Predicazioni/1Pietro/Una speranza viva e producente

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Ritorno


Una speranza viva e producente

“Sono scoraggiato... sto perdendo ogni motivazione... chi me lo fa fare... non ne vale la pena...”: quante volte abbiamo sentito o pronunciato noi stessi queste frasi, afflitti perché il compito che ci è stato affidato ci è sembrato “un’impresa disperata” perché irto di difficoltà d’ogni genere? Come tali ci siamo sentiti impotenti di fronte alla circostanze che sembrano vanificare ogni nostra migliore intenzione. A volte anche il cristiano, colui che ha investito la sua vita al seguito del Signore e Salvatore Gesù Cristo, può sentirsi scoraggiato e demotivato per tante ragioni. C’è però un modo potente ed efficace per restituirgli coraggio e motivazione: guardare con fiducia alla risurrezione del Signore Gesù Cristo dai morti e lasciare che essa ispiri, sostenga, rafforzi e motivi la sua azione, la sua vita stessa.

Questo è il messaggio che traspare potente dal testo biblico che ci viene presentato quest’oggi, tratto dalla prima lettera dell’apostolo Pietro. Sentiamolo:

“Benedetto sia il Dio e Padre del Signor nostro Gesù Cristo, il quale nella sua grande misericordia ci ha rigenerati, a una viva speranza per mezzo della risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per un'eredità incorruttibile, incontaminata e immarcescibile, conservata nei cieli per voi che dalla potenza di Dio mediante la fede siete custoditi, per la salvezza che sarà prontamente rivelata negli ultimi tempi. A motivo di questo voi gioite anche se al presente, per un po’ di tempo, dovete essere afflitti da varie prove, affinché la prova della vostra fede, che è molto più preziosa dell'oro che perisce anche se vien provato col fuoco, risulti a lode, onore e gloria nella rivelazione di Gesù Cristo, che, pur non avendolo visto, voi amate e, credendo in lui anche se ora non lo vedete, voi esultate di una gioia ineffabile e gloriosa, ottenendo il compimento della vostra fede, la salvezza delle anime” (1 Pi. 1:3-9).

L’apostolo Pietro scrive ai cristiani che sono dispersi in vaste aree. Sono cristiani isolati e perseguitati e potrei dire, con la tentazione allo scoraggiamento. Hanno bisogno di ricevere conferma e sostegno nella loro fede, ma anche di istruzione su come vivere la vita cristiana in un ambiente a loro ostile. Essi risiedono in questi luoghi “come stranieri”. Quando Cristo ci chiama a far parte del Suo popolo eletto, infatti, non ci sentiamo più a nostro agio nell’andazzo di quaggiù, siamo come degli stranieri, con tutto il “disadattamento” e l’ostilità che questo comporta. 

La prima parte di questa lettera celebra così la grazia che ci ha chiamato a far parte del Suo popolo eletto, ringrazia Dio e conferma quali siano le basi della nostra vocazione, ma soprattutto riafferma ciò che ci spinge a perseverare in essa, nonostante le difficoltà.

Fondamento e causa efficiente di ciò che Dio ha compiuto, compie e compirà in noi, e che pure ci spinge e sostiene a perseverare nella fede è “il sangue di Gesù Cristo” (2b), cioè l’efficace Suo sacrificio per noi, ma soprattutto “la risurrezione di Gesù Cristo dai morti” (3). Quando infatti il cristiano guarda alla risurrezione di Cristo dai morti, egli non contempla semplicemente un fatto oggettivo avvenuto nella storia. Non è un astratto articolo di fede in un certo qual senso lontano dai suoi interessi immediati, laggiù all’orizzonte. Essa è un valore anche soggettivo per chi la abbraccia con fede! Esso è pegno della sua eredità futura, ciò che di fatto gli permette di vivere con forza e speranza attraverso le difficoltà, le frustrazioni e le contraddizioni dell’attuale nostra vita. Di questo l’Apostolo se ne rallegra grandemente benedicendo e glorificando il nome di Dio e questo egli vuole comunicare ai suoi lettori.

