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Sbagliate perché non conoscete la Bibbia!
Molti cristiani non solo conoscono poco e male l'Antico (o Vecchio) Testamento, ma credono che si possa ignorare, ingannati dal termine "vecchio" che lo definisce, come se stesse per "roba superata". Esso, però, fa parte delle Sacre Scritture cristiane ed è altrettanto autorevole Parola di Dio quanto lo è il Nuovo Testamento. Come tale lo cita costantemente Gesù stesso e gli apostoli, tanto che una delle accuse che Gesù faceva ai suoi contemporanei era: "Vi ingannate, perché non conoscete le Scritture e neppure la potenza di Dio" (Matteo 22:29). Nel testo biblico che esaminiamo oggi, l'apostolo Paolo appoggia la sua argomentazione contro i suoi avversari della Galazia con una lettura non letteralista di un brano della Bibbia. Vediamo come.
"Se volete vivere sottoposti alla Legge, ditemi allora: perché non date ascolto a quel che la Legge stessa afferma? La Bibbia dice che Abramo ebbe due figli: uno nato da Agar - una schiava - e l'altro da Sara, sua moglie, che era libera. Il figlio che egli ebbe dalla schiava fu il frutto del volere umano; il figlio che ebbe dalla donna libera fu invece il frutto della promessa di Dio. Questi avvenimenti hanno un significato più profondo. Le due madri rappresentano due alleanze: Agar rappresenta l'antica alleanza, quella del monte Sinai, che genera solo schiavi (il monte Sinai è in Arabia, ma corrisponde all'attuale Gerusalemme che è schiava della Legge con tutti i suoi figli); Sara invece, che è libera, rappresenta la Gerusalemme celeste, ed è lei la nostra madre. Di lei dice la Bibbia: Rallegrati, o sterile che non hai partorito! Grida di gioia tu che non hai mai provato le doglie del parto! Perché i figli dell'abbandonata saranno numerosi, più numerosi dei figli di colei che ha avuto marito. E voi, fratelli, siete diventati figli di Dio, grazie ad una promessa, come Isacco. Ma come allora il figlio nato per una decisione umana perseguitò il figlio nato per intervento di Dio, così avviene anche ora. Lo dice la Bibbia: Manda via la schiava e suo figlio, perché il figlio della schiava non deve spartire l'eredità con il figlio della libera. E così, fratelli, noi non siamo figli della schiava ma della libera" (Galati 4:21-31).
Non si può essere dei cristiani seri senza avere familiarità con la Bibbia ebraica (o Antico Testamento). E nemmeno si può comprendere Gesù, un ebreo che non solo era osservante della legge della Torah, ma che diceva: "...vi assicuro che fino a quando ci saranno il cielo e la terra, nemmeno la più piccola parola, anzi nemmeno una virgola, sarà cancellata dalla legge di Dio; e così fino a quando tutto non sarà compiuto" (Matteo 5:18). Maimonide (1), ampiamente riconosciuto come il più grande filosofo israelita, scrisse 900 anni fa che, nonostante le sue differenze con la teologia cristiana, egli può sicuramente affermare che siano i cristiani che sono stati primariamente responsabili di diffondere la conoscenza della Torah in gran parte del mondo.
Coloro che avevano frastornato i cristiani della Galazia cercavano di persuaderli che se volevano essere pienamente benedetti da Dio e salvati, era essenziale che essi pure diventassero ebrei, si sottoponessero fedelmente ai rituali dell'Ebraismo e ne seguissero le leggi. L'Apostolo lo contesta con forza, riaffermando come essere in comunione di fede e di ubbidienza con Cristo sia del tutto sufficiente e che anzi, proprio questo sia il fine ultimo di tutto ciò che l'Antico Testamento prefigura e prescrive. Sostenere altrimenti, dice Paolo, vuol dire alterare e vanificare l'Evangelo di Cristo, fraintendendo i propositi di Dio. Le argomentazioni dei giudaizzanti, però, erano insistenti e davano l'apparenza di verità. Lo poevano fare, però, solo con chi è disavveduto ed impreparato rispetto all'approccio cristiano, anzi, cristocentrico, alle Sacre Scritture (qui in particolare la Torah, che noi chiamiamo Antico Testamento). Ecco, così, due cose da imparare su come Paolo affronta il problema.
