Corsi/Basi filosofiche e teologiche dell’istruzione
Le basi filosofiche e teologiche dell’istruzione
Vi sono cinque concetti teologici principali che, insieme, dal punto di vista della fede cristiana evangelica riformata, informano la filosofia e la pratica dell’attività educativa. Essi sono:
- 1. La rivelazione generale
- 2. L’immagine di Dio
- 3. Il mandato culturale
- 4. La grazia comune
- 5. La chiesa come comunità legata all’Alleanza
(1. La rivelazione generale
Il fondamento della nostra capacità di conoscere alcunché è la rivelazione. Data la nostra finitudine di creature, a noi è impossibile conoscere alcunché senza rivelazione. A questo riguardo è Dio che deve prendere l’iniziativa. Possiamo conoscere solo perché Dio ci ha dato la capacità di conoscere con certezza ciò che Egli sceglie di farci conoscere.
Dietro ad ogni realtà vi è Dio come Creatore, paterno Sovrano e Rivelatore. La rivelazione generale è il modo in cui Dio rivela Sé stesso in modo generale nella creazione e nella storia. “I cieli raccontano la gloria di Dio e il firmamento annunzia l’opera delle sue mani” (Sl. 19:1); “…quel che si può conoscere di Dio è manifesto in loro, avendolo Dio manifestato loro; infatti le sue qualità invisibili, la sua eterna potenza e divinità, si vedono chiaramente fin dalla creazione del mondo essendo percepite per mezzo delle opere sue; perciò essi sono inescusabile” (Ro. 1:19,20).
La Rivelazione Generale deve essere compresa in rapporto alla Rivelazione Speciale. Per Rivelazione speciale si intende la rivelazione più particolareggiata che Dio ha dato all’umanità, soprattutto in forma verbale, al riguardo dei Suoi progetti per l’umanità nella storia. La Rivelazione speciale include l’intera storia della redenzione culminante nell’opera centrale di Gesù Cristo nella Sua morte e risurrezione, ma include pure le parole ispirate, sia dei profeti che degli apostoli, che interpretano gli atti salvifici di Dio nella storia. Per noi questo significa che la Bibbia, come rivelazione verbale di Dio, è quella che autorevolmente interpreta questo progetto storico.
La rivelazione generale e quella speciale si pongono l’una verso l’altra in rapporto complementare e unità organica. Quest’unità organica è definita dal fatto che sia la rivelazione generale che quella speciale: (a) hanno qualcosa in comune – entrambe sono rivelazioni che procedono da Dio come il Rivelatore; (b) sono distinte l’una dall’altra; eppure, (c) sono interdipendenti e non possono essere separate. Noi non possiamo, né mai così fu inteso, comprendere la rivelazione generale indipendentemente dall’aiuto interpretativo della rivelazione speciale.
La rivelazione speciale, a differenza di quella generale, comporta un aspetto verbale. Dio ci ha fatto creature che per esprimersi usano parole. Dio ha creato gli esseri umani con facoltà linguistiche in grado di comunicare verbalmente ed in modo articolato con Lui e l’uno con l’altro. Dio ci ha creato in tal modo da poter avere comunione con Lui. La comunione fra le creature umane perderebbe moltissimo della sua profondità se non fosse portata avanti verbalmente. E’ irragionevole supporre che Dio intendesse che il nostro rapporto con Lui dovesse essere meno verbale del rapporto che intratteniamo con i nostri pari. Dio, così, comunicava verbalmente all’umanità anche prima della Caduta. Di tutte le creature menzionate in Genesi 1, è solo a quelle umane che di fatto Egli si rivolge (Ge. 1:28-30). Anche prima della Caduta, Dio aveva dato un comando specifico che non poteva essere dedotto dalla Rivelazione generale: «Mangia pure da ogni albero del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non ne mangiare; perché nel giorno che tu ne mangerai, certamente morirai» (Ge. 2:16,17). Questo comando può essere chiamato una forma di comunicazione speciale pre-redenzione. E’ naturalmente vero che la rivelazione speciale acquisti ancor più importanza cruciale dopo la Caduta. Come creature verbali, noi interpretiamo la nostra esperienza del mondo di Dio in termini verbali.
