Letteratura/Istituzione/1-14

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Indice generale

Istituzioni della religione cristiana (Calvino)

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CAPITOLO XIV

NELLA CREAZIONE DEL MONDO E DI TUTTE LE COSE LA SCRITTURA DISTINGUE CON SEGNI SICURI IL VERO DIO DA QUELLI INVENTATI

1. Giustamente Isaia rimprovera a tutti gli idolatri di non aver imparato dai fondamenti della terra e dalla volta celeste chi fosse il vero Dio (Is. 40.21) . Per il nostro spirito tardo e insensibile è stato però necessario mostrare e quasi raffigurare più esplicitamente il vero Dio, affinché i credenti non si lascino andare alle fantasticherie dei pagani. La definizione più accettabile data dai filosofi è quella secondo cui Dio è lo spirito del mondo. Si tratta tuttavia di un'ombra che svanisce e Dio deve essere conosciuto da noi in modo più famigliare perché non continuiamo muoverci nell'incertezza. A questo scopo ha fatto conoscere la storia della creazione attraverso Mosè e su di essa ha voluto fosse fondata la fede della Chiesa, affinché non cercassimo altro Dio se non quello ivi mostrato quale creatore del mondo. Per prima cosa viene qui indicato il tempo affinché i credenti siano condotti, dallo scorrere continuo degli anni, fino alla prima origine del genere umano e di ogni cosa. Questo è particolarmente utile a sapere, non solo per respingere le favole fantastiche che sono state in voga un tempo in Egitto e in altri paesi, ma anche perché, rendendo noto il principio del mondo, l'eternità di Dio possa risplendere più chiaramente e ci rapisca in ammirazione di lui.

Non lasciamoci turbare a questo punto dall'ironia degli schernitori. Essi domandano perché Dio non abbia pensato prima di creare il cielo e la terra ma abbia lasciato trascorrere un lasso infinito di tempo, pari forse a milioni di epoche, rimanendo intanto ozioso, ed abbia cominciato a mettersi all'opera solo seimila anni fa, quanti non sono neanche ancora trascorsi dalla creazione del mondo (tuttavia volgendo alla fine esso mostra quanto durerà) . Non ci è lecito, né utile, indagare perché Dio abbia aspettato tanto: se lo spirito umano si sforza di salire così in alto verrà meno cento volte per strada; e non ci sarà affatto utile conoscere quanto Dio di proposito ha voluto tener nascosto, per mettere alla prova la sobrietà della nostra fede. Molto bene rispose quell'antico a uno schernitore, che per ridere e beffarsi, domandava cosa facesse Dio prima di creare il mondo: "Costruiva l'inferno per i curiosi "fu la risposta. Questo ammonimento serio quanto severo deve spegnere la disordinata concupiscenza che sollecita molti e anzi li spinge a speculazioni tanto contorte quanto dannose. Ricordiamoci insomma che l'Iddio invisibile, la cui saggezza, potenza e giustizia sono incomprensibili, ci ha messo davanti agli occhi il racconto di Mosè come uno specchio in cui egli vuole far risplendere la sua immagine. Come gli occhi cisposi e inebetiti dalla vecchiaia, oppure oscurati da altro difetto o malattia, non possono vedere distintamente se non sono aiutati dagli occhiali, così la nostra incapacità è tale che se la Scrittura non ci indirizza nel cercare Dio, ci perdiamo subito. Se quei chiacchieroni spudorati e beffardi non ricevono ora un ammonimento, realizzeranno troppo tardi, nella loro orribile rovina, quanto sarebbe stato loro più utile guardare dal basso verso l'alto i segreti voleri di Dio in tutta reverenza piuttosto che sputare le loro bestemmie per denigrare il cielo.

Anche sant'Agostino lamenta giustamente che si fa ingiuria a Dio quando si cerca alle sue opere una causa superiore alla sua volontà. E in un altro passo ci avverte giustamente che agitare la questione dell'infinità dei tempi è una follia e una assurdità non minore del mettersi a discutere della grandezza degli spazi. Per quanto vaste ed estese siano le sfere celesti, vi si può tuttavia trovare un termine di misura. Se qualcuno criticasse Dio perché lo spazio vuoto è cento milioni di volte maggiore, una audacia così sconfinata non risulterebbe odiosa a tutti i credenti? Ebbene quanti criticano l'ozio di Dio giudicando che egli ha lasciato passare dei secoli infiniti prima di creare il mondo, cadono nella stessa follia. Per soddisfare la loro curiosità escono dal mondo, quasi in una sfera sì ampia di cielo e di terra non avessimo a disposizione oggetti e stimoli, sufficienti per la loro chiarezza inestimabile a impegnare tutti i nostri sensi, a travolgerci per così dire; quasi nello spazio di seimila anni Dio non ci avesse dato insegnamenti sufficienti, su cui meditare senza fine e senza riposo, per esercitare i nostri spiriti. Rimaniamo dunque nei limiti in cui Dio ha voluto rinchiudere e quasi trattenere i nostri spiriti ond'essi non si lasciassero andare a divagare con troppa licenza.

2. A questo stesso scopo Mosè racconta che la costruzione del mondo non è stata terminata in un minuto ma in sei giorni. Ci distoglie da ogni falsa fantasticheria per concentrarci nel pensiero di un solo Dio che ha compiuto la sua opera in sei giorni, onde non ci stancassimo per tutto il corso della nostra vita, di considerare quale egli sia. Sebbene i nostri occhi, dovunque si volgano, siano costretti a contemplare le opere di Dio, sappiamo tuttavia quanto questa attenzione sia superficiale e debole; e se siamo toccati da qualche pensiero buono e santo, esso svanisce immediatamente. La ragione umana polemizzerebbe volentieri contro Dio giudicando che costruire il mondo un giorno dopo l'altro sia cosa indegna della sua potenza. Tale permane la nostra presunzione finché il nostro spirito domato all'obbedienza della fede, giunga a quel riposo cui siamo invitati dalle parole sulla santificazione del settimo giorno.

Nell'ordine della creazione dobbiamo dunque ravvisare attentamente l'amore paterno di Dio verso il genere umano, in quanto egli non ha creato Adamo senza aver prima arricchito il mondo e provveduto con l'abbondanza di ogni bene. Se infatti lo avesse posto sulla terra quando essa era ancora sterile e deserta e se gli avesse dato la vita prima della luce, si sarebbe potuto pensare che egli non si preoccupava di procurargli quanto era utile. Ma egli ha differito la creazione dell'uomo fino a quando ha potuto disporre il corso del sole e delle stelle per la nostra utilità; ha riempito le acque e l'aria di ogni genere di animali; ha fatto produrre ogni genere di frutti per alimentarci; con tutte queste cure, degne di un buon padre di famiglia previdente, ha mostrato la sua meravigliosa bontà verso di noi. Chi rifletta attentamente, dentro di se, a quanto io menziono qui solo di sfuggita, constaterà che Mosè è un testimone infallibile e un araldo autentico per far conoscere il creatore del mondo.

