Teologia/Attributi di Dio/Attri19

Da Tempo di Riforma Wiki.
Versione del 5 giu 2020 alle 12:42 di Pcastellina (discussione | contributi) (Creata pagina con "{{Attrib}} == 19. La contemplazione di Dio == Nei capitoli precedenti abbiamo passato in rassegna alcune delle ammirevoli ed amabili perfezioni del carattere divino. Da ques...")
(diff) ← Versione meno recente | Versione attuale (diff) | Versione più recente → (diff)
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

Indice generale

Gli attributi di Dio, di A. W. Pink

CapitoliPrefazione - 1 La solitudine di Dio- 2 I decreti di Dio - 3 La conoscenza di Dio - 4 La precognizione di Dio - 5 La signoria di Dio - 6 La sovranità di Dio - 7 L’immutabilità di Dio - 8 La santità di Dio - 9 Il potere di Dio - 10 La fedeltà di Dio - 11 La bontà di Dio - 12 La pazienza di Dio - 13 La grazia di Dio - 14 La benignità di Dio - 15 La tenerezza di Dio - 16 L’amore di Dio - 17 L’amore di Dio verso di noi - 18 L’ira di Dio- 19 La contemplazione di Dio-  

19. La contemplazione di Dio

Nei capitoli precedenti abbiamo passato in rassegna alcune delle ammirevoli ed amabili perfezioni del carattere divino. Da questa certo debole e difettosa contemplazione dei Suoi attributi dovrebbe essere a tutti noi evidente che Dio è, primo, un Essere incomprensibile, e noi, affascinati dalla Sua infinita grandezza non possiamo che fare nostre le parole stesse di Zofar: “Puoi tu scandagliare le profondità di Dio? Puoi, tu penetrare le perfezioni dell’Onnipotente? Sono più alte dei cielo: che cosa puoi fare? Sono più profonde dello Sceol: che cosa puoi sapere? La loro misura è più lunga della terra e più larga del mare” (Gb. 11:7-9). Quando volgiamo i nostri pensieri all’eternità di Dio, alla Sua immaterialità, alla Sua onnipresenza, alla Sua onnipotenza, la nostra. mente ne rimane confusa e turbata.

L’incomprensibilità della natura di Dio, però, non è ragione sufficiente per farci desistere da una riverente ricerca e dal tentare, in spirito di preghiera, di cogliere quello che Egli si è compiaciuto di rivelare di Sé stesso nella Sua Parola. Seppure noi non siamo in grado di acquisire perfetta conoscenza, sarebbe follia dire di non volere intraprendere nulla per raggiungerne un qualsivoglia grado di tale conoscenza. E stato osservato a ragione “Nulla potrà maggiormente ampliare l’intelletto, nulla maggiormente magnificare l’intera anima dell’uomo, più di un’investigazione devota, sincera e continua del grande tema della Deità. Lo studio più eccellente che ci sia, in grado di espandere l’anima, è la scienza di Cristo e di Lui crocifisso, come pure la conoscenza della Deità nella gloriosa Trinità” (C. H. Spurgeon). Citiamo però anche quanto questo principe fra i predicatori dice più avanti:

“E’ quanto mai appropriato per un cristiano studiare il mistero della Deità.. Infatti, la scienza più alta, le più elevate fra le speculazioni, la filosofia più potente che possano impegnare l’attenzione di un figlio di Dio, non è altri che il nome, la natura, la persona, gli atti, l’esistenza del grande Iddio che egli chiama suo Padre. La contemplazione della Deità è qualcosa di grandemente educativo per la niente umana. E’ un argomento così vasto, che tutti i nostri pensieri non potranno che perdersi nella sua immensità; è così profondo che il nostro orgoglio stesso annega nella sua infinità. Con altri argomenti potremmo anche giocarci, in essi troviamo mia sorta di gratificazione e con essi potremmo anche giungere ad affermare: “Ecco, sono davvero intelligente”. Quando però giungiamo a questa scienza madre; trovando che il nostro scandaglio non può sondarne le profondità, ed i nostri occhi d’aquila non possono vederne l’altezza, non possiamo che esclamare: “Non ho fatto altro che studiarla ed ancora mi accorgo di non sapere nulla d’essa” (Sermone su Ml. 3:6).

