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Debiti condonati: in cielo e sulla terra (Matteo 6:12)
La frase centrale che il Salvatore Gesù Cristo ci insegna nel Padre Nostro: “rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori” (Matteo 6:12) non solo ci indica il grande debito morale e spirituale che noi tutti abbiamo verso Dio, da cui la supplica ad esserne liberati, ma comporta anche importanti implicazioni pratiche su come noi viviamo. Perché e quali sono? Lo esamineremo oggi.
Il peso dei debiti
Viviamo in un’epoca in cui il peso dei debiti grava pesantemente sulle spalle di molti. Famiglie intere si indebitano per poter pagare spese essenziali lottando per arrivare alla fine del mese, oppresse da mutui, prestiti e carte di credito. Molti giovani affrontano la vita adulta con l’incertezza economica, tra stipendi bassi, affitti elevati e difficoltà a costruirsi un futuro stabile. Intere nazioni accumulano cifre astronomiche di debito pubblico, con conseguenze che ricadono sulle generazioni future. Il concetto stesso di “debito” è qualcosa di cui tutti, in un modo o nell’altro, abbiamo esperienza.
Eppure, la Scrittura ci offre un’esortazione sorprendente: «Non abbiate altro debito con alcuno se non di amarvi gli uni gli altri» (Romani 13:8). Come a dire: c’è un solo debito che possiamo e dobbiamo sempre portare con noi, e che non potrà e dovrà essere estinto: quello dell’amore reciproco. Paolo non ignora la realtà economica dei debiti, né ci proibisce necessariamente di averne a certe condizioni, ma ci invita a riflettere su ciò che davvero ci deve vincolare gli uni agli altri: non il denaro, ma l’amore.
Ma se i debiti finanziari possono essere un peso, quanto più gravi sono i debiti spirituali! Il Padre Nostro ci insegna che davanti a Dio siamo tutti debitori. Ogni nostra infrazione alla legge morale che Dio ha stabilito per le creature umane è un debito che, di fatto, non riusciremmo mai a ripagare, un’obbligazione che ci lega alla giustizia divina. Eppure, proprio come un creditore può scegliere di condonare un debito, Dio offre il perdono (remissione dei debiti) a chi si affida alla Sua grazia legata all’opera del Salvatore Gesù Cristo.
Ed è qui che l’Evangelo ci sfida: così come desideriamo e imploriamo che Dio ci liberi dal debito che abbiamo verso di Lui, siamo noi pronti a rimettere misericordiosamente i debiti che altri hanno verso di noi? Siamo in grado di “lasciare andare” le offese, le ferite, i torti subiti? Il nostro rapporto con Dio è indissolubilmente legato a come trattiamo gli altri. Ecco perché oggi rifletteremo sulla preghiera: «Rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori».
Riascoltiamo il testo del Padre Nostro secondo il vangelo di Matteo:
“Voi dunque pregate così: 'Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà anche in terra com'è fatta nel cielo. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori e non ci esporre alla tentazione, ma liberaci dal maligno'. Poiché, se voi perdonate agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi, ma, se voi non perdonate agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe” (Matteo 6:9-14).
Il Padre Nostro è una preghiera che esprime la nostra dipendenza da Dio in ogni aspetto della vita. Tra le richieste, quella del perdono è centrale: riconosciamo il nostro stato di debitori davanti a Dio e il nostro dovere di perdonare gli altri. Oggi rifletteremo, così, su due domande fondamentali: Cosa significa avere "debiti" verso Dio? E qual è il legame tra il perdono che riceviamo e quello che concediamo?
Il peccato come debito nei confronti di Dio
Qual è in questo contesto il significato biblico di "debito"? Il termine greco tradotto con "debiti" (ὀφειλήματα, opheilémata) nel vangelo di Matteo non si riferisce principalmente a obblighi economici, ma piuttosto a colpe morali e peccati. Nella versione del Padre Nostro riportata da Luca, infatti, invece che “debiti” abbiamo: “Perdonaci i nostri peccati, poiché anche noi perdoniamo a ogni nostro debitore” (Luca 11:4). In Luca così è usato esplicitamente ἁμαρτίας (hamartías), peccato, dimostrando che il concetto di "debito" è moralmente e spiritualmente legato al peccato, alla trasgressione della volontà rivelata di Dio. Infatti ogni atto di disobbedienza o trasgressione della Sua volontà è un venir meno all’obbligo di rendergli l’onore, la gloria e l’ubbidienza che Gli sono dovuti come nostro Creatore. Il peccato è visto così come un "debito" nei confronti di Dio. Molti oggi negano che questo sia il caso, ma la realtà non è quella che noi crediamo o vorremmo che sia, ma quella che autorevolmente ci presenta la Parola di Dio.
