Corsi/Custodisci/08
Custodisci in buon deposito (M. H. Smith) |
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VIII.
GIUSTIFICAZIONE E ADOZIONE
Leggere: Romani 3:21-26; 8:15-17
Molte persone nel corso della storia si sono fatte la domanda: "Come posso io essere 'a posto' con Dio?". Questa era pure la bruciante domanda di Martin Lutero, in Germania, nei primi anni del 16° secolo. Egli aveva sentito nel suo cuore tutto il peso del peccato, sapeva di essere dannato, e per molto tempo aveva cercato di guadagnarsi la sua salvezza, aveva cercato in tanti modi di poter 'essere a posto' con Dio. Aveva abbandonato lo studio della legge e si era preparato per il sacerdozio. Era poi entrato in un ordine monacale, proprio per cercare di guadagnarsi maggiori meriti difronte a Dio. Nessuno di questi metodi aveva però soddisfatto il suo senso di colpa.
Nel monastero e nel prepararsi per l'insegnamento, , Lutero così aveva cominciato a studiare la Bibbia, ed arrivando a Galati ed a Romani, aveva scoperto questa magnifica affermazione: "Ma il giusto vivrà per fede" (Ro. 1:17; Ga. 3:11).
Per un uomo che aveva cercato di salvare sé stesso con ogni tipo di buone opere, questa fu per lui la notizia più liberante che avesse mai udito.
Ripose così una fede intensa e personale in questa dottrina, e cominciò ad insegnarla ai suoi allievi e nella chiesa, e fu così che nacque la Riforma protestante. Uno dei suoi stessi slogan era appunto "la giustificazione per fede".
Questo importante argomento e concetto rappresenta uno dei benefici che riceviamo quando riponiamo la nostra fede in Cristo. La persona alla quale viene presentato l'Evangelo potrebbe però domandarsi: "Quale vantaggio io ricavo dall'essermi ravveduto dai miei peccati e dall'aver riposto la mia fede in Cristo come Signore e Salvatore? Quali ne sono i benefici pratici?".
Vi sono due cose che devono aver luogo quando riceviamo Gesù Cristo come nostro Signore e Salvatore. Il primo è un atto giuridico di Dio il quale comprende la giustificazione e l'adozione. Il secondo è il cambiamento che avviene nella nostra natura, il quale influisce su tutto il nostro stile di vita, e che comprende l'opera che Dio svolge nel contesto della santificazione del credente. Esamineremo il primo di questi atti nel presente capitolo e tratteremo del secondo nel capitolo 9.
La giustificazione
Accade troppo spesso che i moderni cristiani non comprendano più l'espressione giustificazione per fede. Dato che tutti noi, come cristiani, dovremmo avere una migliore conoscenza dell'Evangelo ed alcuni fra noi devono ancora sapere come 'mettersi a posto' con Dio, dobbiamo studiare questo concetto molto attentamente.
Usiamo comunemente il termine giustificare fondamentalmente in due modi. I contabili lo usano per dimostrare che i loro libri finanziari siano ben bilanciati. Altri usano questo termine per affermare la giustezza di una certa azione. Per esempio: Io posso giustificare il fatto che abbia sparato ad un ladro che si sia introdotto in casa mia col fatto che questi avrebbe potuto fare del male alla mia famiglia. Lo stesso Giacomo usa così questo termine quando scrive: "Abramo, nostro Padre, non fu egli giustificato per le opere quando offrì il suo figliolo Isacco sull'altare?" (Gm. 2:21). Il punto qui è che Abramo aveva dimostrato il suo (giusto) rapporto con Dio mediante un atto (un'opera) di obbedienza nella prontezza a sacrificare, come gli era stato chiesto, il figlio Isacco. Sebbene troviamo nella Bibbia occasionalmente ripetuto quest'uso della parola, esso non è il concetto di base che ad essa si riferisce.
L'altro modo in cui è possibile usare il termine è in senso dichiarativo. Quando un imputato in un tribunale è dichiarato non colpevole e dal giudice e dalla giuria, questi viene accettato come giusto davanti alla corte e dalla legge; potremmo così dire che questi sia stato giustificato.
Questo è esattamente il senso usato da Paolo quando parla della nostra giustificazione per fede. Egli ci dice che a causa di ciò che Cristo ha compiuto, Dio perdona i nostri peccati, ci adotta nella sua famiglia, ci dà vita eterna, ci accetta alla Sua presenza, e ci dichiara giusti sulla base della giustizia di Cristo.