Tralascio qui di ripetere quanto già detto, vale a dire che Mosè non ci mostra solo l'essenza di Dio, ma anche la sua sapienza eterna e il suo Spirito: onde non immaginiamo Dio diverso da quello che vuol essere riconosciuto in questa immagine.

3. Prima di iniziare a trattare più a fondo il problema della natura dell'uomo, bisogna formulare alcune osservazioni sugli angeli. Mosè nella storia della creazione, adeguandosi alla semplicità degli ignoranti, non menziona altre opere di Dio se non quelle visibili ai nostri occhi; ma in seguito presenta gli angeli come ministri di Dio. l: facile dedurne che essi lo riconoscono quale creatore impegnandosi ad obbedirgli e a compiere il loro dovere verso di lui. Sebbene dunque Mosè, parlando in modo approssimato come il popolo semplice, non abbia nominato subito gli angeli fra le creature di Dio, tuttavia nulla ci impedisce di esporre qui chiaramente quanto la Scrittura ne dice altrove. Se desideriamo infatti conoscere Dio dalla sua creazione non possiamo omettere questa parte sì nobile ed eccellente, necessaria inoltre a refutare molti errori.

La dignità propria della natura angelica ha sempre colpito molta gente; e si è pensato che si reca loro ingiuria sottoponendoli a Dio; e per questo si è attribuita agli angeli una qualche divinità. E Mani se ne viene fuori con la sua setta inventando due princìpi, vale a dire Dio e il Diavolo; attribuendo l'origine delle cose buone a Dio e facendo il Diavolo autore delle nature malvagie. Se noi lasciassimo oscurare il nostro spirito da queste fantasticherie Dio non avrebbe la gloria che merita per la creazione del mondo. È proprio di Dio appunto l'essere eterno e l'aver l'esistenza da se stesso: quanti attribuiscono queste caratteristiche al Diavolo non gli conferiscono forse prerogative divine? Inoltre, in che consiste la potenza infinita di Dio se si attribuisce al Diavolo un dominio tale da poter eseguire quel che gli pare, anche contro la volontà di Dio?

Il presupposto di quegli eretici: non è lecito credere che il Dio buono abbia creato alcunché di malvagio, non colpisce affatto la nostra fede, perché non riconosciamo alcuna malvagità in ciò che Dio ha creato. Infatti la malizia e la perversità dell'uomo, come quelle del Diavolo e i peccati che ne provengono, non derivano affatto dalla natura, ma piuttosto dalla corruzione di questa; e tutto quel che procede da Dio ci dà fin dal principio di conoscere la sua bontà, la sua sapienza e la sua giustizia. Per respingere queste fantasticherie è necessario elevare la nostra comprensione più in alto di quanto possono i nostri occhi vedere. Per questo scopo e in questa intenzione verosimilmente il concilio di Nicea ha chiamato Dio: creatore delle cose invisibili. Ma parlando degli angeli, io mi studierò di attenermi alla sobrietà che egli ci ordina: vale a dire di non speculare più alto di quanto ci sia utile, nel timore che i lettori siano sviati dalla semplicità della fede. E inoltre, dato che lo Spirito Santo ci insegna sempre ciò che è utile (e nei problemi che sono di grande importanza per la nostra edificazione o tace del tutto oppure dà alcune brevi e rapide indicazioni) nostro dovere è di ignorare di buon grado quanto non arreca alcun profitto.

4. Dato che gli angeli sono ministri di Dio preposti ad eseguire quanto egli comanda loro (Sl. 103) , non c'è alcun dubbio che essi sono sue creature. Suscitare discussioni contenziose per sapere quando siano stati creati non è forse segno di testardaggine più che di diligenza? Mosè racconta che la terra era perfetta e i cieli perfetti con tutti i loro ornamenti ed eserciti (Ge 2.1) : perché dunque tormentarsi per sapere in quale giorno gli angeli, che sono gli eserciti del cielo, hanno incominciato ad esistere?

Per non continuare più a lungo, ricordiamoci che su questo punto, come in tutta la dottrina cristiana, dobbiamo mantenere un atteggiamento di umiltà e modestia per non dire o pensare, e neanche desiderare sapere, riguardo a cose oscure, in modo diverso da come Dio ne tratta nella sua Parola. E dobbiamo poi attenerci alla regola di leggere la Scrittura cercando continuamente e meditando quanto appartiene all'edificazione, senza lasciare le redini alla nostra curiosità, né al desiderio di apprendere cose inutili. Dato che Dio non ci ha voluto istruire in questioni frivole ma nella vera pietà, vale a dire nel timore del suo nome, nella fiducia in lui, in santità di vita, accontentiamoci di questa conoscenza. Se vogliamo dunque che il nostro sapere sia netta mente inquadrato, dobbiamo lasciare le questioni vane in cui si dibattono gli spiriti oziosi, quando trattano senza la parola di Dio, della natura e del numero degli angeli e delle loro gerarchie. So bene che molti sono avidi di indagare, e prendono piacere a queste cose, più che in quelle che ci dovrebbero essere familiari. Se non ci dispiace essere discepoli di Gesù Cristo, non ci dispiaccia seguire il metodo che egli ci ha dato. Consideriamoci soddisfatti dunque dell'insegnamento che egli ci dà, astenendoci dalle domande oziose, dalle quali egli ci tiene lontani non solamente perché ce ne asteniamo, ma perché le abbiamo addirittura in orrore.

Nessuno contesterà che l'autore della Gerarchia celeste, attribuita a san Dionigi, Vi abbia dissertato con grande penetrazione su molte cose; ma se qualcuno esamina minuziosamente la materia, vedrà che nella maggior parte dei casi sono pure chiacchiere. Ora, compito di un teologo, non è il dilettare le orecchie con chiacchiere, ma il confermare le coscienze insegnando cose vere, certe ed utili. Leggendo questo libro, si ha l'impressione di udire un uomo caduto dal cielo, che racconta le cose non solo lette, ma addirittura viste con i propri occhi. Ora san Paolo, che era stato innalzato oltre il terzo cielo, non solo non ha insegnato i segreti visti, ma ha dichiarato essergli del tutto illecito rivelarli (2 Co. 12.1-4) . Lasciando dunque questa folle sapienza, consideriamo solamente ciò che Dio ha voluto farci sapere degli angeli attenendoci alla semplice dottrina della Scrittura.

5. Leggiamo in tutta la Scrittura che gli angeli sono spiriti celesti, del cui ministero Dio si serve per far seguire la sua volontà; per questo è imposto loro il nome di "angeli", perché Dio li fa suoi messaggeri verso gli uomini per manifestarsi loro. Gli altri nomi che la Scrittura adopera hanno la stessa origine. Sono chiamati Eserciti (Lu 2.13) perché, come i soldati attorniano il loro principe o il loro capitano, così essi stanno da vanti a Dio per onorarne ed accrescerne la maestà, pronti ad obbedire alla sua volontà per agire dovunque egli ordini, anzi impegnati all'opera. Il trono di Dio ci è descritto nella sua magnificenza da tutti i profeti e specialmente da Daniele quando dice: Dio sul suo trono era circondato da miriadi di angeli, in numero infinito (Da. 7.10) in quanto tramite loro Dio manifesta la forza della sua mano, essi sono chiamati Potenza; ed in quanto esercita il suo imperio su tutto il mondo, sono chiamati Principati, Potenze, Signorie (Cl. 1.16; Ef. 1.21) .

