, il fatto rimane che "la Parola divenne carne" (Gv. 1:14); fu il supremo ed irraggiungibile miracolo; l'amore lo rese possibile; e a noi non tocca specularci sopra e adattarlo alla nostra comprensione, ma solo contemplarlo, adorarlo, amarlo ed esaltarlo: " Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e in eterno" (Eb. 13:8).
Per lo studio biblico ulteriore
Il Figlio incarnato di Dio: Colossesi 1:13-23.
Domande per riflettere e discutere
- Perché non basta chiamare Gesù "ispirato da Dio", "super angelo", o persino "un dio"?
- Qual è il significato del fatto che il Figlio non sia un essere creato?
- Perché non si può affrontare il Cristianesimo senza affrontare la Persona di Gesù Cristo?