Noi non possiamo, però, interpretare la rivelazione speciale indipendentemente dal contesto della Rivelazione generale, in cui essa riposa. Non possiamo sapere ciò che la Bibbia intende per “erba verde” o il rumore del tuono, se prima di questo non abbiamo fatto esperienza nel mondo, cioè, se non le conosciamo grazie alla Rivelazione generale. La rivelazione speciale non fu mai intesa dover essere compresa di per sé stessa, circoscritta in sé stessa. Al contrario, dovremmo guardare ad essa come la chiave che ci apre alla nostra esperienza totale del mondo, come un paio d’occhiali ci permettono di vedere il mondo com’è effettivamente. Non onorerebbe Dio se nascondessimo la nostra testa solo nella Bibbia ed ignorassimo il resto della creazione, come il proverbiale struzzo che nasconde la testa sotto la sabbia.
Riconoscere apertamente la Rivelazione generale ed il suo rapporto con la Rivelazione speciale comporta molte importanti conseguenze per l’istruzione cristiana:
1. Noi crediamo che vi sia un’armonia di fondo fra le opere di Dio e le parole di Dio. La nostra conoscenza delle opere e delle parole di Dio, quindi, dev’essere unificata. Tutte le materie devono essere insegnate ed apprese come un tutt’unico coerente. Siamo certi che vi sia un’armonia ultima fra le due.
2. Ciononostante, dobbiamo resistere all’impulso di forzare la nostra comprensione della Rivelazione generale e la nostra comprensione della Rivelazione speciale in un’armonizzazione prematura, perché la realtà è oggettiva al conoscitore umano. Non sono i nostri pensieri umani a creare la realtà. Al contrario, dobbiamo con gioia e senso d’anticipazione sottometterci alla realtà che Dio ha ordinato. Dobbiamo solo calcare le orme dei pensieri di Dio. La verità è qualcosa che cerchiamo al di fuori da noi stessi. Dobbiamo essere cercatori risoluti della verità, riconoscendo che la nostra corrente comprensione della rivelazione è solo provvisoria. Dio ha sempre la prima parola, ma noi non abbiamo l’ultima parola.
3. Quindi, noi possiamo incoraggiare gli studenti ad esplorare liberamente e coraggiosamente ogni legittima area di conoscenza. Non dobbiamo avere paura delle ossa di dinosauro... Tutto ciò che Dio ha creato è buono. Dio rivela Sé stesso in tutta la creazione. Egli non cerca di ingannarci. Il rapporto esistente fra rivelazione generale e speciale e il nostro atteggiamento umile di ascolto attento della voce di Dio in entrambe, è un fondamento saldo della libertà accademica nell’educazione cristiana. E’ questo che fornisce il quadro necessario per trattare dei presunti conflitti fra la scienza e la Bibbia. Né l’attuale scienza, né la nostra comprensione della Bibbia è infallibile. Vi sono ampi spazi di onesta discussione sotto l’autorità finale della Parola scritta di Dio.
Dio si rivela nella creazione e nella storia, ma il punto più alto della rivelazione generale si pone nell’umanità stessa, nell’immagine di Dio.
2. L’immagine di Dio
Dio ha creato l’umanità a Sua immagine (Ge. 1:26,27) per glorificare Dio e godere per sempre di Lui ed in Lui. Nella “immagine” di Dio paiono essere implicate tre relazioni. (1) In primo luogo, essere creati all’immagine di Dio significa che noi riflettiamo la gloria di Dio in un rapporto faccia a faccia con Lui. Noi dovremmo riflettere la Sua gloria, in modo particolare la Sua conoscenza, giustizia, e santità (Cl. 3:10; Ef. 4:24). (2) In secondo luogo, “l’uomo”, che è stato creato ad immagine di Dio, non è un individuo solitario, ma essenzialmente un essere relazionale, creato nel contesto di ed allo scopo d’avere rapporti personali. “Dio creò l’uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina” (Ge. 1:27). In questo modo, noi pure riflettiamo l’immagine di Dio nel rapportarci l’uno all’altro come esseri umani. (3) In terzo luogo, “l’immagine di Dio” implica un rapporto di dominio regale sulla creazione inferiore, cioè la creazione accessibile agli esseri umani (Ge. 1:28).
