Predicazioni/Salmi/Non c'è timor di Dio davanti ai loro occhi
Non c'è timor di Dio davanti ai loro occhi
Oggi viviamo in una società che, pur affermando in alcuni casi di rispettare "la religione" o i suoi valori, mostra spesso con le proprie azioni una mancanza totale di timor di Dio. Questo si manifesta in leggi e comportamenti che ignorano apertamente i principi morali rivelati da Dio stesso. “Non c'è timor di Dio davanti ai loro occhi” (Salmo 36:1; Romani 3:18). Insegnato pure dal Nuovo Testamento, il concetto di “timor di Dio” pare essere pure molto carente nella vita di chiese e singoli cristiani. Che cos’è e che cosa implica? Lo vedremo nella riflessione biblica di oggi.
Una diagnosi spietata
Oggi viviamo in una società che, pur affermando in alcuni casi di rispettare "la religione" o i suoi valori, mostra spesso con le proprie azioni una mancanza totale di timor di Dio. Questo si manifesta in leggi e comportamenti che ignorano apertamente i principi morali rivelati da Dio stesso. Alla nostra società può essere applicato, così, quanto afferma l’apostolo Paolo citando dal Salmo 36, quando, riferendosi all’universalità del peccato, dice: “Non c'è timor di Dio davanti ai loro occhi” (Salmo 36:1; Romani 3:18). No, non siamo giusti davanti a Lui e non è possibile giustificarci, cercare scusanti per negarlo. Una semplice “alzata di spalle” come se si trattasse di un’affermazione ininfluente, un’opinione che possa essere ignorata, tanto... non rimarrà senza conseguenze. Ognuno di noi merita il giusto giudizio dell’ira di Dio per le nostre trasgressioni al Suo ordinamento. Il nostro peccato, in questo caso, è che ignoriamo o banalizziamo Dio. Lo riduciamo alle nostre dimensioni. Forse fingiamo che non esista, nonostante il fatto che Dio abbia rivelato Sé stesso e la Sua natura. Oppure potremmo ingannare noi stessi pensando che Dio non scopra o ignori il nostro peccato, o che comunque non ci giudicherà per questo. Questa mancanza di rispetto per la giustizia di Dio, il Suo potere e la Sua volontà di agire ci è, di fatto fatale. Inoltre, “il comportamento etico” autentico non nasce dalla convenienza sociale o da un generico senso di giustizia umana, ma dal rispetto e dall'ubbidienza alla legge morale rivelata da Dio, espressa nel Decalogo. Questo rispetto è una manifestazione concreta del timore del Signore, che rimane fondamentale anche nella vita cristiana, nella vita di coloro che sono stati riconciliati con Dio tramite la persona e l’opera del Salvatore Gesù Cristo.
Che cosa vuol dire avere timor di Dio? Spesso si riscontra un timor di Dio molto carente nelle stesse chiese cristiane, che pur dicono di onorarlo, e nella vita di molti credenti. Io e voi dobbiamo seriamente esaminarci al riguardo.
Un sano e cristiano timor di Dio
Il teologo e apologeta R. C. Sproul ebbe a dire: “Nei nostri giorni, nella vita della Chiesa, non siamo più incoraggiati ad avere un sano timor di Dio. Sembra che presumiamo che il timore del Signore appartenga specificamente ed esclusivamente all'Antico Testamento e non debba essere parte della vita del cristiano. Tuttavia, nell'Antico Testamento il timore coinvolge non solo il tremore davanti all'ira e alla vendetta di Dio, ma anche un senso di riverenza, un senso di stupore davanti alla Sua santità. E, sebbene il muro di separazione sia stato rimosso e noi viviamo da questa parte della croce, il timore del Signore rimane il principio della sapienza. E il marchio dell'incredulo è che quella persona non ha timore di Dio ai suoi occhi. Dio non è cambiato. Egli è ancora un fuoco consumante. E quando entriamo nella Sua presenza, dobbiamo entrare come figli, come coloro che sono stati riconciliati. Ma ci deve essere un timore devoto che rispetti ancora Colui con cui abbiamo a che fare” (R. C. Sproul).
