Confessioni di fede/Elvetica/21

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Indice generale

Confessione di fede elvetica del 1566

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XXI. La Santa Cena del Signore

La Cena del Signore

La Cena del Signore (chiamata anche Mensa del Signore e Eucaristia, cioè azione di grazia), viene abitualmente detta Cena, per il fatto che Gesù Cristo l’ha ordinata nella sua ultima Cena, che è ancor oggi rappresentata da quest’azione nella quale i fe­deli vengono nutriti spiritualmente.

Chi ha istituito e consacrato la Cena

Ora non vi è né angelo né uomo che sia l’autore della Cena del Signore, ma lo stesso Fi­glio di Dio, nostro Signore Gesù Cristo, che è il primo che l’ha consacrata per la sua Chiesa, e quella consacrazione dura an­cora fra tutti coloro che celebrano questa stessa Cena che il Si­gnore ha istituito, recitandovi le parole della Cena del Signore e volgendo lo sguardo con vera fede all’unico Cristo, dalla cui mano essi ricevono ciò che viene loro presentato e donato per mano dei ministri della Chiesa.

Memoriale dei benefici di Dio

Del resto, il Signore vuole con­servare o rinfrescare nella nostra memoria attraverso questa sacra cerimonia il grandissimo beneficio e la grazia inestima­bile fatta al genere umano, il fatto cioè che, donando il suo corpo e spargendo il suo sangue, egli ci ha perdonato tutti i no­stri peccati e ci ha riscattati dalla morte eterna e dal potere del diavolo e che ci nutre con la sua carne e ci disseta con il suo sangue, i quali, ricevuti spiritualmente con vera fede, ci nutrono per la vita eterna. E questo grandissimo ed eccellente be­neficio viene rinnovato ogniqualvolta si celebra la Cena del Si­gnore, avendo detto il Signore: Fate questo in memoria di me. Mediante questa santa Cena ci viene pure confermato che il corpo del Signore è stato veramente dato a morte per noi e il suo prezioso sangue sparso per la remissione dei nostri peccati, affinché la nostra fede non vacilli.

Il segno e la cosa significata

In breve, in questo santo sa­cramento, il ministro ci rappresenta esteriormente e ci fa come vedere con gli occhi ciò di cui lo Spirito Santo ci fa godere in modo invisibile interiormente e nell’anima. Il ministro pre­senta infatti il pane esteriormente e si sentono le parole del Si­gnore, cioè: Prendete, mangiate, questo è il mio corpo, pren­dete e distribuite fra di voi; così pure: Bevete tutti da questo calice, questo è il mio sangue. Nella Cena i fedeli ricevono quindi ciò che dona loro il ministro del Signore e mangiano il pane del Signore e bevono al calice del Signore, e tuttavia, dal momento che Gesù Cristo vi opera mediante il suo Spirito, essi ricevono interiormente la carne e il sangue del Signore, e ne sono nutriti per la vita eterna. La carne e il sangue di Cristo sono infatti il vero cibo e la vera bevanda per la vita eterna; e lo stesso Gesù Cristo, per il fatto di essere stato dato per noi e di essere il nostro salvatore, è l’attore principale della Cena. Per cui non tolleriamo assolutamente che lo si sostituisca con qualsiasi altra cosa. In che modo la carne e il sangue di Cristo sono il cibo e la be­vanda dei fedeli e come essi li ricevano per la vita eterna, ag­giungeremo brevemente quanto segue. Vi sono diverse specie di manducazione. Ve ne è infatti una corporea, nella quale l’uomo riceve il cibo nella sua bocca, lo spezza con i denti e lo manda nel ventre. È a questa specie di manducazione che un giorno gli abitanti di Cafarnao hanno riferito ciò che il Si­gnore aveva detto della manducazione della sua carne, ma sono stati confutati da lui stesso in Giovanni, 6 [v. 63]. In­fatti, siccome la carne di Cristo non può essere mangiata cor­poralmente, senza un’enorme malvagità e crudeltà più che barbara, essa non è cibo per il ventre, cosa che tutti sono ob­bligati a confessare. Per cui noi detestiamo il canone del Papa: «Ego Berengarius» (De Consecrat. Distinct. 2). In effetti, gli antichi fedeli non hanno creduto e noi non crediamo che si man­gia con la bocca del corpo, corporalmente o sostanzialmente il corpo di Gesù Cristo.

