Confessioni di fede/Augustana/25

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Indice generale

Confessione augustana (1530)

Prefazione - Confessioni_di_fede/Augustana/01/I Dio - Il. Il peccato originale - III. Il Figlio di Dio - IV. La giustificazione- V. Il ministero della chiesa - VI. La nuova obbedienza - VII. La chiesa - VIII. Che cos’è la chiesa? - IX. Il battesimo - X. La cena del Signore - XI. La confessione - XII. La penitenza o conversione - XIII. Funzione dei sacramenti - XIV. L’ordine ecclesiastico - XV. I riti della chiesa - XVI. La vita nella società civile XVII. Il ritorno di Cristo per il giudizio - XVIII. Il libero arbitrio - XIX. La causa del peccato - XX. Fede e buone opere - XXI. Il culto dei santi - XXII. La cena del Signore con ambedue le specie - XXIII. Il matrimonio dei preti - XXIV. La messa - XXV. La confessione - XXVI. La distinzione degli alimenti - XXVII. I voti monastici - XXVIII. Il potere ecclesiastico - Conclusione

XXV. La confessione

Nelle chiese presso di noi la confessione non è stata abolita. Infatti siamo soliti porgere il corpo del Signore soltanto a coloro che sono stati preventivamente esaminati ed assolti. E il popolo viene istruito con grande cura sulla fiducia che deve avere nell’assoluzione, alla quale invece, prima di questi nostri tempi, non si faceva il minimo accenno. I fedeli vengono istruiti a tenere in altissimo conto l’assoluzione perché è voce di Dio ed è pronunciata per ordine di Dio. Si esalta il «potere delle chiavi» e si ricorda quale grande consolazione esso arre chi alle coscienze atterrite e che Dio esige la fede affinché crediamo a quella assoluzione come alla voce sua che risuona dal cielo, e che quella fede ottiene veramente e riceve la remissione dei peccati.

In passato si esaltavano esageratamente le opere in funzione della soddisfazione e non si faceva menzione alcuna della fede, dell’opera meritoria di Cristo, della giustizia che proviene dalla fede. Perciò, a questo proposito, le nostre chiese non sono affatto da accusare, poiché anche questo i nostri avversari sono costretti a riconoscerci come merito, che la dottrina della conversione è stata da noi trattata e spiegata con grandissima cura.

Tuttavia sulla confessione [nostri] insegnano che l’enumerazione dettagliata delle colpe non è necessaria e che le coscienze non devono essere oppresse dallo scrupolo di enumerare una per una tutte le colpe, perché è impossibile esporre tutti i propri misfatti, come attesta il salmo: «Chi può conoscere i suoi errori?» [19:13]. E Geremia: «Malvagio è il cuore degli uomini e imperscrutabile» [17:9]. Che se in vece nessun altro peccato, all’infuori di quelli espressamente ricordati, venisse rimesso, le coscienze non potrebbero mai essere tranquille, dal momento che non hanno più presenti né possono ricordare un gran numero di peccati. Anche gli antichi scrittori attestano che quella enumerazione non è necessaria. Infatti nei decreti si cita Crisostomo che così afferma: «Non ti dico di esporti pubblicamente, né di accusarti davanti agli altri, ma voglio che tu obbedisca al profeta che dice: “Rivela al co spetto di Dio la tua via”. Confida dunque i tuoi peccati a Dio che è vero giudice, con la tua preghiera. Confessa le tue colpe non con la lingua, ma con la memoria della tua coscienza"<ref>Il testo di CRISOSTOMO, Hom. 3/in ep. ad Hebr. (PG 63. 216), è inserito nel Decr. Grat. 11, C. 33, q. 3, De poenitentia. d. 1, c. 87, 4.</ref>.

Anche la glossa sul «De Poenitentia» (dist. 5, cap. Consideret)<ref>Glossa al Decr. Grat, De poen. 5, 1.</ref> riconosce che la confessione è di diritto umano. Tuttavia la confessione è mantenuta presso di noi, sia per il grandissimo beneficio dell’assoluzione, sia per altri utili servizi resi alle coscienze.