Confessioni di fede/Elvetica/04
Confessione di fede elvetica del 1566 |
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IV. Idoli o immagini di Dio, del Cristo e del santi
Le immagini di Dio
Non si può rappresentare Dio mediante nessuna immagine [per alcun arte essere effigiato o figurato] o altro artificio, essendo egli spirito, invisibile, e di essenza infinita [immensa]. Non temiamo quindi, con le Scritture, di chiamare le immagini [i simulacri], con cui si rappresenta Dio, pure menzogne [schiette bugie].
Rigettiamo non solo gli idoli dei gentili, ma anche i simulacri dei cristiani.
Le immagini di Cristo
Infatti, sebbene abbia assunto la nostra natura umana, Cristo non se ne è rivestito per servire da modello ai pittori e agli intagliatori di immagini. Dice di non essere venuto per abolire la legge o i profeti (Matteo 5:17). Ora è certo che le immagini sono vietate dalla legge e dai profeti (Deuteronomio 4:15-23; Isaia 40:18-20).
Nega anche che la sua presenza fisica sia di un qualche vantaggio per la chiesa; ma ha promesso di assisterci con il suo Santo Spirito fino alla fine dei secoli (Giovanni 16:7; 2Corinzi 5:16).
Chi crederà dunque che l’ombra o l’immagine [raffiguramento] del suo corpo possa recare un qualche vantaggio [comunichi qualche utilità] ai cristiani?
E dato che resta [dimora] con noi attraverso il suo Spirito, ne consegue senza alcun dubbio che noi siamo il tempio di Dio (1Corinzi 3:16; 2Corinzi 6:16). Ora quale rapporto esiste fra il tempio di Dio e gli idoli? (Atti 3:12; Atti 14:1-5).
Immagini dei santi
E visto che gli spiriti beati e i santi che sono in cielo hanno avuto in grande abominazione, durante tutta la loro vita, qualsiasi culto divino ad essi reso e hanno fatto guerra a tutte le statue e le immagini [ad ogni idolatria] (Apocalisse 14:7; Apocalisse 22:8-9, quale uomo sarà cosi stupido da lasciarsi persuadere che essi e gli angeli sono contenti di vedere le immagini innalzate in loro onore, davanti alle quali gli idolatri piegano le ginocchia, si levano il cappello e rendono loro molti altri onori?
La Scrittura dei laici?
Ora noi sappiamo che per istruire gli uomini nella religione e ammonirli sia riguardo alle cose divine che riguardo alla loro salvezza, il Signore ha ordinato di predicare il suo Vangelo (Marco 16:15), e non di dipingerlo, e mediante queste pitture insegnare a coloro che mancano di istruzione teologica (laici) e agli ignoranti.
Inoltre, pur avendo comandato i sacramenti, non ha mai ordinato di erigere nessuna immagine o statua. Del resto, ovunque volgiamo lo sguardo, si offrono ai nostri occhi le creature di Dio vere e vive e se vogliamo debitamente considerarle, saremo ben più stimolati dalla loro vista che non da tutte le immagini o pitture vane, immobili, marce e morte di tutti gli uomini. A loro riguardo, il profeta ha detto giustamente che hanno occhi e non vedono, ecc.. (Salmi 115:5-7).
Approviamo [sottoscriviamo] quindi l’affermazione di Lattanzio, antico dottore, il quale dice che è indubbio che non vi è alcuna religione là dove si trova qualche simulacro o immagine (1).
Ugualmente, approviamo ciò che fece s. Epifanio, il quale trovando sulla porta di un tempio cristiano una tela, sulla quale era dipinta un’immagine di Cristo o di un qualche santo, la strappò e la tolse, perché, contro l’autorità delle Scritture, aveva visto nella chiesa di Cristo l’effigie di un uomo appeso (2). Ordinò perciò che da allora in poi ci si guardasse dall’appendere simili tele nella chiesa di Cristo, che disonorano la nostra religione, ma che si levasse questo oggetto di turbamento, indegno della chiesa di Cristo e del popolo fedele.
Approviamo inoltre questa affermazione che s. Agostino ha fatto nel suo libro sulla vera religione: Che il servizio e l'adorazione delle opere prodotte da mano d'uomo non sia per noi religione [Guardiamoci di rendere alcun culto religioso al lavoro od opera degli uomini] dal momento che gli artigiani che creano simili cose sono ben più eccellenti e migliori di esse, senza che per questo noi dobbiamo adorarli [non dobbiamo rendere loro alcun onore religioso].
Note
(1) Div. inst. lib. 2:18.
(2) Ad Job. episc. in epist. Hieronimi, ep. 51:9.