Una manducazione spirituale del Signore

Vi è anche una manducazione spirituale del corpo di Cristo, non nel senso tuttavia che noi pensiamo che in essa il cibo sia cambiato in spirito, ma nel senso che attraverso di essa il corpo e il sangue del Signore, che pure restano nella loro es­senza e proprietà, ci vengono comunicati spiritualmente, cioè in un modo non corporeo, ma spirituale, mediante lo Spirito Santo, il quale ci fa ben applicare le realtà che ci sono state guadagnate dalla carne e dal sangue del Signore, consegnati alla morte per noi, cioè la remissione dei peccati, la nostra re­denzione e la vita eterna, e ci permette di appropriarcene a tal punto che Gesù Cristo vive in noi e noi in lui e fa anche sì che noi riceviamo lui stesso con vera fede in modo da essere nostro cibo e nostra bevanda spirituale, cioè la nostra vita.

Cristo, come nostro cibo, ci sostiene nella vita

In­fatti, come il cibo e la bevanda corporali non solo ristorano e fortificano i nostri corpi ma li conservano anche in vita, così la carne di Cristo data per noi e il suo sangue sparso per noi non solo sostengono e fortificano le nostre anime ma le conser­vano anche in vita; non che noi li mangiamo e beviamo corpo­ralmente, ma per il fatto di esserci spiritualmente comunicati dallo Spirito di Dio; il Signore ci dice infatti: II pane che io darò è la mia carne che io darò per la vita del mondo (Gv. 6:51); ugualmente: II cibo (mangiato corporalmente) non serve a nulla, ma è lo Spirito che vivifica e le parole che io vi do sono Spirito e vita.

Cristo, ricevuto per fede

E come è necessario che mangiando riceviamo in noi il cibo, perché agisca in noi e dimostri il suo vigore, dal momento che restando fuori di noi non ci servirebbe a nulla, così è necessario che riceviamo Gesù Cristo per fede in modo che egli sia nostro e viva in noi e noi in lui; egli dice infatti: Io sono il pane della vita, chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete; ugualmente: Colui che mangia di me vivrà per me e abiterà in me e io in lui. Da queste espressioni appare chiaramente che noi non intendiamo af­fatto per cibo spirituale non so quale cibo immaginario, ma quel corpo del Signore consegnato alla morte per noi che i fedeli ricevono non corporalmente ma spiritualmente per fede. In questo, noi seguiamo in tutto e per tutto la dottrina del nostro signore e salvatore Gesù Cristo in Giovanni 6.

Il mangiare, necessario alla salvezza

E questo modo di mangiare la carne e bere il sangue del Si­gnore è talmente necessario alla salvezza che senza di esso nessuno può essere salvato. Ma questo avviene anche al di fuori della Cena del Signore e ogniqualvolta l’uomo crede in Cristo in qualunque luogo; a questo si deve forse ricondurre quest’affermazione di s. Agostino: “Perché prepari i denti e il ventre? Credi e hai mangiato”.

Un cibo sacramentale

Oltre alla manducazione spirituale appena ricordata vi è anche la manducazione sacramentale del corpo e del sangue del Signore, attraverso la quale il fedele non partecipa solo in­teriormente e spiritualmente al corpo del Signore, ma av­vicinandosi anche esteriormente alla santa Mensa, riceve il sa­cramento visibile del suo corpo e del suo sangue. È quindi certo che quando il fedele ha cominciato a credere, riceve me­diante la sua fede il cibo che vivifica e ne fruisce sempre; ma ciononostante, quando prende il sacramento, riceve ancora qualcosa di più; procede infatti nella continuazione della co­municazione del corpo del Signore e anche la fede si in­fiamma e cresce sempre più, essendo egli sostenuto da un cibo spirituale, poiché la fede, finché viviamo, cresce di grado in grado e colui che con vera fede riceve esteriormente il sa­cramento non comunica soltanto al segno, ma alla realtà stessa, come è stato detto. Inoltre, egli stesso obbedisce all’or­dinanza e al comandamento del Signore e con cuore allegro e gioioso gli rende grazie per la sua redenzione e per quella di tutto il genere umano e celebra fedelmente la memoria della morte del Signore, cosa che testimonia pubblicamente nella Chiesa di cui è membro. Ancora, in coloro che ricevono il sa­cramento si imprime questo punto, cioè che il corpo del Signore non è stato donato, e il suo sangue versato, soltanto in generale per gli uomini, ma per ogni singolo fedele che vi co­munica, per il quale esso è fatto cibo e bevanda per la vita eterna.