Era proprio nello studiare la lettera ai Romani che Lutero aveva scoperto la dottrina della giustificazione, presentata in modo sistematico. Nei primi tre capitoli di questa lettera, Paolo dimostra la colpevolezza dell'umanità, mostrando che tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio (Ro. 3:23). Egli conclude dicendo che nessuno di noi potrà mai essere giustificato sulla base delle nostre azioni (opere), "giacché mediante la legge è data la conoscenza del peccato" (Ro. 3:20). Se questo è vero, allora chi mai potrà essere considerato 'a posto' di fronte a Dio?
La risposta risiede nella dichiarazione "...e sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù" (Ro. 3:24). Questo certo non fa riferimento alcuno al fatto che noi con questo dimostreremmo il nostro (giusto) rapporto con Dio per l'obbedienza del compiere buone opere, no. Al contrario, qui ci troviamo difronte all'idea che siamo gratuitamente perdonati dalla grazia di Dio, essendo stati dichiarati giusti da Lui, e sulla base di questa dichiarazione siamo stati gratuitamente accettati come giusti ai suoi occhi.
Ricorda, quando ci vien detto che qualcosa ci proviene dalla grazia di Dio, esso ci vien dato senza alcun merito da parte nostra, e solo a causa della bontà di Dio. Paolo parla di questa giustificazione come di qualcosa che ci viene dato per grazia, nel senso che Dio non aveva alcun obbligo di darcelo. Egli lo ha fatto solo sulla base del Suo beneplacito.
Il Catechismo abbreviato di Westminster (#33) ci dà un'eccellente definizione di questo concetto: "La giustificazione è un atto della grazia di Dio per cui Egli perdona tutti i nostri peccati e ci accetta, considerandoci giusti ai suoi occhi per il solo merito della giustizia di Cristo, la quale ci viene accreditata e che riceviamo per sola fede".
La Bibbia dice che la giustificazione diventa possibile "mediante la redenzione che è in Cristo Gesù" (Ro. 3:24). Qui l'apostolo ci insegna che, sebbene la nostra salvezza ci venga data gratuitamente, essa pure costa a Dio un prezzo altissimo - la morte del Suo Figliolo, "il quale Egli ha prestabilito come propiziazione" (v. 25).
Propiziare significa soddisfare chi è in collera con te, riappacificarci con lui. Esso presuppone la collera ed il dispiacere di Dio, ed il suo proposito è rimuovere quella fonte di dispiacere. Molti non vogliono ammettere che Dio sia così offeso per il peccato tanto da dispiegare per l'eternità la sua collera contro il peccatore ribelle e non disposto al ravvedimento. La Bibbia insegna chiaramente che vi sarà un grande giudizio sul peccato e sui peccatori, e l'unico modo in cui questa giusta collera può essere spenta è dare soddisfazione a chi è stato offeso.
La cosa più sorprendente dell'Evangelo è che il Dio che è stato così offeso dai nostri peccati ancora tanto ami il mondo peccatore da dare l'unigenito Suo figliolo per pagare egli stesso il prezzo per la sua redenzione. Egli ha soddisfatto la sua collera attraverso la morte del Suo amato Figliolo.
Il prezzo per soddisfare la collera di Dio è stato l'effusione del sangue di Cristo -cioè la Sua morte sulla croce. E' proprio questo sangue versato da Cristo -la sua morte- che l'apostolo Paolo indica come oggetto per la nostra fede (Ro. 3:25). Dobbiamo considerare la morte di Cristo come il prezzo stesso che è stato pagato per la nostra salvezza. Dobbiamo smetterla di confidare in noi stessi, nei nostri genitori, nella nostra chiesa, in qualunque altra cosa o persona, e riporre invece la nostra fiducia nel sacrificio compiuto da Gesù per i nostri peccati. Notate come questo brano biblico (Ro. 3:21-26) metta proprio in evidenza il punto che avevamo fatto nel capitolo precedente, cioè che è stato Gesù a compiere l'opera di salvezza, mentre la fede non è che lo strumento mediante il quale riceviamo quest'opera compiuta.
L'apostolo poi rileva come lo scopo di questo piano di salvezza sia per Dio il dimostrare la Sua giustizia (Ro. 3:25). Dato che Cristo ha pagato il prezzo per i nostri peccati, Dio può essere sia giusto, sia Chi giustifica i peccatori che hanno riposto la loro fede in Gesù (Ro. 3:26).