Definizione di timore di Dio
Il timor di Dio è prima di tutto un atteggiamento di riverenza e meraviglia. Non è solo paura di un Suo giudizio a noi avverso, ma un riconoscimento profondo della santità e dell'autorità di Dio. Al Suo popolo il Signore dice: “Temete l'Eterno, voi suoi santi, poiché nulla manca a quelli che lo temono” (Salmo 34:9). Timore implica riverirlo e rispettarlo, non panico o terrore. I figlioli di Dio non devono temerlo in quel senso. Egli si è rivelato in Cristo essere il loro amorevole Padre celeste che si prende cura di loro. Gesù insegna ai Suoi discepoli a rivolgersi a Dio come loro Padre e a dire: "Padre, sia santificato il tuo nome" (Luca 11:2). Gesù insegna anche ad avere fiducia nel Padre celeste per provvedere a tutti i loro bisogni. Ci dice di non preoccuparci delle cose materiali, perché "... sono i pagani che ricercano tutte queste cose e il vostro Padre celeste sa che avete bisogno di tutte queste cose. Ma cercate prima il regno e la giustizia di Dio e tutte queste cose vi saranno date in più" (Matteo 6:31–33).
Il timor di Dio, poi, è consapevolezza del carattere di Dio. Dio ha rivelato essere santo e giusto; Egli non tollera il peccato, la trasgressione della Sua legge, ma è anche misericordioso verso coloro che, ravvedendosi dall’averla violata, giustamente Gli si sottomettono. Dice la Scrittura: “Santo, santo, santo è l'Eterno degli eserciti! Tutta la terra è piena della sua gloria!” (Isaia 6:3). Il riconoscimento della santità inviolabile di Dio è fondamentale nel timore di Dio.
Quando penso a Dio, lo vedo come un Padre amorevole ma anche come un Giudice santo? Mi lascio meravigliare dalla Sua gloria e maestà, oppure sono indifferente?
Il timore di Dio e la legge morale
Il timor di Dio è dunque legato al rispetto della legge suprema che da Lui proviene perché espressione di quello che Egli è.
La legge morale è espressione della santità di Dio. Il Decalogo, che la riassume, non è un semplice insieme di regole, ma il riflesso stesso della natura di Dio e del Suo volere per l’umanità. Ubbidirvi è il segno del timore e del rispetto per Dio. Mosè scrive: “E ora, Israele, che cosa chiede da te l'Eterno, il tuo Dio, se non che tu tema l'Eterno, il tuo Dio, che tu cammini in tutte le sue vie, che tu lo ami e serva all'Eterno tuo Dio, con tutto il tuo cuore e con tutta l'anima tua, che tu osservi per il tuo bene i comandamenti dell'Eterno e le sue leggi che oggi ti do?” (Deuteronomio 10:12-13).
Il Decalogo è pure centrale nella vita cristiana. Cristo non ha abolito la legge, ma l’ha adempiuta e rafforzata, interiorizzandola nei Suoi discepoli e chiedendo loro di vivere secondo i suoi principi. “Non pensate che io sia venuto per abolire la legge o i profeti; io non sono venuto per abolire ma per compiere” o “portare a compimento” (Matteo 5:17). Mentre acquisiva fama attraverso miracoli di guarigione e insegnamenti convincenti, alcuni dei critici di Gesù affermavano che Lui stesse insegnando alla gente ad ignorare la legge di Mosè. I leader religiosi ostili avevano iniziato a dire falsamente che stava insegnando una legge nuova o diversa da quella che Dio aveva dato a Israele. Gesù contrasta la bugia secondo cui sta chiedendo che la legge di Mosè venga "abolita". Dice a tutti coloro che stanno ascoltando che il suo intento non è quello di accantonare la Legge o i Profeti. La transizione fra Antica e Nuova Alleanza non era intesa a sradicare ciò che Dio ha comandato, ma per completare il suo scopo previsto. Come Figlio di Dio, il Dio che ha dato la legge a Mosè e ha dato le profezie ai profeti, Gesù non aveva alcun desiderio di cancellare quel messaggio. Invece, Gesù dichiara di essere venuto "per adempiere" la legge e i Profeti. Il vangelo di Matteo dimostra come la vita di Gesù abbia adempiuto una profezia sul Messia dopo l'altra. Gesù non ha scartato le parole di questi profeti; le ha adempiute con ogni parola e azione della sua vita.
Come reagisco alla legge morale di Dio? La considero ancora valida per la mia vita? Mi impegno a rispettare il Decalogo non solo nelle sue forme esteriori, ma anche nelle sue implicazioni profonde (ad esempio, amare Dio sopra ogni cosa e amare il prossimo)?
Caratteristiche di un sano timore di Dio
Il timor di Dio, quindi, comporta determinate caratteristiche.