Infine, poiché la gloria di Dio dimora in essi, sono chiamati anche i suoi Troni; sebbene io non voglia impegnarmi su quest'ultima parola perché anche un'altra espressione può convenire altrettanto e forse meglio.

Ma a parte l'appellativo di Troni, lo Spirito Santo usa spesso i titoli menzionati per magnificare la dignità del ministero degli angeli. Non c'è motivo infatti di lasciare privi di onore le creature di cui il Signore si serve come di strumenti per far conoscere in modo speciale la sua presenza nel mondo. Molte volte anzi, sono chiamati Dèi, perché con il loro ministero ci presentano in certo qual modo, come in uno specchio, l'immagine di Dio. Mi piace molto quanto hanno scritto gli antichi dottori, vale a dire che quando la Scrittura menziona l'apparizione dell'angelo di Dio ad Abramo o a Giacobbe o a qualcun altro (Ge 18.1; 32.1.28; Gs. 5.14; Gd. 6.12; 13.22) , essa allude a Gesù Cristo, tuttavia anche gli angeli sono chiamati sovente dèi, come ho detto. E non dobbiamo stupircene perché se gli stessi onori sono resi ai re e ai prìncipi, che la Scrittura chiama dèi (Sl. 82.6) , i quali sono nel loro ufficio come luogotenenti di Dio, Sovrano superiore a tutti, tanto più v'è ragione di attribuirli agli angeli; in essi infatti la gloria di Dio risplende più chiaramente.

6. La Scrittura si sofferma soprattutto a insegnare quanto può maggiormente servire a consolarci e a confermare la nostra fede; vale a dire che gli angeli sono dispensatori e ministri della liberalità di Dio nei nostri riguardi. Per queste ragioni essa afferma che sono sempre all'erta per la nostra salvezza, sempre pronti a difenderci, che tutelano il nostro cammino e hanno cura di noi in ogni cosa onde non ci accada nulla di male.

Le affermazioni seguenti hanno valore universale, concernono in primo luogo Gesù Cristo, come capo di tutta la Chiesa, e poi tutti i credenti: "Egli comanderà ai suoi angeli di guardarti in tutte le tue vie: essi ti porteranno in palma di mano ché talora il tuo piè non inciampi" (Sl. 91.2); e: "Gli angeli del Signore sono intorno a quanti lo temono e li preservano dal pericolo" (Sl. 34.8) . Con queste parole Dio mostra di affidare agli angeli la tutela di chi egli vuole difendere. Così l'angelo del Signore consolava Agar nella sua fuga e le ordinava di riconciliarsi con la sua padrona (Ge. 16.9) . Similmente Abramo prometteva al suo servo che l'angelo dell'Eterno gli sarebbe come guida nel cammino (Ge 24.7) . Giacobbe benedicendo Efraim e Manasse pregava che l'angelo di Dio, da cui era stato sempre aiutato lo facesse prosperare (Ge 48.16) . Similmente è detto che l'angelo di Dio era sul campo con il popolo di Israele (Es. 14.9; 23.20) . Ed ogni volta che Dio ha voluto liberare quel popolo dalla mano dei suoi nemici si è servito degli angeli per farlo (Gd. 2.1; 6.2; 13.9) . Per non dilungarmi oltre: è detto che gli angeli servivano al nostro Signore Gesù dopo che fu tentato nel deserto (Mt. 4.2) , lo assistevano nella sua angoscia al tempo della passione (Lu. 22.43) , annunciarono alle donne la sua resurrezione e ai discepoli la sua venuta gloriosa (Mt. 28.5-7; Lu 24.5; At. 1.10) . Per svolgere l'ufficio loro affidato di essere nostri difensori, essi combattono contro il Diavolo e contro tutti i nostri nemici ed esercitano la vendetta di Dio su chi ci molesta. Leggiamo, per esempio, che l'angelo del Signore uccise in una notte centoottantacinquemila uomini nel campo degli Assiri per liberare Gerusalemme dall'assedio (4 Re 19.35; Is. 37.36) .

7. Per il resto, non oserei affermare che ogni credente abbia oppure no un angelo proprio, assegnatogli per sua difesa. Certo quando Daniele dice che l'angelo dei Persiani e similmente l'angelo dei Greci combattevano contro i loro nemici (Da 10.13.20; 12.1) vuole indicare che Dio talvolta prepone i suoi angeli come governatori di paesi e province. Similmente Gesù Cristo, quando dice che gli angeli dei piccoli bambini vedono del continuo la faccia del Padre (Mt. 18.10) , afferma esservi certi angeli incaricati dei piccoli bambini: ma non so se da questo si potrebbe dedurre che ciascuno abbia il proprio. Bisogna tenere questo punto per certo, che non un angelo solo ha cura di noi ma di comune accordo essi vegliano per la nostra salvezza. È detto infatti di tutti gli angeli in comune che si rallegrano più di un peccatore convertito a penitenza che di novanta giusti perseveranti nell'agire bene (Lu 15.7) . È detto parimenti che l'anima di Lazzaro fu portata nel seno di Abramo da molti angeli (Lu 16.22) . Non senza ragione Eliseo mostra al suo servitore numerosi carri fiammeggianti che erano stati posti a sua disposizione particolare per difenderlo (4 Re 6.17) . Un passo sembra espressamente confermare questa opinione: san Pietro, uscito miracolosamente dalla prigione, bussò alla casa in cui i fratelli erano riuniti ed essi, non potendo pensare fosse lui, dicevano: È il suo angelo (At. 12.15) . Si può congetturare che questo venne loro alla mente perché era opinione comune che ogni credente avesse il suo angelo particolare. Ma vi è una risposta a questo. Nulla vieta che essi intendessero uno degli angeli ai quali Dio aveva raccomandato san Pietro senza che ne fosse il guardiano perpetuo, così come si immagina comunemente ciascuno di noi abbia due angeli, uno buono e uno cattivo; opinione una volta comune tra i pagani.

Ma non vale la pena di tormentarci troppo riguardo ad un problema che non è affatto necessario alla salvezza. Chi non si contenta del fatto che tutto l'esercito del cielo è in guardia per la nostra salvezza ed è pronto ad aiutarci, non vedo cosa gli servirà affermare esserci un angelo particolare come suo guardiano. Anzi, chi limita ad un angelo la cura che Dio ha di ciascuno di noi, reca ingiuria a se stesso e a tutti i membri della Chiesa, come se Dio avesse promesso inutilmente di soccorrerci con numerose schiere, affinché difesi da ogni parte combattessimo più coraggiosamente.