“L’immagine di Dio” per sua stessa natura è un concetto aperto. Il suo contenuto, sebbene sia guidato dall’esegesi del contesto immediato di Genesi 1, non può essere limitata a ciò che deriviamo dall’esegesi di Genesi 1. I due concetti, di fatto, sono congiunti. L’immagine di Dio avrà tanta ricchezza quanto per noi lo ha il concetto di Dio alla luce della rivelazione di Dio in Cristo nel Nuovo Testamento, e come compresa dalle ulteriori sua ramificazioni della Chiesa attraverso i secoli. Iddio è d’inesauribile gloria e ricchezza. La pienezza della realtà in tutta la sua meravigliosa diversità, è radicata in Lui. E’ per questo che una concezione elevata di Dio porterà automaticamente ad una concezione elevata dell’umanità. Se Dio “è la misura di tutte le cose”, allora “l’uomo” è davvero grande!
Il concetto di “immagine di Dio”, quindi, comporta pure importanti conseguenze per l’educazione cristiana:
1. Coloro che credono che l’umanità sia stata creata ad immagine di Dio, dovrebbero essere la gente più “umanista” che ci sia perché dell’umanità possiedono l’apprezzamento più profondo e vasto. Siamo chiamati a riflettere la creatività di Dio essendo noi stessi creativi. Il concetto di “immagine di Dio” ci chiama a rallegrarci di tutti i buoni doni di cui Dio ha dotato l’umanità, come la lingua, la ragione, la coscienza, e l’immaginazione, proprio perché queste stesse qualità ci rivelano qualcosa di Dio stesso. Dovremmo così pure rallegrarci di tutti i più grandi conseguimenti dell’umanità: essi, infatti, dirigono la nostra attenzione verso Dio.
2. Siamo chiamati a rispettare ogni bambino in quanto portatore dell’immagine di Dio, e quindi prezioso per Dio, in quanto ne riflette la gloria ed è stato dotato di doni meravigliosi,
3. Come portatore dell’immagine di Dio, il bambino è pure radicato in una rete di rapporti umani, in primo luogo la famiglia. Al bambino si richiede di onorare e di ubbidire ai suoi genitori come il Figlio di Dio si sottomette al Padre nel contesto della Trinità. I genitori riflettono il governo di Dio quando esercitano sul bambino la loro autorità in modo legittimo (cfr. Ge. 9:6). Nel contesto di una scuola, i genitori volontariamente delegano parte della autorità che hanno su loro figlio agli insegnanti ed alle autorità scolastiche cosicché queste ultime rappresentano giustamente l’autorità parentale sui loro figli.
La vocazione di rappresentare il governo regale di Dio sulla creazione inferiore è stata chiamata “il mandato culturale”.
3. Il mandato culturale
Tutti gli essi umani sono chiamati ad ubbidire al mandato culturale: “Siate fecondi e moltiplicatevi; riempite la terra, rendetevela soggetta, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e sopra ogni animale che si muove sulla terra” (Ge. 1:28). Questo mandato non è stato cancellato dopo la Caduta, anzi, è stato riconfermato (Ge. 9:1ss). I cristiano ubbidiscono ad esso consapevolmente per la gloria di Dio. Dio ha creato ogni cosa “molto buona” (Ge. 1:31), ma si aspetta che l’umanità la sviluppi. “l'oro di quel paese è buono” (Ge. 2:12 ND), con l’implicazione che Dio si aspetta che l’umanità espliciti la bontà del creato. L’umanità coopera per acquisire progressivo dominio sul mondo attraverso vari adattamenti culturali. Gli essi umani – distinti da ogni altra specie sulla terra – trasmettono la loro cultura di generazione in generazione. Per trasmettere la cultura, Dio ha stabilito la famiglia come l’istituzione primaria. Sono i genitori coloro che possono preparare i loro figli per il futuro radicandoli nel meglio che il passato ha da offrire. Il meglio del loro passato include sia le loro proprie realizzazioni culturali che quelle dei loro antenati (ciò che è buono, vero, bello, come pure gli adattamenti di maggior successo al mondo di Dio). Il meglio del loro passato include – in questo mondo decaduto, ma parzialmente redento – la comprensione più chiara e profonda dell’Evangelo a cui sia giunta la Chiesa. Dio ha affidato ai genitori la responsabilità primaria di educare i loro figli. La scuola dovrebbe essere considerata come il mezzo attraverso il quale essi possono adempiere a parte di questa responsabilità. Essi, però, non potranno mai delegare ad essa tutta quella responsabilità che Dio ha affidato a loro.