I cristiani a cui scrive l’apostolo Pietro stanno vivendo un momento particolarmente difficile: devono subire dure persecuzioni a causa della loro fede. Si domandano se tutto questo veramente ne valga la pena. “Abbiamo investito la nostra vita in un fumoso sogno, in un mito? Non ci converrebbe di più vivere come tutti gli altri?”. La risposta di Pietro è inequivocabile: “No di certo. Ne vale la pena perché Cristo, risorgendo dai morti ha conseguito per voi beni unici che non vi saranno più tolti e che fruttano e frutteranno alla gloria di Dio e per la vostra salvezza”.

Quali sono questi beni preziosi godibili oggi e che giungeranno a compimento al ritorno di Cristo? Sono il frutto della grande misericordia di Dio verso la creatura umana: beni seminati nella morte sacrificale di Cristo in croce, che sono germogliati nella Sua tomba e che hanno fruttificato nella Sua risurrezione. Essi ci possono impartire non una pia illusione, ma una viva speranza. La risurrezione di Gesù Cristo dai morti ha reso per noi possibile. In primo luogo:

a) la nostra rigenerazione. La Bibbia parla dell’essere umano nella condizione in cui ora si trova, come di una creatura spiritualmente morta. Ci sorprende che da essa non se ne possa trarre nulla di buono? Ci sorprende che non produca e che anzi si corrompa sempre di più insieme alla sua società? Grazie alla risurrezione di Cristo ed attraverso l’annuncio dell’Evangelo, la creatura umana può giungere ad una vera e propria rinascita, una rigenerazione. Come Sue creature Dio ci dà l’essere naturale, ma pure vuole darci l’essere spirituale attraverso la nostra conversione a Cristo, miracolo della grazia di Dio non meno stupefacente che una risurrezione dai morti. Spiritualmente l’essere umano è come Lazzaro nella sua tomba. Quando però Gesù lo chiama ad uscire, il Suo appello è vivente ed efficace da suscitare in lui una risposta non altrimenti possibile. La generazione spirituale restituisce alla nostra natura corrotta compatibilità con il nostro Creatore. Tramite essa torniamo ad apprezzare ciò che è spirituale, santo e celeste, possiamo vedere, udire ed anelare le cose di Dio, vivere una vita di fede e di santità. Dio solo può essere la causa efficiente di questa rigenerazione. Promuovere questa rigenerazione spirituale concretamente possibile attraverso l’Evangelo della risurrezione è l’unica cosa che ci permetta di superare le frustrazioni del presente. In secondo luogo:

b) Un’eredità. Sostiene poi la vita del credente il pensiero che per la stessa grazia di Dio gli è assicurata “un’eredità incorruttibile". C’è un’immagine proverbiale di un ricco possidente che facendo contemplare al figlio la vastità dei terreni che possiede, gli dice: “Tutto questo un giorno sarà tuo”. L’erede riceve così tutto questo per diritto naturale. Che ci piaccia o no, non deve guadagnarselo, né meritarselo. ll credente, adottato per grazia di Dio come figlio Suo, diventa coerede con Cristo dei beni celesti: è un suo “diritto acquisito” in qualità di figlio, sia pure adottivo. Quest’eredità è libera essa stessa dalla corruzione, non è deteriorabile come i beni di questo mondo. Non la si può perdere per incuria o alienare a causa del nostro peccato perché noi pure come eredi acquisirà una natura incorruttibile. Essa è per natura pura e santa, libera dalla contaminazione del peccato. Esso è per tutti coloro che sono stati eletti secondo la prescienza di Dio, per coloro che sono stati rigenerati, lontano per sempre da mani avide, invidiose e distruttrici. Il solo pensare a quest’eredità che presto riceveremo ci dovrebbe incoraggiare e sopportare quaggiù ogni difficoltà.