8. Chi poi si arrischiasse a determinare il numero e gli ordini degli angeli, consideri attentamente su quale fondamento si fonda. Riconosco che Michele, nel libro di Daniele è chiamato grande principe o capitano (Daniele 12.1) e arcangelo nel libro di san Giuda (Gd.e 1.9) .

San Paolo afferma che sarà un arcangelo con una tromba a concludere il mondo per farlo comparire in giudizio (1 Ts. 4.16) . Ma chi potrà da questo fissare i gradi di onore tra gli angeli, distinguerli l'uno dall'altro per il nome e per il titolo, assegnare a ciascuno il suo luogo e la sua dimora? Gli stessi nomi di Michele e Gabriele che si trovano nella Scrittura e il nome di Raffaele che si trova nella storia di Tobia (Tobia 12) sembrano, in base al loro significato, essere stati imposti agli angeli a cagione della nostra infermità; a questo riguardo preferisco non pronunciarmi.

Per quanto riguarda il numero, abbiamo sentito dalla bocca di Gesù Cristo che ve ne sono molte legioni (Mt. 26.53) . Daniele parla di molti milioni (Da 7.10) ; il servitore di Eliseo vide numerosi carri; e quanto è detto nel Salmo: essi sono accampati intorno ai credenti, presuppone una grande moltitudine (Sl. 34.8) . È vero che gli spiriti non hanno forma come i corpi, tuttavia la Scrittura, per la nostra poca comprensione e limitatezza, ci rappresenta gli angeli alati con il nome di cherubini e serafini; onde non dubitiamo che essi saranno sempre pronti a soccorrerci con incredibile rapidità non appena sarà necessario, così come vediamo i lampi volare nel cielo, più veloci di ogni comprensione. Pretendere sapere di più significherebbe voler conoscere segreti la cui piena rivelazione è differita all'ultimo giorno. Ricordiamoci dunque: su questo punto dobbiamo guardarci tanto dalla curiosità superflua di indagare quel che non ci appartiene di sapere, quanto dall'audacia di parlare di quanto ignoriamo.

9. Dobbiamo tuttavia tener per certo questo punto, messo in dubbio da alcuni scervellati: gli angeli sono spiriti che servono a Dio ed egli li adopera per proteggere i suoi e per mezzo loro dispensa i suoi benefici agli uomini (Eb. 1.14) e compie tutte le sue opere. I Sadducei nel passato, hanno ritenuto che con la parola "angeli" non fosse significato altro che il movimento da Dio ispirato agli uomini o le forze che egli manifesta nelle sue opere (At. 23.8) . Ma vi sono tante testimonianze nella Scrittura che contraddicono questa fantasticheria da stupirci sia potuta esistere una tale ignoranza nel popolo di Israele. Infatti senza andare più lontano, i passi che ho più sopra citati sono sufficienti a risolvere ogni difficoltà. Quando è detto che vi sono legioni e milioni di angeli, quando è detto che si rallegrano, quando è raccontato che sostengono i credenti con le loro mani, che portano le loro anime al riposo, che vedono la faccia di Dio: con tutto questo si vuol dimostrare che essi hanno una natura o una essenza. Inoltre l'affermazione di san Paolo e santo Stefano: la legge è stata data per mano degli angeli (At. 7.53; Ga .3.19) , e quelle del nostro Signore Gesù: gli eletti saranno simili agli angeli dopo la resurrezione, che l'ultimo giorno è sconosciuto persino agli angeli e ancora: egli verrà con i santi angeli (Mt. 22.30; 24.36; 25.31; Lu 9.26) non possono essere distolte ad altri significati. Similmente quando san Paolo scongiura Timoteo davanti a Gesù Cristo e ai suoi angeli eletti (1 Ti. 5.21) non intende far riferimento a qualità o ispirazioni senza sostanza; né possono essere interpretate diversamente le espressioni della epistola agli Ebrei secondo cui Gesù Cristo è stato esaltato al disopra degli angeli; non ad essi è stato assoggettato il mondo; Cristo non ha preso la loro natura ma quella degli uomini (Eb. 1.4; 2.16) . Questo non può voler dir altro che si tratta di veri spiriti con una loro sostanza propria. Lo dimostra in séguito l'Apostolo affiancando gli angeli con le anime dei credenti e mettendoli nella stessa categoria (Eb. 12.22) . Inoltre abbiamo già detto che gli angeli dei piccoli bambini vedono del continuo il volto di Dio, che siamo difesi dal loro aiuto, che si rallegrano della nostra salvezza, che si meravigliano della grazia infinita di Dio mostrata nella Chiesa, che sono sotto uno stesso capo come noi, vale a dire Cristo; che sono spesso apparsi ai santi profeti in forma d'uomo, hanno loro parlato e hanno abitato nelle loro dimore: tutto questo mostra che non si tratta di vento e di fumo. Anche Gesù Cristo a causa della preminenza che possiede in quanto Mediatore, è chiamato Angelo (Ma.3.1) .

Mi è sembrato bene accennare brevemente a questo punto per armare e premunire i semplici quando incontrano sciocche opinioni e fantasticherie che il Diavolo ha suscitato dal principio nella Chiesa e che ora risveglia.

10. Occorre ancora prendere posizione contro la superstizione che si accompagna volentieri, nella fantasia degli uomini, all'affermazione che gli angeli siano ministri e dispensatori di ogni bene. Infatti la nostra ragione deduce subito che non v'è onore che non debba essere loro attribuito. Avviene così che trasferiamo ad essi quanto appartiene esclusivamente a Gesù Cristo. Ecco come la gloria di Cristo è stata per lungo tempo oscurata, poiché si magnificavano smisuratamente gli angeli attribuendo loro quanto la Parola di Dio non dice. E tra gli errori che stentiamo oggi a sradicare, ce n'è uno più antico: vediamo infatti che lo stesso san Paolo ha dovuto combattere contro taluni che esaltavano gli angeli al punto che Gesù Cristo veniva abbassato quasi al loro stesso livello. Per questa ragione nella epistola ai Colossesi egli afferma con forza che Gesù Cristo non solamente deve essere preferito agli angeli, ma che essi ricevono da lui ogni bene (Cl. 1.16.20) affinché non siano così stolti da allontanarsi da lui per andare a loro: essi non sono sufficienti a se stessi, ma attingono alla stessa nostra sorgente. Poiché la gloria di Dio risplende così chiaramente in essi, non vi è nulla di più facile che lasciarci trasportare nell'errore di adorarli e di attribuire loro quanto è dovuto al solo Dio. È quel che san Giovanni dichiara nell'apocalisse essergli accaduto; ma dice nello stesso tempo che l'Angelo gli rispose: "Guardati dal farlo. Io sono un servitore come te. Adora Dio" (Re 19.10) .