Sebbene il dominio sul mondo sia qualcosa che realizziamo nel contesto della famiglia, della chiesa, e della società, l’istruzione può anche essere considerata dal punto di vista dell’individuo. La formazione culturale su piano collettivo è radicata sull’istruzione a livello individuale. Entrambe implicano un processo. Persino il Figlio di Dio fattosi carne “cresceva in sapienza, in statura e in grazia davanti a Dio e agli uomini” (Lu. 2:52). Noi siamo chiamati a disciplinare ed istruire i nostri figli, ma non a esasperarli (Ef. 6:4; Cl. 3:21). Noi possiamo esasperarli aspettandoci da loro più di quanto sia appropriato al loro livello di sviluppo. Sebbene noi non si possa affermare che le Scritture insegnino una psicologia dello sviluppo, esse esigono che noi la si cerchi nell’ambito della rivelazione generale.
Il mandato culturale deve essere compreso in rapporto al mandato evangelico affidato alla Chiesa. La Chiesa è chiamata a diffondere l’Evangelo attraverso il ministero della Parola e dei Sacramenti (Mt. 28:19,20; Lu. 24:46-49; At. 1:8; Gv. 20:21-23). Il piano di redenzione di Dio implica sia il ristabilimento di una nuova umanità ed un rapporto ristabilito di quella nuova umanità alla creazione più vasta, che scaturirà alla fine nel rinnovamento ultimo di tutte le cose. I due mandati non devono essere confusi. Da una parte, il nostro impegno culturale e il nostro attivismo politico non può essere direttamente identificato con lo stabilimento del Regno di Dio sulla terra. D’altro canto, noi disonoriamo Dio e non adempiamo rettamente al nostro mandato culturale quando ci occupiamo di scienza, arte, affari, politica e ricreazione solo per trovare delle opportunità evangelistiche. Benché noi non si possa identificare le nostre realizzazioni a livello culturale con il Regno di Dio, noi manifestiamo il giusto rapporto della ristabilita nuova umanità con la creazione perseguendo il mandato culturale alla luce dell’ampiezza dei propositi di Dio nella redenzione. I nostri figli, quindi, sono chiamati a far uso di tutti i talenti che hanno ricevuto da Dio al servizio della società più vasta, dello stato e della chiesa.
Se la Chiesa deve occuparsi primariamente del mandato evangelico, la scuola si occupa primariamente del mandato culturale. La scuola non deve evangelizzare i bambini. D’altro canto la scuola cristiana si interesserà a che i propri diplomati siano in grado di esplicitare il mandato culturale nel contesto del mandato evangelico, e la Chiesa è sfidata a educare una nuova generazione di cristiani che vivano il mandato evangelico nel contesto dell’adempimento del mandato culturale.