Ecco così che da questo brano è chiaro come il piano di salvezza sorga dalla grazia di Dio, il quale offre il Cristo per soddisfare la divina giustizia -un dono che può essere ricevuto per fede sola, per la gloria di Dio.
Come può Dio considerare giusto il peccatore? Accreditandogli, ascrivendogli, mettendo sul suo conto (imputandogli) la giustizia di Cristo.
Non solo possiamo dire che la morte di Cristo è stata da Dio accettata per i nostri peccati, ma è pure la giustizia di Cristo che ci viene ora messa in conto a nostro favore ("imputata"). Questo non significa che Dio ci renda giusti, ma che Egli ci consideri giusti sulla base, per merito, della giustizia di Cristo. Veniamo fatti giusti durante il processo che prende inizio dalla nuova nascita (la rigenerazione) e che perdura per tutta la nostra vita con la santificazione, e che culmina nella nostra glorificazione. La considereremo meglio nel prossimo capitolo.
La giustificazione è un atto dichiarativo di Dio. Egli ci perdona e ci accetta come giusti, e la base di questo perdono ed accettazione, non è nulla che si trovi in noi -nemmeno la nostra fede- ma solo la giustizia operata da Cristo e la piena soddisfazione che Egli ha reso a ciò che la divina giustizia esige. Alcuni ritengono che sia la fede ad essere la base per la nostra salvezza; questo però sottrarrebbe gloria all'opera di redenzione e darebbe a noi motivo di dare gloria a noi stessi. Paolo chiarifica in modo indiscutibile che la fede stessa è dono di Dio e che la salvezza "non è in virtù d'opere, affinché nessuno si glorî" (Ef. 2:9), o se ne vanti.
La giustificazione come atto avviene solo una volta (non è cioè un processo continuo), ed essa è da riceversi per sola fede. Questa fede, però, non rimane solitaria: se è una fede vera e vivente essa produrrà necessariamente buone opere (Gm. 2:17). Questo lo discuteremo in modo più esteso nel capitolo che seguirà.
Dopo avere esposto l'insegnamento di base sulla giustificazione, Paolo dimostra che esso pure si riflette in modo coerente attraverso tutta la Bibbia, dimostrando dall'Antico Testamento come sia Abrahamo che Davide fossero stati giustificati per fede e non per opere (Ro. 4). Poi egli risponde all'accusa che una tale dottrina porterebbe necessariamente alla licenziosità, mostrando come invece questo sarebbe totalmente contraddittorio in quanto, se essa ci unisce a Cristo, essa include altresì la nostra partecipazione alla Sua morte ed alla Sua risurrezione. Di fatto dobbiamo considerarci morti al peccato e viventi a Dio (Ro. 6:11).
L'adozione
Il secondo atto giuridico che avviene quando rispondiamo a Cristo con la nostra fede è l'adozione in ciò che è stata chiamata 1"l'eterna famiglia di Dio". Nell'uso comune della parola, l'adozione avviene quando un estranei viene ricevuto come parte di una famiglia a tutti gli effetti, assumendo tutti i diritti che hanno i figli naturali. Paolo dichiara che questo è esattamente ciò che Dio ha fatto per noi: "avete ricevuto lo spirito di adozione, per il quale gridiamo: Abba! Padre! Lo Spirito stesso attesta insieme con il nostro spirito, che siamo figlioli di Dio: e se siamo figlioli, siamo anche eredi; eredi di Dio, e coeredi di Cristo" (Ro. 8:15-17).
Talora abbiamo la tendenza di pensare che se abbiamo ricevuto la nuova nascita, siamo automaticamente parte della famiglia di Dio e non abbiamo bisogno di essere in essa adottati. E' vero che Dio ci ha dato "un nuovo cuore", e quindi una nuova natura che ci rende passibili di essere chiamati figlioli di Dio. I diritti legali, però, di quelli che vengono resi eredi di Dio, ci vengono conferiti tramite una dichiarazione giuridica di adozione.
Sia la legge antica che quella moderna che governa l'adozione rende il figlio adottivo erede al pari diritto dei figli naturali. Una volta adottati, cioè, il figlio è considerato dalla legge in modo identico a tutti gli altri figlioli nati per via naturale in quella famiglia. E' interessante notare che, se pure la legge civile permetta lo sciogliersi di un matrimonio attraverso il divorzio, essa non preveda alcun modo per sciogliere un'adozione. Per analogia il nostro essere stati dichiarati figli adottivi da Dio dovrebbe esserci di straordinaria consolazione perché ci assicura che noi abbiamo e sempre avremo, tutti i diritti legali dei figlioli di Dio.