In primo luogo, il rispetto della Sua legge morale: “Non chiunque mi dice: 'Signore, Signore' entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli” (Matteo 7:21). Il timore di Dio implica non solo conoscere la legge, ma obbedirla con gioia e fedeltà. Questo versetto è profondamente impegnativo. La Scrittura è chiara nel dire che la salvezza è interamente per grazia mediante la fede e non guadagnata con le buone azioni. La Bibbia ricorda anche con forza ai cristiani che tutte le persone, anche coloro che sono stati rigenerate spiritualmente, hanno peccati che deve essere affrontati. Tuttavia, la Parola di Dio indica anche che coloro che sono stati veramente rigenerati vedranno quella salvezza riflessa nei loro atteggiamenti e nelle loro azioni. La sottomissione a Cristo è un risultato atteso della salvezza. Il Cristo avverte coloro che lo ascoltano di non illudersi di essere veri credenti, quando in realtà non lo sono. Gesù dichiara che non tutti coloro che si riferiscono a Lui come "Signore" entreranno nel regno dei cieli. Gesù afferma in termini inequivocabili che il semplice riferimento a Lui come Signore non è sufficiente. Né lo sono gli atti di presunta rettitudine. L'ingresso nel regno dei cieli è limitato a coloro che si impegnano a fare veramente e pienamente la volontà del Padre Suo nei cieli. Ciò inizia con una fede sincera in Cristo e si estende all'umiltà nel modo in cui viviamo le nostre vite (Giovanni 14:15).
Ci sono aree della mia vita in cui tendo a disobbedire consapevolmente alla Sua legge?
In secondo luogo il timor di Dio si esprime nella riverenza nella Sua presenza. “Perciò, ricevendo un regno che non può essere scosso, siamo riconoscenti e offriamo così a Dio un culto accettevole, con riverenza e timore!” (Ebrei 12:28). Entriamo davanti a Dio con consapevolezza della Sua maestà e giustizia. Ogni qual volta ci raccogliamo nel culto, sia personale che comunitario, dobbiamo farlo con grande riverenza e timore, direi con solennità, consapevoli di Chi ci troviamo davanti, non in modo casuale e sfacciato. L’atto dell’inginocchiarci, che oggi tende ad essere ignorato, o presentandoci al culto non con i nostri abiti migliori, per quanto sia relativo, indica una tipica e “moderna” mancanza di rispetto.
Le mie parole, i miei pensieri e le mie azioni riflettono un rispetto autentico per la Sua presenza?
In terzo luogo: franco ed onesto riconoscimento di essere peccatori. “Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi” (1 Giovanni 1:8). Il timore di Dio ci porta a pentirci del peccato e a cercare la Sua guida per vivere santamente. La confessione di peccato nel culto, che pure oggi spesso viene ignorata, pur non dovendo diventare una semplice formalità, dev’essere considerata un’importante espressione del timor di Dio.
Come mi accosto a Dio nella preghiera e nel culto? Entro nella Sua presenza con umiltà e riverenza, o con superficialità? Vivo la mia partecipazione al culto come un momento santo o come una routine?
Il timore di Dio nella Nuova Alleanza
Il timor di Dio, quindi, è una realtà che inevitabilmente perdura nella vita cristiana. L’apostolo Pietro scrive: “E se invocate come Padre colui che senza riguardi personali giudica secondo l'opera di ciascuno, comportatevi con timore durante il tempo del vostro pellegrinaggio” (1 Pietro 1:17). Questo non è un giudizio sul fatto che Dio ci permetterà o meno di entrare alla Sua presenza, o ci punirà con la Sua ira: la decisione è presa e fatta. Nostro Padre ha dato ai suoi figli i meriti della vita perfettamente giusta di Gesù e ha permesso che la morte di suo Figlio pagasse il prezzo per i nostri peccati. Ma nostro Padre giudica le nostre opere. Egli presta attenzione se le nostre azioni sono quelle di "persone sante", messe da parte per i suoi scopi o se le nostre scelte continuano a essere guidate dai "desideri malvagi" che avevamo quando vivevamo nell'ignoranza. Sapere questo dovrebbe cambiare il nostro modo di vivere. Dobbiamo vivere come il Padre con cui aspettiamo di essere uniti. E sicuramente, dobbiamo vivere con una certa dose di sano timore. Non un terrore dell'ira di Dio o della punizione eterna, questo è chiaro, ma un timore dell'amorevole disciplina dei genitori e una solenne consapevolezza che il Dio dell'universo osserva e si aspetta di vederci fare scelte che Gli portino gloria.