Si, il fatto che la natura divina sia incomprensibile dovrebbe insegnarci ,ad essere .umili, cauti ed estremamente rispettosi. Dopo aver lungamente cercato e meditato dovremmo dire con, Giobbe: “Ecco, questi sono solamente le frange delle sue opere. Quale debole sussurro di lui riusciamo a percepire!» (Gb. 26:14) Quando Mosè aveva implorato Dio a che Egli gli mostrasse almeno un po’ della Sua gloria, Iddio disse: «Io farò passare davanti a te tutta la mia bontà e proclamerò il nome dell’Eterno davanti,a te» (Es. 33:19). Come qualcuno ha detto: “Il Nome è la collezione dei Suoi attributi”.

Il puritano John Howe dichiarò giustamente: “La comprensione che della Sua gloria, dunque, possiamo avere è come quella di un breve riassunto rispetto ad un grande volume, oppure come quella di un singolo panorama rispetto ad un grande paese. Qui Egli ha dato un vero resoconto di Sé stesso, ma non una descrizione completa; ne abbiamo una nozione sufficiente alla nostra capacità di comprendere, una nozione. guidata e vera. Possiamo applicare la nostra mente a contemplare le molte perfezioni mediante le quali Iddio ci svela il Suo essere, e nel nostro pensiero possiamo attribuirle tutte a Lui, sebbene ora noi si abbia una concezione alquanto difettosa e limitata di ognuna di esse. Ciononostante fino al punto in cui la nostra capacità di comprendere può corrispondere alle scoperte che Egli ci concede di fare delle Sue svariate eccellenze, noi abbiamo una visione già adeguata della Sua gloria.

Per quanto vi sia una grande differenza fra la conoscenza di Dio che i santi possono avere in questa vita, rispetto a quella che avremo in cielo, non dobbiamo in nessun modo sottovalutarla solo perché, è imperfetta, né, magnificare troppo l’altra al di là della realtà. E vero, la Scrittura dichiara che un giorno vedremo “faccia a faccia”, e conosceremo” come ora noi siamo conosciuti (1 Co. 13:1). Dedurre però da questo che allora conosceremo Iddio in modo altrettanto pieno di quanto ora Egli ci conosca, significa essere portati su una strada sbagliata: dal suono stesso delle parole, e non considerare la restrizione di una tale conoscenza implicata necessariamente dalla nostra finitezza. C’è una vasta differenza fra la glorificazione dei santi e la loro divinizzazione. Nel loro stato di gloria, i cristiani continueranno ad essere creature limitate, e quindi mai in grado di comprendere pienamente l’infinito Iddio.

“I santi in cielo vedranno Dio con l’occhio della mente, perché Egli continuerà ad essere invisibile all’occhio del corpo. Essi vedranno molto più chiaramente di quanto mai abbiano potuto farlo con la ragione e con la fede, e in modo molto più vasto di quanto lo abbiano intendere attraverso le opere e le dispensazioni fin qui rivelateci. Contemplare però subito, o indettaglio l’intera eccellenza della Sua natura, questo mai. Per comprendere la perfezione infinita essi dovrebbero diventare loro stessi infiniti. Anche in cielo, però, la loro conoscenza rimarrà parziale, ma allo stesso tempo la loro felicità sarà completa; perché la loro conoscènza sarà perfetta solo in questo senso, cioè adeguata alla capacità del soggetto, sebbene mai esaurisca la pienezza dell’oggetto. Crediamo che essa sarà progressiva e che, nell’espandersi della loro visione, la loro felicità pure si espanda. Essa però non raggiungerà mal il limite oltre al quale non vi sia più nulla da scoprire, e quando ere dopo ere saranno passate, Egli continuerà ad essere il Dio incomprensibile“ (John Dick, 1840).”

In secondo luogo, dopo aver passato in rassegna le perfezioni di Dio appare chiaro che Egli è un Essere pienamente sufficiente a Sé, stesso. Come Primo fra gli esseri, Egli non poteva ricevere nulla da altri, né essere limitato dai potere di un altro. Essendo infinito, Egli possiede ogni perfezione possibile. Quando il Dio trino esisteva in perfetta solitudine, Egli era tutto in Sé stesso. La Sua comprensione, il Suo amore, le sue energie, trovavano oggetto adeguato in Sé stesso. Se Egli avesse avuto bisogno di alcunché al di fuori di é stesso, Egli non sarebbe stato più indipendente, e quindi non sarebbe stato Dio. Egli ha creato ogni cosa “per Sè stesso” (Cl. 1:1.6), e questo nemmeno per supplire a qualche Sua mancanza, affinché potesse comunicare vita e felicità ad. angeli ed a uomini, come pure per ammetterli alla visione della Sua gloria.