In primo luogo, l'Apostolo esamina accuratamente il ragionamento dei suoi avversari scendendo sul loro stesso terreno e cogliendo le contraddizioni, quelle in cui essi stessi non si avvedono di cadere. Essi si vantano di seguire diligentemente la legge mosaica. Paolo dimostra che, di fatto, essi non le prestano realmente ascolto, perché ignorano volutamente aspetti dell'Antico Testamento che non fanno loro comodo. "Ditemi, voi che volete essere sotto la legge, non prestate ascolto alla legge?". Ancora oggi può essere necessario contestare i ragionamenti apparentemente plausibili di insegnamenti settari e legalistici scendendo sul loro stesso terreno, secondo il principio: "Non rispondere allo stolto secondo la sua stoltezza per non divenire anche tu simile a lui. Rispondi allo stolto secondo la sua stoltezza perché egli non si creda saggio" (Proverbi 26:4,5).
Con altre parole: Non rispondere a una domanda stupida e non somiglierai allo stolto che l'ha fatta; se devi rispondere, dàgli una risposta sciocca e capirà che non deve credersi sapiente.
In secondo luogo, l'Antico Testamento va interpretato alla luce dell'insegnamento ed esempio di Cristo, nella Sua prospettiva. Cristo, infatti, adempie e realizza le antiche scritture. Non possiamo, infatti, limitarci a prendere alla lettera quanto vi troviamo. Ogni avvenimento e situazione ivi contenuta prefigura non solo la Persona e l'opera di Cristo, ma anche, spiritualmente, la nostra stessa vita in quanto cristiani, indicando sia l'esempio da seguire che gli errori da evitare. In questo senso la lettura "allegorica" che Paolo fa talora dell'Antico Testamento, giustamente si distanzia da un crasso letteralismo, allargando le nostre prospettive a tutta la ricchezza della Parola di Dio. Ancora oggi c'è chi prende alla lettera l'Antico Testamento o pretendendo di seguirlo o per scandalizzarsene e così respingerlo, senza tenere conto che esso va spiritualizzato, o meglio, va letto intelligentemente nella prospettiva di Cristo.
Abraamo diventa così la figura del credente a cui Dio rivolge precise promesse. Queste promesse, però, ritardano a realizzarsi. Di fronte ad Abraamo si pongono così due alternative, o attendere, confidando in Dio anche di fronte all'umanamente impossibile (un figlio da Sara, sempre più anziana), oppure "darsi da fare" trovando una via d'uscita tutta umana (generare un figlio con la serva Agar). Quest'ultima soluzione sarebbe anche legittima: un figlio da lei sarebbe suo erede legale e "figlio" in un certo qual senso, anche di Sara. Si tratta però di una scappatoia, uno stratagemma, certo legale ma che non è fondata sulla fede. Da Agar nasce Ismaele: questo, però, gli creerà solo problemi e sarà, comunque "figlio della serva". A suo tempo da Sara nascerà Isacco, il figlio della promessa, il risultato della fede, ma il danno è già stato fatto.
Tutto questo è indicativo delle scelte che si pongono spesso al credente. La via della legge (erroneamente interpretata) è la via degli umani stratagemmi che, per quanto "furba", esteriormente legittima e sapiente (è "una buona idea") , si rivela via inadeguata e sbagliata, foriera di innumerevoli problemi. Più difficile è la via della fede, quella a cui Dio ci chiama e ci sfida. E' "la via della Gerusalemme celeste", non "la via del Sinai". E' la via della libertà, eppure, dalla prospettiva del Signore Gesù, essa è proclamata , confermata e protetta dalle antiche Scritture ebraiche. Ecco perché le leggiamo e le onoriamo come faceva Lui,
Preghiera. Signore Iddio, confesso che, di fronte ai Tuoi "ritardi" io mi lascio cogliere dall'ansia e sono tentato di risolvere il problema a modo mio, giustificando le mie scelte tutte umane. Per quanto spesso difficile, dammi di camminare veramente per fede in Te evitando così le inevitabili conseguenze negative delle mie "scorciatoie". Ti prego, infine, di darmi la sapienza necessaria per leggere ed applicare tutta la Scrittura nella prospettiva e nello spirito di Cristo. Amen.
(1) https://it.wikipedia.org/wiki/Mos%C3%A8_Maimonide