Dunque, vivere sotto la grazia non significa prendere per scontata e ignorare la legge morale di Dio, ma comprenderla come guida per una vita piena. “Annulliamo dunque la legge mediante la fede? Così non sia, anzi confermiamo la legge” (Romani 3:31).
Come influisce il timore di Dio nelle mie relazioni? Tratto gli altri con giustizia, misericordia e amore, sapendo che Dio giudica le mie azioni? Mi chiedo come il rispetto per la legge morale di Dio dovrebbe trasformare i miei rapporti familiari, lavorativi o sociali?
La mancanza di timore di Dio e le sue conseguenze
La mancanza di timore di Dio comporta conseguenze. In primo luogo, la mancanza di timor di Dio è il marchio dell’incredulo. “L'iniquità parla all'empio nell'intimo del suo cuore; non c'è timor di Dio davanti ai suoi occhi” (Salmo 36:1). Il disprezzo per la legge morale e la ribellione contro Dio mostrano un cuore privo di timore del Signore.
Inoltre è la caratteristica di una società decadente. “Beato chiunque teme l'Eterno e cammina nelle sue vie!” (Salmo 128:1). Non possiamo mai farci illusioni sulla società umana nel suo complesso, quand’anche si considerasse formalmente cristiana. Essa è sottoposta al giudizio di condanna da parte di Dio e non sta affatto “evolvendo in meglio” come credono alcuni sognatori. Questo, però, non ci esime dal testimoniare una vita conforme alla volontà di Dio e dal promuovere anche a livello politico i principi di vita che Dio ci ha rivelato. L’Apostolo scrive: “Noi sappiamo che la legge è buona, se uno la usa legittimamente, riconoscendo che la legge è fatta non per il giusto, ma per gli iniqui e i ribelli, per gli empi e i peccatori, per gli scellerati e gli irreligiosi, per coloro che uccidono padre e madre, per gli omicidi, per i fornicatori, per i sodomiti, per i mercanti di schiavi, per i bugiardi, per gli spergiuri e per ogni altra cosa contraria alla sana dottrina, secondo l'evangelo della gloria del beato Dio, che mi è stato affidato” (1 Timoteo 1:8-11).
Come giudico la società e le sue istituzioni? Riconosco l’assenza di timore di Dio nella cultura contemporanea? Sono un esempio controcorrente di rispetto e obbedienza alla legge morale divina? Sono consapevole delle conseguenze del non temere Dio? Cosa mi dice la Scrittura sulle conseguenze per coloro che ignorano il timore del Signore? Come posso testimoniare l'importanza del timore di Dio a chi mi circonda?
Applicazioni pratiche
Come dunque possiamo coltivare il timor di Dio?
Nella vita personale studiando e meditando il Decalogo come guida per la propria condotta. Chiedendo in preghiera a Dio di purificare il proprio cuore per vivere nella Sua santità.
Nella famiglia insegnando ai figli il rispetto per la legge morale di Dio come fondamento della loro crescita. “Li inculcherai ai tuoi figli, ne parlerai quando starai seduto in casa tua, quando sarai per strada, quando ti coricherai e quando ti alzerai” (Deuteronomio 6:7).
Nella società promuovendo leggi e principi che riflettano il rispetto per la legge morale di Dio. “Quando i giusti sono numerosi il popolo si rallegra, ma quando domina l'empio il popolo geme” (Proverbi 29:2).
Cosa posso fare per crescere nel timore di Dio? Dedico tempo alla preghiera e alla lettura della Parola per comprendere meglio chi è Dio? Quali abitudini o peccati devo abbandonare per vivere in conformità alla Sua volontà?
Conclusione
Il timore di Dio è il fondamento di una vita piena di saggezza, santità e vera libertà. La legge morale rivelata da Dio, lungi dall'essere un peso, è un dono che ci guida verso il bene. Come cristiani, siamo chiamati a vivere ogni giorno nel timore di Dio, riconoscendo la Sua sovranità, rispettando la Sua legge e glorificando il Suo nome con la nostra obbedienza e il nostro amore. Impegnamoci ad apprezzare e a praticare quanto la Scrittura ci dice sul timor di Dio: “Il timore dell'Eterno è il principio della scienza; gli stolti disprezzano la sapienza e l'istruzione (...) Il principio della sapienza è il timore dell'Eterno, e conoscere il Santo è l'intelligenza (...) Il timore dell'Eterno è scuola di sapienza, e l'umiltà precede la gloria” (Proverbi 1:7; 9:10; 15:33).
Paolo Castellina, 22 Novembre 2024