Gli increduli partecipano al Sacramento a loro danno

Del resto, colui che si presenta senza fede alcuna a questa santa Mensa del Signore comunica solamente al sacramento e non riceve affatto la realtà del sacramento, nella quale si trova la nostra salvezza e vita. Persone del genere mangiano indegnamente alla Mensa del Signore. Ora coloro che man­giano il pane del Signore e bevono del suo calice indegna­mente si rendono colpevoli nei riguardi del corpo e del san­gue del Signore e mangiano e bevono la loro condanna; dato che non si avvicinano con vera fede, disprezzano gravemente la morte di Cristo e quindi mangiano e bevono la loro con­danna.

La presenza del Signore nella Cena

Noi non congiungiamo quindi il corpo e il sangue del Signore con il pane e il vino, al punto da dire che lo stesso pane è il corpo di Cristo, se non in un modo sacramentale, o che il corpo di Cristo è nascosto sotto il pane corporalmente, al punto da doverlo adorare sotto le specie del pane o che chiun­que riceve il segno, riceve anche la stessa realtà. Il corpo di Cri­sto è infatti nei cicli alla destra del Padre. Dobbiamo quindi elevare i cuori in alto e non fissarli affatto sul pane e non dob­biamo neppure adorare il Signore nel pane. Ciò nondimeno il Signore non è affatto assente dalla sua Chiesa che celebra la sua Cena. Se infatti il sole, che è assente da noi, essendo in cielo, ci è nondimeno presente per la sua virtù, quanto più Gesù Cristo, sole di giustizia, essendo in cielo lontano da noi con il suo corpo, non ci sarà presente? Non certo corporalmente, ma spi­ritualmente attraverso la sua azione vivificante e così come nell’ultima Cena ci ha detto che sarebbe stato in mezzo a noi (Gv .14:15,16). Ne consegue che noi non abbiamo la Cena senza Cristo e che tuttavia abbiamo una Cena non cruenta e miste­riosa, come l’ha chiamata tutta l’antichità.

Altri scopi della Cena

Inoltre, dalla celebrazione della Cena del Signore siamo spinti a ricordarci di quale corpo siamo membra e di come dob­biamo restare nella concordia con tutti i nostri fratelli e vivere santamente senza sporcarci con i vizi e le malvagità e le religioni straniere, ma, perseverando nella vera fede fino alla fine della nostra vita, sforzarci di essere eccellenti in una nuova vita.

Preparazione alla Cena

Si richiede quindi che, dovendo venire alla Cena, esami­niamo noi stessi, secondo il comandamento dell’Apostolo, e so­prattutto che fondiamo a ragion veduta la nostra fede, se noi crediamo che Gesù Cristo sia venuto per salvare i peccatori dopo averli chiamati a penitenza e se ognuno di noi creda di es­sere del numero di coloro che saranno salvati, essendo stati li­berati da Gesù Cristo, e se abbiamo ben deciso di cambiare la nostra vita cattiva e disordinata e vivere santamente e, infine, perseverare, con l’aiuto della grazia di Dio, nella vera religione e nella sincera concordia e amicizia con i nostri fratelli, ren­dendo degne grazie al Dio della nostra redenzione.

L’osservanza della Santa Cena sia con pane che con vino

Del resto, riteniamo che la più semplice e migliore cerimonia e maniera di celebrare la Cena è quella che si avvicina maggiormente al­l’ordinanza del Signore e alla dottrina apostolica, che consiste nella predicazione della parola di Dio, con sante preghiere, nella ripetizione di ciò che il Signore vi ha fatto e ha voluto che noi vi facessimo, nel mangiare il corpo e bere il sangue del Si­gnore; così pure, nella salutare memoria del Signore e nella fe­dele azione di grazie e, infine, nella santa congiunzione dell’u­nione del corpo ecclesiastico. Noi non possiamo quindi appro­vare coloro che hanno tolto ai fedeli una delle due specie, cioè il calice del Signore; queste persone peccano infatti grave­mente contro l’ordinanza del Signore che dice: Bevete tutti di questo calice, cosa che egli non ha detto così espressamente del pane. Quanto alla messa, non è nostra intenzione discutere qui ciò che essa è stata fra gli antichi, cioè se tollerabile o intollera­bile, ma diciamo solo liberamente che la messa, così com’è oggi in uso in tutta la Chiesa romana, è stata abolita nelle nostre chiese per diverse giustissime ragioni, che per amore di brevità non possiamo qui riprendere in dettaglio. Il fatto sta che ab­biamo trovato non essere una buona cosa che si sia trasformata un’azione santa e salutare in un vano spettacolo; così pure che essa sia stata resa meritoria e che la si celebri per danaro e che si dica che il prete vi fa (conficere) il corpo stesso del Signore e che lo offre realmente e di fatto per la remissione dei peccati dei vivi e dei morti, addirittura in onore e celebrazione o me­moria dei santi che sono in cielo.