4. La grazia comune
Il mandato culturale si adempie nell’ambito della grazia comune. Tutti sono decaduti in Adamo. La Caduta ha prodotto un effetto deleterio su ogni umana facoltà: è per questo che ogni pensiero ed opera è, in qualche modo, deviante rispetto alle intenzioni originali di Dio. L’umanità decaduta è ancora fatta ad immagine di Dio, ma quell’immagine è ora distorta. Se non fosse per i piani di redenzione di Dio, l’umanità colpevole sarebbe caduta subito sotto il giudizio finale di Dio. Questo ritardo nel giudizio finale a causa dello sviluppo storico dei piani di redenzione di Dio, è un aspetto della grazia comune. Questo principio di grazia comune è stato formalizzato nel patto con “ogni carne” dopo il Diluvio (Ge. 8:21,22). La grazia comune deve essere compresa in rapporto alla grazia speciale o salvifica. Essa esiste in funzione della grazia speciale. La grazia comune fornisce il palcoscenico su cui si svolge la redenzione.
In questo mondo decaduto che attende il compimento finale del giudizio e della salvezza, Dio mostra nella creazione e nella provvidenza una generale benevolenza sia verso i giusti che verso gli ingiusti (Mt. 5:45). Il peccato viene represso con i mezzi esteriori della disciplina da parte dei genitori, le consuetudini sociali e le sanzioni civili (Ge. 9:6), come pure attraverso l’opera misteriosa ed interiore dello Spirito di Dio nei cuori umani. Tutte queste operazioni sono aspetti della grazia comune. La grazia comune è dinamica. Dio può reprimere di volta in volta il male in maggiore o minore misura, permettendogli occasionalmente di raggiungere alti livelli secondo i propri insondabili propositi.
Nell’adempimento del nostro mandato culturale, la grazia comune ci permette di cooperare in misura più o meno grande con i non cristiani. Noi dobbiamo ammirare ed emulare l’eccellenza dovunque la grazia comune permette che fiorisca. Non dobbiamo, infatti, pretendere che i cristiani abbiano il monopolio di tutto ciò che è buono, vero e bello.
5. La chiesa come comunità legata all’Alleanza
La rivelazione speciale ed il mandato evangelico sono stati affidati alla Chiesa. Essa è il centro dal quale irradiano gli effetti della grazia speciale. Una delle cose che noi intendiamo quando diciamo che la chiesa è una comunità fondata su un’alleanza, è che la Chiesa integra nella propria struttura tutta la famiglia (cfr. WCF 25:2): “Perché per voi è la promessa, per i vostri figli, e per tutti quelli che sono lontani, per quanti il Signore, nostro Dio, ne chiamerà” (At. 2:39, cfr. anche Ge. 17:7,9; Mr. 10:13,14). Ecco perché noi battezziamo i bambini, “di uno o di entrambi i genitori credenti” (WCF 28:4; cfr. 1 Co. 7:14; At. 16:31-33). Nel battezzare i bambini la chiesa si impegna a sostenere i genitori “ad allevarli nella disciplina e nell'istruzione del Signore” (Ef. 6:4). Ai genitori è affidato il compito di preparare i loro figli a partecipare sia al mandato culturale che a quello evangelico e di integrarli in uno. La Chiesa ha interesse nel verificare che i genitori concepiscano la fede cristiana nel suo più ampio raggio di implicazioni per il tutto della vita e così giustamente essa sostiene i genitori nella loro missione di trasmettere la migliore loro eredità culturale alla luce di una concezione del mondo cristiana.
A differenza, però, del popolo di Dio sotto l’Antico Patto, la Chiesa, come Nuovo Israele, fondata a Pentecoste, è ora cattolica o universale (cfr. WCF 25.2). Essa raggiunge ogni entità geografica e demografica, come pure si estende attraverso tutte le generazioni. Le Scritture insegnano che tutti i popoli hanno una comune origine (At. 17:26-30; Ef. 3:15), come pure posseggono un destino comune: essere riconciliati come una nuova umanità in Cristo (Mt. 28:18-20; At. 1:8; 1 Co. 12:13; Ga. 3:27-29; Cl. 3:11; Ef. 2:19; 4:13). Noi affermiamo, quindi la piena diversità dell’esperienza umana sotto la provvidenza di Dio, e desideriamo che una scuola cristiana rifletta la cattolicità della Chiesa, incorporando in essa “tutte le nazioni, tribù, popoli e lingue” (Ap. 7:9), in un programma di istruzione cristiana adatto.