2. Questo pericolo si eviterà facilmente quando si consideri perché Dio si serve degli angeli; egli manifesta tramite loro la sua potenza per procurare la salvezza dei credenti e comunicare loro i suoi benefici anziché farlo direttamente. Certo non lo fa per necessità, come se non ne potesse fare a meno. Ogniqualvolta gli piace egli compie la sua opera senza richiederne l'aiuto, adoperando la sua sola autorità, senza alcun bisogno di chiamarli al proprio soccorso. Egli agisce in questo modo per venire incontro alla nostra debolezza, affinché non ci manchi nulla di quanto può darci buona speranza e confermare i nostri cuori. La promessa del Signore di essere il nostro protettore ci dovrebbe essere più che sufficiente: ma quando vediamo come siamo assediati da tanti pericoli, da tante difficoltà, da tanti nemici, può accaderci talvolta, deboli e fragili quali siamo, di essere preoccupati o di perdere coraggio, se Dio non ci fa sentire la presenza della sua grazia tenendo conto della nostra ignoranza e limitatezza. Per questa ragione ci promette non solo di prendere cura di noi, ma di avere innumerevoli servitori ai quali ha ingiunto di procurare la nostra salvezza; per farci comprendere così che essendo sotto la sua protezione siamo sempre al sicuro in qualunque pericolo ci troviamo. Riconosco la nostra perversità: pur avendo ricevuto la esplicita promessa della protezione di Dio ci preoccupiamo ancora del come e da quale parte ci aiuterà. Ma poiché Dio, secondo la sua bontà e la sua infinita clemenza, vuole sovvenire anche a questa nostra debolezza, non dobbiamo disprezzare la grazia offertaci. Ne abbiamo un bell'esempio nel servo di Eliseo il quale, vedendo che la montagna su cui si trovava con il suo padrone era assediata dai Siri, credeva di essere perduto. Eliseo pregò Dio che gli aprì gli occhi e così vide che la montagna era piena dell'esercito celeste, vale a dire degli angeli inviati da Dio per proteggere il Profeta e i suoi compagni (4 Re 6.17) . Il servitore confermato da questa visione riprese coraggio e non tenne più conto dei nemici che a prima vista lo avevano tanto spaventato.

12. Dobbiamo dunque ricondurre, quanto è detto del ministero degli angeli, all'intenzione di fondare più stabilmente la nostra fede in Dio. Per questo infatti Dio manda i suoi angeli come in guarnigione per difenderci: affinché non siamo spaventati dalla moltitudine dei nemici, dimenticando che egli è il più forte, ma ricorriamo sempre a questa frase di Eliseo: Quelli che sono con noi sono più numerosi di quelli che sono contro di noi. È cosa perversa dunque che gli angeli ci allontanino da Dio, dato che essi sono stati stabiliti perché sentissimo più prossimo il suo aiuto manifestandocelo secondo la nostra debolezza. Ed essi ci allontanano da Dio, quando non ci conducono direttamente a lui, quasi per mano, affinché lo contempliamo e invochiamo in aiuto lui solamente, riconoscendolo autore di ogni bene, quando non sappiamo considerarli come le sue mani, che non compiono nulla senza il suo volere e la sua decisione, quando non ci conducono a Gesù Cristo e ci mantengono in lui onde lo consideriamo unico Mediatore, avendo la coscienza di dipendere interamente da lui e avendo il nostro riposo in lui solamente. Dobbiamo avere impresso nella memoria quanto è scritto nella visione di Giacobbe: gli angeli discendono sulla terra verso gli uomini e gli uomini rIsalgono al cielo con la scala alla cui sommità sta il Signore degli eserciti (Ge 28.12) . È così indicato che gli angeli comunicano con noi per la sola intercessione di Gesù Cristo. Così anche è detto: "Vedrete d'ora innanzi i cieli aperti e gli angeli scendere sopra il figlio dell'Uomo" (Gv. 1.51) . Per questo motivo il servitore di Abramo affidato alla protezione dell'angelo non lo invoca per esserne assistito, ma si rivolge a Dio chiedendogli di aver misericordia di Abramo suo padrone (Ge 24.7) . Dio, pur facendo gli angeli ministri della sua bontà e della sua potenza, non ha condiviso con essi la sua gloria; essi dunque non promettono di aiutarci per ministero proprio, affinché la nostra fiducia non sia divIs.. Dobbiamo dunque respingere la filosofia di Platone che insegna ad andare a Dio per mezzo degli angeli e ad onorarli onde siano più propensi a condurci. Si tratta di una dottrina falsa e malvagia; eppure alcuni superstiziosi fin dal principio hanno voluto introdurla nella Chiesa cristiana, e oggi alcuni vorrebbero restaurarla.

13. Quanto la Scrittura insegna sui diavoli ha lo scopo di metterci in guardia onde resistiamo alle loro tentazioni, non veniamo sorpresi dai loro agguati e ci muniamo di armi sufficienti a respingere nemici potentissimi. Satana è chiamato il Dio e Principe di questo mondo (2 Co. 4.4; Gv. 12.31), l'uomo forte armato (Lu 11.21) , il leone ruggente (1Pe 5.8) , lo Spirito che domina nell'aria (Ef. 2.2) . Tutte queste definizioni vogliono renderci vigilanti e insegnarci a combattere. Talvolta questo è esplicitamente dichiarato. Così san Pietro dopo aver detto che il Diavolo ci gira attorno come un leone ruggente cercando di divorarci, aggiunge subito una esortazione: stiamo fermi nella fede per resistergli. E san Paolo dopo averci avvertiti che la nostra guerra non è contro la carne e il sangue ma contro i principi dell'aria, le potenze delle tenebre, gli spiriti malvagi, subito dopo ci ordina di rivestire le armi che possono difenderci in una battaglia così pericolosa. Impariamo dunque a ricondurre il tutto a questo: consci della vicinanza del nemico, nemico pronto, audace e robusto, abile in sotterfugi, ripieno di macchinazioni, esperto nella scienza di combattere e instancabile nei suoi propositi, non rimaniamo addormentati in atteggiamenti di noncuranza talché egli possa opprimerci; ma al contrario manteniamoci forti e pronti a resistergli. E dato che la battaglia finisce solo alla morte, rimaniamo fermi e costanti nella perseveranza. Soprattutto, conoscendo la nostra debolezza e incapacità, invochiamo Dio, nulla intraprendendo senza la fiducia nel suo aiuto: poiché lui solo può armarci dandoci consiglio, forza e coraggio.

14. La Scrittura per incitarci a maggiore vigilanza ci rivela inoltre che non c'è solo un diavolo a farci la guerra, ma una grande moltitudine. È detto infatti che Maria Maddalena era stata liberata da sette diavoli che la possedevano (Mr. 16.9) . E Gesù Cristo mostra quanto avviene normalmente dopo che un diavolo è uscito da noi: e se trova ancora accesso per ritornarvi ne conduce con se sette altri più malvagi (Mt. 12.43) . Anzi di un solo uomo è detto che era posseduto da una legione (Lu 8.30) . Dobbiamo dunque guerreggiare contro una moltitudine infinita di nemici: impariamo a non lasciarci andare alla negligenza come se avessimo qualche tregua per riposarci.

