Predicazioni/Giovanni/Avere occhi che funzionano e non vedere
Avere occhi che funzionano e non vedere
Il motto dell'antica università di Oxford in Inghilterra è "Dominus Illuminatio Mea", una frase in latino tratta dal primo versetto del Salmo 27 che dice: "Il Signore è mia luce e mia salvezza, di chi avrò paura?". Testimonia dei principi cristiani sui quali era stata fondata quell'università. In quell'università (come in altre simili) quella luce oggi si è spenta, perché i principi cristiani sono stati in essa praticamente ripudiati, prevalendo oggi ogni sorta di ideologie. Scambiandolo per "progresso" sono tornate tenebre e cecità morale e spirituale, la decadenza. Potrebbe essere una parabola del destino dell'Occidente che ripudia le sue radici giudeo-cristiane, e tanta gente segue a ruota. "Seguire a ruota" significa stare a breve distanza da qualcuno, fare la stessa cosa di qualcuno. Nel ciclismo, infatti, per non lasciarsi staccare da chi lo precede, un corridore cerca di mantenere la ruota anteriore della propria bici in corrispondenza di quella posteriore della bici di chi è avanti. Gesù diceva: "Lasciateli stare! Sono ciechi e guide di ciechi. E quando un cieco guida un altro cieco, tutti e due cadranno in un fosso!" (Matteo 15:14). Sono ciechi pur avendo occhi buoni e come tanti, oggi, si ostinano a dire che ci vedono! Questo è ciò che accade nel racconto evangelico di Giovanni 9, che consideriamo sommariamente oggi. Gesù opera miracolosamente dando la vista ad un uomo che era nato cieco. I leader religiosi e politici di quel tempo si ostinavano a negare che il fatto fosse avvenuto e, soprattutto, pregiudizialmente, che Gesù fosse l'atteso Messia, il Salvatore del mondo. Erano inguaribilmente ciechi. C'è però chi, grazie a Dio apre gli occhi e che dice con piena persuasione: "Il Signore è mia luce e mia salvezza, di chi avrò paura?". Sentiamo il racconto.
Gesù guarisce un uomo cieco dalla nascita. Passando, vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo». Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va' a lavarti nella piscina di Sìloe» - che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l'elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». Egli rispose: «L'uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: «Va' a Sìloe e làvati!». Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». Gli dissero: «Dov'è costui?». Rispose: «Non lo so». Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest'uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c'era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l'età, parlerà lui di sé». Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l'età: chiedetelo a lui!». Allora chiamarono di nuovo l'uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da' gloria a Dio! Noi sappiamo che quest'uomo è un peccatore». Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». Rispose loro: «Ve l'ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». Rispose loro quell'uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori. Gesù seppe che l'avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell'uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui. Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: «Noi vediamo», il vostro peccato rimane» (Giovanni 9).
I leader religiosi di quel tempo continuavano a giustificarsi in mille maniere. Noi sappiamo... noi vediamo... noi siamo a posto con Dio... noi siamo i rappresentanti ufficiali e successori legittimi di antiche istituzioni che hanno attraversato i secoli... noi siamo discepoli delle figure storiche che hanno dato origine al nostro movimento... le nostre scuole godono dell'autorevole contributo di valenti ed eruditi insegnanti. Già, e intanto, nella loro cecità si opponevano al Salvatore Gesù Cristo, da loro equiparato ai seduttori che pure allora sorgevano. Pur di mantenere il loro potere, come se fosse "l'unica garanzia" per tutti, mettevano in questione ogni cosa ...e sarebbero giunti ad inchiodare il Cristo su una croce! Come oggi, che si sospetta di tutto e di tutti e si trova modo di contestare praticamente ogni aspetto della rivelazione biblica che ha accompagnato il popolo di Dio per millenni. Erudizione incontestabile, "scienza" o arrogante e distruttiva ignoranza? Si può essere professori di teologia e "non capirne un tubo" (come si dice) di Dio perché, di fatto, con Dio non hanno un rapporto autentico. Come scrive l'apostolo Paolo, essi sono: "accecati nella loro mente, estranei alla vita di Dio a causa dell'ignoranza che è in loro e della durezza del loro cuore" (Efesini 4:18). Vero, si può essere degli "eruditi ignoranti"! Certo questo non può diventare una scusa per altri di evitare l'approfondimento e l'erudizione, sia bene inteso, ma tant'è.