(c) La Sua custodia. La risurrezione di Cristo ci sarà di incoraggiamento e di forza perché, avendo noi affidato a Lui la nostra vita possiamo godere della Sua “custodia”. L’Evangelo ci affida nelle sicure mani di Cristo: con Lui non dobbiamo aver più paura di nulla. Colui che è risorto è potente e fedele da proteggerci. Scelti da Lui e rigenerati, assicurati della certezza della nostra eredità celeste, abbiamo la gioia di sapere che siamo custoditi quaggiù fra mille difficoltà per giungere con sicurezza alla meta. Posti nelle mani di Cristo come in una fortezza, siamo custoditi nell’amore di Dio, legati da un patto di sangue e di grazia che Iddio onorerà. Ormai giustificati dal sangue di Cristo non saremo più passibili di condanna. Siamo stati inseriti nella famiglia di Dio, come figli. In stato di grazia e santità, nel timore di Dio, nella fede di Cristo, sul cammino della verità, siamo preservati a che la nostra debole natura non ci allontani da Lui.

Il peccato sempre ci tenterà e talvolta purtroppo cadremo, ma Cristo sarà vicino a noi per rialzarci. Potremo cadere magari nel dubbio ma la fede di Cristo non fallirà. Siamo custoditi non dalla nostra forza, ma dalla potenza di Dio; come circondati dall’accampamento di angeli, da un muro di fuoco alle loro spalle come l’antico popolo di Israele che camminava nel deserto verso la terra promessa. Di questo siamo sicuri per fede. Per avere questa certezza dovremo però sempre guardare a Cristo ed alla Sua vittoria sul mondo e su ogni altro nemico, senza lasciarci intimidire. In quarto luogo:

(d) La Sua gioia. Dono di Dio attraverso la risurrezione di Cristo sarà la gioia. Due volte nel nostro testo si parla del dono della gioia. E’ la gioia che il credente ha nel cuore quando comprende ciò che Cristo ha operato per lui. E’ la gioia per essere stato prescelto, rigenerato, "lavorato", gioia per le certe promesse del Signore a lui rivolte di realtà presenti e future.

Nella prospettiva della risurrezione di Cristo, che impartisce rigenerazione, un’eredità celeste, sicura custodia e gioia ineffabile, le difficoltà presenti assumeranno per noi un valore diverso. Consideratele, dice l’apostolo, una prova della vostra fede. Queste prove contribuiranno a raffinare, valorizzare la vostra preziosa, a renderla matura ed a contribuire alla gloria del Signore Gesù. Animato dallo spirito della risurrezione il cristiano è chiamato ad operare con vigore, speranza, certezza, gioia e serenità, guardando avanti al certo compimento delle promesse di Dio. 

Vivendo in questo modo diventerà sorprendente per molti che ci osservano dicendo: Voi dite di seguire Cristo: “pur non avendolo visto": com’è possibile? Davanti allo scettico Tommaso, Gesù risorto aveva detto: “Perché mi hai visto Tommaso, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto” (Giovanni 20:29). Si, noi amiamo il Signore Gesù per quanto ha compiuto e compie per noi, "pur non avendolo visto". Ci è stato fatto conoscere attraverso la predicazione dell’Evangelo, Lo abbiamo ricevuto ed abbracciato; Lo abbiamo fatto oggetto del nostro amore dopo aver compreso quanto grande fosse stato il Suo amore per noi. Lo abbiamo amato per l’eccellenza delle Sue perfezioni; per la pienezza di grazia che era in Lui; per ciò che ha compiuto per noi e per noi è stato; per il Suo ministero continuo in nostro favore; Lo amiamo più di ogni altra cosa o persona, con tutto il cuore e sinceramente; su Lui ci appoggiamo come nostro Salvatore e Redentore, da Lui tutto aspettandoci ed investendo in Lui ogni cosa.

Abbiamo così udito e forse anche noi detto: “Sono scoraggiato... sto perdendo ogni motivazione... chi me lo fa fare... non ne vale la pena...”. se questo è il caso, siamo chiamati a riscoprire e a vivere lo spirito della risurrezione, a riscoprire la potente efficacia del Risorto nella nostra vita. Allora vivremo non con una pia e ingannevole speranza, ma con una speranza viva e producente.

Paolo Castellina, riduzione da una predicazione del 1997.