Per quanto riguarda il fatto che si parla spesso del Diavolo o di Satana al singolare, si vuole alludere alla sovranità dell'ingiustizia, contraria al regno della giustizia. Come la Chiesa e la comunità dei santi ha Gesù Cristo come capo, così la banda dei malvagi e l'empietà stessa ci sono descritte attraverso il loro principe esercitante il suo imperio e la sua sovranità. A questo si riferisce la frase: "Andate maledetti nel fuoco eterno che è preparato per il Diavolo e i suoi angeli!" (Mt. 25.41) .

15. Dobbiamo sentirci incitati a combattere incessantemente contro il Diavolo anche dal fatto che egli è detto ovunque avversario di Dio e nostro. Se teniamo in onore come si conviene la gloria di Dio, è necessario impegnare tutte le nostre forze per resistere a colui che trama per annullarla; se siamo desiderosi quanto si richiede, di mantenere il regno di Cristo, è necessario essere in guerra perpetua con colui che si sforza di distruggerlo. D'altronde se ci preoccupiamo della nostra salvezza non dobbiamo avere né pace né tregua con colui che cerca di ostacolarla senza fine e senza requie.

Nel terzo capitolo della Ge è mostrato come egli abbia spinto l'uomo a ribellarsi a Dio, onde questi fosse privato dell'onore che gli appartiene e anche l'uomo fosse precipitato nella rovina. E gli evangelisti ce ne descrivono la natura chiamandolo Nemico (Mt. 13.28) , o Satana che significa lo stesso, e dicendo che egli semina la zizzania per corrompere la semenza della vita eterna. Noi constatiamo insomma in tutte le sue opere quanto Gesù Cristo dichiara di lui, vale a dire che fin dal principio è stato omicida e ingannatore (Gv. 8.44) . Con le sue menzogne assale la verità di Dio, oscura la luce con le sue tenebre, induce in errore lo spirito degli uomini; inoltre suscita odii e infiamma dispute e discussioni. Tutto questo per rovesciare il regno di Dio e immergere gli uomini nella dannazione eterna. Da questo appare come sia perverso per natura, malvagio e maligno. E infatti deve esserci una estrema perversità in una natura che si vota ad annientare completamente la gloria di Dio e la salvezza degli uomini. È quanto dice san Giovanni nella sua epistola: "Fin dal principio egli pecca" (1 Gv. 3.8) . Con questo vuole dire che egli inventa, capeggia e attua ogni malizia e iniquità.

16. Tuttavia, essendo il Diavolo creato da Dio, dobbiamo notare che la malvagità consideratagli naturale non ha origine dalla sua creazione ma dalla sua successiva depravazione. Tutto quanto egli ha di condannabile se lo è acquistato allontanandosi da Dio. La Scrittura ce ne avverte onde non pensiamo che l'iniquità proceda da Dio, mentre gli è completamente contraria. Per questa ragione il nostro Signore Gesù dice che Satana parla di propria iniziativa quando mente (Gv. 8.44) e ne aggiunge la ragione: "perché non è rimasto nella verità". Con questo vuol dire che una volta vi dimorava. E quando lo chiama Padre di menzogna gli toglie ogni scusa onde non possa imputare a Dio il male di cui egli stesso è causa.

Sebbene queste cose siano solo accennate e oscuramente, esse sono sufficienti a chiudere la bocca ai bestemmiatori di Dio. Che importerebbe saper altro del Diavolo? Alcuni sono delusi perché la Scrittura non racconta per filo e per segno la causa, il modo, il tempo, la natura, della caduta dei diavoli: dato però che queste cose non concernono affatto la nostra esistenza o molto poco, il meglio è stato non menzionarle o accennarle molto rapidamente. Non si addiceva infatti allo Spirito Santo soddisfare la nostra curiosità raccontandoci storie vane e senza frutto. Nostro Signore ha avuto cura di insegnare solo quello che possa risultare atto a edificare.

Dunque per non fermarci a cose superflue, ci sia sufficiente sapere riguardo alla natura dei diavoli, che nella loro prima creazione sono stati angeli di Dio, ma allontanandosi dalla loro origine si sono rovinati e sono diventati strumenti della perdizione di altri. Questo fatto essendoci utile da conoscere è chiaramente espresso da san Pietro e da san Giuda quando dicono: Dio non ha risparmiato i suoi angeli che hanno peccato e non hanno conservato la loro origine ma hanno abbandonato il loro luogo (2 Pi. 2.4; Gd. e 1.6) . San Paolo menzionando gli angeli eletti vuole senza dubbio contrapporli ai riprovati (1 Ti. 5.21) .

17. Per quanto riguarda il combattimento e la lotta di Satana contro Dio, dobbiamo tener presente che egli non può far nulla senza la volontà e il permesso di Dio. Leggiamo nella storia di Giobbe che egli si presenta davanti a Dio per ascoltare quanto comanderà e che non osa intraprendere nulla senza avere prima chiesto l'autorizzazione (Gb. 1.6; 2.1) . Così quando Achab meritava di essere ingannato, egli si presentò a Dio per essere spirito di menzogna nella bocca di tutti i profeti e una volta mandato fece quanto gli era stato ordinato (2 Re 22.20) . Per questo stesso motivo lo spirito che tormentava Saul è chiamato spirito malvagio di Dio, perché Dio lo adoperava come un flagello per correggere Saul (1Ki 16.14; 18.10) . In un altro passo è detto che Dio ha colpito gli Egiziani con le piaghe per mezzo dei suoi angeli malvagi (Sl. 78.49) . Nello stesso senso san Paolo dice che l'accecamento dei malvagi è un'opera di Dio, dopo averlo attribuito a Satana (2 Ts. 2.9.2) . Evidentemente Satana è sottoposto alla potenza di Dio ed è guidato dal suo volere in modo tale da essere costretto all'obbedienza.

Quando diciamo: Satana resiste a Dio e le sue opere sono contrarie a quelle di Dio, intendiamo che la sua opposizione non avviene senza il permesso di Dio. Non parlo qui della volontà malvagia di Satana, né di quanto egli macchina, ma solamente degli effetti. Il Diavolo essendo per natura perverso non si preoccupa di obbedire alla volontà di Dio, ma si ribella completamente e oppone resistenza, è dunque radicato in lui e nella sua natura malvagia questo desiderio e questo intento di opporsi a Dio; questa perversità lo induce e lo incita a sforzarsi di fare le cose che pensa siano contrarie a Dio. Ma Dio lo tiene legato e prigioniero nei vincoli della sua potenza e non gli permette di eseguire nulla senza il suo consenso. In questo modo dunque il Diavolo, gli piaccia o no, serve al suo creatore ed è costretto ad adoperarsi dove il volere di Dio lo spinge.

18. Dio conducendo qua e là a suo piacimento gli spiriti immondi, ordina e dirige questo movimento in modo che essi molestano i credenti, tendono loro molti agguati, li tormentano con numerosi assalti, li incalzano talvolta da vicino e spesso li stancano, li turbano, li spaventano e giungono fino al punto da farli soffrire; ma tutto questo è per provarli e non per opprimerli o vincerli. Al contrario i demoni tengono gli increduli in soggezione, esercitano una tirannia sulle loro anime e sui loro corpi, trascinandoli come schiavi a loro piacimento in ogni peccato.