Oggi molti insistono nel dire che tutte le persone del mondo sarebbero figli di Dio. Questo potrà anche essere un punto di vista diffuso nel mondo, ma non è qualcosa che la Bibbia insegni. Quando Adamo ed Eva caddero nel peccato, essi rinunciarono a Dio come loro padre naturale e spirituale, trasferendo la loro fedeltà a Satana. Ecco perché Gesù disse ai Giudei che si opponevano a Lui che, sebbene fossero discendenti di Abrahamo, "Voi siete progenie del diavolo che è vostro padre" (Gv. 8:44). Certamente Gesù non insegnava la paternità universale di Dio, o l'universale fratellanza del genere umano.
Inoltre Giovanni ha chiaramente affermato che Gesù "è venuto in casa sua, e i suoi non l'hanno ricevuto, ma a tutti quelli che l'hanno ricevuto egli ha dato il diritto di diventare figlioli di Dio: a quelli, cioè, che credono nel suo nome" (Gv. 1:11,12). Questi brani, presi insieme a Romani 8:15-17, indicano come questo diritto che Dio dona non è impartito in modo indiscriminato su tutti e dappertutto. Esso è uno dei ricchi benefici che ci pervengono dal nostro ricevere Cristo come Signore e Salvatore.
Affermare che tutti siano figli di Dio sulla base della creazione significa rendere vano l'Evangelo. Significa dire che in realtà noi si abbia perduto il nostro rapporto con Dio a causa del peccato, che nulla sia necessario per stabilire un nostro legame eterno con Dio, che tutti alla fine siano salvati, che non si richieda alcuna nuova nascita e che non sia necessaria alcuna adozione. Queste concezioni sono radicalmente opposte all'insegnamento biblico sull'intero argomentazione di come una persona possa 'essere a posto' con Dio. Pietro afferma chiaramente che, prima della redenzione, noi non eravamo un popolo, ma che per grazia soltanto siamo divenuti "popolo di Dio" (1 Pi. 2:10).
Come corollario di quanto abbiamo fin ora detto noi potremmo rilevare come la paternità universale di Dio e la fratellanza umana non siano altro che il "vangelo" predicato dal liberalismo, cosa che si contrappone nettamente non solo a quanto la Bibbia afferma, ma pure a quella che è stata la tradizione del cristianesimo ortodosso. Si tratta di una delle distinzioni più chiare fra verità ed errore, e di fatto proprio questo punto diventa oggi quasi un "test" per verificare se una certa chiesa insegni la parola di Dio o la parola umana. Se udite queste falsità venire da un pulpito, è meglio cercarsi un'altra chiesa in cui si creda e si insegni la Bibbia, come ispirata, inerrante ed infallibile.
Per riassumere, la giustificazione e l'adozione sono atti giuridici dichiarativi. Dio dichiara entrambi veri quando per fede riceviamo Gesù Cristo come nostro personale Signore e Salvatore. Non sono un'opera progressiva di Dio, ma un atto di grazia compiuto una volta per sempre. Quando ci rendiamo conto che la giustificazione e l'adozione diventano nostre per grazia, dovremmo esserne grandemente confortati.
Domande di revisione
1. Che cosa significa 'giustificazione'?
2. In quali altri modi questo termine viene usato oggi?
3. Come usa questo termine l'apostolo Paolo? Come lo usa l'apostolo Giacomo?
4. Qual è la base sulla quale possiamo essere giustificati? Quale è lo strumento mediante il quale facciamo nostra la giustificazione?
5. Perché l'insegnamento sull'adozione è importante nella Bibbia? Come si può essere adottati da Dio?
6. Perché è necessaria l'adozione?
Domande per la discussione
1. Perché la giustificazione per fede è una dottrina importante e perché costituisce il punto di separazione fra verità ed errore? Perché si continua a farsi la domanda: "Come posso io essere a posto con Dio?".
2. Che cosa disse Paolo sulla giustificazione di Abrahamo e di Davide? Perché questo è importante?
3. Nel trattare con una persona che cerchi di guadagnarsi la salvezza e di essere a posto con Dio con i propri sforzi, come spiegheresti e appoggeresti alla Scrittura la dottrina della giustificazione per fede?
4. Che cosa dice la Bibbia a proposito della paternità di Dio?
5. Come si fa a diventare figli di Dio? Perché non possiamo dire di nascere semplicemente nella famiglia di Dio?
6. Qual è il pericolo del diffuso insegnamento sulla paternità universale di Dio e la fratellanza dell'intera umanità?