Quando l’antico re Davide confessa il suo peccato di adulterio e omicidio indiretto, rivolgendosi a Dio dice: “Io ho peccato contro te, contro te solo, e ho fatto ciò che è male agli occhi tuoi; affinché tu sia riconosciuto giusto quando parli, e irreprensibile quando giudichi” (Salmo 51:4).
Gesù stesso usa spesso il linguaggio dell’economia per parlare del perdono, ad esempio in Matteo 18:23-35, nella parabola del servo spietato, sottolineando che il peccato crea una condizione di indebitamento spirituale. Tutte le creature umane sono tenute a ubbidire a quanto è riassunto nel Decalogo. Per questo, afferma l’apostolo Paolo: “tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio” (Romani 3:23). Siamo quindi tutti “in debito” verso Dio e si tratta di un debito infinito, considerato che Egli sia. Potremo noi mai pagare questo debito, che è molto grande?
Il perdono di Dio: il condono di un debito infinito
Come sottolinea la parabola di Gesù, ciascuno di noi, verso Dio, abbiamo così, di fatto, un debito enorme che non riusciremmo mai a ripagare.
Gesù dice:
“Perciò il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servitori. Avendo cominciato a fare i conti, gli fu presentato uno che era debitore di diecimila talenti e, non avendo costui di che pagare, il suo signore comandò che fosse venduto lui con la moglie e i figli e tutto quanto aveva e che il debito fosse pagato” (Matteo 18:23-25).
Questi personaggio della parabola implora il re, suo creditore, che gli sia condonato il suo debito: “Perciò il servo, gettatosi a terra, gli si prostrò davanti, dicendo: 'Abbi pazienza con me e ti pagherò tutto'. E il signore di quel servo, mosso a compassione, lo lasciò andare e gli condonò il debito” (26-27).
La remissione dei nostri debiti verso Dio può essere fatta solo da Dio allorché sovranamente e misericordiosamente, Egli lo condona. Egli lo fa non con un atto di semplice cancellazione, un decreto, ma perché il Salvatore Gesù Cristo, sacrificandosi sulla croce, si è offerto a pagare Lui al posto nostro il nostro debito. La giustizia di Dio esige infatti che il debito sia pagato, così come la Legge di Dio non può semplicemente essere ignorata. Cristo Gesù ha pagato il debito di coloro ai quali Dio concede la grazia della salvezza. Rivolgendosi a coloro che si sono affidati a Cristo per la loro salvezza, l’Apostolo dice: “Colui che non ha conosciuto peccato, egli l'ha fatto essere peccato per noi, affinché noi diventassimo giustizia di Dio in lui” (2 Corinzi 5:21), come pure: “Voi, che eravate morti nei peccati (...) ha vivificati con lui, avendoci perdonato tutti i peccati, avendo cancellato l'atto accusatore scritto in precetti contro di noi e che ci era ostile; quell'atto ha tolto di mezzo, inchiodandolo sulla croce” (Colossesi 2:13-14). Dio non rateizza il nostro debito, lo cancella completamente per sola grazia mediante la sola Persona e l’opera del Cristo a chi si affida a Lui solo.
Come si ottiene, dunque, questa grazia? Implorando Dio affinché applichi a noi, renda valido per noi, ciò che Cristo ha compiuto per la salvezza dal peccato e dalle sue conseguenze. In questo consiste l’annuncio della buona notizia dell’Evangelo. Confessando la nostra condizione di peccatori condannati, ravvedendoci dai nostri peccati ed affidandoci al Salvatore Gesù Cristo, vediamo i nostri peccati perdonati, i nostri debiti rimessi. Il perdono, così, è un atto di pura grazia. Non si può comprare né meritare, ma solo implorare e ricevere.
“Rimettici i nostri debiti” è dunque la richiesta che il peccatore che sa di essere tale e sottoposto al giudizio di Dio, fa nel Padre Nostro. La Scrittura può quindi affermare: “... è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede, e ciò non viene da voi, è il dono di Dio. Non è in virtù di opere, affinché nessuno se ne vanti” (Efesini 2:8-9).
Il segno del perdono ricevuto
Vi è uno stretto legame fra il perdono che riceviamo da Dio in Cristo e il nostro comportamento verso gli altri. Lo ribadisce Gesù stesso al termine del Padre Nostro per evidenziarne l’importanza. Le richieste della nostra preghiera devono avere implicazioni concrete nella nostra vita. Dice: “Poiché, se voi perdonate agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi, ma, se voi non perdonate agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe” (Matteo 6:14-15).