Per quanto riguarda i credenti fronteggiati da tali nemici, queste esortazioni sono rivolte loro: "Non fate posto al Diavolo" (Ef. 4.27) ,"Il vostro avversario, il Diavolo, va attorno a guIs. di leone ruggente cercando chi possa divorare: resistetegli stando fermi nella fede" (1Pe 5.8) , e altri passi consimili. Persino san Paolo confessa di non esser stato esente da questa battaglia allorché dice che l'angelo di Satana gli era stato dato per umiliarlo onde non s'inorgoglisse (2 Co. 12.7) . Si tratta dunque di un combattimento comune a tutti i figli di Dio, tuttavia, dato che la promessa di schiacciare il capo a Satana (Ge. 3.15) appartiene in comune a Gesù Cristo e a tutti i suoi membri, affermo che non possono essere vinti né oppressi da Satana. Sono spesso spaventati, mai sconvolti si da non poter riprendere coraggio. Sono abbattuti da qualche colpo ma si risollevano. Sono feriti, ma non in modo mortale. Sono travagliati per tutta la loro vita ma alla fine ottengono vittoria. Questo non è limitato particolarmente a singoli atti: sappiamo che Davide per giusta punizione di Dio fu abbandonato a Satana per un periodo, onde esserne spinto a fare il censimento del popolo (2 Re 24.1) . E non invano san Paolo lascia speranza di perdono a quanti saranno stati presi nelle reti del Diavolo (2Ti 2.26) . Perciò san Paolo afferma che questa promessa si realizza solo parzialmente nella vita presente perché è il tempo della battaglia; ma sarà realizzata quando la battaglia sarà terminata: "L'Iddio della pace" dice "triterà tosto Satana sotto i vostri piedi" (Ro 16.20) .

Per quanto riguarda il nostro Capo, egli ha sempre avuto pienamente vittoria. Il principe di questo mondo non ha trovato nulla in lui (Gv. 14.30) ; ma in noi, sue membra, questa vittoria appare solo in parte e non sarà perfetta fino a quando, spogliati della carne che ci rende soggetti a debolezza, saremo completamente riempiti della forza dello Spirito Santo. In questo modo quando il regno di Gesù Cristo sarà stabilito, Satana con la sua potenza sarà abbattuto, secondo l'affermazione di Gesù Cristo: "Io vedevo Satana cader dal cielo a guisa. di folgore" (Lu 10.18) . Con questo egli conferma il rapporto fattogli dagli apostoli sui frutti della loro predicazione. Parimenti finché il principe di questo mondo custodisce la porta delle sue mura, tutto quanto possiede è al sicuro; ma se sopravviene uno più forte egli è cacciato (Lu 11.21) . Per questo scopo, come dice l'Apostolo, Gesù Cristo morendo ha vinto Satana che aveva l'imperio della morte (Eb. 2.14) ed ha trionfato di tutte le sue macchinazioni rendendole innocue per la Chiesa, che altrimenti ne sarebbe distrutta ad ogni minuto. Data la nostra fragilità e la sua terribile collera come potremmo opporre la minima resistenza contro i terribili attacchi che a prepara se non fossimo sostenuti dalla vittoria del nostro capitano? Dio dunque non permette a Satana di regnare sulle anime dei credenti, ma gli abbandona solo i malvagi e gli increduli che non riconosce nel suo gregge. È detto infatti che Satana ha in suo possesso il mondo senza opposizione fino a quando non sia stato respinto da Cristo. Parimenti egli acceca tutti coloro che non credono all'Evangelo (2 Co. 4.4) , porta a termine la sua opera in tutti i ribelli (Ef. 2.2) . E a buon diritto: infatti i malvagi sono strumenti dell'ira di Dio e per questo egli li dà nelle mani di colui che è ministro della sua vendetta. Infine è detto che tutti i reprobi hanno il Diavolo per padre (Gv. 8.44) . Come i credenti sono riconosciuti quali figli di Dio grazie alla sua immagine, così quanti portano l'immagine di Satana sono giustamente reputati suoi figli (1 Gv. 3.8) .

19. Come abbiamo refutato più sopra la pazza e perversa fantasticheria di alcuni, secondo cui i santi angeli sarebbero solo buone ispirazioni o impulsi dati da Dio agli uomini, così ora dobbiamo riprovare l'errore di quanti riducono i diavoli ad impulsi malvagi, suggeritici dalla nostra carne. Questo è facile e presto fatto perché disponiamo di molte testimonianze scritturali evidenti e certe.

In primo luogo essi sono chiamati spiriti immondi e angeli apostati decaduti dalla loro prima natura (Mt. 12.43; Gd. e 1.6) . Questi appellativi manifestano chiaramente che essi non sono movimenti di sentimento dei cuori ma piuttosto spiriti aventi intelligenza. Similmente quando Gesù Cristo e san Giovanni paragonano i figli di Dio e i figli del Diavolo (1 Gv. 3.10) , se il nome di Diavolo indicasse solo una malvagia ispirazione il paragone sarebbe privo di senso. San Giovanni si esprime anche più chiaramente quando dice che il Diavolo pecca fin dal principio. Quando san Giuda dice che Michele arcangelo si disputava con il Diavolo il corpo di Mosè contrappone un angelo buono e uno malvagio. Similmente leggiamo nella storia di Giobbe che Satana comparve davanti a Dio con i santi angeli (Gb. 1.6; 2.1) .

Nulla è però più esplicito dei testi in cui si menziona la pena che i diavoli cominciano già a sopportare e che sopporteranno ancora di più nel giorno della resurrezione. Eccone alcuni: "Figlio di Davide, perché sei venuto a tormentarmi prima del tempo?" (Mt. 8.29);"Andate, maledetti, nel fuoco eterno che è preparato per il Diavolo e i suoi angeli" (Mt. 25.41);"Non ha risparmiato i propri angeli ma li ha messi in una oscura prigione legati a catene per custodirli per la eterna dannazione" (2 Pi. 2.4) ecc. Sarebbe del tutto improprio dire che il giudizio di Dio deve venire sui diavoli, che il fuoco eterno è apparecchiato per loro, che sono già in prigione aspettando la sentenza ultima, che Gesù Cristo li ha tormentati alla sua venuta, se i diavoli non esistessero affatto.

Una lunga trattazione di questa materia non reca vantaggio a quanti prestano fede alla parola di Dio, mentre al contrario le testimonianze della Scrittura non servono a nulla per i sognatori che amano solo le novità. Penso aver raggiunto il mio scopo Cl. premunire le coscienze dei credenti contro queste fantasticherie con cui gli spiriti irrequieti turbano e se stessi e gli altri. Era necessario comunque fare un accenno al problema onde ricordare ai semplici che hanno dei nemici contro i quali devono combattere perché non siano vittime della loro disattenzione.