Allora le loro valenti istituzioni, di cui andavano fieri, il loro tempio stesso a Gerusalemme, sarebbe stato distrutto nell'arco di una generazione ed essi, o eliminati fisicamente o dispersi per il mondo. Il Signore Gesù l'aveva predetto chiaramente. Da quella distruzione molti cristiani che vivevano nella terra di Israele, invasa dai romani, si sarebbero salvati avendo ubbidito alla parola profetica che intimava loro di fuggirsene lontano. Avevano dato fiducia al Cristo ed alle sue parole: molti altri, però, sarebbero morti nelle loro illusioni che le loro secolari istituzioni sarebbero state protette... Essi, I cristiani, "vedevano", gli altri pensavano di vedere, ma erano ciechi, nonostante tutte le loro pretese.
Mentre quell'uomo, che era nato cieco e a cui il Cristo aveva dato la vista fisica, non aveva colpa alcuna per la sua condizione, la cecità spirituale di tanti, anche oggi, è una cecità moralmente riprensibile quando non credono alle Scritture e a Gesù Cristo - quando esse parlano loro della loro disperata condizione morale e spirituale in cui si trovano. Una tale condizione è indotta dalla loro ostinazione, dai loro interessati pregiudizi, dalle loro pretese, dal loro rifiuto di aver bisogno di un salvatore, del Salvatore - in una parola, indotta dal peccato. Essi persistono a giustificarsi e si rendono ciechi.
L'epistola ai Romani indica che, come non credenti "soffochiamo la verità" (Romani 1:18) e abbiamo "scambiato la verità di Dio con la menzogna" (Romani 1:25). Tale soppressione e sostituzione idolatra delle menzogne per la verità ci trasformano in stolti, anche se affermiamo di "essere sapienti" (Romani 1:22). In breve, il nostro rifiuto delle parole di Dio nella rivelazione distorce la nostra visione di Dio e della realtà. Tale ribellione deformante segna un punto di non ritorno morale e intellettuale. La certezza non può venire dal ragionamento, ma invece mette radici nei nostri cuori solo per opera dello Spirito Santo stesso.
La Scrittura dice: "Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, Dio le ha preparate per coloro che lo amano. Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti conosce bene ogni cosa, anche le profondità di Dio. Chi infatti conosce i segreti dell'uomo se non lo spirito dell'uomo che è in lui? Così anche i segreti di Dio nessuno li ha mai conosciuti se non lo Spirito di Dio. Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere ciò che Dio ci ha donato" (1 Corinzi 2:9–12)
In che modo allora siamo persuasi? Rispondendo proprio a questa domanda, il riformatore Giovanni Calvino afferma: "Illuminati dal suo potere crediamo che la Scrittura provenga da Dio, non sulla base del nostro giudizio né di quello degli altri; ma, al di sopra del giudizio umano, concludiamo con assoluta certezza, come se vedessimo la stessa maestà di Dio presente in esso, che ci è venuto dal ministero degli uomini dalla stessa bocca di Dio. . . . È una convinzione che non richiede prove razionali; una conoscenza con cui la mente riposa in modo più sicuro e costante rispetto a qualsiasi prova razionale; una consapevolezza che può nascere solo dalla rivelazione celeste. Parlo solo di ciò che ogni credente sperimenta..." (Istituzione della religione cristiana, 1.7.5)
Abbiamo bisogno di illuminazione. Diciamo: "Signore, non vedo chiaramente, anzi, non vedo affatto. Aprimi gli occhi dello spirito affinché, rinunciando a qualsiasi mia pretesa, io possa abbracciare per fede il Salvatore Gesù Cristo e ubbidire di tutto cuore alla verità che ci riveli nella tua parola scritta, la Bibbia. Nella tua misericordia, opera in me spiritualmente il miracolo che era avvenuto fisicamente a quell'uomo di cui ci parla il vangelo. Amen.