E vero, Egli esige la fedeltà ed il servizio delle Sue creature intelligenti, tuttavia Egli non deriva beneficio alcuno dal loro ufficio; tutto il vantaggio che ne ricavano ridonda a loro stessi soltanto (Gb 22:2,3), Egli fa uso di mezzi e di strumenti per compiere i Suoi fini, ma non lo fa perché il Suo potere sia in sé stesso limitato, ma spesse volte affinché in modo ancora più impressionante si manifesta il Suo potere attraverso la debolezza dei Suoi strumenti.

La piena sufficienza di Dio Lo rende Oggetto Supremo di ogni ricerca. La vera, felicità consiste nel godere Dio. Il Suo favore nella vita, e la Sua misericordia, valgono più della vita stessa «L’Eterno. è la mia parte», dice l’anima mia «perciò spererò in Lui» (La. 3:24). Il Suo amore, la Sua grazia, e la Sua gloria sono l’oggetto principale dì ogni. desiderio dei santi e la fonte delle loro più alte soddisfazioni. “Molti dicono: «Chi ci farà vedere il bene?». O Eterno, fa' risplendere la luce del tuo volto su di noi. Tu mi hai messo più gioia nel cuore Si, il cristiano, nel pieno possesso delle sue facoltà mentali, è in grado di dire: “Anche se il fico non fiorirà e non ci sarà alcun frutto sulle viti, anche se il lavoro dell'ulivo sarà deludente e i campi non daranno più cibo, anche se le greggi scompariranno dagli ovili e non ci saranno più buoi nelle stalle, esulterò nell'Eterno e mi rallegrerò nel DIO della mia salvezza” (Ha. 3:17,18).

In terzo luogo, dopo aver passato in rassegna le perfezioni di Dio, risulta chiaro che Egli è il supremo Sovrano dell’universo. E stato detto giustamente:

“Nessun governo è cosi assoluto di quello ché è fondato sulla creazione. Colui che avrebbe ben potuto non creare nulla, aveva diritto di fare di ogni cosa secondo il Suo beneplacito. Nell’esercizio del Suo potere incondizionato, Egli ha fatto in modo che parte della sua creazione fosse semplice materia inanimata, di tessitura più grossolana o più raffinata, e distinta da qualità differenti, ma tutta inerte senza coscienza di sé stessa. Ad altre parti Egli ha dato organizzazione, e le ha rese suscettibili di crescita e di espansione, ma ancora senza vita nel senso più stretto dei termine. Ad altre ancora Egli ha dato non solo organizzazione, ma esistenza consapevole, organi di senso e potere auto-determinante. A queste Egli ha aggiunto nell’essere umano il dono della ragione, ed uno spirito immortale, mediante il quale esso è assomigliante ad un più alto ordine di esseri, posti nelle regioni superiori. Sul mondo che Egli, ha creato, Egli agita il Suo scettro di onnipotenza: “Benedissi l'Altissimo, lodai e glorificai colui che vive in eterno: il suo dominio è un dominio eterno e il suo regno dura di generazione in generazione. Tutti gli abitanti della terra sono un nulla davanti a lui; egli agisce come vuole con l'esercito del cielo e con gli abitanti della terra; e non c'è nessuno che possa fermare la sua mano o dirgli: «Che fai?»” (John Dick).

Una creatura, considerata come tale, non ha diritti. Non può esigere nulla dal suo Fattore; e in qualunque modo essa possa essere trattata, non ha titolo alcuno per lamentarsi. Ciononostante, quando pensiamo all’assoluto dominio di Dio su ogni cosa, noi non dovremmo mai perdere di vista le Sue perfezioni morali. Dio è giusto e buono, e fa sempre ciò che è giusto. Ciononostante Egli esercita la sua sovranità secondo il Suo imperiale e giusto beneplacito. Egli assegna ad ogni creatura il suo posto come sembra buono ai Suoi occhi. Egli ordina le vane circostanze in cui ciascuno si viene a trovare, sécondò il Suo proprio consiglio. Egli conforma ogni vaso secondo quanto Egli determina in modo totalmente incondizionato. Egli manifesta la Sua misericordia verso chi vuole, ed indurisce chi vuole. Dovunque noi siamo, i Suoi occhi sono sopra di noi. Chiunque noi siamo, la nostra vita ed il nostro tutto è a Sua completa disposizione. Per il cristiano, Egli è un tenero Padre; per il peccatore ribelle, egli è un fuoco consumante. «Or al Re eterno, immortale, invisibile, all’unico Dio sapiente, sia l’onore e la gloria nei secoli dei secoli. Amen» (1 Ti. 1:17).