20. Non siamo tuttavia sdegnosi; al punto di vergognarci di prendere piacere alle opere di Dio che si presentano ai nostri occhi in questo meraviglioso teatro del mondo. Come abbiamo detto all'inizio di questo libro, il primo elemento della nostra fede, secondo l'ordine di natura (benché non sia il principale) , consiste nel riconoscere che tutte le cose visibili sono opere di Dio, e riflettere con riverenza e timore allo scopo per cui furono create.

Per saper cogliere con vera fede quanto è utile conoscere su Dio, è opportuno conoscere il racconto della creazione del mondo come è stata brevemente esposta da Mosè (Ge 1) e trattato più ampiamente in séguito dai santi dottori della Chiesa, principalmente da Basilio e Ambrogio, Quivi apprendiamo che Dio per virtù della sua parola e del suo Spirito ha creato dal nulla il cielo e la terra e in essi ha prodotto ogni genere di animali e di creature senza anima e ha distinto con un ordine ammirevole la varietà infinita di cose che vediamo, assegnando a ciascuna specie la sua natura, il suo compito, determinando i loro luoghi e le loro dimore. E sebbene tutte siano soggette alla corruzione, tuttavia egli ha stabilito con la provvidenza che siano mantenute fino all'ultimo giorno. A questo scopo ne conserva alcune in modo segreto e nascosto dando loro di ora in ora nuova forza: ad altre ha dato la possibilità di moltiplicarsi per generare, in modo che quando le une muoiono, altre sopravvengono al loro posto. Ha ornato il cielo e la terra con abbondanza, varietà e bellezza assolute in tutte le cose, come un magnifico palazzo riccamente ammobiliato con tutto l'occorrente. Infine, creando l'uomo, ha compiuto un capolavoro di perfezione più eccellente di tutto il resto, per le grazie che gli ha dato. Non è mia intenzione parlare qui diffusamente della creazione del mondo, avendolo già fatto: sarà sufficiente dunque averne accennato incidentalmente. Come ho detto, chi desidera essere maggiormente istruito, legga Mosè e gli altri che hanno sviluppato questo argomento come si conviene. Ad essi rimando dunque i lettori.

21. Non occorre ora riflettere più a lungo sullo scopo cui deve tendere la contemplazione delle opere di Dio, dato che la questione è stata già affrontata. Essa può essere risolta ora in poche parole per quanto interessa il punto che stiamo trattando.

È vero che se qualcuno volesse descrivere l'inestimabile sapienza, la potenza, la giustizia e la bontà di Dio risplendenti nel la creazione del mondo, non ci sarebbe lingua umana sufficiente ad esprimere sia pure la centesima parte di tale eccellenza. E senza dubbio Dio ci vuole impegnare continuamente in questa santa meditazione in modo che quando contempliamo le ricchezze infinite della sua giustizia, sapienza, bontà e potenza nello specchio delle creature, le guardiamo non solo superficialmente, perdendone subito memoria, ma anzi ci soffermiamo a riflettervi e a meditare coscientemente per conservarne perenne ricordo. Questo libro è scritto per un insegnamento sintetico; non entrerò perciò in argomenti che richiedono lungo ragionare. Tuttavia, per dirla in sintesi, avremo inteso cosa significa l'appellativo di Creatore del cielo e della terra con cui Dio è chiamato, se sapremo seguire in primo luogo questa norma universale di non trascurare alla leggera, per dimenticanza o noncuranza, la potenza di Dio manifesta nelle sue creature; in secondo luogo se impareremo a riferire a noi stessi la considerazione delle sue opere per esserne toccati nel vivo dei nostri cuori.

Chiarirò il primo punto con esempi. Riconosciamo la potenza di Dio nelle sue creature quando consideriamo come egli sia stato un grande ed eccellente artefice collocando nel cielo una tale moltitudine di stelle che non si saprebbe desiderare cosa più piacevole a vedersi. Ha assegnato alle stelle del firmamento sede stabile di sorta che non si possano muovere da un luogo fisso; ai pianeti ha permesso di muovere qua e là senza tuttavia poter oltrepassare i loro limiti; ha distribuito il movimento e il corso di ciascuno in modo che misuri il tempo per dividere il giorno e la notte, gli anni e le loro stagioni: ed anzi questa ineguaglianza dei giorni che percepiamo quotidianamente è così bene disposta che non può generare confusione. Osserviamo similmente la sua potenza che sostiene una massa così grande qual è quella del mondo universale e fa girare il cielo così leggermente che svolge il suo corso in ventiquattro ore; e altre cose simili. Questi esempi mostrano sufficientemente che bisogna riconoscere la potenza di Dio nella creazione del mondo. Se volessimo trattare questo argomento come merita non ci sarebbe fine, come già ho detto: tanti generi di creature ci sono nel mondo o piuttosto tante cose vi sono, grandi o piccole, tanti sono i miracoli della sua potenza, prove della sua bontà e gli insegnamenti della sua sapienza.

22. Il secondo punto, riferito più propriamente alla fede, consiste nel comprendere che Dio ha stabilito tutte le cose a nostro profitto e a nostra salvezza; e nel contemplare la sua potenza e la sua grazia in noi stessi e nei benefici di cui siamo oggetto onde essere stimolati ad affidarci a lui, ad invocarlo, a lodarlo e ad amarlo. Che abbia creato tutte le cose per l'uomo è evidente nell'ordine tenuto nella creazione, come ho fatto notare a suo tempo. Non è senza motivo infatti, che ha suddiviso la creazione del mondo in sei giorni (Ge 1.31) ; egli avrebbe potuto facilmente compiere il tutto in un minuto invece che procedervi poco per volta. Ma ha voluto mostrare la sua provvidenza e la cura paterna che ha di noi nel preparare quanto prevedeva essere utile e vantaggioso all'uomo prima di crearlo. Come dubitare che un padre così buono abbia cura di noi, quando è evidente che ha pensato a procurarci quanto ci è necessario prima ancora della nostra nascita? Non sarebbe malvagio tremare di paura temendo che la sua generosità venga a mancarci nel bisogno, quando essa è stata sparsa su di noi così abbondantemente prima ancora della nostra esistenza? E per di più, udiamo dalla bocca di Mosè che tutte le creature del mondo ci sono assoggettate dalla sua bontà (Ge 1.28; 9.2) . Certo non ha detto questo per farsi beffe di noi promettendoci un dono inefficace che non servirebbe a nulla. Non bisogna dunque temere che alcunché di utile per la nostra salvezza ci possa mancare.

Concludendo: ogni volta che chiamiamo Dio, creatore del cielo e della terra, dobbiamo prendere coscienza del fatto che la sua mano potente dispone di tutte le cose, egli ha assunto il compito di dirigere e nutrire noi, suoi figli, dobbiamo aspettare da lui solo ogni bene (sapendo per certo che non permetterà mai ci manchi quanto è necessario alla nostra salvezza) , la nostra speranza non si fonda su altri e qualunque cosa desideriamo è a lui che dobbiamo chiederla, qualsiasi bene riceviamo, è a lui che dobbiamo riconoscenza con azioni di grazia; in tal modo, stimolati dalla generosità che egli ci dimostra, saremo condotti ad amarlo e riverirlo con tutto il cuore.