Il perdono che possiamo ottenere tramite l’interposizione di Gesù è destinato a trasformare i rapporti umani. La stessa straordinaria misericordia che possiamo ottenere per fede nell’opera di Cristo è destinata a renderci, a nostra volta, persone misericordiose. Gesù lo mette in rilievo nella parabola che abbiamo menzionato prima. Lo fa in termini negativi descrivendo chi non si rende conto delle implicazioni della grazia straordinaria che ha ricevuto e che così la pregiudica:
“Ma quel servo, uscito, trovò uno dei suoi conservi che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo strangolava, dicendo: 'Paga quello che devi!'. Perciò il conservo, gettatosi a terra, lo pregava dicendo: 'Abbi pazienza con me e ti pagherò'. Ma l'altro non volle, anzi andò e lo fece gettare in carcere finché avesse pagato il debito. I suoi conservi, visto il fatto, ne furono grandemente rattristati e andarono a riferire al loro signore tutto l'accaduto. Allora il suo signore lo chiamò a sé e gli disse: 'Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito, perché tu me ne supplicasti; non dovevi anche tu avere pietà del tuo conservo, come ebbi anch'io pietà di te?'. E il suo signore, adirato, lo diede in mano degli aguzzini fino a quando non avesse pagato tutto quello che gli doveva. Così vi farà anche il Padre mio celeste, se ognuno di voi non perdona di cuore al proprio fratello” (28-34).
Un cuore trasformato è un cuore disposto a perdonare: “Siate invece gli uni verso gli altri benevoli e misericordiosi, perdonandovi a vicenda come anche Dio vi ha perdonati in Cristo” (Efesini 4:32).
Ciò può far sorgere il dubbio: Dio ci perdona se e nella misura che perdoniamo chi ci ha danneggiato? Si tratta forse di una condizione da soddisfare per ricevere la grazia? Il perdono di Dio non è mai meritato, ma è un atto di grazia (Efesini 2:8-9). Tuttavia, chi è stato realmente perdonato è anche trasformato interiormente e reso capace di perdonare. La nostra disponibilità a perdonare è quindi la prova autentica che abbiamo ricevuto il perdono da parte di Dio, la remissione dei debiti che avevamo con Lui.
Il perdono di Dio è gratuito e non dipende dalle nostre opere. Tuttavia, chi ha ricevuto il perdono di Dio è chiamato a vivere in modo coerente, perdonando gli altri. Rifiutarsi di perdonare gli altri opprimendoli con richieste prive di misericordia, rivela un cuore che non ha davvero compreso la grazia di Dio, il che ha conseguenze spirituali serie.
Conclusione
Il perdono di Dio è un dono gratuito, ma non è una “grazia a buon mercato”, per usare le parole di un famoso teologo. La grazia a buon mercato è quella che predica il perdono senza il ravvedimento, la salvezza senza la sequela di Cristo, la misericordia di Dio senza la trasformazione della vita. Quando preghiamo «Rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori», non stiamo chiedendo un perdono privo di conseguenze, ma un perdono che ci cambia, che ci rende persone capaci di perdonare a nostra volta. Chi crede di poter ricevere la grazia di Dio senza doverla vivere e praticare nel quotidiano, inganna se stesso.
Se il nostro cuore rimane duro e implacabile verso gli altri, abbiamo davvero compreso il perdono che Dio ci ha donato? Possiamo dirci discepoli di Cristo se continuiamo a serbare rancore, a rifiutare la riconciliazione, a esigere dagli altri un pagamento che Dio stesso ha scelto di cancellare nei nostri confronti? La parabola del servo spietato (Matteo 18:23-35) è un monito solenne: chi riceve il perdono ma non lo estende agli altri dimostra di non aver mai realmente compreso la grazia.
Esaminiamoci, dunque. La nostra vita riflette il perdono ricevuto? Ci sforziamo di vincere il male con il bene (Romani 12:21), oppure trattiamo gli altri con la stessa severità con cui vorremmo che Dio non ci trattasse? Chiedere il perdono a Dio è un atto di fede, ma concederlo agli altri è la prova che quella fede è autentica. Non inganniamoci con una grazia a buon mercato: siamo stati perdonati per diventare persone che, perdonando, sono disposte anche a “perderci” per “guadagnare” dal punto di vista umano la riconciliazione redentrice, ad imitazione di quanto Dio ci ha concesso in Cristo.
Nella misura, infine, in cui viviamo “la remissione dei debiti” potremo pure insegnare alla politica la possibilità e la necessità di cancellare i debiti delle nazioni più deboli per liberarle dall’asservimento, dallo sfruttamento e dalla povertà.
Paolo Castellina, 27 febbraio 2025.